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Devin Ortiz Dec 2016
Ma
Ay ma
I just don't get it
Always about them ma
They ain't never asked you huh,
Never asked you ma,
Never cared to see
What you had to tell us
About this white mans world
How we are afraid
They **** us ma,
They don't believe us,
Or they probably don't care
I saw my man get beat ma,
Right down the street
By the corner store
Had his hands up ma,
He was crying, afraid of dying
Ma, he was so scared
And if they don't **** us
Then they lock us ma,
For nothing, just like dad.
But they don't care ma,
Same old story.
They ain't never asked
They ain't never cared to see
Whats its been like for you and me.
Mateuš Conrad Jul 2016
the saturday vibe in the press - headlines acknowledging Putin
making propaganda entries from his base in Edinburgh...
****! was i there for three years? do you think they
trained me in espionage while i spent
a month in Russia? well, no
Ian Fleming here - so it's up to a coin toss.
apparently the left is suffering in England,
wouldn't you know - total shambles -
will we see a footprint of recognisable
England on the continent? hardly...
too much involvement in cockle spaniel
involvement in ******* up to the two
blondes across "the pond", fair enough,
good t.v. here's me reading about
a really bourgeoisie woman getting
prim tuck the 4 cuckoo pregnancies
show offs of scars and Cesareans -
i had mine on the shoulder blade aged in my teens -
i preferred scars from a tattoo -
first you turn into colonial pomp
then you wish for a tribal warlord tattoo on your
buttocks - but somehow scars differ -
please pick up the dry-cleaning while you're
booking a yoga class -
so they say the mid-life crisis -
oddly enough i'm having a crisis also,
every time i take a **** the male cat i own needs company -
i'm on Napoleon's quote and he's on the windowsill -
i drop the ****-bomb and pet him;
a cat's weak areas: the base of the tail, just where
it connects to the body - but the ears are more -
your palm and the hand connection to the forearm -
carpals to cartilage - up the ulna-radius -
purr purr purr - yawn - purr purr purr - yawn - plop -
i never asked for company in such scenarios,
but he's so affectionate, apparently human excrement
is sweet for cat scent - cat excrement? ******* toxic ****!
the **** is a gag-mask! ****! **** ain't any better...
but human have the strawberry fields with what's
left-over other than ash of a cremation.
prior to? at the supermarket - for my usual...
i know the man... down syndrome...
his mother nearing 80 - at the cashiers, i walk in,
change my ****** expression... i don't know,
maybe i raised my eyebrows or winked at him -
i've met him before, i might have said my name
while we tried to talk in his front garden -
so i do my mime - and off he goes... silent
prior he starts to convulsively repeat:
MA! MA! MA!
                           i pick up a bottle of whiskey
(MA! MA! MA!)
               then a bottle of beer
(MA! MA! MA!)
                     then a bottle of coke -
the MA! continues - you can hear it resounding
in the supermarket; i say... why hasn't L'Oreal
investigated the genetics of down syndrome?
you see 'em?! you see 'em?! his mother is nearly 80
but his face is like a baby's buttocks!
they should really get the geneticists on the topic,
extract an anti-ageing cream from down syndrome -
perfect theory for any capitalist adventurer -
no shame, no morals, no conscience -
go on, feed that Frankenstein.
so while i'm on the automated checkout he keeps
looking at me and pointing at the exit door -
let's face it we're talking Darwinism - and interpretation,
i have absolutely no clue what he's talking about,
i just interpret it on the positive scaling,
for these people don't really age, they have barely
a wrinkle's worth in them,
or in contrast a maxim: either the fish... or the aquarium -
i choose the aquarium, **** the fish -
he's pointing to the exit with the syllable MA
in saying to others: the man who found the exit and
was ridiculed for it. i must have said my name once
to him - he wasn't looking at his mother, and he was
pointing at the door - truly, such is a scientific nature,
you don't go below the shallow surface of appearances -
you can thus understand the depths of uncomfortable
shallowness in other people who can target meaningful
conversations with you that turn out to be total *******.
that man, probably aged 50 but disguised by
his down syndrome aged 20 will probably make
innovations in anti-ageing creams some time in the future,
while L'Oreal begins to employ geneticists to uncover
the Dorian Grey genes for a ****** cream.
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
La coupe de mes jours s'est brisée encor pleine ;
Ma vie hors de mon sein s'enfuit à chaque haleine ;
Ni baisers ni soupirs ne peuvent l'arrêter ;
Et l'aile de la mort, sur l'airain qui me pleure,
En sons entrecoupés frappe ma dernière heure ;
Faut-il gémir ? faut-il chanter ?...

Chantons, puisque mes doigts sont encor sur la lyre ;
Chantons, puisque la mort, comme au cygne, m'inspire
Aux bords d'un autre monde un cri mélodieux.
C'est un présage heureux donné par mon génie,
Si notre âme n'est rien qu'amour et qu'harmonie,
Qu'un chant divin soit ses adieux !

La lyre en se brisant jette un son plus sublime ;
La lampe qui s'éteint tout à coup se ranime,
Et d'un éclat plus pur brille avant d'expirer ;
Le cygne voit le ciel à son heure dernière,
L'homme seul, reportant ses regards en arrière,
Compte ses jours pour les pleurer.

Qu'est-ce donc que des jours pour valoir qu'on les pleure ?
Un soleil, un soleil ; une heure, et puis une heure ;
Celle qui vient ressemble à celle qui s'enfuit ;
Ce qu'une nous apporte, une autre nous l'enlève :
Travail, repos, douleur, et quelquefois un rêve,
Voilà le jour, puis vient la nuit.

Ah ! qu'il pleure, celui dont les mains acharnées
S'attachant comme un lierre aux débris des années,
Voit avec l'avenir s'écrouler son espoir !
Pour moi, qui n'ai point pris racine sur la terre,
Je m'en vais sans effort, comme l'herbe légère
Qu'enlève le souffle du soir.

Le poète est semblable aux oiseaux de passage
Qui ne bâtissent point leurs nids sur le rivage,
Qui ne se posent point sur les rameaux des bois ;
Nonchalamment bercés sur le courant de l'onde,
Ils passent en chantant **** des bords ; et le monde
Ne connaît rien d'eux, que leur voix.

Jamais aucune main sur la corde sonore
Ne guida dans ses jeux ma main novice encore.
L'homme n'enseigne pas ce qu'inspire le ciel ;
Le ruisseau n'apprend pas à couler dans sa pente,
L'aigle à fendre les airs d'une aile indépendante,
L'abeille à composer son miel.

L'airain retentissant dans sa haute demeure,
Sous le marteau sacré tour à tour chante et pleure,
Pour célébrer l'*****, la naissance ou la mort ;
J'étais comme ce bronze épuré par la flamme,
Et chaque passion, en frappant sur mon âme,
En tirait un sublime accord.

Telle durant la nuit la harpe éolienne,
Mêlant aux bruits des eaux sa plainte aérienne,
Résonne d'elle-même au souffle des zéphyrs.
Le voyageur s'arrête, étonné de l'entendre,
Il écoute, il admire et ne saurait comprendre
D'où partent ces divins soupirs.

Ma harpe fut souvent de larmes arrosée,
Mais les pleurs sont pour nous la céleste rosée ;
Sous un ciel toujours pur le cœur ne mûrit pas :
Dans la coupe écrasé le jus du pampre coule,
Et le baume flétri sous le pied qui le foule
Répand ses parfums sur nos pas.

Dieu d'un souffle brûlant avait formé mon âme ;
Tout ce qu'elle approchait s'embrasait de sa flamme :
Don fatal ! et je meurs pour avoir trop aimé !
Tout ce que j'ai touché s'est réduit en poussière :
Ainsi le feu du ciel tombé sur la bruyère
S'éteint quand tout est consumé.

Mais le temps ? - Il n'est plus. - Mais la gloire ? - Eh ! qu'importe
Cet écho d'un vain son, qu'un siècle à l'autre apporte ?
Ce nom, brillant jouet de la postérité ?
Vous qui de l'avenir lui promettez l'empire,
Écoutez cet accord que va rendre ma lyre !...

...............................................

Les vents déjà l'ont emporté !
Ah ! donnez à la mort un espoir moins frivole.
Eh quoi ! le souvenir de ce son qui s'envole
Autour d'un vain tombeau retentirait toujours ?
Ce souffle d'un mourant, quoi! c'est là de la gloire ?
Mais vous qui promettez les temps à sa mémoire,
Mortels, possédez-vous deux jours ?

J'en atteste les dieux ! depuis que je respire,
Mes lèvres n'ont jamais prononcé sans sourire
Ce grand nom inventé par le délire humain ;
Plus j'ai pressé ce mot, plus je l'ai trouvé vide,
Et je l'ai rejeté, comme une écorce aride
Que nos lèvres pressent en vain.

Dans le stérile espoir d'une gloire incertaine,
L'homme livre, en passant, au courant qui l'entraîne
Un nom de jour en jour dans sa course affaibli ;
De ce brillant débris le flot du temps se joue ;
De siècle en siècle, il flotte, il avance, il échoue
Dans les abîmes de l'oubli.

Je jette un nom de plus à ces flots sans rivage ;
Au gré des vents, du ciel, qu'il s'abîme ou surnage,
En serai-je plus grand ? Pourquoi ? ce n'est qu'un nom.
Le cygne qui s'envole aux voûtes éternelles,
Amis ! s'informe-t-il si l'ombre de ses ailes
Flotte encor sur un vil gazon ?

Mais pourquoi chantais-tu ? - Demande à Philomèle
Pourquoi, durant les nuits, sa douce voix se mêle
Au doux bruit des ruisseaux sous l'ombrage roulant !
Je chantais, mes amis, comme l'homme respire,
Comme l'oiseau gémit, comme le vent soupire,
Comme l'eau murmure en coulant.

Aimer, prier, chanter, voilà toute ma vie.
Mortels ! de tous ces biens qu'ici-bas l'homme envie,
À l'heure des adieux je ne regrette rien ;
Rien que l'ardent soupir qui vers le ciel s'élance,
L'extase de la lyre, ou l'amoureux silence
D'un cœur pressé contre le mien.

Aux pieds de la beauté sentir frémir sa lyre,
Voir d'accord en accord l'harmonieux délire
Couler avec le son et passer dans son sein,
Faire pleuvoir les pleurs de ces yeux qu'on adore,
Comme au souffle des vents les larmes de l'aurore
Tombent d'un calice trop plein ;

Voir le regard plaintif de la vierge modeste
Se tourner tristement vers la voûte céleste,
Comme pour s'envoler avec le son qui fuit,
Puis retombant sur vous plein d'une chaste flamme,
Sous ses cils abaissés laisser briller son âme,
Comme un feu tremblant dans la nuit ;

Voir passer sur son front l'ombre de sa pensée,
La parole manquer à sa bouche oppressée,
Et de ce long silence entendre enfin sortir
Ce mot qui retentit jusque dans le ciel même,
Ce mot, le mot des dieux, et des hommes : ... Je t'aime !
Voilà ce qui vaut un soupir.

Un soupir ! un regret ! inutile parole !
Sur l'aile de la mort, mon âme au ciel s'envole ;
Je vais où leur instinct emporte nos désirs ;
Je vais où le regard voit briller l'espérance ;
Je vais où va le son qui de mon luth s'élance ;
Où sont allés tous mes soupirs !

Comme l'oiseau qui voit dans les ombres funèbres,
La foi, cet oeil de l'âme, a percé mes ténèbres ;
Son prophétique instinct m'a révélé mon sort.
Aux champs de l'avenir combien de fois mon âme,
S'élançant jusqu'au ciel sur des ailes de flamme,
A-t-elle devancé la mort ?

N'inscrivez point de nom sur ma demeure sombre.
Du poids d'un monument ne chargez pas mon ombre :
D'un peu de sable, hélas ! je ne suis point jaloux.
Laissez-moi seulement à peine assez d'espace
Pour que le malheureux qui sur ma tombe passe
Puisse y poser ses deux genoux.

Souvent dans le secret de l'ombre et du silence,
Du gazon d'un cercueil la prière s'élance
Et trouve l'espérance à côté de la mort.
Le pied sur une tombe on tient moins à la terre ;
L'horizon est plus vaste, et l'âme, plus légère,
Monte au ciel avec moins d'effort.

Brisez, livrez aux vents, aux ondes, à la flamme,
Ce luth qui n'a qu'un son pour répondre à mon âme !
Le luth des Séraphins va frémir sous mes doigts.
Bientôt, vivant comme eux d'un immortel délire,
Je vais guider, peut-être, aux accords de ma lyre,
Des cieux suspendus à ma voix.

Bientôt ! ... Mais de la mort la main lourde et muette
Vient de toucher la corde : elle se brise, et jette
Un son plaintif et sourd dans le vague des airs.
Mon luth glacé se tait ... Amis, prenez le vôtre ;
Et que mon âme encor passe d'un monde à l'autre
Au bruit de vos sacrés concerts !
Mon ami, ma plus belle amitié, ma meilleure,

- Les morts sont morts, douce leur soit l'éternité !

Laisse-moi te le dire en toute vérité,

Tu vins au temps marqué, tu parus à ton heure ;


Tu parus sur ma vie et tu vins dans mon cœur

Au jour climatérique où, noir vaisseau qui sombre,

J'allais noyer ma chair sous la débauche sombre.

Ma chair dolente, et mon esprit jadis vainqueur,


Et mon âme naguère et jadis toute blanche !

Mais tu vins, tu parus, tu vins comme un voleur,

- Tel Christ viendra - Voleur qui m'a pris mon malheur !

Tu parus sur ma mer non pas comme une planche


De salut, mais le Salut même ! Ta vertu

Première, la gaieté, c'est elle-même, franche

Comme l'or, comme un bel oiseau sur une brandie

Qui s'envole dans un brillant turlututu.


Emportant sur son aile électrique les ires

Et les affres et les tentations encor ;

Ton bon sens, - tel après du fifre c'est du cor, -

Vient paisiblement mettre fin aux délires,


N'étant point, ô que non ! le prud'homisme affreux,

Mais l'équilibre, mais la vision artiste,

Sûre et sincère et qui persiste et qui résiste

A l'argumentateur plat comme un songe creux ;


Et ta bonté, conforme à ta jeunesse, est verte,

Mais elle va mûrir délicieusement !

Elle met dans tout moi le renouveau charmant

D'une sève éveillée et d'une âme entr'ouverte.


Elle étend, sous mes pieds, un gazon souple et frais

Où ces marcheurs saignants reprennent du courage,

Caressés par des fleurs au *** parfum sauvage,

Lavés de la rosée et s'attardant exprès.


Elle met sur ma tête, aux tempêtes calmées.

Un ciel profond et clair où passe le vent pur

Et vif, éparpillant les notes dans l'azur

D'oiseaux volant et s'éveillant sous les ramées.


Elle verse à mes yeux, qui ne pleureront plus,

Un paisible sommeil dans la nuit transparente

Que de rêves légers bénissent, troupe errante

De souvenirs et d'espoirs révolus.


Avec des tours naïfs et des besoins d'enfance,

Elle veut être fière et rêve de pouvoir

Être rude un petit sans pouvoir que vouloir

Tant le bon mouvement sur l'autre prend d'avance.


J'use d'elle et parfois d'elle j'abuserais

Par égoïsme un peu bien surérogatoire,

Tort d'ailleurs pardonnable en toute humaine histoire

Mais non dans celle-ci, de crainte des regrets.


De mon côté, c'est vrai qu'à travers mes caprices,

Mes nerfs et tout le train de mon tempérament.

Je t'estime et je t'estime, ô si fidèlement,

Trouvant dans ces devoirs mes plus chères délices.


Déployant tout le peu que j'ai de paternel

Plus encor que de fraternel, malgré l'extrême

Fraternité, tu sais, qu'est notre amitié même,

Exultant sur ce presque amour presque charnel !


Presque charnel à force de sollicitude

Paternelle vraiment et maternelle aussi.

Presque un amour à cause, ô toi de l'insouci

De vivre sinon pour cette sollicitude.


Vaste, impétueux donc, et de prime-saut, mais

Non sans prudence en raison de l'expérience

Très douloureuse qui m'apprit toute nuance.

Du jour lointain, quand la première fois j'aimais :


Ce presque amour est saint ; il bénit d'innocence

Mon reste d'une vie en somme toute au mal,

Et c'est comme les eaux d'un torrent baptismal

Sur des péchés qu'en vain l'Enfer déçu recense.


Aussi, précieux toi plus cher que tous les moi

Que je fus et serai si doit durer ma vie,

Soyons tout l'un pour l'autre en dépit de l'envie,

Soyons tout l'un à l'autre en toute bonne foi.


Allons, d'un bel élan qui demeure exemplaire

Et fasse autour le monde étonné chastement,

Réjouissons les cieux d'un spectacle charmant

Et du siècle et du sort défions la colère.


Nous avons le bonheur ainsi qu'il est permis.

Toi de qui la pensée est toute dans la mienne,

Il n'est, dans la légende actuelle et l'ancienne

Rien de plus noble et de plus beau que deux amis,


Déployant à l'envi les splendeurs de leurs âmes,

Le Sacrifice et l'Indulgence jusqu'au sang,

La Charité qui porte un monde dans son flanc

Et toutes les pudeurs comme de douces flammes !


Soyons tout l'un à l'autre enfin ! et l'un pour l'autre

En dépit des jaloux, et de nos vains soupçons,

A nous, et cette foi pour de bon, renonçons

Au vil respect humain où la foule se vautre,


Afin qu'enfin ce Jésus-Christ qui nous créa

Nous fasse grâce et fasse grâce au monde immonde

D'autour de nous alors unis, - paix sans seconde ! -

Définitivement, et dicte: Alléluia.


« Qu'ils entrent dans ma joie et goûtent mes louanges ;

Car ils ont accompli leur tâche comme dû,

Et leur cri d'espérance, il me fut entendu,

Et voilà pourquoi les anges et les archanges


S'écarteront de devant Moi pour avoir admis,

Purifiés de tous péchés inévitables

Et des traverses quelquefois épouvantables,

Ce couple infiniment bénissable d'Amis. »
Data fata secutus.
DEVISE DES ST-JOHN.

Ce siècle avait deux ans ! Rome remplaçait Sparte,
Déjà Napoléon perçait sous Bonaparte,
Et du premier consul, déjà, par maint endroit,
Le front de l'empereur brisait le masque étroit.
Alors dans Besançon, vieille ville espagnole,
Jeté comme la graine au gré de l'air qui vole,
Naquit d'un sang breton et lorrain à la fois
Un enfant sans couleur, sans regard et sans voix ;
Si débile qu'il fut, ainsi qu'une chimère,
Abandonné de tous, excepté de sa mère,
Et que son cou ployé comme un frêle roseau
Fit faire en même temps sa bière et son berceau.
Cet enfant que la vie effaçait de son livre,
Et qui n'avait pas même un lendemain à vivre,
C'est moi. -

Je vous dirai peut-être quelque jour
Quel lait pur, que de soins, que de vœux, que d'amour,
Prodigués pour ma vie en naissant condamnée,
M'ont fait deux fois l'enfant de ma mère obstinée,
Ange qui sur trois fils attachés à ses pas
Épandait son amour et ne mesurait pas !

Ô l'amour d'une mère ! amour que nul n'oublie !
Pain merveilleux qu'un Dieu partage et multiplie !
Table toujours servie au paternel foyer !
Chacun en a sa part, et tous l'ont tout entier !

Je pourrai dire un jour, lorsque la nuit douteuse
Fera parler les soirs ma vieillesse conteuse,
Comment ce haut destin de gloire et de terreur
Qui remuait le monde aux pas de l'empereur,
Dans son souffle orageux m'emportant sans défense,
À tous les vents de l'air fit flotter mon enfance.
Car, lorsque l'aquilon bat ses flots palpitants,
L'océan convulsif tourmente en même temps
Le navire à trois ponts qui tonne avec l'orage,
Et la feuille échappée aux arbres du rivage !

Maintenant jeune encore et souvent éprouvé,
J'ai plus d'un souvenir profondément gravé,
Et l'on peut distinguer bien des choses passées
Dans ces plis de mon front que creusent mes pensées.
Certes, plus d'un vieillard sans flamme et sans cheveux,
Tombé de lassitude au bout de tous ses vœux,
Pâlirait s'il voyait, comme un gouffre dans l'onde,
Mon âme où ma pensée habite comme un monde,
Tout ce que j'ai souffert, tout ce que j'ai tenté,
Tout ce qui m'a menti comme un fruit avorté,
Mon plus beau temps passé sans espoir qu'il renaisse,
Les amours, les travaux, les deuils de ma jeunesse,
Et quoiqu'encore à l'âge où l'avenir sourit,
Le livre de mon cœur à toute page écrit !

Si parfois de mon sein s'envolent mes pensées,
Mes chansons par le monde en lambeaux dispersées ;
S'il me plaît de cacher l'amour et la douleur
Dans le coin d'un roman ironique et railleur ;
Si j'ébranle la scène avec ma fantaisie ;
Si j'entre-choque aux yeux d'une foule choisie
D'autres hommes comme eux, vivant tous à la fois
De mon souffle et parlant au peuple avec ma voix ;
Si ma tête, fournaise où mon esprit s'allume,
Jette le vers d'airain qui bouillonne et qui fume
Dans le rythme profond, moule mystérieux
D'où sort la strophe ouvrant ses ailes dans les cieux ;
C'est que l'amour, la tombe, et la gloire, et la vie,
L'onde qui fuit, par l'onde incessamment suivie,
Tout souffle, tout rayon, ou propice ou fatal,
Fait reluire et vibrer mon âme de cristal,
Mon âme aux mille voix, que le Dieu que j'adore
Mit au centre de tout comme un écho sonore !

D'ailleurs j'ai purement passé les jours mauvais,
Et je sais d'où je viens, si j'ignore où je vais.
L'orage des partis avec son vent de flamme
Sans en altérer l'onde a remué mon âme ;
Rien d'immonde en mon cœur, pas de limon impur
Qui n'attendît qu'un vent pour en troubler l'azur !

Après avoir chanté, j'écoute et je contemple,
À l'empereur tombé dressant dans l'ombre un temple,
Aimant la liberté pour ses fruits, pour ses fleurs,
Le trône pour son droit, le roi pour ses malheurs ;
Fidèle enfin au sang qu'ont versé dans ma veine
Mon père, vieux soldat, ma mère, vendéenne !

Juin 1830.
Ciana Sep 2013
(Children in unison)
I pledge of allegiance to the flag
of the united states of america,
and to the republic for which it stands;
One nation, under god, indivisible,
with liberty and justice for all.

Hey! Hey son!
Here, have a beer.
I hear there's not much to drink
but have no fear!
This is for your country
You were born to be here
And tomorrow, oh tomorrow..
You'll go

Hey Ma'!
There's plenty of beer,
and too many women to count.
We've got cheap herb and opiates
But have no fear!
There's plenty of needles here!
and tomorrow, oh tomorrow..
Lt. Calley claims the rain will drown our sorrows

Hey! Hey son!
Here, have a beer.
I hear there's not much to drink
and the drugs are really cheap!
But this is for your country
and tomorrow, oh tomorrow..
You'll go..
Be a hero!

Hey Ma'!
Today I shot a boy.
We set the village ablaze
gunned the innocent
tortured the children
and I helped to hold the girl down
and those..
those heroes ***** her
and they asked me
the-they said
"them zipperheads ain't nothin'
they deserve this! And you!
You sonny boy well I'm sure a fine time
with this young dime gon' do ya' just right!"

And hey Ma',
don't be disappointed in me
but I was wrong..
I was..
I'm not strong!
I'm no **** hero!
Ma', I'm comin home from My Lai
cuz' the guns and drugs ain't too far from my way
the women still get treated like dirt,
and the felons and murderers and predators walk away
as the man who stood innocent lending a hand for help takes the blame
and he gets a life sentence because he couldn't walk away!
I'm no hero!
And the man is the devil!

And hey ma',
I'm comin' home
you'll see me no more
cuz' the boy you raised
has too much shame

But Ma',
Don't tellem' what I'd done..
I was a good man, an honorable one!
But Ma', don't tell no one..
Don't tellem' what I'd done..
(shots fired)
leenyka Apr 2019
Mon bourgeon, ma fleur,
Mon élan, ma douceur,
Mon lever du jour, ma rivière,
Mes alentours,
Des baisers volants en métamorphoses,
J'ai élu domicile à l'Ombre de tes cils.

Mon ciel, mon étoile,
Ma douce brise,
Mon sourire sans égal,
Ma langue exquise,
Mon baton de muscade,
Mon horizon en promenade,
Mon parfum des tropiques,
Mon chant, ma musique,
Mes amours se distillent à l'Ombre de tes cils.

Mon Dahlia bleu, mon Dahlia noir,
Ma citerne, mon encensoir,
Ma forêt, mon miel,
Ma cascade déversant le ciel,
Mon refuge,
Mon exil, sont à l'Ombre de tes cils,
C'est là que je repose,
Au son de ton souffle, aux accents de roses,
Le vent qui expire sur ma peau,
Je respire l'Ombre de tes cils.
Bonjour mon coeur, bonjour ma douce vie.
Bonjour mon oeil, bonjour ma chère amie,
Hé ! bonjour ma toute belle,
Ma mignardise, bonjour,
Mes délices, mon amour,
Mon doux printemps, ma douce fleur nouvelle,
Mon doux plaisir, ma douce colombelle,
Mon passereau, ma gente tourterelle,
Bonjour, ma douce rebelle.

Hé ! faudra-t-il que quelqu'un me reproche
Que j'aie vers toi le coeur plus dur que roche
De t'avoir laissée, maîtresse,
Pour aller suivre le Roi,
Mendiant je ne sais quoi
Que le vulgaire appelle une largesse ?
Plutôt périsse honneur, court, et richesse,
Que pour les biens jamais je te relaisse,
Ma douce et belle déesse.
Eid reven nac taht eno... Latrommi ma I
Thgil eht gniruoved... Ssenkrad eht ma I
Edisni lived eht, sraef ruoy... Eramthgin ruoy ma I
Thgin yreve peels ot og uoy nehw, luos ruoy gnilaetS

Mrah yna morf uoy stcetorp taht eno... Ruoivas eht ma I
Nus lanrete eht ekil gninrub... Tghil eht ma I
Dnal esimorp eht ot egdirb a... Ediug ruoy ma I
Dnah efas ni er'uoy erus gnikam, Peels ouy sa ouy gnidrauG

Erif lanrefni eht em ni eveileb... Lived eht ma I
Erised uoy lla gnitnarg ni em etivni, eman ym maercS
Thgif ew lived eht rof htaif yb deneprahs thgil fo drows a...Legna na ma I
Thgink gninihs a, rotcetorp ruoy em otnu llac ythgimla eht fo rewop eht htiW

One may contemplate, doubting their faith,
For some reason with a little suffering they started to hate;
Easily clouded their minds with deception and lies!
That's what devils do before plotting your demise...

One may keep holding on, no matter what is thrown;
For they believe in the almighty, and the coming salvation;
A walk through hell, a test of their own will and faith
For never a moment the devil tried blinding their sight

We are our own angels and devils
With free will we live a life with choices
A path through darkness where the devil lies
A stairway to heaven where the almighty shines

You need a mirror to talk to your self
Ask something that you will not regret
What kind of person soon you'll become
A soldier of God or an army of satan...
dennis drain Oct 2020
Baby can you handle this
Life on the edge I see the end with every kiss
Baby will you die for me
If I die will you ****** scream
Needle in my arm
Love note saying that I'm sorry i just loved you to much
I'm just ****** up now I'm gone
I know you don't like it when I'm on this ****
I got so much music in my soul maby I can sell it to the world
My words in there steros and I'm telling em all
**** it live life to the fullest till you ****** die
It could be tommorow
Baby I just wanna smile
Baby will you smile
Baby ****** smile with me
Theses wounds cut deep
I live a life you don't understand
I'm what you want but can you really handle who I am
I want shiny things and tattoos on my body so I ain't gotta say **** I can talk with my skin
Tattoo ink like a script you gotta question
Take a minute and get educated
Go to the left hand find the *******
Now notice how there's no more ***** for me to give my finger is feeling limp
So I'll just use my lips
**** society please baby run away with me
we can make each other's happiness a priority
First goal every day is to see your beautiful face lookin at me smiling
Xanax takes my memory's so baby please stay next to me
my vibe is heavy in my soul like a cupple tabs of lsd
I can feel you brightinin my world
Can you see me changin
can you see me changin
I'm trying but **** chaingin causes pain n I'm in the passing lane lookin out my passenger window
At myself
I can see the past in my face and the pain ive felt  
My life been ****** up who shuffled this deck what kinda hand I been delt
I got every thing I ever had,
and every thing I'ma ever gonna make, invested in this life
How they gonna stand there and watch me burn it like dryed leaves soaked in gasoline that we stand around in the fall to stay warm with homies while we kickin it
light some **** an have a cupple drinks
80 on the freeway we ain't speedin cuz honestly I got some product in the trunk
Selling ain't cool and it ain't easy
Even tho I know I could just go to work an make that cheese extra cheesy just cuz I got a lil guzmen in me.
These streets stay yellin at me in my daydreams
Talking bout the city in a drought flip a brick make a grip  
and get some fiends to rely on your buisness
At least when I'm weighin the work someone gonna be expectin me
and they smilin when I arrive
**** people been dreadin my presence my whole life at least drugs make me the one they wanna see
Baby im alive right now
I cant speak on next year **** I can't even promise you next week
Cuz when it comes to being about it fo yo homies yo family and yo friends then they say anything disrespectful and they likely ta catch lead
Body shots are Target practice we aimin for they head
Twenty five to life is what they tryina give us in tha 208
Half a zip of Crystal and they talkin life with without
man I was ony 21
Said if I told em three dealers above me I could catch probation and go free
**** that **** I run around with real gangsters take yo head off your shoulders
If you got loose lips round us you gonna learn
We catch an OP we spread the word
That black and white already been sent ta everyone ya heard
you aint aloud to play no more sorry but you broke the rules
If my mouth woulda opened right now I wouldn't be breathing
My paper work come correct you better believe it
**** y'all draggin my name in the mud
I been solid since I was to Young to be doin this ****
Girl if you wit me you gotta stay solid onehundred percent
Everything is handled in house we don't dial 911
unless we need a doctor or somethings burnin up
**** twelve they wanna see me hurting
**** twelve
They want wanna catch me serving to
these fiends but just these crack heads waiting till I can't supply
then they giving up my name to 5-O just ta keep themselves on they level
Chasin that high is like running from the devil
But he got a leash chokin you till you bowin down at his knees
Life lived
life wasted  
Life on the edge
**** it let's see the world I wanna make it
This my world I'ma do what I wanna y'all gonna know my name I'ma top shotta dumb dotta
**** around fall in love with the life you see around ya
Stay with me girl we gonna take a million dolla
Make it 4 times that over night
******* that grind baby so you can kick back and enjoy life
Shoppin in hollywood on rodeo drive
red carpet pictures capturin the moments we together in life
I'm fascineted by your body
Far from ordinary baby your unique
Can you handle this
Life on the edge I can see the end with every kiss
Baby will you die for me
If I die will you ****** scream
Baby will you live life like the end is already happening
Treasure every moment **** what ever all thoes losers think
They say I'm wastin away
Druggin my life down the drain
Well let's be honest here my name is Dennis drain so pour your liquor dump your dope out let me take it all to the head
I can barely breath I might have just OD'd
I think I just OD'd
If you find me and I can't breath
Baby will you scream for me
Baby I'm sorry this is how you ever had to see me
Live life like I showed you **** what hurts deep inside
find beautiful places an people with smiling faces integrate with there minds to create a place on this world to sit down and just think
Even in the darkness of what comes after my last heart beat
Your memory will keep
My soul feeding off your energy
seeing you and me close
back when it was back then
Ya know not just in my head
But here in reality baby this is where I can feel your every breath
In a mansion smilin with cash
dressed in the latest fasions
Millions of people saying they fans of what I create
I changeed they lives with the music I made
I hope that this dream comes true cuz I'ma promise you that when it do
I'ma bring you wit me we gonna be rich like we filthy
swimmin in bills wit blue faces all hundreds no 20s no 50s
But if these dreams come up short and I'm stuck in this place will you stick with me
here on this dead end street
Is a 9 to 5, Makin 17.50 enough for your beautiful body to wanna come closer to mine
We might rent forever may never own a house
and I might go away for some time you might have to wipe them tears from your face
It's ok still crying
I love you
your mine
Put a smile on you mouth
Even when it hurts girl
If I'm wit you or i bounced
In the penatentry or on the couch
you what makes me smile baby girl and don't you ever forget that
Be mine till the end of time
But only if you won't regret that
When we find the end we can build on till infinity can't streach any more
Every moment till the moments finley find the end and we are no more
In reality or my memory cuz time took what I love away from me
baby you best
Baby  come close  I'ma hold you in my arms untill you tell me to let go
keep ya warm like toast  
butter yo bread when we in bed
hope you like the way I make you feel when I give you my passion
hopefully you see that this kinda ectasy don't just happen
I'm tryin my best to keep you feeling happy
Mind body and soul
Make yo body thirst for me
Girl I know yo smile only works for me
I see theses other women they looking good
but you the only one I wanna dance for me
Stop doubting your beauty it's not attractive to hear such a goddess of a women doubt the power of her attraction
Yo eyes catch mine and the police might as well of pulled out a 9
Cuz i cant move
I'm stuck on you
Baby can you handle this
Life on the edge I can see the end with every kiss
Baby will you die for me
If I die will you ****** scream
If I die I swear you'll be my endless dream
Baby baby please let's take life like it's drugs and do this **** together
feel the euphoria like we the same soul forever
They can't handle this **** that we doin
We don't fit the mold so baby we just out here bein different
They don't like that
they stay trippin
Can you handle me baby it's ok if you can't
Just let me know what it is you looking for in a man
If I can't give you what you want than I'll let you go
Cuz your happiness is what warms my soul
Even if it ain't with me
Every time I wake up weather its late afternoon or early morning
Depending on what I been dosing
Depression holdin on to me an I know I'm hard to love
But even when you with some other man if you cracking a smile
Everything goin good
you got money and a place to live
Then I'm smilin wit you I hope one day I'll meet yo kids
The world could die if you and I could float forever in space
with each other in the endless expanses of space
I hope we float around an never age never feel hunger
never feel pain
Fill each other with happiness an fix the broken thangs
Baby I know we just met so maby I'm crazy I really don't know yet
But I'ma offer you my heart you can have it
If the blood scares you
you can turn off the lights and feel it beat in your hand
Feel the energy and power every beat you feel sitting in the darkness
Baby I'm here for you
and every moment your with me I lose grip on reality
your the drug I want
just please forgive my evil deeds my past is full of terrible things
I try and keep that stuff down deep but it comes to say hello sometimes **** I hate it when these memories figure out how to make catchy rhymes
and when it does happen please don't think any less of me
I'm slowly changing please believe
I'ma be honest I'ma always do me
Sometimes doin me means sacrificing things
Things I love
Things I can't put a price on easily
my freedom is worth to much by itself
Now add YOU to my list of things they take from me if I go back to county and ******* I don't wanna go in that cell
"**** twelve"  police ain't **** catch me at the red light if you can
I'm quick to split soon as them red and blues start to flick
I want the love you show me to hold me when I sleep
**** thin blue mats and cold concreat
My body aches an I miss that cute twiching you do when you finally slip into your dreams
Can you honestly look me in the eyes and tell me that I'm who you wanna spend every moment you got left breathing in this life with
I know things don't always work out and we may never make to marriage and kids
But no matter what every word I've said I've meant
It's crazy cuz we just meet but I'm just kinda that way
Meet you one day the next I don't wanna let you go
I guess I'm kinda clingy but I'm blaming you an the way you sitting there with a blank stare licking your lips
I wanna hold you by your hips
Kiss you everywhere an feel your body twitch
So I'ma stay close play it by ear till you tell me to leave or we've been a thing for a cupple a years so it's kinda clear we a thing not a fling
were long lasting not just a quick  burst of hormones and physical addictions
I wanna feel you in every way but I wanna sit down and talk about your day
You were gone and I wasn't there
I miss you no put up your hair I like it when you use words to massage the parts of me that I only share with you
No matter what you being alive makes me wanna live life
It makes me wanna see the world
Cuz baby girl you make it easier to breath  
but at the same time my breath is short
I'm feeling light in the head
An weak in the knees
These feelings are intoxicating
A needle in my vain full of quality drugs can't match the moment you enter the room
Please baby come in leave and come right back into my heart
Every time I see your face after your dose of beauty has been outta my grasp even for just uno, dos, ... ****
thoes two seconds couldn't pass fast enough
I look you up and down I love your face your body is so perfectly curvy
Your outline got me followin the lines like I'm doin geometry
Girl you could make a man fall in love with math
I wanna find the angle you at when I'm holding yo ***
You catching feelings girl yea I know
Me an you we falling hard
we so hot our passion mealtin yards of snow at Christmas time
Green lawns in the winter months
We lounging like it's mid July
Sittin in a quiet place where it's easy to appreciate our own vibes
Can you feel me livin inside
I'm the reason that your heart keeps a smile
You the reason that my days go by to fast
Every moment with you is delicious I just want an order of it
Now super size it I want these feelings ta be never endin
Takin pictures now cuz in this life don't nothin last
I wanna look back and see how we used to act
baby can you handle this
Baby can you handle me
Life on the edge I see the end with every kiss
Baby will you die for me
If I die will you ****** scream
aint pay **** for it I got it all for free
Got home opened up the bag
Looked in to see your eyes starin back at me  
Used your vibes to fill a 100 CC IV
Baby please swim trough my veins
can feel the beat to my life
can you Bob yo head to the sounds when I live and breath
the notes inside my head keep me from fallin dead  
Every beat carry's  my soul and passion can you taste it
it's thick in the recipe they used to creat me
a mixture of insanity and passion
Someone please add a little common sense to to the mix it might help make a happier ending
I got the bravery but sometimes I just do
I don't always think and that's what's gonna tear me away from you
In a concreat cell that I can't even get up in without my feet freezing under me.
I make these dumb decisions when  I'm faced with two people opposing me
Mine or there's
So either you handle business or get punked out like you was raised buy some *******
I can't sit back and let these lames run they jaw
like they about they business
we throwing hands no question so baby I apologize If they start talking that **** and I ki one of them *******
I aint askin you to lie
I'm just asking you if you really about bein mine
Cuz if you were then you would stay solid hold back the fear and uncertinty
and tell all thoes people that wanna put me away
that I ain't do nothin that I'm innocent
and I'll tell the world that I love you till the very end
If you feel like you can't keep my secrets
Plz just do what your heart tells you is the right decision
cuz the truth will set you free
in that position it'll give me 25 years to think
25 years away from you
25 years away from me
25 years that I lose myself trying to find you inside my head
25 years to replay memories from the short time you been Makin my world seem brightened like your my sun your existing  decides if I live or die
Your memories never fade
I keep them in my mind on replay
Over and over in my head
slower and slower but still they move to fast
Glimpses of the recent past  that I wish my hardest would never pass
Baby can you handle this
Life on the edge I see the end with every kiss
Baby will you die for me
Baby if I die will you ****** scream
Baby if I die tear your ****** vocal coards to peices singing this song on the top of the world
high as **** with your last **** down at the bottom in the scared little girl you left behind when you came home with me
let my name echo in the world baby
I wanna be heard
I want my memory to burn into the minds of the ones who are just like me
BHC
Black hoodie crew yea that's till death make a generation follow my every breath
I want you to be with me
when they introduce my crazy *** to the world you that's listning
When I have thousands of fans and my name they scream
I want you next to me
Baby shine with me
When it gets dark and your alone remember that I ****** love you and justbe greatfull that I was
once asked  to spread words that create lifestyles
lyrics that give people hope in the world even when your seeing shadows
I want people to wanna be me and I want them to want you cuz I have you and they can't you love me
Cuz they love what I stand for and you stand next to me girl
BABY CAN YOU HANDLE THIS????
Ecstasy
Entre Muses et Furies
Il y a une seringue de cyprine amère
Où se coagule fréquemment ma Muse.
Elle entre dans tous ses états
M'injurie et me voue aux gémonies
En pleine crise de jalousie.

Ma muse est une guerrière blessée
D'une volée de bois vert et de cons
Elle veut me froisser, m'effacer, m'annihiler
Me priant de fourrer sa prétendue Rivale
De poèmes lubriques dans le trou de balle.

Et ma Sans-Rivale, ma Déesse, ma Chatte Sainte et Vierge
Ma Muse soi-disant végétarienne se révèle cannibale
De la pire espèce des tribus anthropophages
Et me déchiquette, moi son zmeu, son dragon nuageux,
Sa muse masculine, son pervers narcissique,
Son ombre réfléchie dans le miroir,
Me dépèce comme une hyène frénétique
Aux crocs d'ivoire en chaleur
Elle me saigne tant et tant
Que je suinte de tous mes lambeaux
Résine, sève, latex, musc
Comme une plantation hétéroclite et sauvage
D'hévéas, de pissenlits, de sapotilliers
D'ignames jaunes et de dachines.

Et quand rassasiée de ma gomme à mâcher
Certifiée bio et sans additif
Elle se barbouille les lèvres de ma saignée
Je lui murmure encore que c 'est elle Mon Unique,
Ma Précieuse Ombre, Ma Chatte Immaculée
Entre toutes les chattes, mon chewing gum préféré
Et que je bande pour ses entrailles
Cérébralement
Mystiquement.
Enfants ! - Oh ! revenez ! Tout à l'heure, imprudent,
Je vous ai de ma chambre exilés en grondant,
Rauque et tout hérissé de paroles moroses.
Et qu'aviez-vous donc fait, bandits aux lèvres roses ?
Quel crime ? quel exploit ? quel forfait insensé ?
Quel vase du Japon en mille éclats brisé ?
Quel vieux portrait crevé ? Quel beau missel gothique
Enrichi par vos mains d'un dessin fantastique ?
Non, rien de tout cela. Vous aviez seulement,
Ce matin, restés seuls dans ma chambre un moment,
Pris, parmi ces papiers que mon esprit colore,
Quelques vers, groupe informe, embryons près d'éclore,
Puis vous les aviez mis, prompts à vous accorder,
Dans le feu, pour jouer, pour voir, pour regarder
Dans une cendre noire errer des étincelles,
Comme brillent sur l'eau de nocturnes nacelles,
Ou comme, de fenêtre en fenêtre, on peut voir
Des lumières courir dans les maisons le soir.

Voilà tout. Vous jouiez et vous croyiez bien faire.

Belle perte, en effet ! beau sujet de colère !
Une strophe, mal née au doux bruit de vos jeux,
Qui remuait les mots d'un vol trop orageux !
Une ode qui chargeait d'une rime gonflée
Sa stance paresseuse en marchant essoufflée !
De lourds alexandrins l'un sur l'autre enjambant
Comme des écoliers qui sortent de leur banc !
Un autre eût dit : - Merci ! Vous ôtez une proie
Au feuilleton méchant qui bondissait de joie
Et d'avance poussait des rires infernaux
Dans l'antre qu'il se creuse au bas des grands journaux.
Moi, je vous ai grondés. Tort grave et ridicule !

Nains charmants que n'eût pas voulu fâcher Hercule,
Moi, je vous ai fait peur. J'ai, rêveur triste et dur,
Reculé brusquement ma chaise jusqu'au mur,
Et, vous jetant ces noms dont l'envieux vous nomme,
J'ai dit : - Allez-vous-en ! laissez-moi seul ! - Pauvre homme !
Seul ! le beau résultat ! le beau triomphe ! seul !
Comme on oublie un mort roulé dans son linceul,
Vous m'avez laissé là, l'oeil fixé sur ma porte,
Hautain, grave et puni. - Mais vous, que vous importe !
Vous avez retrouvé dehors la liberté,
Le grand air, le beau parc, le gazon souhaité,
L'eau courante où l'on jette une herbe à l'aventure,
Le ciel bleu, le printemps, la sereine nature,
Ce livre des oiseaux et des bohémiens,
Ce poème de Dieu qui vaut mieux que les miens,
Où l'enfant peut cueillir la fleur, strophe vivante,
Sans qu'une grosse voix tout à coup l'épouvante !
Moi, je suis resté seul, toute joie ayant fui,
Seul avec ce pédant qu'on appelle l'ennui.
Car, depuis le matin assis dans l'antichambre,
Ce docteur, né dans Londres, un dimanche, en décembre,
Qui ne vous aime pas, ô mes pauvres petits,
Attendait pour entrer que vous fussiez sortis.
Dans l'angle où vous jouiez il est là qui soupire,
Et je le vois bâiller, moi qui vous voyais rire !

Que faire ? lire un livre ? oh non ! - dicter des vers ?
A quoi bon ? - Emaux bleus ou blancs, céladons verts,
Sphère qui fait tourner tout le ciel sur son axe,
Les beaux insectes peints sur mes tasses de Saxe,
Tout m'ennuie, et je pense à vous. En vérité,
Vous partis, j'ai perdu le soleil, la gaîté,
Le bruit joyeux qui fait qu'on rêve, le délire
De voir le tout petit s'aider du doigt pour lire,
Les fronts pleins de candeur qui disent toujours oui,
L'éclat de rire franc, sincère, épanoui,
Qui met subitement des perles sur les lèvres,
Les beaux grands yeux naïfs admirant mon vieux Sèvres,
La curiosité qui cherche à tout savoir,
Et les coudes qu'on pousse en disant : Viens donc voir !

Oh ! certes, les esprits, les sylphes et les fées
Que le vent dans ma chambre apporte par bouffées,
Les gnomes accroupis là-haut, près du plafond,
Dans les angles obscurs que mes vieux livres font,
Les lutins familiers, nains à la longue échine,
Qui parlent dans les coins à mes vases de Chine.
Tout l'invisible essaim de ces démons joyeux
A dû rire aux éclats, quand là, devant leurs yeux,
Ils vous ont vus saisir dans la boîte aux ébauches
Ces hexamètres nus, boiteux, difformes, gauches,
Les traîner au grand jour, pauvres hiboux fâchés,
Et puis, battant des mains, autour du feu penchés,
De tous ces corps hideux soudain tirant une âme,
Avec ces vers si laids faire une belle flamme !

Espiègles radieux que j'ai fait envoler,
Oh ! revenez ici chanter, danser, parler,
Tantôt, groupe folâtre, ouvrir un gros volume,
Tantôt courir, pousser mon bras qui tient ma plume,
Et faire dans le vers que je viens retoucher
Saillir soudain un angle aigu comme un clocher
Qui perce tout à coup un horizon de plaines.
Mon âme se réchauffe à vos douces haleines.
Revenez près de moi, souriant de plaisir,
Bruire et gazouiller, et sans peur obscurcir
Le vieux livre où je lis de vos ombres penchées,
Folles têtes d'enfants ! gaîtés effarouchées !

J'en conviens, j'avais tort, et vous aviez raison.
Mais qui n'a quelquefois grondé hors de saison ?
Il faut être indulgent. Nous avons nos misères.
Les petits pour les grands ont tort d'être sévères.
Enfants ! chaque matin, votre âme avec amour
S'ouvre à la joie ainsi que la fenêtre au jour.
Beau miracle, vraiment, que l'enfant, *** sans cesse,
Ayant tout le bonheur, ait toute la sagesse !
Le destin vous caresse en vos commencements.
Vous n'avez qu'à jouer et vous êtes charmants.
Mais nous, nous qui pensons, nous qui vivons, nous sommes
Hargneux, tristes, mauvais, ô mes chers petits hommes !
On a ses jours d'humeur, de déraison, d'ennui.
Il pleuvait ce matin. Il fait froid aujourd'hui.
Un nuage mal fait dans le ciel tout à l'heure
A passé. Que nous veut cette cloche qui pleure ?
Puis on a dans le coeur quelque remords. Voilà
Ce qui nous rend méchants. Vous saurez tout cela,
Quand l'âge à votre tour ternira vos visages,
Quand vous serez plus grands, c'est-à-dire moins sages.

J'ai donc eu tort. C'est dit. Mais c'est assez punir,
Mais il faut pardonner, mais il faut revenir.
Voyons, faisons la paix, je vous prie à mains jointes.
Tenez, crayons, papiers, mon vieux compas sans pointes,
Mes laques et mes grès, qu'une vitre défend,
Tous ces hochets de l'homme enviés par l'enfant,
Mes gros chinois ventrus faits comme des concombres,
Mon vieux tableau trouvé sous d'antiques décombres,
Je vous livrerai tout, vous toucherez à tout !
Vous pourrez sur ma table être assis ou debout,
Et chanter, et traîner, sans que je me récrie,
Mon grand fauteuil de chêne et de tapisserie,
Et sur mon banc sculpté jeter tous à la fois
Vos jouets anguleux qui déchirent le bois !
Je vous laisserai même, et gaîment, et sans crainte,
Ô prodige ! en vos mains tenir ma bible peinte,
Que vous n'avez touchée encor qu'avec terreur,
Où l'on voit Dieu le père en habit d'empereur !

Et puis, brûlez les vers dont ma table est semée,
Si vous tenez à voir ce qu'ils font de fumée !
Brûlez ou déchirez ! - Je serais moins clément
Si c'était chez Méry, le poète charmant,
Que Marseille la grecque, heureuse et noble ville,
Blonde fille d'Homère, a fait fils de Virgile.
Je vous dirais : - " Enfants, ne touchez que des yeux
A ces vers qui demain s'envoleront aux cieux.
Ces papiers, c'est le nid, retraite caressée,
Où du poète ailé rampe encor la pensée.
Oh ! n'en approchez pas ! car les vers nouveau-nés,
Au manuscrit natal encore emprisonnés,
Souffrent entre vos mains innocemment cruelles.
Vous leur blessez le pied, vous leur froissez les ailes ;
Et, sans vous en douter, vous leur faites ces maux
Que les petits enfants font aux petits oiseaux. "

Mais qu'importe les miens ! - Toute ma poésie,
C'est vous, et mon esprit suit votre fantaisie.
Vous êtes les reflets et les rayonnements
Dont j'éclaire mon vers si sombre par moments.
Enfants, vous dont la vie est faite d'espérance,
Enfants, vous dont la joie est faite d'ignorance,
Vous n'avez pas souffert et vous ne savez pas,
Quand la pensée en nous a marché pas à pas,
Sur le poète morne et fatigué d'écrire
Quelle douce chaleur répand votre sourire !
Combien il a besoin, quand sa tête se rompt,
De la sérénité qui luit sur votre front ;
Et quel enchantement l'enivre et le fascine,
Quand le charmant hasard de quelque cour voisine,
Où vous vous ébattez sous un arbre penchant,
Mêle vos joyeux cris à son douloureux chant !

Revenez donc, hélas ! revenez dans mon ombre,
Si vous ne voulez pas que je sois triste et sombre,
Pareil, dans l'abandon où vous m'avez laissé,
Au pêcheur d'Etretat, d'un long hiver lassé,
Qui médite appuyé sur son coude, et s'ennuie
De voir à sa fenêtre un ciel rayé de pluie.
Michael Joseph Oct 2022
"Nak, kumusta ka na?" habang inihahain yung Cinnamon bread mula sa oven.

"Naku, Ma'am. Ito single pa rin, dami ko pa kasi need patunayan sa sarili ko."

"Gaganda na nga ng mga na-achieve mo eh kulang pa ba? Hanapin mo rin yung magpapasaya sayo, ako nga simpleng life lang pero masaya ako sa partner ko at sa work ko."

Bumulong sa katrabaho, "Siya yung sinasabi kong prof namin na life coach rin. Pinakilala niya sa akin yung the Ballad of the Lonely Masturbator ni Anne Sexton. Sobrang ganda niya pumili ng mga piyesa para sa class namin."

Ay, Ma'am, si Ara nga po pala. Katrabaho ko."

"Ay, hi po, Ma'am."

"Ikaw ba, pinopormahan ka ba nitong si Michael?" Pabirong udyok ni Ma'am Pola.

"Ingatan mo si Michael, mga sunod na faculty to ng CAL."

"Ay, Naku, Ma'am. Di po ako qualified, baka maligaw ng landas mga taga ABE. Hehe."

"Lahat naman tayo, may mga bagay na akala natin di pa tayo qualified, pero binibigay sa atin kasi may mga taong alam kung ano talaga kaya natin. Ngayon lang yung memo nagrerequire ng Masters kaya di na kayo makapasok. Tignan niyo nga kayo, ang gagaling kaya ng batch niyo."

"Oh, eto nak, mainit-init pa yung order mo, apat na boxes ng Cinnamon bread. Pasensya ka na ginabi ka na ang dami ko ring binebake, baka may pasok ka pa bukas."

"Ay, salamat po, Ma'am. Buti po at bumuti-buti na pakiramdam niyo. Solid po yung mga binabake niyo sana mabuksan niyo uli yung store niyo sa may great wall."

"Ay naku, hoping and praying anak. Sana maging masaya family mo sa binake ko."

"Naku, Ma'am, bentang benta to kasi minarket ko na sa kanila. Sana kahit papaano nakatulong po ako."

"Thank you, Mike ah. Balitaan mo ako at kumustahan tayo sa kape pag may time pa."

"Bye, Ma'am. Ingat po kayo lagi."
Alaala ka palagi, Ma'am Paula Arevalo-Destacamento .

Salamat sa literatura, sa maayos na pagtuturo, sa pagkain, sa inspirasyon, at sa iyong buhay.
Élégie.


J'ai mendié seize ans le pain de chaque jour,
Ce pain noir, accordé, refusé tour à tour ;
Je bois l'eau du torrent, je couche sur la terre ;
Sur le bord d'un chemin j'ai vu mourir ma mère !
Et seule désormais, au **** portant mes pas,
Je souris à la foule et je pleure tout bas.

Je poursuis en tous lieux ma course vagabonde,
Avançant au hasard, je traverse le monde.
- C'est que, dans l'univers, nul pays n'est le mien ;
C'est que j'erre ici-bas, sans amis, sans lien.
Dieu me déshérita dans le commun partage
Des biens qu'il donne à tous pour les jours du voyage ;
Je n'ai reçu du ciel, depuis mes jeunes ans,
Que ma place au soleil, comme la fleur des champs !
Pour nous deux au printemps s'arrêtera la vie,
L'hiver est **** encore... et je tombe flétrie !

Dans ma peuplade errante on citait ma beauté,
Mais pour moi, parmi vous, nul cœur n'a palpité ;
Aux yeux des hommes blancs, je ne puis être belle :
Je ressemble à la nuit, je suis sombre comme elle.
Mon âme est à jamais vouée à la douleur,
Et je n'ai des heureux pas même la couleur !...
Si j'ose quelquefois approcher de leur fête,
C'est qu'aux pieds des passants je viens courber ma tête,
Je viens tendre vers eux une tremblante main ;
Je demande le soir le pain du lendemain,
Et quand, sur les pavés, une légère aumône
Retentit en glissant de la main qui la donne,
Je pars - sûre du moins d'un jour pour avenir !
Puis, lorsqu'à l'horizon la lune va venir,
Comme l'oiseau courbant sa tête sous son aile,
J'attends auprès de lui l'heure où son chant m'appelle.
Si de ma vie, hélas ! je remonte le cours,
Pas un seul souvenir ne marque un de mes jours...

Qu'ai-je dit ! - Au milieu des ennuis que je pleure,
Le passé m'a laissé le souvenir... d'une heure !
Triste et rapide éclair d'un seul instant d'espoir,
Qui laissait en fuyant le ciel encor plus noir.
J'aimai !... croyant l'amour une divine aumône,
Que Dieu réserve à ceux que le monde abandonne !

C'était un soir, je crois, que passant par hasard,
Il arrêta sur moi son triste et doux regard.
« Ce ciel brûlant, » dit-il, « annonce la tempête ;
« Va chercher, jeune fille, un abri pour ta tête. »
Sa main en se baissant s'approcha de mes mains...
Et je ne souffris plus des maux qu'il avait plaints !
- Depuis lors, chaque jour, j'allais, sur son passage,
Attendre son regard. À ce muet langage
Tout mon cœur répondait, et ce cœur isolé
Se trouvait, d'un sourire, heureux et consolé !
Je fuyais devant lui ; pour mon sort plein d'alarmes,
Je craignais son argent, ne voulant que ses larmes.
Sans doute, il l'a compris ; par un léger effort,
Un jour, il prit ma main sans y laisser de l'or !
Il la serra. - Voilà, pour le cours de ma vie,
La somme de bonheur que Dieu m'a répartie.

Un soir, près d'une femme, il marchait, parlait bas ;
J'attendis son regard.... son regard ne vint pas !...

J'ai repris, depuis lors, ma course monotone ;
Mais le sol est jonché des feuilles de l'automne ;
Comme elles, m'inclinant sous le souffle de l'air,
Sur l'herbe du coteau, je tombe avant l'hiver !
sa na a la a
i could never love

a sa la o a oo
a boy as much as you

ta ra ta la ta la
the sun awakes the heavens

ta na ma la a ka
i find my day in your arms

ta ma na a la la a
and my nights sharing your breath

ian ta la na na ian
ian, it was always ian

ta ma sa la
my heart stays true

ta a ma sa la sa la
beneath a beautiful black sky

sa ma na ma na la
i am always true to my love

ta na ba wa la a
but my heart breaks for another

ta ma na ma na
it will always be ian

ta la sa ma chi
or we will weep in china forever.
Julian Delia Apr 2019
Li kieku jerġa jiġi Kristu,
Lanqas jilħaq jitma ruħ.
Tilħqu taqfluh ġo skola,
Imsallab mill-punt tat-tluq.
Jilħaq jitlef ruħu fi xmara dmugħ,
Hekk kif il-ħajja jduq.
Jerġa jħoss x’jiġifieri in-niket,
Kif jarana naħxu dak li nibet,
L-ambjent tagħna, b’passjoni neqirduh.

Swied il-qalb;
Mument ta’ skiet,
Mument ta’ talb.

Qalb mogħdiet miksija bil-konkrit,
Nesprimi dar-rabja u dan l-inkwiet,
Ngħix il-ħajja mingħajr irbit.
Ngħid dak li nħoss,
Noħroġ dan il-kliem mingħajr intopp,
Nidgħi, meta xi gvern ireddali xi żobb.

Ilni ma nikteb,
Għax b’dan il-kliem ma nafx x’ħa nikseb.
Dil-kuxjenza li xogħla tniggżek,
X’għamilniela biex tfejniha, tgħid?
Għax jien nġibilha skużi, ġieli;
Ġieli, tgħidx kemm nigdeb.

* *

Vera ilni nipprova;
Nipprova naċċetta li nagħmel dak li d-dinja ta’ madwari tapprova,
Sa għamilt kors, ma nafx kif, imma ggradwajt u krejt it-toga.
Tgħallimt, u sirt għalliem,
Ktibt poeżiji li jħalluk bla kliem.
Ippruvajt insib il-paċi u s-sliem,
Qtajt il-pastażati bl-addoċċ,
Iż-żiblata ta’ bla ħsieb.

Xejn ma ħadem;
Xejn, kull ma għamilt inqridt,
Sa ġieli dħalt fid-dejn.
Qisni mort ngħix fi sqaq l-infern.
Donnu, d-destin tiegħi qisu ħaddiem tal-gvern.
Dejjem għajjien u dejjem m’hu sejjer imkien,
Destinat li nolqot in-noti b’mod stunat,
Imwelled f’did-dinja b’ritmu sfrenat.

Min jaf kif jitbellah Kristu,
Jekk jerġa jiġi ħdejna;
Jara kif it-tagħlim insejna,
Kif ngħixu ġo gaġġa mżejna,
Kif mingħalina li sirna s-sidien ta’ dil-gżira ċkejkna.

L-ewwel, inwerwruh bl-injoranza grassa,
Bil-passivita’ ta dil-***** ċassa.
Imbagħad, ngħaxxquh b’kemm hawn minnha jmutu bil-ġuħ,
Biex ma ngħidux *** f’liema direzzjoni sejrin,
Kif ilna għaddejjin; ‘l-aqwa li jien minn ***!’

Ejja ngħidu li ma nsallbuhx, ħa;
Kristu probabbli jtiha għal isfel, li kieku.
Qabel ma jerġa jiġi, jiġġieled ma missieru;
Jgħidlu ‘le, ma rridx ninżel!’

Qalbna, il-qofol mikul bin-nekrożi, tinten,
Bil-mewt madwarna, tittanta u tiżfen.
X’saltna t’Alla; mhux li kien,
Mhux li kien nerġgħu niksbuha maż-żmien.

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‘If­ Christ Came Back’

If Christ came back, he wouldn’t even have the time to feed a single soul. You’d lock him up in a school, crucified from the get-go. He would drown in a river of his own tears, as soon as he tastes life. He would experience sorrow anew, witnessing us destroying that which has blossomed, the very environment which we passionately eradicate.

Blackened, sorrowful heart; a moment of silence, a moment of prayer.

Among pathways covered in concrete, I express this rage and this anxiety, living life with no attachments. I say what I feel, pulling out these words without any resistance, swearing whenever some government shoves its **** down my throat.

I haven’t written in a while, because I don’t really know what I’m going to achieve with these words. This conscience, whose job is to sting, what have we done to it to switch off? I give it excuses, mostly; sometimes, I really do lie to it, a lot.

* *

I’ve really been trying; trying to accept doing what the world around me approves of, I even finished a degree, I don’t know how, but I graduated and rented a toga. I learned, and I became a teacher, too; I wrote poems that leave you speechless. I tried to find peace and serenity, I cut out senseless debauchery, the mindless ******.

Nothing worked; nothing, all I did was destroy myself, going into debt, even. It’s like I started to live in hell’s alley. It seems my destiny is like a government employee; always tired and going nowhere. Destined to hit notes off-key, born in a world with a relentless rhythm.

Who knows how shocked Christ would be, if he ever came back. He’d see how we forgot all his teachings, how we live in decorated cages, how we think we’ve become the lords of this tiny island.

First, we’d terrify him with our crass ignorance, with the passivity of the dazed masses. Then, we’ll make him feel worse when he sees how many of us are starving to death, not to mention the direction we’ve taken, how long we’ve been going: ‘as long as I come out on top, eh!’

Let’s say we wouldn’t crucify him, maybe; Christ would probably jump off a cliff, if anything. Before coming back, he’d argued with his father, ‘no, I don’t want to go back there again!’ Our hearts are rotting in their core, necrotic, with death dancing around us, taunting us. God’s glory? Yeah, right; if only, if only we could find that again, in due time.
Happy Easter, a*sholes.
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
Kim Johnson Oct 2014
You came into ma life when sm1 else was I dating,
We became friends and it kept on rocking,
But we end up working on unwanted fighting...

U shake ma desk when I was sleeping,
U tease me with ma book when I was reading,
U make me smile when u were annoying...

U call me on ma phone when u were leaving,
U promised to stay touched, abroad u r living,
As u promised..!! Friends we kept on staying..

My feeling grew, on phone we were talking,
U talked abt ur gf's and that's troubling,
I borrowed ma ear n started consoling....

Later got tired and felt ma time wasting,
I end up loosing u and friendship breaking,
I was left alone and kept on regretting...

Some how in life again we started texting,
Ma heart felt it again and starts opening,
I wanted to show ma love and finally proposing...
O horrible ! o horrible ! most horrible !
Shakespeare, Hamlet.

On a cru devoir réimprimer cette ode telle qu'elle a été composée et publiée
en juin 1826, à l'époque du désastre de Missolonghi. Il est important de se rappeler,
en la lisant, que tous les journaux d'Europe annoncèrent alors la mort de Canaris,
tué dans son brûlot par une bombe turque, devant la ville qu'il venait secourir.
Depuis, cette nouvelle fatale a été heureusement démentie.


I.

Le dôme obscur des nuits, semé d'astres sans nombre,
Se mirait dans la mer resplendissante et sombre ;
La riante Stamboul, le front d'étoiles voilé,
Semblait, couchée au bord du golfe qui l'inonde,
Entre les feux du ciel et les reflets de l'onde,
Dormir dans un globe étoilé.

On eût dit la cité dont les esprits nocturnes
Bâtissent dans les airs les palais taciturnes,
À voir ses grands harems, séjours des longs ennuis,
Ses dômes bleus, pareils au ciel qui les colore,
Et leurs mille croissants, que semblaient faire éclore
Les rayons du croissant des nuits.

L'œil distinguait les tours par leurs angles marquées,
Les maisons aux toits plats, les flèches des mosquées,
Les moresques balcons en trèfles découpés,
Les vitraux, se cachant sous des grilles discrètes,
Et les palais dorés, et comme des aigrettes
Les palmiers sur leur front groupés.

Là, de blancs minarets dont l'aiguille s'élance
Tels que des mâts d'ivoire armés d'un fer de lance ;
Là, des kiosques peints ; là, des fanaux changeants ;
Et sur le vieux sérail, que ses hauts murs décèlent,
Cent coupoles d'étain, qui dans l'ombre étincellent
Comme des casques de géants !

II.

Le sérail...! Cette nuit il tressaillait de joie.
Au son des gais tambours, sur des tapis de soie,
Les sultanes dansaient sous son lambris sacré ;
Et, tel qu'un roi couvert de ses joyaux de fête,
Superbe, il se montrait aux enfants du prophète,
De six mille têtes paré !

Livides, l'œil éteint, de noirs cheveux chargés,
Ces têtes couronnaient, sur les créneaux rangées,
Les terrasses de rose et de jasmins en fleur :
Triste comme un ami, comme lui consolante,
La lune, astre des morts, sur leur pâleur sanglante
Répandait sa douce pâleur.

Dominant le sérail, de la porte fatale
Trois d'entre elles marquaient l'ogive orientale ;
Ces têtes, que battait l'aile du noir corbeau,
Semblaient avoir reçu l'atteinte meurtrière,
L'une dans les combats, l'autre dans la prière,
La dernière dans le tombeau.

On dit qu'alors, tandis qu'immobiles comme elles,
Veillaient stupidement les mornes sentinelles,
Les trois têtes soudain parlèrent ; et leurs voix
Ressemblaient à ces chants qu'on entend dans les rêves,
Aux bruits confus du flot qui s'endort sur les grèves,
Du vent qui s'endort dans les bois !

III.

La première voix.

« Où suis-je...? mon brûlot ! à la voile ! à la rame !
Frères, Missolonghi fumante nous réclame,
Les Turcs ont investi ses remparts généreux.
Renvoyons leurs vaisseaux à leurs villes lointaines,
Et que ma torche, ô capitaines !
Soit un phare pour vous, soit un foudre pour eux !

« Partons ! Adieu Corinthe et son haut promontoire,
Mers dont chaque rocher porte un nom de victoire,
Écueils de l'Archipel sur tous les flots semés,
Belles îles, des cieux et du printemps chéries,
Qui le jour paraissez des corbeilles fleuries,
La nuit, des vases parfumés !

« Adieu, fière patrie, Hydra, Sparte nouvelle !
Ta jeune liberté par des chants se révèle ;
Des mâts voilent tes murs, ville de matelots !
Adieu ! j'aime ton île où notre espoir se fonde,
Tes gazons caressés par l'onde,
Tes rocs battus d'éclairs et rongés par les flots !

« Frères, si je reviens, Missolonghi sauvée,
Qu'une église nouvelle au Christ soit élevée.
Si je meurs, si je tombe en la nuit sans réveil,
Si je verse le sang qui me reste à répandre,
Dans une terre libre allez porter ma cendre,
Et creusez ma tombe au soleil !

« Missolonghi ! - Les Turcs ! - Chassons, ô camarades,
Leurs canons de ses forts, leurs flottes de ses rades.
Brûlons le capitan sous son triple canon.
Allons ! que des brûlots l'ongle ardent se prépare.
Sur sa nef, si je m'en empare,
C'est en lettres de feu que j'écrirai mon nom.

« Victoire ! amis...! - Ô ciel ! de mon esquif agile
Une bombe en tombant brise le pont fragile...
Il éclate, il tournoie, il s'ouvre aux flots amers !
Ma bouche crie en vain, par les vagues couverte !
Adieu ! je vais trouver mon linceul d'algue verte,
Mon lit de sable au fond des mers.

« Mais non ! Je me réveille enfin...! Mais quel mystère ?
Quel rêve affreux...! mon bras manque à mon cimeterre.
Quel est donc près de moi ce sombre épouvantail ?
Qu'entends-je au ****...? des chœurs... sont-ce des voix de femmes ?
Des chants murmurés par des âmes ?
Ces concerts...! suis-je au ciel ? - Du sang... c'est le sérail ! »

IV.

La deuxième voix.

« Oui, Canaris, tu vois le sérail et ma tête
Arrachée au cercueil pour orner cette fête.
Les Turcs m'ont poursuivi sous mon tombeau glacé.
Vois ! ces os desséchés sont leur dépouille opime :
Voilà de Botzaris ce qu'au sultan sublime
Le ver du sépulcre a laissé !

« Écoute : Je dormais dans le fond de ma tombe,
Quand un cri m'éveilla : Missolonghi succombe !
Je me lève à demi dans la nuit du trépas ;
J'entends des canons sourds les tonnantes volées,
Les clameurs aux clameurs mêlées,
Les chocs fréquents du fer, le bruit pressé des pas.

« J'entends, dans le combat qui remplissait la ville,
Des voix crier : « Défends d'une horde servile,
Ombre de Botzaris, tes Grecs infortunés ! »
Et moi, pour m'échapper, luttant dans les ténèbres,
J'achevais de briser sur les marbres funèbres
Tous mes ossements décharnés.

« Soudain, comme un volcan, le sol s'embrase et gronde... -
Tout se tait ; - et mon œil ouvert pour l'autre monde
Voit ce que nul vivant n'eût pu voir de ses yeux.
De la terre, des flots, du sein profond des flammes,
S'échappaient des tourbillons d'âmes
Qui tombaient dans l'abîme ou s'envolaient aux cieux !

« Les Musulmans vainqueurs dans ma tombe fouillèrent ;
Ils mêlèrent ma tête aux vôtres qu'ils souillèrent.
Dans le sac du Tartare on les jeta sans choix.
Mon corps décapité tressaillit d'allégresse ;
Il me semblait, ami, pour la Croix et la Grèce
Mourir une seconde fois.

« Sur la terre aujourd'hui notre destin s'achève.
Stamboul, pour contempler cette moisson du glaive,
Vile esclave, s'émeut du Fanar aux Sept-Tours ;
Et nos têtes, qu'on livre aux publiques risées,
Sur l'impur sérail exposées,
Repaissent le sultan, convive des vautours !

« Voilà tous nos héros ! Costas le palicare ;
Christo, du mont Olympe ; Hellas, des mers d'Icare ;
Kitzos, qu'aimait Byron, le poète immortel ;
Et cet enfant des monts, notre ami, notre émule,
Mayer, qui rapportait aux fils de Thrasybule
La flèche de Guillaume Tell !

« Mais ces morts inconnus, qui dans nos rangs stoïques
Confondent leurs fronts vils à des fronts héroïques,
Ce sont des fils maudits d'Eblis et de Satan,
Des Turcs, obscur troupeau, foule au sabre asservie,
Esclaves dont on prend la vie,
Quand il manque une tête au compte du sultan !

« Semblable au Minotaure inventé par nos pères,
Un homme est seul vivant dans ces hideux repaires,
Qui montrent nos lambeaux aux peuples à genoux ;
Car les autres témoins de ces fêtes fétides,
Ses eunuques impurs, ses muets homicides,
Ami, sont aussi morts que nous.

« Quels sont ces cris...? - C'est l'heure où ses plaisirs infâmes
Ont réclamé nos sœurs, nos filles et nos femmes.
Ces fleurs vont se flétrir à son souffle inhumain.
Le tigre impérial, rugissant dans sa joie,
Tour à tour compte chaque proie,
Nos vierges cette nuit, et nos têtes demain ! »

V.

La troisième voix.

« Ô mes frères ! Joseph, évêque, vous salue.
Missolonghi n'est plus ! À sa mort résolue,
Elle a fui la famine et son venin rongeur.
Enveloppant les Turcs dans son malheur suprême,
Formidable victime, elle a mis elle-même
La flamme à son bûcher vengeur.

« Voyant depuis vingt jours notre ville affamée,
J'ai crié : « Venez tous ; il est temps, peuple, armée !
Dans le saint sacrifice il faut nous dire adieu.
Recevez de mes mains, à la table céleste,
Le seul aliment qui nous reste,
Le pain qui nourrit l'âme et la transforme en dieu ! »

« Quelle communion ! Des mourants immobiles,
Cherchant l'hostie offerte à leurs lèvres débiles,
Des soldats défaillants, mais encor redoutés,
Des femmes, des vieillards, des vierges désolées,
Et sur le sein flétri des mères mutilées
Des enfants de sang allaités !

« La nuit vint, on partit ; mais les Turcs dans les ombres
Assiégèrent bientôt nos morts et nos décombres.
Mon église s'ouvrit à leurs pas inquiets.
Sur un débris d'autel, leur dernière conquête,
Un sabre fit rouler ma tête...
J'ignore quelle main me frappa : je priais.

« Frères, plaignez Mahmoud ! Né dans sa loi barbare,
Des hommes et de Dieu son pouvoir le sépare.
Son aveugle regard ne s'ouvre pas au ciel.
Sa couronne fatale, et toujours chancelante,
Porte à chaque fleuron une tête sanglante ;
Et peut-être il n'est pas cruel !

« Le malheureux, en proie, aux terreurs implacables,
Perd pour l'éternité ses jours irrévocables.
Rien ne marque pour lui les matins et les soirs.
Toujours l'ennui ! Semblable aux idoles qu'ils dorent,
Ses esclaves de **** l'adorent,
Et le fouet d'un spahi règle leurs encensoirs.

« Mais pour vous tout est joie, honneur, fête, victoire.
Sur la terre vaincus, vous vaincrez dans l'histoire.
Frères, Dieu vous bénit sur le sérail fumant.
Vos gloires par la mort ne sont pas étouffées :
Vos têtes sans tombeaux deviennent vos trophées ;
Vos débris sont un monument !

« Que l'apostat surtout vous envie ! Anathème
Au chrétien qui souilla l'eau sainte du baptême !
Sur le livre de vie en vain il fut compté :
Nul ange ne l'attend dans les cieux où nous sommes ;
Et son nom, exécré des hommes,
Sera, comme un poison, des bouches rejeté !

« Et toi, chrétienne Europe, entends nos voix plaintives.
Jadis, pour nous sauver, saint Louis vers nos rives
Eût de ses chevaliers guidé l'arrière-ban.
Choisis enfin, avant que ton Dieu ne se lève,
De Jésus et d'Omar, de la croix et du glaive,
De l'auréole et du turban. »

VI.

Oui, Botzaris, Joseph, Canaris, ombres saintes,
Elle entendra vos voix, par le trépas éteintes ;
Elle verra le signe empreint sur votre front ;
Et soupirant ensemble un chant expiatoire,
À vos débris sanglants portant leur double gloire,
Sur la harpe et le luth les deux Grèces diront :

« Hélas ! vous êtes saints et vous êtes sublimes,
Confesseurs, demi-dieux, fraternelles victimes !
Votre bras aux combats s'est longtemps signalé ;
Morts, vous êtes tous trois souillés par des mains viles.
Voici votre Calvaire après vos Thermopyles ;
Pour tous les dévouements votre sang a coulé !

« Ah ! si l'Europe en deuil, qu'un sang si pur menace,
Ne suit jusqu'au sérail le chemin qu'il lui trace,
Le Seigneur la réserve à d'amers repentirs.
Marin, prêtre, soldat, nos autels vous demandent ;
Car l'Olympe et le Ciel à la fois vous attendent,
Pléiade de héros ! Trinité de martyrs ! »

Juin 1826.
Mélancolie est au fond de mon cœur ;
De chants joyeux n'ai pas la fantaisie ;
Plaintes, soupirs, accents de la douleur,
Voilà les chants de la mélancolie.
Cesse, ô ma voix ! cesse de soupirer
Chanson d'amour où peignais mon martyre :
À d'autres vers j'ai vu Daphné sourire.
Tais-toi, ma lyre ! Ah ! laisse-moi pleurer !

Plus ne prétends en langage des dieux
Chanter Daphné, chanter ma vive flamme :
Chanson d'amour irait jusqu'à ses yeux ;
Chanson d'amour n'irait plus à son âme.
Hier encor l'entendais assurer
Qu'un seul berger faisait chanson jolie :
C'est mon rival. Toi, que l'ingrate oublie,
Tais-toi, ma lyre ! Ah ! laisse-moi pleurer !

Si bien sentir vaut mieux que bien chanter,
Si bien aimer vaut mieux que bien le dire,
Las ! mieux que moi pouvait-on mériter
Le seul suffrage auquel ma muse aspire ?
Mais nouveauté, je le veux déclarer,
Séduit souvent la plus sage bergère.
Puisque Daphné comme une autre est légère,
Tais-toi, ma lyre ! Ah ! laisse-moi pleurer !

Quoi, vous allez la chercher malgré moi,
Vers indiscrets, enfants de jalousie !
Daphné vous lit : dieux ! quel est mon effroi !
Daphné sourit : dieux ! ma peine est finie !
Plus la douleur ne me doit tourmenter ;
À mon rival retournez, ma tristesse.
Mes vers encor plairaient à ma maîtresse ?
Tais-toi, chagrin ! Ah ! laisse-moi chanter !

Écrit en 1789.
GHAR KI WO BAHADUR BETI

ghar ki wo bahadur beti, Ma ko wo ankhen kholte hi dekhti.
darr na Ma tu bhi hai kisi ki bahadur beti.

Ma ke anchal ko pakad ke chalti,
main teri parchayi or tu hai mera kal wo isko samajhti,
khilkhilate mahakte phool si wo badi hoti,
anjane loge se hi milte, jhijhakte hue wo sahamti.

Par ab wo beti ki kuch ye thi kahani,
usko ek alag hi dunia hai banani.
sambhal k chal tu beti, galat ** to chup reh to beti.
kyonki Ma-Baap ki hai wo bahadur beti.

Seekh k zindgi ki sachchayi, ek alag dunia hai banayi.
khushi khudme hi dhoondne lagi, bheegi palke yun hi sookhne lagi.

Ma ki parchayi banne ki chah me, aagayi wo bhi pyar ki raah me.
usse rishta yun judne laga, sunhara kal phir dikhne laga.
age kadam darr k badhaya, pyar ne jispe bharosa dilaya.

Ab zindgi ne yun karwat li, kaanch k us rishte me wo tut gayi.
arre darr mat tu hai ghar ki bahadur beti.

ashkon ko wo chupa rahi thi, girte hue kadmon ko sambhal rahi thi,
diye hue zakhmon ko chupa rahi thi, us pyar ko ab bhi dua me mang rahi thi.
bilakhti, sahamti phir kadam ko badha ke kahti
MA, MAIN HU TERI BAHADUR BETI......
Kim Johnson Aug 2014
My mother my world,
Was the sentence I always hold,
When I grew up a little old,
Started doubting ma own word...

Don't do this, don't do that,
Don't eat this, u will grow fat,
Don't watch tv u vil lose your eyes,
Don't read novels it's fictions and lies.

You scold me first For not knowing "how to cook,"
You scold me second when I come in boyish look,
You scold me again when u knew abt ma boyfriend,
You scold me forever for loosing ma foreign friend...

First time in ma life I wanna hear you shout,
"That's ma daughter "I wanna hear that loud,
U knew I love poems, slogan and stories too,
I wanna write about us just I and you...

Please unhold ma hand and let me go,
Be ma mom don't be ma foe,
I wish you to be really clear,
Either you support me or leave me here....

I wrote poems, I wrote slogans,
I wanna write like Henry Logans,
I wish u appreciate me once in ma life,
Please encourage me once when I am still alive.
There isn't any person called as Henry Logan. It was just created to make rhyming of the word above.....
MON ELFE DES MYOSOTIS,
MA CREATURE, MA COOLIE, MA FLEUR
On t'a baptisée Nyssia alors que tu étais Aura
Fée exhibée aux quatre vents
Tu aurais pu naître verte plutôt que note bleue.
Je ne suis ni Candaule ni Gygès et tu n 'es pas Nyssia...

MON ELFE DES MYOSOTIS,
MA CREATURE, MA COOLIE, MA FLEUR
Je suis vert de honte,
Moi, le ****** dépravé,
Gravissant à genoux les marches de corail
Qui plongent vers tes abysses.
Je viens ici, non pour payer une quelconque promesse,
Mais pour confesser mon péché capital.

Ton parfum volcanique et charnel infuse en mes flancs
Des laves lubriques :
Sept fois je suis tombé dans les ornières
Mais je me suis redressé Juste,
Revêtu de la ceinture de vérité
Par toi ma DIABLESSE
Vénielle et mortelle.

C'est ainsi que je m'éveille, fier oiseau d'onyx,
Baignant mon bec de rubis, saphir et émeraude
Dans le sans-fin obscur de tes eaux
Salubres d'arrogance, avarice,
Envie, colère, luxure, gourmandise et paresse
Où je me délecte de ces ardences cachées
Muettes derrière la barrière de plastique.

Ma petite FLEUR, MA COOLIE
Enchanté !
Me suis-je seulement présenté ?
Sais-tu même qui je suis ?
Sais-tu que même moi je l'ignore ?
On m'a baptisé ZEPHYR
Bien avant que je ne sois pensée
Destiné à satisfaire ton esprit
Baise-fleurs, abeille de myosotis orchidée.

Je poursuis, ma CREATURE,
De cette langue élancée
Cette rivière d'OR
Qui dévale impétueux de la haute montagne
Et qui charrie scandaleusement
Ton nectar de Styx interdit.
Même si je sais que je n'ai pas,
Et que je n'aurai jamais,
Accès mort ou vif à ces délices,
Je cours après le sillage
De ce joyau limpide
Dans une collecte solitaire
Sans peur d'être réduit à néant

Je vais, je vais, je viens
Tel un colibri qui volète entre sépales et pétales
Au-dessus de ton labelle
De chair pourpre qui se dresse et exige
Que je te butine
De cette faim désespérée de la Grâce
Tandis que je bataille pour que le fer de ma hache
Surnage comme une voile dans le vent de tes eaux.

Je suis ZEPHYR qui guide les abeilles natives sans dard
Qui affleurent
Vers le filon de ta mine
Afin qu'il ne s'épuise ni s'assèche
A défaut d'être exploré et joui
Sans cesse.
Jeter ma gourme
Voilà ce que je voudrais faire
Et surtout la jeter avec toi
Et commettre ainsi mes premières frasques
Ou plutôt les secondes
Car j'ai oublié les premières.

Jeter sa gourme
Ce n'est pas se gourmer
Ce n'est pas un duel
C'est faire exploser sa pureté séminale
Et vouloir semer sa semence
Aux quatre vents
Mais moi ma semence telle une pivoine sauvage
Vole légère et virginale pour se blottir en toi
Te pénétrer, te fertiliser, ma méduse pélagique, à l'ombrelle bleue et rose,
Jusqu'aux derniers interstices
Accepte ma gourme, translucide et molle
Je ne la jette pas
Je te l'offre, cette efflorescence,
Je te la destine
Je te l'adresse dans tes eaux.
Je suis dans ma seconde jeunesse
Et je te prie de croire que cette gourme
Est un précipité pimenté de cheval, d'hippocampe et d'hippopotame
Même si elle n 'a rien d'un mastodonte.

Et non seulement je veux qu'elle te fertilise
Mais je veux que tu la goûtes
Et la savoure comme un bon bourgogne
Ou beaujolais nouveau
Je veux que tu t'en badigeonnes
Le corps et l'âme
Je veux que tu t'en maquilles
Les lèvres et les paupières
Et que ce fluide soit ta crème de beauté permanente.

Je veux que dans chaque café du petit matin
Une deux ou trois gouttelettes de cette gourme vienne sucrer ta journée
Et l'égayer de délicieuses bandaisons intimes
Et invisibles mais réelles
Lèche, prends, c'est de la tendresse liquide
De la chaleur liquide
De l'amour liquide
C'est ma cyprine à moi
Et comme je suis bavard et volubile
Je m'en sers pour t'écrire
En hiéroglyphes dont seule toi peut lire
Les encres sympathiques
Et je te dis :
Ma gourme t'aime maintenant
Ma douce, torride et brûlante Pelagia noctulica.
À MADEMOISELLE LOUISE B.

I.

- Ainsi donc rien de grand, rien de saint, rien de pur,
Rien qui soit digne, ô ciel ! de ton regret d'azur !
Rien qui puisse anoblir le vil siècle où nous sommes,
Ne sortira du cœur de l'homme enfant des hommes !
Homme ! esprit enfoui sous les besoins du corps !
Ainsi, jouir ; descendre à tâtons chez les morts ;
Être à tout ce qui rampe, à tout ce qui s'envole,
A l'intérêt sordide, à la vanité folle ;
Ne rien savoir - qu'emplir, sans souci du devoir,
Une charte de mots ou d'écus un comptoir ;
Ne jamais regarder les voûtes étoilées ;
Rire du dévouement et des vertus voilées ;
Voilà ta vie, hélas ! et tu n'as, nuit et jour,
Pour espoir et pour but, pour culte et pour amour,
Qu'une immonde monnaie aux carrefours traînée
Et qui te laisse aux mains sa rouille empoissonnée !
Et tu ne comprends pas que ton destin, à toi,
C'est de penser ! c'est d'être un mage et d'être un roi ;
C'est d'être un alchimiste alimentant la flamme
Sous ce sombre alambic que tu nommes ton âme,
Et de faire passer par ce creuset de feu
La nature et le monde, et d'en extraire Dieu !

Quoi ! la brute a sa sphère et l'éléments sa règle !
L'onde est au cormoran et la neige est à l'aigle.
Tout a sa région, sa fonction, son but.
L'écume de la mer n'est pas un vain rebut ;
Le flot sait ce qu'il fait ; le vent sait qui le pousse ;
Comme un temple où toujours veille une clarté douce,
L'étoile obéissante éclaire le ciel bleu ;
Le lys s'épanouit pour la gloire de Dieu ;
Chaque matin, vibrant comme une sainte lyre,
L'oiseau chante ce nom que l'aube nous fait lire.
Quoi ! l'être est plein d'amour, le monde est plein de foi
Toute chose ici-bas suit gravement sa loi,
Et ne sait obéir, dans sa fierté divine,
L'oiseau qu'à son instinct, l'arbre qu'à sa racine !
Quoi ! l'énorme océan qui monte vers son bord,
Quoi ! l'hirondelle au sud et l'aimant vers le nord
La graine ailée allant au **** choisir sa place,
Le nuage entassé sur les îles de glace,
Qui, des cieux tout à coup traversant la hauteur,
Croule au souffle d'avril du pôle à l'équateur,
Le glacier qui descend du haut des cimes blanches,
La sève qui s'épand dans les fibres des branches,
Tous les objets créés, vers un but sérieux,
Les rayons dans les airs, les globes dans les cieux,
Les fleuves à travers les rochers et les herbes,
Vont sans se détourner de leurs chemins superbes !
L'homme a seul dévié ! - Quoi ! tout dans l'univers,
Tous les êtres, les monts, les forêts, les prés verts,
Le jour dorant le ciel, l'eau lavant les ravines,
Ont encore, comme au jour où de ses mains divines
Jéhova sur Adam imprima sa grandeur,
Toute leur innocence et toute leur candeur !
L'homme seul est tombé !- Fait dans l'auguste empire
Pour être le meilleur, il en devient le pire,
Lui qui devait fleurir comme l'arbre choisi,
Il n'est plus qu'un tronc vil au branchage noirci,
Que l'âge déracine et que le vice effeuille,
Dont les rameaux n'ont pas de fruit que Dieu recueille,
Où jamais sans péril nous ne nous appuyons,
Où la société greffe les passions !
Chute immense ! il ignore et nie, ô providence !
Tandis qu'autour de lui la création pense !

Ô honte ! en proie aux sens dont le joug l'asservit,
L'homme végète auprès de la chose qui vit !

II.

Comme je m'écriais ainsi, vous m'entendîtes ;
Et vous, dont l'âme brille en tout ce que vous dites,
Vous tournâtes alors vers moi paisiblement
Votre sourire triste, ineffable et calmant :

- L'humanité se lève, elle chancelle encore,
Et, le front baigné d'ombre, elle va vers l'aurore.
Tout l'homme sur la terre a deux faces, le bien
Et le mal. Blâmer tout, c'est ne comprendre rien.
Les âmes des humains d'or et de plomb sont faites.
L'esprit du sage est grave, et sur toutes les têtes
Ne jette pas sa foudre au hasard en éclats.
Pour le siècle où l'on vit - comme on y souffre, hélas ! -
On est toujours injuste, et tout y paraît crime.
Notre époque insultée a son côté sublime.
Vous l'avez dit vous-même, ô poète irrité ! -

Dans votre chambre, asile illustre et respecté,
C'est ainsi que, sereine et simple, vous parlâtes.
Votre front, au reflet des damas écarlates,
Rayonnait, et pour moi, dans cet instant profond,
Votre regard levé fit un ciel du plafond.

L'accent de la raison, auguste et pacifique,
L'équité, la pitié, la bonté séraphique,
L'oubli des torts d'autrui, cet oubli vertueux
Qui rend à leur insu les fronts majestueux,
Donnaient à vos discours, pleins de clartés si belles,
La tranquille grandeur des choses naturelles,
Et par moments semblaient mêler à votre voix
Ce chant doux et voilé qu'on entend dans les bois.

III.

Pourquoi devant mes yeux revenez-vous sans cesse,
Ô jours de mon enfance et de mon allégresse ?
Qui donc toujours vous rouvre en nos cœurs presque éteints
Ô lumineuse fleur des souvenirs lointains ?

Oh ! que j'étais heureux ! oh ! que j'étais candide !
En classe, un banc de chêne, usé, lustré, splendide,
Une table, un pupitre, un lourd encrier noir,
Une lampe, humble sœur de l'étoile du soir,
M'accueillaient gravement et doucement. Mon maître,
Comme je vous l'ai dit souvent, était un prêtre
A l'accent calme et bon, au regard réchauffant,
Naïf comme un savant, malin comme un enfant,
Qui m'embrassait, disant, car un éloge excite :
- Quoiqu'il n'ait que neuf ans, il explique Tacite. -
Puis près d'Eugène, esprit qu'hélas ! Dieu submergea,
Je travaillais dans l'ombre, - et je songeais déjà.

Tandis que j'écrivais, - sans peur, mais sans système,
Versant le barbarisme à grands flots sur le thème,
Inventant les auteurs de sens inattendus,
Le dos courbé, le front touchant presque au Gradus, -
Je croyais, car toujours l'esprit de l'enfant veille,
Ouïr confusément, tout près de mon oreille,
Les mots grecs et latins, bavards et familiers,
Barbouillés d'encre, et gais comme des écoliers,
Chuchoter, comme font les oiseaux dans une aire,
Entre les noirs feuillets du lourd dictionnaire.
Bruits plus doux que le bruit d'un essaim qui s'enfuit,
Souffles plus étouffés qu'un soupir de la nuit,
Qui faisaient par instants, sous les fermoirs de cuivre,
Frissonner vaguement les pages du vieux livre !

Le devoir fait, légers comme de jeunes daims,
Nous fuyions à travers les immenses jardins,
Éclatant à la fois en cent propos contraires.
Moi, d'un pas inégal je suivais mes grands frères ;
Et les astres sereins s'allumaient dans les cieux,
Et les mouches volaient dans l'air silencieux,
Et le doux rossignol, chantant dans l'ombre obscure,
Enseignait la musique à toute la nature,
Tandis qu'enfant jaseur aux gestes étourdis,
Jetant partout mes yeux ingénus et hardis
D'où jaillissait la joie en vives étincelles,
Je portais sous mon bras, noués par trois ficelles,
Horace et les festins, Virgile et les forêts,
Tout l'Olympe, Thésée, Hercule, et toi Cérès,
La cruelle Junon, Lerne et l'hydre enflammée,
Et le vaste lion de la roche Némée.

Mais, lorsque j'arrivais chez ma mère, souvent,
Grâce au hasard taquin qui joue avec l'enfant,
J'avais de grands chagrins et de grandes colères.
Je ne retrouvais plus, près des ifs séculaires,
Le beau petit jardin par moi-même arrangé.
Un gros chien en passant avait tout ravagé.
Ou quelqu'un dans ma chambre avait ouvert mes cages,
Et mes oiseaux étaient partis pour les bocages,
Et, joyeux, s'en étaient allés de fleur en fleur
Chercher la liberté bien ****, - ou l'oiseleur.
Ciel ! alors j'accourais, rouge, éperdu, rapide,
Maudissant le grand chien, le jardinier stupide,
Et l'infâme oiseleur et son hideux lacet,
Furieux ! - D'un regard ma mère m'apaisait.

IV.

Aujourd'hui, ce n'est pas pour une cage vide,
Pour des oiseaux jetés à l'oiseleur avide,
Pour un dogue aboyant lâché parmi les fleurs,
Que mon courroux s'émeut. Non, les petits malheurs
Exaspèrent l'enfant ; mais, comme en une église,
Dans les grandes douleurs l'homme se tranquillise.
Après l'ardent chagrin, au jour brûlant pareil,
Le repos vient au cœur comme aux yeux le sommeil.
De nos maux, chiffres noirs, la sagesse est la somme.
En l'éprouvant toujours, Dieu semble dire à l'homme :
- Fais passer ton esprit à travers le malheur ;
Comme le grain du crible, il sortira meilleur. -
J'ai vécu, j'ai souffert, je juge et je m'apaise.
Ou si parfois encor la colère mauvaise
Fait pencher dans mon âme avec son doigt vainqueur
La balance où je pèse et le monde et mon cœur ;
Si, n'ouvrant qu'un seul œil, je condamne et je blâme,
Avec quelques mots purs, vous, sainte et noble femme,
Vous ramenez ma voix qui s'irrite et s'aigrit
Au calme sur lequel j'ai posé mon esprit ;
Je sens sous vos rayons mes tempêtes se taire ;
Et vous faites pour l'homme incliné, triste, austère,
Ce que faisait jadis pour l'enfant doux et beau
Ma mère, ce grand cœur qui dort dans le tombeau !

V.

Écoutez à présent. - Dans ma raison qui tremble,
Parfois l'une après l'autre et quelquefois ensemble,
Trois voix, trois grandes voix murmurent.

L'une dit :
- « Courrouce-toi, poète. Oui, l'enfer applaudit
Tout ce que cette époque ébauche, crée ou tente.
Reste indigné. Ce siècle est une impure tente
Où l'homme appelle à lui, voyant le soir venu,
La volupté, la chair, le vice infâme et nu.
La vérité, qui fit jadis resplendir Rome,
Est toujours dans le ciel ; l'amour n'est plus dans l'homme.
« Tout rayon jaillissant trouve tout œil fermé.
Oh ! ne repousse pas la muse au bras armé
Qui visitait jadis comme une austère amie,
Ces deux sombres géants, Amos et Jérémie !
Les hommes sont ingrats, méchants, menteurs, jaloux.
Le crime est dans plusieurs, la vanité dans tous ;
Car, selon le rameau dont ils ont bu la sève,
Ils tiennent, quelques-uns de Caïn, et tous d'Ève.

« Seigneur ! ta croix chancelle et le respect s'en va.
La prière décroît. Jéhova ! Jéhova !
On va parlant tout haut de toi-même en ton temple.
Le livre était la loi, le prêtre était l'exemple ;
Livre et prêtre sont morts. Et la foi maintenant,
Cette braise allumée à ton foyer tonnant,
Qui, marquant pour ton Christ ceux qu'il préfère aux autres,
Jadis purifiait la lèvre des apôtres,
N'est qu'un charbon éteint dont les petits enfants
Souillent ton mur avec des rires triomphants ! » -

L'autre voix dit : - « Pardonne ! aime ! Dieu qu'on révère,
Dieu pour l'homme indulgent ne sera point sévère.
Respecte la fourmi non moins que le lion.
Rêveur ! rien n'est petit dans la création.
De l'être universel l'atome se compose ;
Dieu vit un peu dans tout, et rien n'est peu de chose.
Cultive en toi l'amour, la pitié, les regrets.
Si le sort te contraint d'examiner de près
L'homme souvent frivole, aveugle et téméraire,
Tempère l'œil du juge avec les pleurs du frère.
Et que tout ici-bas, l'air, la fleur, le gazon ;
Le groupe heureux qui joue au seuil de ta maison ;
Un mendiant assis à côté d'une gerbe ;
Un oiseau qui regarde une mouche dans l'herbe ;
Les vieux livres du quai, feuilletés par le vent,
D'où l'esprit des anciens, subtil, libre et vivant,
S'envole, et, souffle errant, se mêle à tes pensées ;
La contemplation de ces femmes froissées
Qui vivent dans les pleurs comme l'algue dans l'eau ;
L'homme, ce spectateur ; le monde, ce tableau ;
Que cet ensemble auguste où l'insensé se blase
Tourne de plus en plus ta vie et ton extase
Vers l'œil mystérieux qui nous regarde tous,
Invisible veilleur ! témoin intime et doux !
Principe ! but ! milieu ! clarté ! chaleur ! dictame !
Secret de toute chose entrevu par toute l'âme !
« N'allume aucun enfer au tison d'aucun feu.
N'aggrave aucun fardeau. Démontre l'âme et Dieu,
L'impérissable esprit, la tombe irrévocable ;
Et rends douce à nos fronts, que souvent elle accable,
La grande main qui grave en signes immortels
JAMAIS ! sur les tombeaux ; TOUJOURS ! sur les autels. »

La troisième voix dit : - « Aimer ? haïr ? qu'importe !
Qu'on chante ou qu'on maudisse, et qu'on entre ou qu'on sorte,
Le mal, le bien, la mort, les vices, les faux dieux,
Qu'est-ce que tout cela fait au ciel radieux ?
La végétation, vivante, aveugle et sombre,
En couvre-t-elle moins de feuillages sans nombre,
D'arbres et de lichens, d'herbe et de goëmons,
Les prés, les champs, les eaux, les rochers et les monts ?
L'onde est-elle moins bleue et le bois moins sonore ?
L'air promène-t-il moins, dans l'ombre et dans l'aurore,
Sur les clairs horizons, sur les flots décevants,
Ces nuages heureux qui vont aux quatre vents ?
Le soleil qui sourit aux fleurs dans les campagnes,
Aux rois dans les palais, aux forçats dans les bagnes,
Perd-il, dans la splendeur dont il est revêtu,
Un rayon quand la terre oublie une vertu ?
Non, Pan n'a pas besoin qu'on le prie et qu'on l'aime.
Ô sagesse ! esprit pur ! sérénité suprême !
Zeus ! Irmensul ! Wishnou ! Jupiter ! Jéhova !
Dieu que cherchait Socrate et que Jésus trouva !
Unique Dieu ! vrai Dieu ! seul mystère ! seule âme !
Toi qui, laissant tomber ce que la mort réclame,
Fis les cieux infinis pour les temps éternels !
Toi qui mis dans l'éther plein de bruits solennels,
Tente dont ton haleine émeut les sombres toiles,
Des millions d'oiseaux, des millions d'étoiles !
Que te font, ô Très-Haut ! les hommes insensés,
Vers la nuit au hasard l'un par l'autre poussés,
Fantômes dont jamais tes yeux ne se souviennent,
Devant ta face immense ombres qui vont et viennent ! »

VI.

Dans ma retraite obscure où, sous mon rideau vert,
Luit comme un œil ami maint vieux livre entrouvert,
Où ma bible sourit dans l'ombre à mon Virgile,
J'écoute ces trois voix. Si mon cerveau fragile
S'étonne, je persiste ; et, sans peur, sans effroi,
Je les laisse accomplir ce qu'elles font en moi.
Car les hommes, troublés de ces métamorphoses,
Composent leur sagesse avec trop peu de choses.
Tous ont la déraison de voir la Vérité
Chacun de sa fenêtre et rien que d'un côté,
Sans qu'aucun d'eux, tenté par ce rocher sublime,
Aille en faire le tour et monte sur sa cime.
Et de ce triple aspect des choses d'ici-bas,
De ce triple conseil que l'homme n'entend pas,
Pour mon cœur où Dieu vit, où la haine s'émousse,
Sort une bienveillance universelle et douce
Qui dore comme une aube et d'avance attendrit
Le vers qu'à moitié fait j'emporte en mon esprit
Pour l'achever aux champs avec l'odeur des plaines
Et l'ombre du nuage et le bruit des fontaines !

Avril 1840.
(Au Marquis de Lamaisonfort)

Oh ! qui m'emportera vers les tièdes rivages,
Où l'Arno couronné de ses pâles ombrages,
Aux murs des Médicis en sa course arrêté,
Réfléchit le palais par un sage habité,
Et semble, au bruit flatteur de son onde plus lente,
Murmurer les grands noms de Pétrarque et du Dante ?
Ou plutôt, que ne puis-je, au doux tomber du jour,
Quand le front soulagé du fardeau de la cour,
Tu vas sous tes bosquets chercher ton Égérie,
Suivre, en rêvant, tes pas de prairie en prairie ;
Jusqu'au modeste toit par tes mains embelli,
Où tu cours adorer le silence et l'oubli !
J'adore aussi ces dieux : depuis que la sagesse
Aux rayons du malheur a mûri ma jeunesse,
Pour nourrir ma raison des seuls fruits immortels,
J'y cherche en soupirant l'ombre de leurs autels ;
Et, s'il est au sommet de la verte colline,
S'il est sur le penchant du coteau qui s'incline,
S'il est aux bords déserts du torrent ignoré
Quelque rustique abri, de verdure entouré,
Dont le pampre arrondi sur le seuil domestique
Dessine en serpentant le flexible portique ;
Semblable à la colombe errante sur les eaux,
Qui, des cèdres d'Arar découvrant les rameaux,
Vola sur leur sommet poser ses pieds de rose,
Soudain mon âme errante y vole et s'y repose !
Aussi, pendant qu'admis dans les conseils des rois,
Représentant d'un maître honoré par son choix,
Tu tiens un des grands fils de la trame du monde ;
Moi, parmi les pasteurs, assis aux bords de l'onde,
Je suis d'un oeil rêveur les barques sur les eaux ;
J'écoute les soupirs du vent dans les roseaux ;
Nonchalamment couché près du lit des fontaines,
Je suis l'ombre qui tourne autour du tronc des chênes,
Ou je grave un vain nom sur l'écorce des bois,
Ou je parle à l'écho qui répond à ma voix,
Ou dans le vague azur contemplant les nuages,
Je laisse errer comme eux mes flottantes images ;
La nuit tombe, et le Temps, de son doigt redouté,
Me marque un jour de plus que je n'ai pas compté !

Quelquefois seulement quand mon âme oppressée
Sent en rythmes nombreux déborder ma pensée ;
Au souffle inspirateur du soir dans les déserts,
Ma lyre abandonnée exhale encor des vers !
J'aime à sentir ces fruits d'une sève plus mûre,
Tomber, sans qu'on les cueille, au gré de la nature,
Comme le sauvageon secoué par les vents,
Sur les gazons flétris, de ses rameaux mouvants
Laisse tomber ces fruits que la branche abandonne,
Et qui meurent au pied de l'arbre qui les donne !
Il fut un temps, peut-être, où mes jours mieux remplis,
Par la gloire éclairés, par l'amour embellis,
Et fuyant **** de moi sur des ailes rapides,
Dans la nuit du passé ne tombaient pas si vides.
Aux douteuses clartés de l'humaine raison,
Egaré dans les cieux sur les pas de Platon,
Par ma propre vertu je cherchais à connaître
Si l'âme est en effet un souffle du grand être ;
Si ce rayon divers, dans l'argile enfermé,
Doit être par la mort éteint ou rallumé ;
S'il doit après mille ans revivre sur la terre ;
Ou si, changeant sept fois de destins et de sphère,
Et montant d'astre en astre à son centre divin,
D'un but qui fuit toujours il s'approche sans fin ?
Si dans ces changements nos souvenirs survivent ?
Si nos soins, nos amours, si nos vertus nous suivent
S'il est un juge assis aux portes des enfers,
Qui sépare à jamais les justes des pervers ?
S'il est de saintes lois qui, du ciel émanées,
Des empires mortels prolongent les années,
Jettent un frein au peuple indocile à leur voix,
Et placent l'équité sous la garde des rois ?
Ou si d'un dieu qui dort l'aveugle nonchalance
Laisse au gré du destin trébucher sa balance,
Et livre, en détournant ses yeux indifférents,
La nature au hasard, et la terre aux tyrans ?
Mais ainsi que des cieux, où son vol se déploie,
L'aigle souvent trompé redescend sans sa proie,
Dans ces vastes hauteurs où mon oeil s'est porté
Je n'ai rien découvert que doute et vanité !
Et las d'errer sans fin dans des champs sans limite,
Au seul jour où je vis, au seul bord que j'habite,
J'ai borné désormais ma pensée et mes soins :
Pourvu qu'un dieu caché fournisse à mes besoins !
Pourvu que dans les bras d'une épouse chérie
Je goûte obscurément les doux fruits de ma vie !
Que le rustique enclos par mes pères planté
Me donne un toit l'hiver, et de l'ombre l'été ;
Et que d'heureux enfants ma table couronnée
D'un convive de plus se peuple chaque année !
Ami ! je n'irai plus ravir si **** de moi,
Dans les secrets de Dieu ces comment ; ces pourquoi,
Ni du risible effort de mon faible génie,
Aider péniblement la sagesse infinie !
Vivre est assez pour nous ; un plus sage l'a dit :
Le soin de chaque jour à chaque jour suffit.
Humble, et du saint des saints respectant les mystères,
J'héritai l'innocence et le dieu de mes pères ;
En inclinant mon front j'élève à lui mes bras,
Car la terre l'adore et ne le comprend pas :
Semblable à l'Alcyon, que la mer dorme ou gronde,
Qui dans son nid flottant s'endort en paix sur l'onde,
Me reposant sur Dieu du soin de me guider
A ce port invisible où tout doit aborder,
Je laisse mon esprit, libre d'inquiétude,
D'un facile bonheur faisant sa seule étude,
Et prêtant sans orgueil la voile à tous les vents,
Les yeux tournés vers lui, suivre le cours du temps.

Toi, qui longtemps battu des vents et de l'orage,
Jouissant aujourd'hui de ce ciel sans nuage,
Du sein de ton repos contemples du même oeil
Nos revers sans dédain, nos erreurs sans orgueil ;
Dont la raison facile, et chaste sans rudesse,
Des sages de ton temps n'a pris que la sagesse,
Et qui reçus d'en haut ce don mystérieux
De parler aux mortels dans la langue des dieux ;
De ces bords enchanteurs où ta voix me convie,
Où s'écoule à flots purs l'automne de ta vie,
Où les eaux et les fleurs, et l'ombre, et l'amitié,
De tes jours nonchalants usurpent la moitié,
Dans ces vers inégaux que ta muse entrelace,
Dis-nous, comme autrefois nous l'aurait dit Horace,
Si l'homme doit combattre ou suivre son destin ?
Si je me suis trompé de but ou de chemin ?
S'il est vers la sagesse une autre route à suivre ?
Et si l'art d'être heureux n'est pas tout l'art de vivre.
I


J'ai toujours voulu voir du pays, et la vie

Que mène un voyageur m'a toujours fait envie.

Je me suis dit cent fois qu'un demi-siècle entier

Dans le même logis, dans le même quartier ;

Que dix ans de travail, dix ans de patience

A lire les docteurs et creuser leur science,

Ne valent pas six mois par voie et par chemin,

Six mois de vie errante, un bâton à la main.

- Eh bien ! me voici prêt, ma valise est remplie ;

Où vais-je ! - En Italie. - Ah, fi donc ! l'Italie !

Voyage de badauds, de beaux fils à gants blancs.

Qui vont là par ennui, par ton, comme à Coblentz,

En poste, au grand galop, traversant Rome entière,

Et regardent ton ciel, Naples, par la portière.

- Mais ce que je veux, moi, voir avant de mourir,

Où je veux à souhait rêver, chanter, courir.

C'est l'Espagne, ô mon cœur ! c'est l'hôtesse des Maures,

Avec ses orangers et ses frais sycomores,

Ses fleuves, ses rochers à pic, et ses sentiers

Où s'entendent, la nuit, les chants des muletiers ;

L'Espagne d'autrefois, seul débris qui surnage

Du colosse englouti qui fut le moyen âge ;

L'Espagne et ses couvents, et ses vieilles cités

Toutes ceintes de murs que l'âge a respectés ;

Madrid. Léon, Burgos, Grenade et cette ville

Si belle, qu'il n'en est qu'une au monde. Séville !

La ville des amants, la ville des jaloux,

Fière du beau printemps de son ciel andalou,

Qui, sous ses longs arceaux de blanches colonnades,

S'endort comme une vierge, au bruit des sérénades.

Jusqu'à tant que pour moi le jour se soit levé

Où je pourrai te voir et baiser ton pavé,

Séville ! c'est au sein de cette autre patrie

Que je veux, mes amis, mettre, ma rêverie ;

C'est là que j'enverrai mon âme et chercherai

De doux récits d'amour que je vous redirai.


II


A Séville autrefois (pour la date il n'importe),

Près du Guadalquivir, la chronique rapporte

Qu'une dame vivait, qui passait saintement

Ses jours dans la prière et le recueillement :

Ses charmes avaient su captiver la tendresse

De l'alcade, et c'était, comme on dit, sa maîtresse ;

Ce qui n'empêchait pas que son nom fût cité

Comme un exemple à tous d'austère piété.

Car elle méditait souvent les évangiles,

Jeûnait exactement quatre-temps et vigiles.

Communiait à Pâque, et croyait fermement

Que c'est péché mortel d'avoir plus d'un amant

A la fois. Ainsi donc, en personne discrète.

Elle vivait au fond d'une obscure retraite,

Toute seule et n'ayant de gens dans sa maison

Qu'une duègne au-delà de l'arrière-saison,

Qu'on disait avoir eu, quand elle était jolie.

Ses erreurs de jeunesse, et ses jours de folie.

Voyant venir les ans, et les amans partir,

En femme raisonnable elle avait cru sentir

Qu'en son âme, un beau jour, était soudain venue

Une vocation jusqu'alors inconnue ;

Au monde, qui fuyait, elle avait dit adieu,

Et pour ses vieux péchés s'était vouée à Dieu.


Une fois, au milieu d'une de ces soirées

Que prodigue le ciel à ces douces contrées,

Le bras nonchalamment jeté sur son chevet,

Paquita (c'est le nom de la dame) rêvait :

Son œil s'était voilé, silencieux et triste ;

Et tout près d'elle, au pied du lit, sa camariste

Disait dévotement, un rosaire à la main,

Ses prières du soir dans le rite romain.

Voici que dans la rue, au pied de la fenêtre,

Un bruit se fit entendre ; elle crut reconnaître

Un pas d'homme, prêta l'oreille ; en ce moment

Une voix s'éleva qui chantait doucement :


« Merveille de l'Andalousie.

Étoile qu'un ange a choisie

Entre celles du firmament,

Ne me fuis pas ainsi ; demeure,

Si tu ne veux pas que je meure

De désespoir, en te nommant !


J'ai visité les Asturies,

Aguilar aux plaines fleuries,

Tordesillas aux vieux manoirs :

J'ai parcouru les deux Castilles.

Et j'ai bien vu sous les mantilles

De grands yeux et des sourcils noirs :


Mais, ô lumière de ma vie,

Dans Barcelone ou Ségovie,

Dans Girone au ciel embaumé,

Dans la Navarre ou la Galice,

Je n'ai rien vu qui ne pâlisse

Devant les yeux qui m'ont charmé ! »


Quand la nuit est bien noire, et que toute la terre,

Comme de son manteau, se voile de mystère,

Vous est-il arrivé parfois, tout en rêvant,

D'ouïr des sons lointains apportés par le vent ?

Comme alors la musique est plus douce ! Il vous semble

Que le ciel a des voix qui se parlent ensemble,

Et que ce sont les saints qui commencent en chœur

Des chants qu'une autre voix achève dans le cœur.

- A ces sons imprévus, tout émue et saisie,

La dame osa lever un coin de jalousie

Avec précaution, et juste pour pouvoir

Découvrir qui c'était, mais sans se laisser voir.

En ce moment la lune éclatante et sereine

Parut au front des cieux comme une souveraine ;

A ses pâles rayons un regard avait lui,

Elle le reconnut, et dit : « C'est encor lui ! »

C'était don Gabriel, que par toute la ville

On disait le plus beau cavalier de Séville ;

Bien fait, de belle taille et de bonne façon ;

Intrépide écuyer et ferme sur l'arçon,

Guidant son andalou avec grâce et souplesse,

Et de plus gentilhomme et de haute noblesse ;

Ce que sachant très bien, et comme, en s'en allant,

Son bonhomme de père avait eu le talent

De lui laisser comptant ce qu'il faut de richesses

Pour payer la vertu de plus de cent duchesses,

Il allait tête haute, en homme intelligent

Du prix de la noblesse unie avec l'argent.

Mais quand le temps d'aimer, car enfin, quoi qu'on dit,

Il faut tous en passer par cette maladie,

Qui plus tôt, qui plus **** ; quand ce temps fut venu,

Et qu'un trouble arriva jusqu'alors inconnu,

Soudain il devint sombre : au fond de sa pensée

Une image de femme un jour était passée ;

Il la cherchait partout. Seul, il venait s'asseoir

Sous les arbres touffus d'Alaméda, le soir.

A cette heure d'amour où la terre embrasée

Voit son sein rafraîchir sous des pleurs de rosée.

Un jour qu'il était là, triste, allant sans savoir

Où se portaient ses pas, et regardant sans voir,

Une femme passa : vision imprévue.

Qu'il reconnut soudain sans l'avoir jamais vue !

C'était la Paquita : c'était elle ! elle avait

Ces yeux qu'il lui voyait, la nuit, quand il rêvait.

Le souris, la démarche et la taille inclinée

De l'apparition qu'il avait devinée.

Il est de ces moments qui décident des jours

D'un homme ! Depuis lors il la suivait toujours,

Partout, et c'était lui dont la voix douce et tendre

Avait trouvé les chants qu'elle venait d'entendre.


III


Comment don Gabriel se fit aimer, comment

Il entra dans ce cœur tout plein d'un autre amant,

Je n'en parlerai pas, lecteur, ne sachant guère,

Depuis qu'on fait l'amour, de chose plus vulgaire ;

Donc, je vous en fais grâce, et dirai seulement,

Pour vous faire arriver plus vite au dénouement.

Que la dame à son tour. - car il n'est pas possible

Que femme à tant d'amour garde une âme insensible,

- Après avoir en vain rappelé sa vertu.

Avoir prié longtemps, et longtemps combattu.

N'y pouvant plus tenir, sans doute, et dominée

Par ce pouvoir secret qu'on nomme destinée,

Ne se contraignit plus, et cessa d'écouter

Un reste de remords qui voulait l'arrêter :

Si bien qu'un beau matin, au détour d'une allée,

Gabriel vit venir une duègne voilée,

D'un air mystérieux l'aborder en chemin,

Regarder autour d'elle, et lui prendre la main

En disant : « Une sage et discrète personne,

Que l'on ne peut nommer ici, mais qu'on soupçonne

Vous être bien connue et vous toucher de près,

Mon noble cavalier, me charge tout exprès

De vous faire savoir que toute la soirée

Elle reste au logis, et serait honorée

De pouvoir vous apprendre, elle-même, combien

A votre seigneurie elle voudrait de bien. »


Banquiers, agents de change, épiciers et notaires,

Percepteurs, contrôleurs, sous-chefs de ministères

Boutiquiers, électeurs, vous tous, grands et petits.

Dans les soins d'ici-bas lourdement abrutis,

N'est-il pas vrai pourtant que, dans cette matière,

Où s'agite en tous sens votre existence entière.

Vous n'avez pu flétrir votre âme, et la fermer

Si bien, qu'il n'y demeure un souvenir d'aimer ?

Oh ! qui ne s'est, au moins une fois dans sa vie,

D'une extase d'amour senti l'âme ravie !

Quel cœur, si desséché qu'il soit, et si glacé,

Vers un monde nouveau ne s'est point élancé ?

Quel homme n'a pas vu s'élever dans les nues

Des chœurs mystérieux de vierges demi-nues ;

Et lorsqu'il a senti tressaillir une main,

Et qu'une voix aimée a dit tout bas : « Demain »,

Oh ! qui n'a pas connu cette fièvre brûlante,

Ces imprécations à l'aiguille trop lente,

Et cette impatience à ne pouvoir tenir

En place, et comme un jour a de mal à finir !

- Hélas ! pourquoi faut-il que le ciel nous envie

Ces instants de bonheur, si rares dans la vie,

Et qu'une heure d'amour, trop prompte à s'effacer,

Soit si longue à venir, et si courte à passer !


Après un jour, après un siècle entier d'attente,

Gabriel, l'œil en feu, la gorge haletante,

Arrive ; on l'attendait. Il la vit, - et pensa

Mourir dans le baiser dont elle l'embrassa.


IV


La nature parfois a d'étranges mystères !


V


Derrière le satin des rideaux solitaires

Que s'est-il donc passé d'inouï ? Je ne sais :

On entend des soupirs péniblement poussés.

Et soudain Paquita s'écriant : « Honte et rage !

Sainte mère de Dieu ! c'est ainsi qu'on m'outrage !

Quoi ! ces yeux, cette bouche et cette gorge-là,

N'ont de ce beau seigneur obtenu que cela !

Il vient dire qu'il m'aime ! et quand je m'abandonne

Aux serments qu'il me fait, grand Dieu ! que je me donne,

Que je risque pour lui mon âme, et je la mets

En passe d'être un jour damnée à tout jamais,

'Voilà ma récompense ! Ah ! pour que tu réveilles

Ce corps tout épuisé de luxure et de veilles,

Ma pauvre Paquita, tu n'es pas belle assez !

Car, ne m'abusez pas, maintenant je le sais.

Sorti d'un autre lit, vous venez dans le nôtre

Porter des bras meurtris sous les baisers d'une autre :

Elle doit s'estimer heureuse, Dieu merci.

De vous avoir pu mettre en l'état que voici.

Celle-là ! car sans doute elle est belle, et je pense

Qu'elle est femme à valoir qu'on se mette en dépense !

Je voudrais la connaître, et lui demanderais

De m'enseigner un peu ses merveilleux secrets.

Au moins, vous n'avez pas si peu d'intelligence

De croire que ceci restera sans vengeance.

Mon illustre seigneur ! Ah ! l'aimable roué !

Vous apprendrez à qui vous vous êtes joué !

Çà, vite en bas du lit, qu'on s'habille, et qu'on sorte !

Certes, j'espère bien vous traiter de la sorte

Que vous me connaissiez, et de quel châtiment

La Paquita punit l'outrage d'un amant ! »


Elle parlait ainsi lorsque, tout effarée,

La suivante accourut : « A la porte d'entrée,

L'alcade et trois amis, qu'il amenait souper,

Dit-elle, sont en bas qui viennent de frapper !

- Bien ! dit la Paquita ; c'est le ciel qui l'envoie !

- Ah ! señora ! pour vous, gardez que l'on me voie !

- Au contraire, dit l'autre. Allez ouvrir ! merci.

Mon Dieu ; je t'appelais, Vengeance ; te voici ! »

Et sitôt que la duègne en bas fut descendue,

La dame de crier : « A moi ! je suis perdue !

Au viol ! je me meurs ! au secours ! au secours !

Au meurtre ! à l'assassin ! Ah ! mon seigneur, accours ! »

Tout en disant cela, furieuse, éperdue,

Au cou de Gabriel elle s'était pendue.

Le serrait avec rage, et semblait repousser

Ses deux bras qu'elle avait contraints à l'embrasser ;

Et lui, troublé, la tête encor tout étourdie,

Se prêtait à ce jeu d'horrible comédie,

Sans deviner, hélas ! que, pour son châtiment,

C'était faire un prétexte et servir d'instrument !


L'alcade cependant, à ces cris de détresse,

Accourt en toute hâte auprès de sa maîtresse :

« Seigneur ! c'est le bon Dieu qui vous amène ici ;

Vengez-vous, vengez-moi ! Cet homme que voici,

Pour me déshonorer, ce soir, dans ma demeure...

- Femme, n'achevez pas, dit l'alcade ; qu'il meure !

- Qu'il meure ; reprit-elle. - Oui ; mais je ne veux pas

Lui taire de ma main un si noble trépas ;

Çà, messieurs, qu'on l'emmène, et que chacun pâlisse

En sachant à la fois le crime et le supplice ! »

Gabriel, cependant, s'étant un peu remis.

Tenta de résister ; mais pour quatre ennemis,

Hélas ! il était seul, et sa valeur trompée

Demanda vainement secours à son épée ;

Elle s'était brisée en sa main : il fallut

Se rendre, et se soumettre à tout ce qu'on voulut.


Devant la haute cour on instruisit l'affaire ;

Le procès alla vite, et quoi que pussent faire

Ses amis, ses parents et leur vaste crédit.

Qu'au promoteur fiscal don Gabriel eût dit :

« C'est un horrible piège où l'on veut me surprendre.

Un crime ! je suis noble, et je dois vous apprendre,

Seigneur, qu'on n'a jamais trouvé dans ma maison

De rouille sur l'épée ou de tache au blason !

Seigneur, c'est cette femme elle-même, j'en jure

Par ce Christ qui m'entend et punit le parjure.

Qui m'avait introduit dans son appartement ;

Et comment voulez-vous qu'à pareille heure ?... - Il ment !

Disait la Paquita ; d'ailleurs la chose est claire.

J'ai mes témoins : il faut une peine exemplaire.

Car je vous l'ai promis, et qu'un juste trépas

Me venge d'un affront que vous n'ignorez pas ! »


VI


Or, s'il faut maintenant, lecteur, qu'on vous apprenne -

La fin de tout ceci, par la cour souveraine

Il fut jugé coupable à l'unanimité ;

Et comme il était noble, il fut décapité.
victor tripp Mar 2013
look what they done to my freedom,ma: it was just here a few minutes ago,but America done stole it away.chains on my neck,wrights and feet,every day took the will inside ,its enough to drive a grown man insane.look what they done to my freedom,ma-my silent tears water the dust,mixed with red blood,crying from  the inward pain.look what they done to my freedom,ma-master in charge ***** both daughter and wife,cut my manhood away.all of me is hurting every day,my forbidden voice has no say.if i could just rest on your ******* for a little while until the long night turns into the golden day.got a noose around this old life,ma-so i can't go asrtay.look what they done to my freedom,ma-done turned me into a slave.my freedom was just here a few minutes ago,but America done stole it away. look what they done to my freedom,ma.
Oui, si j'étais femme, aimable et jolie,
Je voudrais, Julie,
Faire comme vous ;
Sans peur ni pitié, sans choix ni mystère,
A toute la terre
Faire les yeux doux.

Je voudrais n'avoir de soucis au monde
Que ma taille ronde,
Mes chiffons chéris,
Et de pied en cap être la poupée
La mieux équipée
De Rome à Paris.

Je voudrais garder pour toute science
Cette insouciance
Qui vous va si bien ;
Joindre, comme vous, à l'étourderie
Cette rêverie
Qui ne pense à rien.

Je voudrais pour moi qu'il fût toujours fête,
Et tourner la tête,
Aux plus orgueilleux ;
Être en même temps de glace et de flamme,
La haine dans l'âme,
L'amour dans les yeux.

Je détesterais, avant toute chose,
Ces vieux teints de rose
Qui font peur à voir.
Je rayonnerais, sous ma tresse brune,
Comme un clair de lune
En capuchon noir.

Car c'est si charmant et c'est si commode,
Ce masque à la mode,
Cet air de langueur !
Ah ! que la pâleur est d'un bel usage !
Jamais le visage
N'est trop **** du coeur.

Je voudrais encore avoir vos caprices,
Vos soupirs novices,
Vos regards savants.
Je voudrais enfin, tant mon coeur vous aime,
Être en tout vous-même...
Pour deux ou trois ans.

Il est un seul point, je vous le confesse,
Où votre sagesse
Me semble en défaut.
Vous n'osez pas être assez inhumaine.
Votre orgueil vous gêne ;
Pourtant il en faut.

Je ne voudrais pas, à la contredanse,
Sans quelque prudence
Livrer mon bras nu ;
Puis, au cotillon, laisser ma main blanche
Traîner sur la manche
Du premier venu.

Si mon fin corset, si souple et si juste,
D'un bras trop robuste
Se sentait serré,
J'aurais, je l'avoue, une peur mortelle
Qu'un bout de dentelle
N'en fût déchiré.

Chacun, en valsant, vient sur votre épaule
Réciter son rôle
D'amoureux transi ;
Ma beauté, du moins, sinon ma pensée,
Serait offensée
D'être aimée ainsi.

Je ne voudrais pas, si j'étais Julie,
N'être que jolie
Avec ma beauté.
Jusqu'au bout des doigts je serais duchesse.
Comme ma richesse,
J'aurais ma fierté.

Voyez-vous, ma chère, au siècle où nous sommes,
La plupart des hommes
Sont très inconstants.
Sur deux amoureux pleins d'un zèle extrême,
La moitié vous aime
Pour passer le temps.

Quand on est coquette, il faut être sage.
L'oiseau de passage
Qui vole à plein coeur
Ne dort pas en l'air comme une hirondelle,
Et peut, d'un coup d'aile,
Briser une fleur.
I.

On ne songe à la Mort que dans son voisinage :
Au sépulcre éloquent d'un être qui m'est cher,
J'ai, pour m'en pénétrer, fait un pèlerinage,
Et je pèse aujourd'hui ma tristesse d'hier.

Je veux, à mon retour de cette sombre place
Où semblait m'envahir la funèbre torpeur,
Je veux me recueillir et contempler en face
La mort, la grande mort, sans défi, mais sans peur.

Assiste ma pensée, austère poésie
Qui sacres de beauté ce qu'on a bien senti ;
Ta sévère caresse aux pleurs vrais s'associe,
Et tu sais que mon cœur ne t'a jamais menti.

Si ton charme n'est point un misérable leurre,
Ton art un jeu servile, un vain culte sans foi,
Ne m'abandonne pas précisément à l'heure
Où, pour ne pas sombrer, j'ai tant besoin de toi.

Devant l'atroce énigme où la raison succombe,
Si la mienne fléchit tu la relèveras ;
Fais-moi donc explorer l'infini d'outre-tombe
Sur ta grande poitrine entre tes puissants bras ;

Fais taire l'envieux qui t'appelle frivole,
Toi qui dans l'inconnu fais crier des échos
Et prêtes par l'accent, plus sûr que la parole,
Un sens révélateur au seul frisson des mots.

Ne crains pas qu'au tombeau la morte s'en offense,
Ô poésie, ô toi, mon naturel secours,
Ma seconde berceuse au sortir de l'enfance,
Qui seras la dernière au dernier de mes jours.

II.

Hélas ! J'ai trop songé sous les blêmes ténèbres
Où les astres ne sont que des bûchers lointains,
Pour croire qu'échappé de ses voiles funèbres
L'homme s'envole et monte à de plus beaux matins ;

J'ai trop vu sans raison pâtir les créatures
Pour croire qu'il existe au delà d'ici-bas
Quelque plaisir sans pleurs, quelque amour sans tortures,
Quelque être ayant pris forme et qui ne souffre pas.

Toute forme est sur terre un vase de souffrances,
Qui, s'usant à s'emplir, se brise au moindre heurt ;
Apparence mobile entre mille apparences
Toute vie est sur terre un flot qui roule et meurt.

N'es-tu plus qu'une chose au vague aspect de femme,
N'es-tu plus rien ? Je cherche à croire sans effroi
Que, ta vie et ta chair ayant rompu leur trame,
Aujourd'hui, morte aimée, il n'est plus rien de toi.

Je ne puis, je subis des preuves que j'ignore.
S'il ne restait plus rien pour m'entendre en ce lieu,
Même après mainte année y reviendrais-je encore,
Répéter au néant un inutile adieu ?

Serais-je épouvanté de te laisser sous terre ?
Et navré de partir, sans pouvoir t'assister
Dans la nuit formidable où tu gis solitaire,
Penserais-je à fleurir l'ombre où tu dois rester ?

III.

Pourtant je ne sais rien, rien, pas même ton âge :
Mes jours font suite au jour de ton dernier soupir,
Les tiens n'ont-ils pas fait quelque immense passage
Du temps qui court au temps qui n'a plus à courir ?

Ont-ils joint leur durée à l'ancienne durée ?
Pour toi s'enchaînent-ils aux ans chez nous vécus ?
Ou dois-tu quelque part, immuable et sacrée,
Dans l'absolu survivre à ta chair qui n'est plus ?

Certes, dans ma pensée, aux autres invisible,
Ton image demeure impossible à ternir,
Où t'évoque mon cœur tu luis incorruptible,
Mais serais-tu sans moi, hors de mon souvenir ?

Servant de sanctuaire à l'ombre de ta vie,
Je la préserve encor de périr en entier.
Mais que suis-je ? Et demain quand je t'aurai suivie,
Quel ami me promet de ne pas t'oublier ?

Depuis longtemps ta forme est en proie à la terre,
Et jusque dans les cœurs elle meurt par lambeaux,
J'en voudrais découvrir le vrai dépositaire,
Plus sûr que tous les cœurs et que tous les tombeaux.

IV.

Les mains, dans l'agonie, écartent quelque chose.
Est-ce aux mots d'ici-bas l'impatient adieu
Du mourant qui pressent sa lente apothéose ?
Ou l'horreur d'un calice imposé par un dieu ?

Est-ce l'élan qu'imprime au corps l'âme envolée ?
Ou contre le néant un héroïque effort ?
Ou le jeu machinal de l'aiguille affolée,
Quand le balancier tombe, oublié du ressort ?

Naguère ce problème où mon doute s'enfonce,
Ne semblait pas m'atteindre assez pour m'offenser ;
J'interrogeais de ****, sans craindre la réponse,
Maintenant je tiens plus à savoir qu'à penser.

Ah ! Doctrines sans nombre où l'été de mon âge
Au vent froid du discours s'est flétri sans mûrir,
De mes veilles sans fruit réparez le dommage,
Prouvez-moi que la morte ailleurs doit refleurir,

Ou bien qu'anéantie, à l'abri de l'épreuve,
Elle n'a plus jamais de calvaire à gravir,
Ou que, la même encor sous une forme neuve,
Vers la plus haute étoile elle se sent ravir !

Faites-moi croire enfin dans le néant ou l'être,
Pour elle et tous les morts que d'autres ont aimés,
Ayez pitié de moi, car j'ai faim de connaître,
Mais vous n'enseignez rien, verbes inanimés !

Ni vous, dogmes cruels, insensés que vous êtes,
Qui du juif magnanime avez couvert la voix ;
Ni toi, qui n'es qu'un bruit pour les cerveaux honnêtes,
Vaine philosophie où tout sombre à la fois ;

Toi non plus, qui sur Dieu résignée à te taire
Changes la vision pour le tâtonnement,
Science, qui partout te heurtant au mystère
Et n'osant l'affronter, l'ajournes seulement.

Des mots ! Des mots ! Pour l'un la vie est un prodige,
Pour l'autre un phénomène. Eh ! Que m'importe à moi !
Nécessaire ou créé je réclame, vous dis-je,
Et vous les ignorez, ma cause et mon pourquoi.

V.

Puisque je n'ai pas pu, disciple de tant d'autres,
Apprendre ton vrai sort, ô morte que j'aimais,
Arrière les savants, les docteurs, les apôtres.
Je n'interroge plus, je subis désormais.

Quand la nature en nous mit ce qu'on nomme l'âme,
Elle a contre elle-même armé son propre enfant ;
L'esprit qu'elle a fait juste au nom du droit la blâme,
Le cœur qu'elle a fait haut la méprise en rêvant.

Avec elle longtemps, de toute ma pensée
Et de tout mon cœur, j'ai lutté corps à corps,
Mais sur son œuvre inique, et pour l'homme insensée,
Mon front et ma poitrine ont brisé leurs efforts.

Sa loi qui par le meurtre a fait le choix des races,
Abominable excuse au carnage que font
Des peuples malheureux les nations voraces,
De tout aveugle espoir m'a vidé l'âme à fond ;

Je succombe épuisé, comme en pleine bataille
Un soldat, par la veille et la marche affaibli,
Sans vaincre, ni mourir d'une héroïque entaille,
Laisse en lui les clairons s'éteindre dans l'oubli ;

Pourtant sa cause est belle, et si doux est d'y croire
Qu'il cherche en sommeillant la vigueur qui l'a fui ;
Mais trop las pour frapper, il lègue la victoire
Aux fermes compagnons qu'il sent passer sur lui.

Ah ! Qui que vous soyez, vous qui m'avez fait naître,
Qu'on vous nomme hasard, force, matière ou dieux,
Accomplissez en moi, qui n'en suis pas le maître,
Les destins sans refuge, aussi vains qu'odieux.

Faites, faites de moi tout ce que bon vous semble,
Ouvriers inconnus de l'infini malheur,
Je viens de vous maudire, et voyez si je tremble,
Prenez ou me laissez mon souffle et ma chaleur !

Et si je dois fournir aux avides racines
De quoi changer mon être en mille êtres divers,
Dans l'éternel retour des fins aux origines,
Je m'abandonne en proie aux lois de l'univers.
Ce n'est donc pas assez ; et de la part des muses,
Ariste, c'est en vers qu'il vous faut des excuses ;
Et la mienne pour vous n'en plaint pas la façon :
Cent vers lui coûtent moins que deux mots de chanson ;
Son feu ne peut agir quand il faut qu'il s'explique
Sur les fantasques airs d'un rêveur de musique,
Et que, pour donner lieu de paraître à sa voix,
De sa bizarre quinte il se fasse des lois ;
Qu'il ait sur chaque ton ses rimes ajustées,
Sur chaque tremblement ses syllabes comptées,
Et qu'une froide pointe à la fin d'un couplet
En dépit de Phébus donne à l'art un soufflet :
Enfin cette prison déplaît à son génie ;
Il ne peut rendre hommage à cette tyrannie ;
Il ne se leurre point d'animer de beaux chants,
Et veut pour se produire avoir la clef des champs.

C'est lors qu'il court d'haleine, et qu'en pleine carrière,
Quittant souvent la terre en quittant la barrière,
Puis, d'un vol élevé se cachant dans les cieux,
Il rit du désespoir de tous ses envieux.
Ce trait est un peu vain, Ariste, je l'avoue ;
Mais faut-il s'étonner d'un poète qui se loue ?

Le Parnasse, autrefois dans la France adoré,
Faisait pour ses mignons un autre âge doré :
Notre fortune enflait du prix de nos caprices,
Et c'était une banque à de bons bénéfices :
Mais elle est épuisée, et les vers à présent
Aux meilleurs du métier n'apportent que du vent ;
Chacun s'en donne à l'aise, et souvent se dispense
A prendre par ses mains toute sa récompense.

Nous nous aimons un peu, c'est notre faible à tous ;
Le prix que nous valons, qui le sait mieux que nous ?
Et puis la mode en est, et la cour l'autorise.
Nous parlons de nous-mêmes avec toute franchise ;
La fausse humilité ne met plus en crédit.  

Je sais ce que je vaux, et crois ce qu'on m'en dit.
Pour me faire admirer je ne fais point de ligue ;
J'ai peu de voix pour moi, mais je les ai sans brigue ;
Et mon ambition, pour faire plus de bruit,
Ne les va point quêter de réduit en réduit ;
Mon travail sans appui monte sur le théâtre ;
Chacun en liberté l'y blâme ou l'idolâtre :
Là, sans que mes amis prêchent leurs sentiments,
J'arrache quelquefois leurs applaudissements ;
Là, content du succès que le mérite donne,
Par d'illustres avis je n'éblouis personne ;
Je satisfais ensemble et peuple et courtisans,
Et mes vers en tous lieux sont mes seuls partisans :
Par leur seule beauté ma plume est estimée :
Je ne dois qu'à moi seul toute ma renommée ;
Et pense toutefois n'avoir point de rival
A qui je fasse tort en le traitant d'égal.

Mais insensiblement je baille ici le change,
Et mon esprit s'égare en sa propre louange ;
Sa douceur me séduit, je m'en laisse abuser,
Et me vante moi-même, au lieu de m'excuser.

Revenons aux chansons que l'amitié demande :
J'ai brûlé fort longtemps d'une amour assez grande,
Et que jusqu'au tombeau je dois bien estimer,
Puisque ce fut par là que j'appris à rimer.
Mon bonheur commença quand mon âme fut prise.
Je gagnais de la gloire en perdant ma franchise.
Charmé de deux beaux yeux, mon vers charma la cour ;
Et ce que j'ai de nom je le dois à l'amour.

J'adorais donc Phylis ; et la secrète estime
Que ce divin esprit faisait de notre rime
Me fit devenir poète aussitôt qu'amoureux :
Elle eut mes premiers vers, elle eut mes premiers feux ;
Et bien que maintenant cette belle inhumaine
Traite mon souvenir avec un peu de haine,
Je me trouve toujours en état de l'aimer ;
Je me sens tout ému quand je l'entends nommer,
Et par le doux effet d'une prompte tendresse
Mon cœur sans mon aveu reconnaît sa maîtresse.

Après beaucoup de vœux et de submissions
Un malheur rompt le cours de nos affections ;
Mais, tout mon amour en elle consommée,
Je ne vois rien d'aimable après l'avoir aimée :
Aussi n'aimais-je plus, et nul objet vainqueur
N'a possédé depuis ma veine ni mon cœur.

Vous le dirai-je, ami ? tant qu'ont duré nos flammes,
Ma muse également chatouillait nos deux âmes :
Elle avait sur la mienne un absolu pouvoir ;
J'aimais à le décrire, elle à le recevoir.
Une voix ravissante, ainsi que son visage,
La faisait appeler le phénix de notre âge ;
Et souvent de sa part je me suis vu presser
Pour avoir de ma main de quoi mieux l'exercer.

Jugez vous-même, Ariste, à cette douce amorce,
Si mon génie était pour épargner sa force :
Cependant mon amour, le père de mes vers,
Le fils du plus bel œil qui fût en l'univers,
A qui désobéir c'était pour moi des crimes,
Jamais en sa faveur n'en put tirer deux rimes :
Tant mon esprit alors, contre moi révolté,
En haine des chansons semblait m'avoir quitté ;
Tant ma veine se trouve aux airs mal assortie,
Tant avec la musique elle a d'antipathie ;
Tant alors de bon cœur elle renonce au jour !
Et l'amitié voudrait ce que n'a pu l'amour !
N'y pensez plus, Ariste ; une telle injustice
Exposerait ma muse à son plus grand supplice.
Laissez-la toujours libre, agir suivant son choix,
Céder à son caprice, et s'en faire des lois.
PrttyBrd Jul 2015
Crossing the room in slow motion
She watches his muscles move in the moonlight
Oh how they glisten in anticipation
Sit my pet, in a whisper
At her feet he waits with bated breath
So pleased at his obedience
Proceed
Such a simple command
He inches closer
His eagerness evident in his silence
In his omission of a proper response
An outfaced palm and he stops short
Sitting back on his feet, hands in lap, eyes to the floor
I'm sorry Ma'am, he says
That is evident by his failure to respond
He knows what is coming
Grabbing the back of his hair she forces his eyes to hers
Position, she says disgustedly
She leans back in the armchair as he pulls her hips to the edge
He lifts one leg and gently places it over the arm
Then he positions the other in the same manner
Sitting back on his feet, facing the floor
His arousal is evident, as is his moist anticipation
Respire.
The word is grunted through gritted teeth
He leans into heaven
Hovering an inch away
Slow deep breaths
He breathes in her essence wanting nothing more
Than to bridge the gap with his tongue
White satin and peekaboo lace
She runs down the rules of his punishment
Will you touch the Goddess
No Ma'am
Will you drool on the Goddess
No Ma'am
Will you move without permission
No Ma'am
How long will you hold your position
As long as my Goddess sees fit...Ma'am
Good boy
His breath is slow, deliberate, and heavy
The heat of it permeates the thin fabric
She runs her hand over the object of desire
Accentuating the outlines of what lies beneath
An accidental whimper
Silence!
A gruff command
Followed implicitly
In a slow and graceful motion
A hand slips under the fabric
Opening her flower releasing a hint of nectar
The scent grows exponentially upon the unfurling of petals
A glistening finger touches him just above his lip
Is that what you want?
It's a rhetorical question
Yes please
What will you do to get it
Such a simple question with but one answer
Anything you please, Goddess
Stick out your tongue
He does so in silence, careful that he does not touch her
She uses his wet flesh to wipe her finger clean
Closer she whispers
Now, within a half inch he breathes her in deeply
Mesmerized by the dewy goodness held behind the smooth satin
Watching desire grow in painfully slow motion
He blows out on the growing dampness
As he waits for her next command
7215
SPECIAL SERVICE TO MY BOSS;
SPECIAL CARGO TO HER PALS.
Episode.2
As Authored By Phyll.

( *Content;-
this is where the boy child's Bushy drama now unveils...read to know more...haha)


◼◼◼Continuation



Me: Sorry Ma' but that's what many know me as.
       Well i do. Phyll is my English name then.

Her: Phyll...(smiling) What a nice name you have.
       I envy you. Please don't mistake me for others.
       Am a high class lady so you shouldn't expect
       me to pronounce all that. I like it SHORT
       and SWEET just like it is; PHYLL!

Me: Thank you Ma' and am Sorry for challenging
       you with my Tribe and family name.(smiling)

Her: It's ok Phyll,I was born and raised in the city.
        So i wouldn't manage to say it. So tell me
       Phyll, What do you do for a living?

She told me about her birth place as a trap so i could tell her i sad neen raised in the rural area.

Me: I work as a job seeker Ma' (trying to be smart)

Her: So you work with a bureau or you post the
        Jobs online?

Me: Noo! What i meant is that i have no job Ma'.

Her: Huh! You really are funny Phyll. Couldn't
        You just answer that to me directly.huh!

(as she keenly looked at me head to toe and up again)

This lady smiled after having looked at me for quite some time; 3+ minutes. She almost forgot that she was driving. Thank heavens that we were driving in the interior zone where cars weren't passing so often. Definitely she was wondering where i might have picked those colour blocking mtumba clads i was wearing plus the extremely ***** kavunja shoes.)

Her: Do you need a job?
Me: Yes! Yes! Sure Ma' i really need a job.

Her: Could you work for me, at home that is?

Me: Yes Ma' i can.

Her: Okay. Consider yourself employed from now
        On Phyll. You'll be working for me at my
        Compound. You don't have to tell me that
         you were raised up country for i already
        Know. Haha. My compound is yours Phyll!
        Btw where do you stay and with whom?

Me: Thank you so much Ma' May the heavens
      Grant you favour upon the eyes of me...

(as i turned to face her with so much joy in my heart having toiled for two years with no success this was a golden opportunity right before me)

Her: Phyll! Phyll! Phyll! Pleeease! Cut the drama
        Its nothing much for You to turn heads over
         hills.

Me: you can't understand Ma'. Well, I live Alone
       in Kanungaka-behind the famous busaa
       Madiaba pub.

Her: What! That place...Jeeez! I don't want you
        Far Off the compound and so i will give you
       a room in my home where you'll be staying.
       Btw don't worry about the households for the
       Room is fully furnished with everything in.

Having been raised in a matope house which would always shake when the winds were strong and no electricity, i saw this as a blessing which had come my way. And the fact that i had nothing under my name expect my examination results i didn't bother going back to my former hood where I'd always lay my body down after having paid visit to more than 15 offices and met all kinds of receptions some of who were beautiful but arrogant while others were warthog like facially but dove like at heart.

We directly went over to her place and i was shown my new Chamber- it was a spacious room inside her mega massionate. To me; a bush boy-this house and everything in it were heaven on earth and i was astonished beyond words and the only thing that came from my mouth was; wawawawa!!Mamayoo...,(Shocked) but to her; the cool kid from the city- it was normally to stay there.

Her: So Phyll, this will be your room from now
       Onwards. You have all you need there. I'll be
       In my room just next door incase you need
       Anything do feel free to come by and ask,Ok.

Me: 'nitaambia nini watu?'

Her: Phyyyyylllll!! C'mon am talking to you.

Me: Oh! Am Really Sorry Ma' i didn't hear you.

Her: I just realized that you've been wordless since
         We got here. Please this is where you'll be
         Working from tomorrow onwards and also
         Staying so you better start getting used to
         All that's new to you around this place, Ok?

Me: .....

(looking at the chandelier hang on the
       roof top with different lighting bulbs shining)

Her: Pushed me and laughed out loudly; haha...
       Go on at take a shower Phyll. Am gone to
       prepare dinner.come down ones you're done refreshing.
       (as she walks away headed downstairs)


◼◼◼Continues in Ep3

ALL RIGHTS RESERVED
COPYRIGHT BY PHYLL
phyllspokenarts@gmail.com
+254704183859
*(C)2018.
Episode two
Raj Arumugam Nov 2011
sa sa sa sa
sa sa sa la la sa
la la ma ma da da la la sa sa
O one foot up
one foot down
left hand here
right hand there
where goes the body
and where the mind?
sa sa sa sa
sa sa sa la la sa
la la ma ma da da la sa sa
dancing in the world
to drums and flute
and strings and cymbals
and wood and metal
where is one
where is the other
which is my shape
where dance my clothes?
which is first, which is end?
sa sa sa sa
sa sa sa la la sa
la la ma ma da da la sa sa
happy face and light heart
they connect
in moving limbs and fluid music
where is the dancer, the music
where is solid, where is fluid?
where is earth, where the sky?
where I put my feet is the ocean
where my sleeves fly is space
where I put my fingertips is life
where I look is delight
O one foot up
one foot down
left hand here
right hand there
where goes the body
and where the mind?
sa sa sa sa
sa sa sa la la sa
la la ma ma da da la sa sa
poem based on  the painting “Dancing boy” by Kim Hong-do (Danwon), Korea (1745–c. 1806)

— The End —