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Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso
un po' lontano
il gesto lento della mano
con cui mi accarezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
sei un po' matto
e a letto svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l'odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po' balsé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
me l'hai già detto
e a letto sveglia
sentendo il tuo respiro
un po' affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l'odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po' demodé
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
E a letto stare sveglia
e sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che é esplosa
finalmente, in cucina!
La pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profumo
di scimpanzé
quell'orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te.
Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine.
Quante immagini un tempo, e quante fole
Creommi nel pensier l'aspetto vostro
E delle luci a voi compagne! Allora
Che, tacito, seduto in verde zolla,
Delle sere io solea passar gran parte
Mirando il cielo, ed ascoltando il canto
Della rana rimota alla campagna!
E la lucciola errava appo le siepi
E in su l'aiuole, susurrando al vento
I viali odorati, ed i cipressi
Là nella selva; e sotto al patrio tetto
Sonavan voci alterne, e le tranquille
Opre dè servi. E che pensieri immensi,
Che dolci sogni mi spirò la vista
Di quel lontano mar, quei monti azzurri,
Che di qua scopro, e che varcare un giorno
Io mi pensava, arcani mondi, arcana
Felicità fingendo al viver mio!
Ignaro del mio fato, e quante volte
Questa mia vita dolorosa e nuda
Volentier con la morte avrei cangiato.
Né mi diceva il cor che l'età verde
Sarei dannato a consumare in questo
Natio borgo selvaggio, intra una gente
Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso
Argomento di riso e di trastullo,
Son dottrina e saper; che m'odia e fugge,
Per invidia non già, che non mi tiene
Maggior di sé, ma perché tale estima
Ch'io mi tenga in cor mio, sebben di fuori
A persona giammai non ne fo segno.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza
Tra lo stuol dè malevoli divengo:
Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,
E sprezzator degli uomini mi rendo,
Per la greggia ch'** appresso: e intanto vola
Il caro tempo giovanil; più caro
Che la fama e l'allor, più che la pura
Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo
Senza un diletto, inutilmente, in questo
Soggiorno disumano, intra gli affanni,
O dell'arida vita unico fiore.
Viene il vento recando il suon dell'ora
Dalla torre del borgo. Era conforto
Questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
Quando fanciullo, nella buia stanza,
Per assidui terrori io vigilava,
Sospirando il mattin. Qui non è cosa
Ch'io vegga o senta, onde un'immagin dentro
Non torni, e un dolce rimembrar non sorga.
Dolce per sé; ma con dolor sottentra
Il pensier del presente, un van desio
Del passato, ancor tristo, e il dire: io fui.
Quella loggia colà, volta agli estremi
Raggi del dì; queste dipinte mura,
Quei figurati armenti, e il Sol che nasce
Su romita campagna, agli ozi miei
Porser mille diletti allor che al fianco
M'era, parlando, il mio possente errore
Sempre, ov'io fossi. In queste sale antiche,
Al chiaror delle nevi, intorno a queste
Ampie finestre sibilando il vento,
Rimbombaro i sollazzi e le festose
Mie voci al tempo che l'acerbo, indegno
Mistero delle cose a noi si mostra
Pien di dolcezza; indelibata, intera
Il garzoncel, come inesperto amante,
La sua vita ingannevole vagheggia,
E celeste beltà fingendo ammira.
O speranze, speranze; ameni inganni
Della mia prima età! Sempre, parlando,
Ritorno a voi; che per andar di tempo,
Per variar d'affetti e di pensieri,
Obbliarvi non so. Fantasmi, intendo,
Son la gloria e l'onor; diletti e beni
Mero desio; non ha la vita un frutto,
Inutile miseria. E sebben vòti
Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro
Il mio stato mortal, poco mi toglie
La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta
A voi ripenso, o mie speranze antiche,
Ed a quel caro immaginar mio primo;
Indi riguardo il viver mio sì vile
E sì dolente, e che la morte è quello
Che di cotanta speme oggi m'avanza;
Sento serrarmi il cor, sento ch'al tutto
Consolarmi non so del mio destino.
E quando pur questa invocata morte
Sarammi allato, e sarà giunto il fine
Della sventura mia; quando la terra
Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo
Fuggirà l'avvenir; di voi per certo
Risovverrammi; e quell'imago ancora
Sospirar mi farà, farammi acerbo
L'esser vissuto indarno, e la dolcezza
Del dì fatal tempererà d'affanno.
E già nel primo giovanil tumulto
Di contenti, d'angosce e di desio,
Morte chiamai più volte, e lungamente
Mi sedetti colà su la fontana
Pensoso di cessar dentro quell'acque
La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco
Malor, condotto della vita in forse,
Piansi la bella giovanezza, e il fiore
Dè miei poveri dì, che sì per tempo
Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso
Sul conscio letto, dolorosamente
Alla fioca lucerna poetando,
Lamentai cò silenzi e con la notte
Il fuggitivo spirto, ed a me stesso
In sul languir cantai funereo canto.
Chi rimembrar vi può senza sospiri,
O primo entrar di giovinezza, o giorni
Vezzosi, inenarrabili, allor quando
Al rapito mortal primieramente
Sorridon le donzelle; a gara intorno
Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi
(Inusitata maraviglia! ) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo
Suo venir nella vita, ed inchinando
Mostra che per signor l'accolga e chiami?
Fugaci giorni! A somigliar d'un lampo
Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa
Quella vaga stagion, se il suo buon tempo,
Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?
O Nerina! E di te forse non odo
Questi luoghi parlar? Caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
Che qui sola di te la ricordanza
Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede
Questa Terra natal: quella finestra,
Ond'eri usata favellarmi, ed onde
Mesto riluce delle stelle il raggio,
È deserta. Ove sei, che più non odo
La tua voce sonar, siccome un giorno,
Quando soleva ogni lontano accento
Del labbro tuo, ch'a me giungesse, il volto
Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi
Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri
Il passar per la terra oggi è sortito,
E l'abitar questi odorati colli.
Ma rapida passasti; e come un sogno
Fu la tua vita. Iva danzando; in fronte
La gioia ti splendea, splendea negli occhi
Quel confidente immaginar, quel lume
Di gioventù, quando spegneali il fato,
E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna
L'antico amor. Se a feste anco talvolta,
Se a radunanze io movo, infra me stesso
Dico: o Nerina, a radunanze, a feste
Tu non ti acconci più, tu più non movi.
Se torna maggio, e ramoscelli e suoni
Van gli amanti recando alle fanciulle,
Dico: Nerina mia, per te non torna
Primavera giammai, non torna amore.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita
Piaggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,
Dico: Nerina or più non gode; i campi,
L'aria non mira. Ahi tu passasti, eterno
Sospiro mio: passasti: e fia compagna
D'ogni mio vago immaginar, di tutti
I miei teneri sensi, i tristi e cari
Moti del cor, la rimembranza acerba.
Hermes Varini Oct 2022
FEODALI SEPTIMA ALTAQVE METALLI AC SOLIS MEA HIC VINDICTA
PROFVNDVM DENVO HVIVS HASTILVDII DICITVR FVLMEN PROFVNDE MEVM
RVBRA IN LAPIDE HIEMIBVSQVE AC MEO IN METALLICO FEVDO
QVIA SICVT AVTEM ALTAS INTRA HASTLVDII MEI FLAMMAS
SCORPIONIS FERRVM ILLVSTRAT SIGNVM AC ARGENTVM LVNAM
ITA FEODALIS MAXIME OVERMAN MEO IN CLYPEO SIVE SPECVLO
ILLVSTRATVR ILLE VIR FEODALE EXTRAMVNDANVS HIC FVLMINE
ET SIC SECVRIS ILLVSTRATIVA ERIT MAGNÆ EX IGNE VLTIONIS
MEO HIC IN CASTELLO MVLTARVM SANGVINE OBSIDIONVM RVBRO

FEODALIS IMAGO HOC EX SPECVLO DVELLI MEA

SIVE

ΔEYPO TO ΔE EMON EIΔΩΛON AYΘIΣ
ΠYΡΦOΡΩ ΚAΤΟΠΤΡΩ KAI EN TH ΜAΧΗ

AC FEODALE MEO SI OVERMAN FVLMINE HOC IN DVELLO

FEODALES CVM FERRO HIC MEÆ SANGVINEO TERRÆ

ALTE EX IGNE NVNC ET IRA CVM RVBRA CANO IN SPECVLO CHALYBE MEA

FEODALIS SIT MAXIME OVERMAN AC SANGVINE HVIVS CÆRVLEO IGNIS

MEO IN HASTLVDII HOC CHALYBE SPECVLO FVLMINE DIGNVS

AC FEODALEM CVM PLAGAM HASTA IMAGINIS THORACATÆ ACCIPIEBAM MEÆ

PRIMORDIALIS EX FVLMINE CONDITIO OVERMAN ET IGNEM FERENS RVBRVM

EX FEODALE CVM IRA MEA NECNON FLAMMA HIC RVBRA

FEVDI NIHILO SECVS HIC TONITRVO CVM VOCE MEI

DE FEVDO FVLMINIS IN FIDE RVBRIS MEO

FEODALE HIC MEA VEHEMENTER FORTITVDO OVERMAN HOC NOMINE ALTA FVLMINE

DE FEVDO MEO HOSTIVM MEORVM ET MEA CVM SPATHA PROFVNDE RVBRO IN SANGVINE TINCTO

FEDODORVM FVLMINE RECVRSVS POTENTIÆ HIC MEORVM AD SIDERA ALTO

FEODALIS OBSCVRATA MEA CVM VMBRA HOC FVLMINE PROFVNDA NOCTIS REFVLGENS LVNA

AD FEVDIS LONGE CVM MANSIT VINDEX OBSCVRVS OCCVLTVSQVE DIRECTVS ET FEODALI SOLI

ET FEODALE ARIETIS HOC SIGNO SATVRNO CVM PLANETA SPLENDENDO

FEVDO AC PROFVNDE RVRBA NE ÆRVGONE CVM SECVRIS SED SANGVINE MEO

ET FEVDA CVM MEA HOSTES SINE TRIVMPHO ADORIVNTVR MEI

FEODALE OVERMAN EX SPECVLO CHALIBE ILLE DOMINVS VLTORQVE HIC MEO IN DVELLO

FEODALEM IN VVLNERE SIVE VLYSSEI SANGVINEO TENEBIT LAMINAM

QVA RE

FVLMINE MEO RECVRSVS POTENTIÆ

EX FEVDO MEO AC HASTILVDII INDE FVLMINE RVBRO

GRÆCA HIC CVM VOCE SIVE FVLMINE SPATHAQVE ALTA

ΠANTH KAI ΠANTAXOY KATOΠTPΩ THΣ AΣΠIΔOΣ

EΞ TOY ΠYPOΣ TO EMON EIΔΩΛON O OVERMAN

ΩΣ ΠPOΣ TON ΔE TITANA H ΠΕPIOXH EΣTIN

ΠPOOΔOΣ KAI ΔE KAI ΓONIMOΣ ΣTAΣIΣ ΩΔE

QVA RE DENVO

THΔE O ΔE ΑIΟΛΟΒΡOΝΤΗΣ ΒΑΣΙΛΕYΣ OY

EΠI TΩ ΘPONΩ TΩN ΔE AΣTEPOΠΩN NYN

OY TO KRATOΣ KAI H BIA TOY ΔE PYROΣ

QVA RE MEO FVLMINE EX HASTILVDIO DENVM

NEMO VIR EST VIR NOMINE HOC ALTO

DONEC SPATHA SCVTOQVE CEPERIT AC PERCVSSERIT MVLTA

SIC RVBRO OVERMAN DIXIT MIHI SIVE TO EMON EIΔΩΛON FVLMINE

FEODALE CHALIBE HIC IN SPECVLO ET IGNEO HOC CVM SIGILLO

QVA RE DENVO

HASTILVDII CÆRVLEO HOC CVM IGNE DEMVM MEI

OVERMAN REX HIC SPECVLO SIVE PVGNÆ SCVTO SPATHAQVE MEÆ ILLE

ET SIT QVOD EST IN SE EX OVERMAN REGE FVLMINE

MEA DEINDE IN SPECVLO SVA METALLICA MANVS OMNIPOTENS SPATHA

QVA RE DENVO

MEO HIC CVM SCVTO SIVE CLARISSIMO FVLMINE CHALIBEQVE DVELLI SPECVLO MEI

VBI EST IMAGO FEODALE FVLMINE MEA HOC IN DVELLO CVM PVGNAE ROSA

STAT FEODALIS OVERMAN TO ΔE EIΔΩΛON GRÆCO CVM NOMINE MEO HIC EX FEVDO

ET CVM MVLIER FORMOSA SOLE AMICTA HOC LOCO HILDEGARDA NOMINE MEA

AC INTRA FLAMMAS SENSVALIS PRÆSENS ILLA DENVO HOC LOCO PHVLCHERRIMA ALTAS

FEODALE ANTE CARNALEM NOSTRAM CONIVCTIONEM ANTE LVCIS ADVENTVM IGNE SACRO

DEINDE FVLMINE OVERMAN DENVO NOMINE MEO

FEVDA CVM MEA AC IGNEA CVM MEA MAXIME SECVRE EGO

COMES IV DE ARMANHAC ET DVX DE MONFORTZ ARMATIS ADORIVNTVR EQVIS

FEODALIVM SPATHA RVBRA CVM SANGVINE QVA RE HOSTIVM MEA

AD FEVDI SIDERA MEI POTENTIA SECVREQVE

ESSE SIVE POTENTIA EST OVERMAN

ET CVM EGO SPATHÆ MEÆ FVLMINE HOSTES MEOS

SICVT FEODALE ALTAQVE IRA CVM MEA

GERALDVS DE PLASAC ET WILLELMVS DE ARTENSA CVM GIDEON DEGLEMIS SCOTVS

ET PETRVS DE COLSORN ET GERALDVS DE JORNAC

AC MARTIS ÆNOBARDVS TREVIRENSIS COMES RAPAX IMPLACABILISQVE

GENTES QVI MAGNAM IN EAMDEM ACCEDEBANT INFAMIAM

ET GAVBERTVS DE MARTEL ET PETRVS GVIDONIS DE AVTAFORT ÆQVALITER

IRA CVM MEA METALLICO EX FEVDO

ET PETRVS DE ESPARTINAC CVM RAMNALDVS MALMIROS ET GOFERIVS DE VIGENOR

AC DEMVM BERTRANDVS ET AVDEBERTVS COMITES FEODALE IN TERRA

EGO SPATHA SCVTOQVE IN FVLMINE CVM DICO ALIQVID HOC DVELLO ADIBAM

EST OVERMAN REX QVI VERE DICITVR IN SPECVLO MAXIME VLTOR

RVBRA DRACONIS SEPTEM CAPITIBVS HAC IN SPIRALE ILLE CAVDA

FEODALIS VIDEX QVI MAGNAM HISTORIÆ DONAVIT POTENTIAM HOC SCVTO SIVE METALLICO SPECVLO

FEVDORVM EX IRA MEORVM CVM FEODALE HAC VISIONE MEA HIC FVLMINE MAXIME DISTINCTA

FEODALEM APVD CASTELLVM DE RIBEIRAC HOC TEMPORE IN MANV PRIORIS ARCHAMBAVDI INDIGNA

FEODALE MEA CVM SPATHA VEXILLAQVE FEVDI HIC MEI EX FVLMINE CRVORE RVBRA

FEODALIS METALLICVS DEINDE EGO AMICTVS AC RELVCENS CHALIBE HOC RVBRA IN SANGVINE PVGNA

FEODALE MEMORIA SPATHAQVE CONTRA HIC REMINISCOR

GERALDVS DE SALIS ET AVDEBERTVS DE BIGORRHA DECANVS NOMINE GRIFAGNVS HIC INDIGNE

ET GVIDVS DE MONTAGNAC MARTINAS SIMVL VLGERIVS DE VRGEL ABBAS INFAMIÆ ILLE CVSTOS

ET ARCHAMBAVDVS DE TRAHINAC ET AMLARDVS VICECOMES DE CONBORN ANNO MCLXXVIII

AC DENVO EGO WISIGOTHORVM GENERE SECVRE MEA REMINISCOR

FEVDI HOC IN DVELLO EGO ARMATVS DEMVM MEI CONTRA ITERIVS DE WARO

EST SPECVLVM CORPVS FVLMINE DIAPHANVM AD RECIPIENDVM DISPOSITVM PERSONAM OVERMAN NOMINE MEAM

EX CHALIBE EI RAPRÆSENTATAM HOC CVM MEO EXTRAMVNDANO CRVORE AC RVBRO IN FEVDO

FEODALE MEA HAC SPATHA VBI HELIAS DE AIENNO ET GERALDVS ET GAVFRIDVS DE TELLOL

PARCITE HOSTES MEI NVNC PROCEDERE HOC MEO MINIMVM IN DVELLO

FEVDA DE SICARDVS RASA CVM RAIMVNDVS DE AVINHO ILLIC TONITRVO VICI ET GOLFERIVS DE LA TOR

FEODALIS EST OVERMAN DENVO FVLMINE IMAGO SIVE TO EIΔΩΛON RVBRO

SECVNDVM ESSE AC SECVNDVM RATIONEM MEA HIC METALLICA

ET IGNIS ACTVS DEMVM INTER OMNIA ILLE VINDEX PERFECTISSIMVS

FEVDORVM ATQVE EX IGNE MEORVM ALTO

QVOD VERVM SICVT OVERMAN EST FVLMINE
SEMEL EST FVLMINE SEMPER VERVM

AC VTRVM POSSIT SEMPER TONITRVO OMNE QVOD HOC IN TONITRVO POSSIT ILLE VLTOR

FEVDORVM ATQVE EX IGNE MEORVM ALTO

QVIDEM PRIMVS STATVS AD OVERMAN ASCRIBITVR
AD ESSE SICVT POTENTIÆ ESSE SECVNDVS

ET TERTIVS MVTATIONI IN POTENTIA INCREMENTO TOTALITER MEO EX SPECVLO DVELLO

QVA RE EX FEVDO MEA MAXIMA IRA MEO

SIT PER OVERMAN FEODALEM VLTOREM FORMA
EX IGNE HAC VINDICTAQVE MAXIME LIVIDA

EX FEDVDORVM ATQVE IRA MEORVM

MVTATIO SIVE REVOLVTIO SIVE POTENTIÆ INCREMENTVM AD INFINITVM IGNEVM

FEODALE CVM FVLMINE EST OVERMAN

QVA RE DENVO

FEODALE CVM MODO VOCEQVE DENVO

OVERMAN EST MAXIME OVERMAN

SIVE

FEVDIS VERVS VIR EXTRAMVNDANVS AC VNICVS REX VINDEXQVE SVPREMVS

FEODALE SICVT MEO FROFVNDE HIC EX IGNE ADHVC

AC FEODALE HIC STAT AC VINCIT IN PERSONA OVERMAN NOMINE

FEODALIS SPATHA HARMONICA POTENTIÆ ET FORTITVDINIS TRIAS MEA

FEODALES SIVE FACTA AC CONCEPTIO AC PRINCIPIVM MAXIME IGNEVM

EX FEVDO REVOLVVNT HISTORIÆ CVM ÆTATES ET TEMPORA

DE FEVDIS SIVE IN POTENTIÆ RECVRSV DRACONIS RVBRIS IGNE SPIRÆ

FEVDORVM EX FVLMINE O ΔE ΟYΡΟΒOΡΟΣ HIC HASTA SCVTOQVE MEO

SIVE MEO DE FEVDO

FEODALEM SERPENS QVI SVAM DEVORAT SINE FINE CAVDAM

AC CVM FEODALE HIC EX MEO SIGILLO VOCE SEPTIMA IGNEO LIBRI

FEODALIS MEI ANNO MCLXXXVII SANGVINIS ALTI

ET FELIX HIC MAXIME VICTOR FVLMEN RECVRSV MEVS

SIVE MERIDIE HASTILVDII ALTO HAC CVM MEA HORA

IN TEMPLO SPATHA DICO VOS HOSTES MEIS ALBO

HVIVS EX FVLMINE HASTILVDII AC MEO HOC IN SPECVLO

FEODALEM SPATHAM CVM DESTRINGO MEAM HOSTIVM HIC SANGVINE RVBRAM

EX SPECVLO OCCVLTI FVLMINE MANIFESTATIO SIVE ΦAINEIN AC KPYΦIΩΣ OVERMAN

SIVE REMOTA AB OCCVLTIS ERVMPIT ILLE TONITRVS NATVRA AC TO ΦAΣΜΑ SVIS

FEODALE HIC FVLMINE AC HASTA MEA SCVTOQVE

SEPTEM CAPITIBVS APPAREAT DRACO

SIVE

FEODALIS O ΔE ΔΡAΚΩΝ APOCALYPSEOS RVBER

DE FEVDIS ALTE MEIS AC MEÆ HAC IGNEA CVM PROPHETIA TONITRVOQVE VLTIONIS

RVBRVM IN CERTAMINE RIVELATVR OVERMAN NOMINE SIGNVM

FEODALES ÆQVO CVM ADORIOR BELLATORES IN MEMORIA AC VVLNERIBVS

SPATHA SCVTOQVE IN OVERMAN SVPREMA ESSENTIA

FEVDORVM HOC IN TEMPORE HASTILVDII ALTO

STAT METALLICA MEA FVLMINIS PERSONA IGNEA CERTAMINIS ROSA

FEODALIBVS HIS SPATHIS INTRA PVGNÆ FORMAM AC CÆDIS

FEVDALEM SCVTO TO EIΔΩΛON POLITISSIMO CHALIBE CONSPICOR ILLEM RECVRRENTEM

VIDICEM ILLEM SIVE IMAGIMEM MEAM HOC IN HASTILVIDIO HIC METALLICAM

EX FEVDO MEO GRÆCO CVM NOMINE METALLICO AC MEA CVM HASTA

KEPAYNOΣ EI Ω OVERMAN

AΛHΘΩΣ TO ΠYP TΩN ΔE TITANΩN

KEPAYNOΣ EI Ω OVERMAN

O ΠYPΩ TA ONTA ΣYΣTHΣAMENOΣ

KEPAYNOΣ EI Ω OVERMAN

OY TO ΠYP TEΛEITAI IΔIAIΣ ΔYNAMEΣI

KEPAYNOΣ EI Ω OVERMAN

TO ΔE ΠΡΩΤΟΝ ΚΙΝΟYΝ THΣ IΣTOPIAΣ

KEPAYNOΣ EI Ω OVERMAN

O ΔE IΣXYPOTEPOΣ ΠAΣHΣ ΔYNAMEΩΣ

KEPAYNOΣ EI Ω OVERMAN

O KPEITTΩN TΩN ΔE KEPAYNΩN

KAI TΩN EΠAINΩN ΩΣAYTΩΣ

KEPAYNOΣ EI Ω OVERMAN

H HΛIΩ ΛΑΜΠΡA KAI ΦΑΕΙΝH AΣΠIΣ

QVIA

DE FEVDO AC SVB HOC TEMPORE SEPTIMO CVM WANDALIS NOMINE GENTIBVS

DESTRVCTIO OCCASVS EST OVERMAN FVLMINE

FEODALIS HOC IN SCVTO SIVE DVELLI SPECVLO MEI

ATQVE

FEODALIVM TERRARVM HIC NOMINE AC INTERCESSIO MEA EX FVLMINIS SIGNO RVBRIS

SVPREMVS INDE RECVRRENS POTENTIÆ INCREMENTO OVERMAN VINDEX

REX SIVE AΝΑΞ HOC IN HASTILVDIO GRÆCO CVM APOFTHEGMA MEO

FEODALI MEIS HIC FERRO AC HASTA VINDICTÆ

EX IGNEO MEO HASTILVDIO PLANETA MARTIS HIC NOMINE RVBRO

FEODALIS OVERMAN SIVE METALLICVS MEA HASTA SCVTOQVE IMAGO IN SPECVLO

VINDEX ILLE DEORVM HABET IN SE IGNEAM CVM FVLMINE NATVRAM SVPREMVS

QVA RE DENVO

FEODALE FVLMINE HAC TERRA IGNEA EX SOLE NIHILO SECVS FEODORVM METALLICO

SIC MEO DEFINITVR OVERMAN SPECVLO ILLE VINDEX QVI MAIOR EST QVAM SVBSTANTIA VIRI MAGNVS

FEVDI MEI IRA MAXIME NVNC ALTA ET SANGVINE MEO CÆRVLEO SEMPER

AC CASTELLO MEO CVM VEXILLA VENTIS RVBRA HIC HIEMIS

TALIS COMPOSITIONIS STAT SPECVLVM NOMINE QVALIS EX CHALIBE MEVS MIHI OVERMAN VINDEX

EX FEVDO QVA RE DEMVM MEO

FEODORVM FVLMINE MEORVM AC CASTELLI MEI RVBRA VEXILLA DENVO

FEODALE MEA CVM VOCE DENVO VOS MEIS SPATHA HOSTES IPSA

AC DE FEVDO HIC MALEDICTIONE VENTIS HOC TONITRVO MEI MAXIME ALTA

MAXIMA RATIO FVLMINE AC ACVMEN MVTATIONE MEVM

BERSERKR SVÁ GYLÐIR ÞAR MEÐR ATGANGA JAFN-SNIMMA

SIVE PLENILVNIO LVPVS

FEODALIS CVM SPECVLVM VINCIT SIVE CHALIBE POLITISSIMO DVELLI SCVTVM MEI

AC IGNEO SANGVINE CVM MEO HIC VVLNEREQVE FEODALE HOC DVELLO

PVRISSIMVS EST OVERMAN ALTO IN NATVRIS SVIVS FVLMINE AC RVBRO

FEVDA MEA CVM THOR DEVS SECVRE MALLEOQVE LAVDAT PROFVNDE ILLE FLAVVS

IMMIXTVS STAT ILLE NONNVLLIS ACCIDENTIBVS SINE ELEMENTALI MATERIA VLTOR SVPREMVS

FEODALIBVS VEXILLIS REGIS CVM PRODEVNT FVLMINIS OVERMAN NOMINE

STAT MAXIME FVLMINE CORPORALITER AC MAXIMA MEA CVM IGNEA NATVRA HOC SPECVLO PVGNÆ

FEODALIS MEVS CVM TRIVMPHVS EX IGNE AGIT PROFVNDO SANGVINIS MEI

AC NEC MIRERIS DE HOC HOSTES MEIS SPATHA RVBRA MEA VEXILLAQVE ET DRACONIS

MAGIS CERTE QVAM ALTERIVS HOC LOCO SANGVINIS ELEMENTI

FEODALIBVS EX MEO CASTELLO DENVO SANGVINE VOSTRO CVM TVRRIS TINCTO

QVA RE DENVO

FEODALE CVM VOCE EX CIVITATE VBI DRACONES SVNT ET SEPTEM TRIONES THVLE HIC NOMINE

FEODALIS NEMO ME HOC LOCO LACESSIT PROCVL IMPVNE SPATHA

AC FEODALIVM SECVRE SIVE FVLMINE TERRARVM SANGVINE TINCTARVM EX MEA VINDICTA VOSTRO

NVNC PRODIT DRACONIS MEVS A SEPTEMPTRIONE RVBRIS ORDO

FEVDIS MEIS CVM RVBER BELLI FVLMEN AC RECVRSVS DONABANT POTENTIÆ LAVDES

FEODALIS ERGO OVERMAN HABET IN SE FVLMINIS NATVRAM EX SPECVLO PVGNÆ

FEODALE RECVRSVS MEA FVLMINE ET VIRTVTE ALTA SIVE IRA

FEODALE HIC IN SPECVLO SIVE DVELLI SCVTO CHALIBE MEI FVLMINE POLITISSIMO EX FVLMINE

TΩ ΔE EIΔΩΛΩ ENTAYΘA

EX FEVDO MEO DENVO GRÆCO ET RVBRA HAC IN LAPIDE IGNE INSCRIPTA

FEODALE NECNON HIC ET NVNC SAPIENTIA CVM VOCE LAVDIS

INTRA HASTILVDII MEI ANTIQVO CVM NOBILI NOMINE FLAMMAS AC MEA CASTRA

NVNC PONO TALIS COMPOSITIONIS SPECVLVM FIERI ET FORMÆ POLITISSIMO FERRO MARTIS PLANETÆ

QVOD TOTA COMBVSTIBILIS FIAT IGNEA VNA LVX ITA QVOD FEODALE MODO

APPOSITVM CASTELLI VEL OPPIDI VEL CIVITATE ALIQVA SINE FINE OPPOSITVM COMBVRAT EVM

FEODALE MODO SIC OVERMAN DIXIT MIHI HOC DVELLI SPECVLO MEA SPATHAQVE

SIVE TO ΕIΔΩΛΟΝ PROFVNDE EX IGNE FLAMMAQVE ILLE MEVS

FEVDORVM MEORVM HAC DEMVM CVM VOCE FVLMINE GRÆCORVM MAXIME PROFVNDA

AEI H ΜHΝΙΣ ΤΩΝ ΔE ΘΕΩΝ O ΔE OVERMAN EΣTIN

THΣ ΔE ΠOΛEΩΣ TΩN IΕΡAΚΩΝ OY O ΤΙΜΩΡOΣ

AYΘIΣ KAI ΔE ΩΣTE IΕΡAΚΩΝ ΠOΛIΣ

FEVDA HIC PRODEVNT RVBRA EX VEXILLA MEA BELLI ALTAQVE VENTO MALEDICTIONIS MEÆ ALTO

IN QVO FEODORVM FVLMINE MEORVM

FEODALE SANGVNIS SIGNO MEI HOC IGNE DVELLI RVBRO

VIRTVTES CONVERTVNTVR ELEMENTORVM AD FINEM

QVI STAT OVERMAN NOMINE IN INCREMENTO SIVE EX FLAMMIS POTENTIÆ RECVRSV

FEVDI MEI SIVE CASTELLI LAPIDE MAGNA AC MVLTIS OBSIDIONIBVS RVBRA

SICVT ATRAHENDVM EST ADAMANTE FERRVM SICVT AD OVERMAN POTENTIA DENVO IN INCREMENTO

FEVDO AC SCVTO CHALIBE DENVO POLITISSIMO SIVE SPECVLO HAC IN PVGNA MEO

VBI OVERMAN REX MIHI APPAREAT SIVE IMAGO TOTALITER SVPREMVS MEA

STAT MAIORITAS IN OVERMAN EX FVLMINE ALTORIVM RESPECTV ETIVM MAGNA

FEVDORVM ALTA MEA CVM CONCORDIA VEXILLAQVE DENVM

FEODALE MEA HIC SPATHA CVM POLITISSIMO CHALIBE MEÆ PVGNÆ HIC SCVTO

AC FEODALIS CVM SEPTIMA QVOQVE MEA HORA APOCALYPSEOS RVBRÆ ALTA

IDCIRCO H OYΣIA SIVE ESSENTIA TONITRVO OVERMAN EST FVLMINE

EXTRAMVNDANVS VIR ILLE CAVSA QVÆ MAXIME ESSE DEDIT VNICVS

ILLE REX H OYΣIΩΣIΣ FVLMINE NOMINE MEO HOC IN HASTILVDIO

NECNON YΦIΣTAΣΘAI VINDEX ILLE IN HASTILVDII SPECVLO MEI METALLICVS

QVA RE

VT IAM EX FVLMINE VOCIS FEODALE DIXI

EST OVERMAN FVLMINIS SVBSTANTIA MEA A QVO ESSE OMNIVM PROFICISCITVR

FEODALE CVM VOCE NECNON ALTA VENTO MEA HIC VEXILLAQVE

ET SIT MEA TRANSMVTATIO AD OVERMAN POLITISSIMO CHALIBE SCVTO SIVE SPECVLO CÆRVLEA

FEODALE OCCVLTO PLANETA CHALIBE POLITISSIMO NECNON EX FVLMINE

QVIA FEVDALE MEO CVM SANGVINE INSVPER

FEVDORVM VLTIO AC VEXILLA CASTELLI SVPER TVRRES DRACONE MEI RVBRA

PVGNÆ PVLCRITVDO IGNE NOCTIS OBSCVRÆ

VBI PARTA MEÆ SPATHAE SVNT MAXIME MVNERA

FEVDVM CVM MEVM HOSTES NON OCCVPANT MEI ARMIS

FEODALIS IVSTITIA SIVE OVERMAN

AC EX FEVDO IGNEO MEO

FEODALIS PRVDENTIA SIVE OVERMAN

AC EX FEVDO IGNEO MEO

FEODALIS FORTITVDO SIVE OVERMAN

AC EX FEVDO IGNEO MEO

FEODALIS TEMPERANTIA SIVE OVERMAN

AC EX FEVDO IGNEO MEO

FEODALIS FIDES MAXIMA IN OVERMAN SIVE POTENTIA

AC EX FEVDO IGNEO MEO

FEODALIS SPES SIVE HAVD SPES

SED FEODALIS VOLVNTAS RVBRA POTENTIÆ

AD OVERMAN IGNE CVM ANTIQVO SEMPER DIRECTA

AC EX FEVDO IGNEO MEO

FEODALIS PRINCIPIVM IN FVLMINE OVERMAN NOMINE EX CHALYBE

AC EX FEVDO IGNEO MEO

FEODALIS FINIS SIVE FEODORVM VINDICTA RVBRORVM

AC FVLMINE DEMVM EX MEO FEVDO IGNEA MEA SPATHAQVE

FEODALE MEO EQVO MAXIME ARMATO CVM HASTA BAIART NOMINE ALBOQVE

STAT OVERMAN PROFVNDE

COMPOSITVS ILLE RVBRO AC TERRÆ FVLMINE SIVE VINDEX IMMORTALIS ET REX

DE FEVDO METALLICA EX ANIMA CORPOREQVE HOC PVGNÆ SPECVLO SIVE SCVTO

FEVDI MAXIMA EX VLTIONE ET GOTHORVM ET QVADORVM ET LANGOBARDORVM MEI

DICVNTVR HIC OVERMAN ET VALIDVS VIR SANGVINE

A MATERIA AC MAGNITVDINE SEPARATI POTENTIÆ

ET DVPLEX SIT NVNC IMAGO OVERMAN NOMINE MEA RVBRO IGNEQVE

FEODALE HIC ETIAM GRÆCA CVM VOCE AD SIDERA FVLMINE DIRECTA

TO EMON EIΔΩΛON KAI ΔE TO EMON ΕIΔΟΣ

ENTAYΘA ΣYN TΩ ΔE EΓXEIPIΔIΩ

KATOΠTPΩ KAI ΔE ΚΕΡΑΥΝΩ TΩN ΘΕΩN

AΔEΩΣ O ΔE OVERMAN AΝΑΞ

ET FEVDVM RESVRGIT NVNC MEVM HOC SANGVINIS LOCO MIHI VNICVM SPATHA

QVOAD

MAGNA CVM IRA EX FEVDIS DE MONTSEGVR MEIS CATHARORVM HIC NOMINE

FEODALE MEO IN HASTILVDIO ET PROFVNDE PRÆTERA

STAT FINIS ID FVLIMINE CERTEQVE

IN QVO EX OVERMAN

FODALEM AD NOCTEM REGE ILLE VINDICE MEO HOC IN SPECVLO

ET CVM SOLE FEVDI MEI AC MEA HIC CAREVLEA CVM DVELLI HASTA

PRINCIPIVM MAGNVM FVLMINE FEODALE CVM DENVO NOMINE

MAXIME NON QVIESCIT

POTENTIÆ MEO HIC ET NVNC RECVRSV IN FEODALE ATQVE VNIVERSALE

AC FEODALIS MAIORITAS SIVE POTENTIÆ VOLVNTAS ATQVE RECVRSVS AD OVERMAN FVLMINE

EX FEODO MEO MVLTIS CVM OBSIDIONIBVS NOCTIS FVLMINE MEÆ RVBRO

NON POSSIT QVOVIS MODO SINE OVERMAN EXISTERE SVBSTANTIA

FEVDALE HOC IN LOCO AC HAC SAXOSA IN INSCRIPTIONE ITERVM

NVNC AD SIDERA ALTA CVM FLAMMA AC TONITRVO MEA IPSA VOX

MANABAT CHALIBIS PLANETA MEVS OCCVLTAM POTENTIAM ILLIC OCCVLTVS

FEODALIS ATQVE DENVO FVLMINIS GRÆCORVM VOCE IPSIVS

AC RVBRO MAXIME HOC METALLICO MEO IN HASTILVDIO

ΩΣ EΦHN EΓENETO OYN

OΛΩΣ ΔIA THN ΔE EMHN ΜΟΝΟΜΑΧIAN

EΞ TOY ΔE KEPAYNOY EΚΕI ΚAΤΩ EN ΣKYΘIAI

TO ΔE ΣYΜΒΟΛΟΝ THΣ EMHΣ TIMΩPIAΣ
ΔIA THEΣ BAPEIAΣ ΦΩΝHΣ TOY ΔE ΠYPOΣ
ΔEYPO EMH ΦΩΝH O ΔE OVERMAN AΝAΞ EΣTIN
EN TΩ ΔE KYANEΩ BAΘEI Ω HΔIΣTH ΔYNAMIΣ

FEVDI MEI HIC CONCORDIA AC DENVO HOC IN HASTILVDIO

FVLMINE ΔIA TO EIΔΩΛON AVT OVERMAN AVT NIHIL PVGNÆ ALTVM

FEODALE DVELLI CÆRVLEO IN SCVTO CHALIBE POLITISSIMO SIVE SPECVLO SANGVINE MEO

QVA RE CVM FEODALE MEA IRA DEMVM

FEODALIS OVERMAN NVNC PRODIT HASTILVDII EX FVLMINE MEI CVM IGNEA ROSA

MEA DEINDE CVM SECVRE HIC INCISA INSCRIPTIONE LAPIDE GERMANICA DVELLI

NU DÆGEHWELC SWĀ HÆÐA BEÐEÞ BRYNEWELMUM,

QVA RE

FEODALE CVM ARGENTEO DE AQVINO CALICE AMARIORE SVPRA FLAMMAS REGIONIS

VBI RICARDVS IPSE DVX AC GAVCERAN DVRTZ HOC IN FEODALE TEMPORE MEO SIMVL

OBSCVRAS EX IGNE FEODALES DONAVERANT FALCONIS MIHI VEXILLAS

QVA RE DE FEVDO MEO

ET SANGVINE SIVE SEPTEM CAPITIBVS NECTAR DRACONI

FEODALE RVBRÆ EX IGNE DENVO NOMINE APOCALYPSEOS ARMIS CONCORDIAQVE

FEVDORVM CVM ALTA DENVO ARMA TERGO HIC MEORVM

FEVDA CVM SANGVINE PROFVNDE VBI LVCENT HAC DEMVM TERRA IGNEO MEA

H ΔE EMH ΚΥΛΙΞ ΔIA THN EΠIΦANEIAN

KAI ΔE KAI ΦΩNH AΛHΘΩΣ

G. R. A. I. L.

SIVE FEODALE FVLMINE AC FEVDIS CVM MEIS CÆRVLEO

GRATE REX AQVITANIÆ IGNE LIBER

SIVE

EX FEVDO CVM FOEDERE SACRALIS IGNIS MEO

FEODALE IN POTENTÆ RECVRSCV SIVE FVLMINE ANVLO

MEO IN SPECVLO SANGVINE CHALIBE POLITISSIMO SIVE SCVTO ET FEVDI

AC DENVO FEODALE CVM ANAGRAMMATE HIC EX IGNE ALTO

V. X. D.

SIVE EX FEVDO MEO

FEODALIVM ET SANGVINE PROFVNDE HOSTIVM TINCTO MEORVM

VINDEX XYSTO DÆMON

SIVE EX FEVDO MEO AC EX FLAMMAS FEVDI ALTAS MEI CVM IGNE ALTO RVBRAS

AC FEODALE ALTA SANGVINE CVM VOCE ET GRÆCORVM

O ΔE OVERMAN

TO EMON ΔAIMΩN AEI

FVLMINE AC SPECVLO SIVE TΩ EIΔΩΛΩ

SIVE EX FEVDO DENVM MEO

ET FEODALE CVM VOCE HIC GERMANICA

AB MEO EX FVLMINE FEVDO PROXIMA MAXIME

ŌFER-MANNES GECWED

QVIA

FEVDORVM CVM DENVO MEORVM IRA

REDDE MIHI POTENTIAM SPATHA OVERMAN NOMINE AC RENOVATIONEM SANGVINIS FVLMINE

FEODALIS VBI VOX IPSA SCVTO RESVRGIT ALTA IMPERIALIS AQVILÆ FVLMINE EX THVLE

FEVDO INSVPER MEO VEXILLA GERMANICO CVM PRODEVNT SAXONES QVADIQVE GENTES

FEODALE DENVM MEA VENTIS VOX A SEPTENTRIONE ATQVE EX FEVDO MEO ALTA

HWÆR NIHTES SWĀ WITODLIC ANDSWARODE WRÆCEND-WILDĒOR!

ÞÆR SĊĒAWERE WÆS HĒAH-EALD BEALDE SWĀ MĪN DREOR,

HWÆR ON WANRE NIHT ÁSCÍNEÞ SWĀ ŌFER-MANNES GÚÐWÉRIG HLĒOR!

ÞÆR UNDER HERE-GRĪMAN SWĀ ANDSWARODE NORÐAN-HREÓH,

HWÆR DÆGSCIELDE ÆÐELCUND ŌFER-MANN OFERCYMÞ, SWĀ ĪSERN-FEORH!

ÞÆR HEAÐUFÝRUM GIET BÆLÞRACUM ÆRNDE SWĀ MĪN RĒOD-EOH,

HWÆR BORDHREÓÐAN SWĀ NU MĪN LĪĠETU-WRECEND, SWIÞE SWĀ IC DRĒOH!

ÞÆR CWEALMCUMUM FÝRDRACUM ÆTĪEWDE SWĀ WUNDOR-BLĒOH,

HWÆR SWĀ SE ŌFER-MANNES RĒOD LĪEĠDRACA GIET ĀSÆĠDE ON HŌH!

EIΔΩΛΩ OVERMAN.
Set in A.D. 1187, and propounded in monumental characters, as engraved in the rock, this epic of mine in Classical Latin, Ancient Greek, Anglo-Saxon and Old Norse tells of a superhuman clash between two knights who are in fact the same person. The alliteration focuses on the roots "FEODAL-" and "FEVD-" indicating "feudal" and "feud", as repeated with different declensions. From one single mirror battle action, chief philosophical notions of mine thus surface, all centered on my notion of Overman, alongside various historical and metaphysical symbols, as the Grail itself (“G. R. A. I. L.”, as an anagram, with an added meaning). The title EIΔΩΛΩ OVERMAN reads "The Overman through the Image" ("EIΔΩΛΩ" instrumental dative of the neuter "TO EIΔΩΛON", "image", also "phantom", "spectre" and "wraith", depending on textual circumstances). My own Return of Power event is mentioned ("MVTATIO SIVE REVOLVTIO SIVE POTENTIÆ INCREMENTVM AD INFINITVM IGNEVM"). An influence can be noticed from the song of Bertran De Born († 1140-1215 ca.) "Bem Platz lo Gais Temps de Pascor".

TO EMON EIΔΩΛON KAI ΔE TO EMON ΕIΔΟΣ
ENTAYΘA ΣYN TΩ ΔE EΓXEIPIΔIΩ
KATOΠTPΩ KAI ΔE ΚΕΡΑΥΝΩ TΩN ΘΕΩN
AΔEΩΣ O ΔE OVERMAN AΝΑΞ

reads:

My own Image and my Demeanour,
Here, with the Dagger,
Through the Mirror, and the Thunderbolt of the Gods,
Boldly the Overman, the Ruler (“AΝΑΞ”, also “King”, Latin “DVX”).

while

NEMO VIR EST VIR NOMINE HOC ALTO
DONEC SPATHA SCVTOQVE CEPERIT AC PERCVSSERIT MVLTA

SIC RVBRO OVERMAN DIXIT MIHI SIVE TO EMON EIΔΩΛON FVLMINE

FEODALE CHALIBE HIC IN SPECVLO ET IGNEO HOC CVM SIGILLO

No Man ("VIR", also “Hero”) is a Man with a High Name called (worthy of this Name)
Until with the Sword and the Shield has received and given many Blows,
This, through the Red Thunderbolt, the Overman, as my own Wraith (Image), has told me
Here, into the Feudal Mirror of Steel, and with this Seal of Fire.
Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine.
Quante immagini un tempo, e quante fole
Creommi nel pensier l'aspetto vostro
E delle luci a voi compagne! Allora
Che, tacito, seduto in verde zolla,
Delle sere io solea passar gran parte
Mirando il cielo, ed ascoltando il canto
Della rana rimota alla campagna!
E la lucciola errava appo le siepi
E in su l'aiuole, susurrando al vento
I viali odorati, ed i cipressi
Là nella selva; e sotto al patrio tetto
Sonavan voci alterne, e le tranquille
Opre dè servi. E che pensieri immensi,
Che dolci sogni mi spirò la vista
Di quel lontano mar, quei monti azzurri,
Che di qua scopro, e che varcare un giorno
Io mi pensava, arcani mondi, arcana
Felicità fingendo al viver mio!
Ignaro del mio fato, e quante volte
Questa mia vita dolorosa e nuda
Volentier con la morte avrei cangiato.
Né mi diceva il cor che l'età verde
Sarei dannato a consumare in questo
Natio borgo selvaggio, intra una gente
Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso
Argomento di riso e di trastullo,
Son dottrina e saper; che m'odia e fugge,
Per invidia non già, che non mi tiene
Maggior di sé, ma perché tale estima
Ch'io mi tenga in cor mio, sebben di fuori
A persona giammai non ne fo segno.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza
Tra lo stuol dè malevoli divengo:
Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,
E sprezzator degli uomini mi rendo,
Per la greggia ch'** appresso: e intanto vola
Il caro tempo giovanil; più caro
Che la fama e l'allor, più che la pura
Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo
Senza un diletto, inutilmente, in questo
Soggiorno disumano, intra gli affanni,
O dell'arida vita unico fiore.
Viene il vento recando il suon dell'ora
Dalla torre del borgo. Era conforto
Questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
Quando fanciullo, nella buia stanza,
Per assidui terrori io vigilava,
Sospirando il mattin. Qui non è cosa
Ch'io vegga o senta, onde un'immagin dentro
Non torni, e un dolce rimembrar non sorga.
Dolce per sé; ma con dolor sottentra
Il pensier del presente, un van desio
Del passato, ancor tristo, e il dire: io fui.
Quella loggia colà, volta agli estremi
Raggi del dì; queste dipinte mura,
Quei figurati armenti, e il Sol che nasce
Su romita campagna, agli ozi miei
Porser mille diletti allor che al fianco
M'era, parlando, il mio possente errore
Sempre, ov'io fossi. In queste sale antiche,
Al chiaror delle nevi, intorno a queste
Ampie finestre sibilando il vento,
Rimbombaro i sollazzi e le festose
Mie voci al tempo che l'acerbo, indegno
Mistero delle cose a noi si mostra
Pien di dolcezza; indelibata, intera
Il garzoncel, come inesperto amante,
La sua vita ingannevole vagheggia,
E celeste beltà fingendo ammira.
O speranze, speranze; ameni inganni
Della mia prima età! Sempre, parlando,
Ritorno a voi; che per andar di tempo,
Per variar d'affetti e di pensieri,
Obbliarvi non so. Fantasmi, intendo,
Son la gloria e l'onor; diletti e beni
Mero desio; non ha la vita un frutto,
Inutile miseria. E sebben vòti
Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro
Il mio stato mortal, poco mi toglie
La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta
A voi ripenso, o mie speranze antiche,
Ed a quel caro immaginar mio primo;
Indi riguardo il viver mio sì vile
E sì dolente, e che la morte è quello
Che di cotanta speme oggi m'avanza;
Sento serrarmi il cor, sento ch'al tutto
Consolarmi non so del mio destino.
E quando pur questa invocata morte
Sarammi allato, e sarà giunto il fine
Della sventura mia; quando la terra
Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo
Fuggirà l'avvenir; di voi per certo
Risovverrammi; e quell'imago ancora
Sospirar mi farà, farammi acerbo
L'esser vissuto indarno, e la dolcezza
Del dì fatal tempererà d'affanno.
E già nel primo giovanil tumulto
Di contenti, d'angosce e di desio,
Morte chiamai più volte, e lungamente
Mi sedetti colà su la fontana
Pensoso di cessar dentro quell'acque
La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco
Malor, condotto della vita in forse,
Piansi la bella giovanezza, e il fiore
Dè miei poveri dì, che sì per tempo
Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso
Sul conscio letto, dolorosamente
Alla fioca lucerna poetando,
Lamentai cò silenzi e con la notte
Il fuggitivo spirto, ed a me stesso
In sul languir cantai funereo canto.
Chi rimembrar vi può senza sospiri,
O primo entrar di giovinezza, o giorni
Vezzosi, inenarrabili, allor quando
Al rapito mortal primieramente
Sorridon le donzelle; a gara intorno
Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi
(Inusitata maraviglia! ) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo
Suo venir nella vita, ed inchinando
Mostra che per signor l'accolga e chiami?
Fugaci giorni! A somigliar d'un lampo
Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa
Quella vaga stagion, se il suo buon tempo,
Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?
O Nerina! E di te forse non odo
Questi luoghi parlar? Caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
Che qui sola di te la ricordanza
Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede
Questa Terra natal: quella finestra,
Ond'eri usata favellarmi, ed onde
Mesto riluce delle stelle il raggio,
È deserta. Ove sei, che più non odo
La tua voce sonar, siccome un giorno,
Quando soleva ogni lontano accento
Del labbro tuo, ch'a me giungesse, il volto
Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi
Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri
Il passar per la terra oggi è sortito,
E l'abitar questi odorati colli.
Ma rapida passasti; e come un sogno
Fu la tua vita. Iva danzando; in fronte
La gioia ti splendea, splendea negli occhi
Quel confidente immaginar, quel lume
Di gioventù, quando spegneali il fato,
E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna
L'antico amor. Se a feste anco talvolta,
Se a radunanze io movo, infra me stesso
Dico: o Nerina, a radunanze, a feste
Tu non ti acconci più, tu più non movi.
Se torna maggio, e ramoscelli e suoni
Van gli amanti recando alle fanciulle,
Dico: Nerina mia, per te non torna
Primavera giammai, non torna amore.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita
Piaggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,
Dico: Nerina or più non gode; i campi,
L'aria non mira. Ahi tu passasti, eterno
Sospiro mio: passasti: e fia compagna
D'ogni mio vago immaginar, di tutti
I miei teneri sensi, i tristi e cari
Moti del cor, la rimembranza acerba.
Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d'anno in anno da te attesi, o vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
ad ogni giorno che tramonta io dico:
"Sarà domani". Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la vita.
Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine.
Quante immagini un tempo, e quante fole
Creommi nel pensier l'aspetto vostro
E delle luci a voi compagne! Allora
Che, tacito, seduto in verde zolla,
Delle sere io solea passar gran parte
Mirando il cielo, ed ascoltando il canto
Della rana rimota alla campagna!
E la lucciola errava appo le siepi
E in su l'aiuole, susurrando al vento
I viali odorati, ed i cipressi
Là nella selva; e sotto al patrio tetto
Sonavan voci alterne, e le tranquille
Opre dè servi. E che pensieri immensi,
Che dolci sogni mi spirò la vista
Di quel lontano mar, quei monti azzurri,
Che di qua scopro, e che varcare un giorno
Io mi pensava, arcani mondi, arcana
Felicità fingendo al viver mio!
Ignaro del mio fato, e quante volte
Questa mia vita dolorosa e nuda
Volentier con la morte avrei cangiato.
Né mi diceva il cor che l'età verde
Sarei dannato a consumare in questo
Natio borgo selvaggio, intra una gente
Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso
Argomento di riso e di trastullo,
Son dottrina e saper; che m'odia e fugge,
Per invidia non già, che non mi tiene
Maggior di sé, ma perché tale estima
Ch'io mi tenga in cor mio, sebben di fuori
A persona giammai non ne fo segno.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza
Tra lo stuol dè malevoli divengo:
Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,
E sprezzator degli uomini mi rendo,
Per la greggia ch'** appresso: e intanto vola
Il caro tempo giovanil; più caro
Che la fama e l'allor, più che la pura
Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo
Senza un diletto, inutilmente, in questo
Soggiorno disumano, intra gli affanni,
O dell'arida vita unico fiore.
Viene il vento recando il suon dell'ora
Dalla torre del borgo. Era conforto
Questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
Quando fanciullo, nella buia stanza,
Per assidui terrori io vigilava,
Sospirando il mattin. Qui non è cosa
Ch'io vegga o senta, onde un'immagin dentro
Non torni, e un dolce rimembrar non sorga.
Dolce per sé; ma con dolor sottentra
Il pensier del presente, un van desio
Del passato, ancor tristo, e il dire: io fui.
Quella loggia colà, volta agli estremi
Raggi del dì; queste dipinte mura,
Quei figurati armenti, e il Sol che nasce
Su romita campagna, agli ozi miei
Porser mille diletti allor che al fianco
M'era, parlando, il mio possente errore
Sempre, ov'io fossi. In queste sale antiche,
Al chiaror delle nevi, intorno a queste
Ampie finestre sibilando il vento,
Rimbombaro i sollazzi e le festose
Mie voci al tempo che l'acerbo, indegno
Mistero delle cose a noi si mostra
Pien di dolcezza; indelibata, intera
Il garzoncel, come inesperto amante,
La sua vita ingannevole vagheggia,
E celeste beltà fingendo ammira.
O speranze, speranze; ameni inganni
Della mia prima età! Sempre, parlando,
Ritorno a voi; che per andar di tempo,
Per variar d'affetti e di pensieri,
Obbliarvi non so. Fantasmi, intendo,
Son la gloria e l'onor; diletti e beni
Mero desio; non ha la vita un frutto,
Inutile miseria. E sebben vòti
Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro
Il mio stato mortal, poco mi toglie
La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta
A voi ripenso, o mie speranze antiche,
Ed a quel caro immaginar mio primo;
Indi riguardo il viver mio sì vile
E sì dolente, e che la morte è quello
Che di cotanta speme oggi m'avanza;
Sento serrarmi il cor, sento ch'al tutto
Consolarmi non so del mio destino.
E quando pur questa invocata morte
Sarammi allato, e sarà giunto il fine
Della sventura mia; quando la terra
Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo
Fuggirà l'avvenir; di voi per certo
Risovverrammi; e quell'imago ancora
Sospirar mi farà, farammi acerbo
L'esser vissuto indarno, e la dolcezza
Del dì fatal tempererà d'affanno.
E già nel primo giovanil tumulto
Di contenti, d'angosce e di desio,
Morte chiamai più volte, e lungamente
Mi sedetti colà su la fontana
Pensoso di cessar dentro quell'acque
La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco
Malor, condotto della vita in forse,
Piansi la bella giovanezza, e il fiore
Dè miei poveri dì, che sì per tempo
Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso
Sul conscio letto, dolorosamente
Alla fioca lucerna poetando,
Lamentai cò silenzi e con la notte
Il fuggitivo spirto, ed a me stesso
In sul languir cantai funereo canto.
Chi rimembrar vi può senza sospiri,
O primo entrar di giovinezza, o giorni
Vezzosi, inenarrabili, allor quando
Al rapito mortal primieramente
Sorridon le donzelle; a gara intorno
Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi
(Inusitata maraviglia! ) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo
Suo venir nella vita, ed inchinando
Mostra che per signor l'accolga e chiami?
Fugaci giorni! A somigliar d'un lampo
Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa
Quella vaga stagion, se il suo buon tempo,
Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?
O Nerina! E di te forse non odo
Questi luoghi parlar? Caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
Che qui sola di te la ricordanza
Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede
Questa Terra natal: quella finestra,
Ond'eri usata favellarmi, ed onde
Mesto riluce delle stelle il raggio,
È deserta. Ove sei, che più non odo
La tua voce sonar, siccome un giorno,
Quando soleva ogni lontano accento
Del labbro tuo, ch'a me giungesse, il volto
Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi
Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri
Il passar per la terra oggi è sortito,
E l'abitar questi odorati colli.
Ma rapida passasti; e come un sogno
Fu la tua vita. Iva danzando; in fronte
La gioia ti splendea, splendea negli occhi
Quel confidente immaginar, quel lume
Di gioventù, quando spegneali il fato,
E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna
L'antico amor. Se a feste anco talvolta,
Se a radunanze io movo, infra me stesso
Dico: o Nerina, a radunanze, a feste
Tu non ti acconci più, tu più non movi.
Se torna maggio, e ramoscelli e suoni
Van gli amanti recando alle fanciulle,
Dico: Nerina mia, per te non torna
Primavera giammai, non torna amore.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita
Piaggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,
Dico: Nerina or più non gode; i campi,
L'aria non mira. Ahi tu passasti, eterno
Sospiro mio: passasti: e fia compagna
D'ogni mio vago immaginar, di tutti
I miei teneri sensi, i tristi e cari
Moti del cor, la rimembranza acerba.
Teneva diciott'anne Sarchiapone,
era stato cavallo ammartenato,
ma... ogne bella scarpa nu scarpone
addeventa c' 'o tiempo e cu ll'età.
Giuvinotto pareva n'inglesino,
uno 'e chilli cavalle arritrattate
ca portano a cavallo p' 'o ciardino
na signorina della nobiltà.

Pronto p'asc'i sbatteva 'e ccianfe 'nterra,
frieva, asceva 'o fummo 'a dint' 'o naso,
faville 'a sotto 'e piere, 'o ffuoco! 'A guerra!
S'arrevutava tutt' 'a Sanità.

Ma... ogni bella scarpa nu scarpone
c' 'o tiempo addeventammo tutte quante;
venette pure 'o turno 'e Sarchiapone.
Chesta è la vita! Nun ce sta che ffà.

Trista vicchiaja. Che brutto destino!
Tutt' 'a jurnata sotto a na carretta
a carrià lignammo, prete, vino.
"Cammina, Sarchiapò! Cammina, aah!".

'O carrettiere, 'nfamo e disgraziato,
cu 'a peroccola 'nmano, e 'a part' 'o gruosso,
cu tutt' 'e fforze 'e ddà sotto 'o custato
'nfaccia 'a sagliuta p' 'o fà cammenà.

A stalla ll'aspettava Ludovico,
nu ciucciariello viecchio comm' a isso:
pe Sarchiapone chisto era n'amico,
cumpagne sotto 'a stessa 'nfamità.

Vicino tutt' 'e ddute: ciuccio e cavallo
se facevano 'o lagno d' 'a jurnata.
Diceva 'o ciuccio: "I' nce aggio fatto 'o callo,
mio caro Sarchiapone. Che bbuò fà?

lo te capisco, tu te si abbeluto.
Sò tutte na maniata 'e carrettiere,
e, specialmente, 'o nuosto,è 'o cchiù cornuto
ca maie nce puteva capità.

Sienteme bbuono e vide che te dico:
la bestia umana è un animale ingrato.
Mm' he a credere... parola 'e Ludovico,
ca mm' è venuto 'o schifo d' 'o ccampà.

Nuie simmo meglio 'e lloro, t' 'o ddico io:
tenimmo core 'mpietto e sentimento.
Chello ca fanno lloro? Ah, no, pe ddio!
Nisciuno 'e nuie s' 'o ssonna maie d' 'o ffà.

E quanta vote 'e dicere aggio 'ntiso:
"'A tale ha parturito int' 'a nuttata
na criatura viva e po' ll'ha accisa.
Chesto na mamma ciuccia nun 'o ffà!".

"Tu che mme dice Ludovico bello?!
Overo 'o munno è accussi malamente?".
"E che nne vuo sapè, caro fratello,
nun t'aggio ditto tutta 'a verità.

Tu si cavallo, nobile animale,
e cierti ccose nun 'e concepisce.
I' so plebbeo e saccio tutt' 'o mmale
ca te cumbina chesta umanità".

A sti parole 'o ricco Sarchiapone
dicette: "Ludovì, io nun ce credo!
I' mo nce vò, tenevo nu padrone
ch'era na dama, n'angelo 'e buntà.

Mm'accarezzava comm'a nu guaglione,
mme deva 'a preta 'e zucchero a quadrette;
spisse se cunzigliava c' 'o garzone
(s'io stevo poco bbuono) ch' eva fà".

"Embè! - dicette 'o ciuccio - Mme faie pena.
Ma comme, tu nun l'he capito ancora?
Si, ll'ommo fa vedè ca te vò bbene
è pe nu scopo... na fatalità.

Chi pe na mano, chi pe n'ata mano,
ognuno tira ll'acqua al suo mulino.
So chiste tutte 'e sentimente umane:
'a mmiria, ll'egoismo, 'a falsità.

'A prova è chesta, caro Sarchiapone:
appena si trasuto int' 'a vicchiaia,
pe poche sorde, comme a nu scarpone,
t'hanno vennuto e si caduto ccà.

Pe sotto a chillu stesso carruzzino
'o patruncino tuio n'atu cavallo
se ll' è accattato proprio stammatina
pe ghi currenno 'e pprete d' 'a città".

'O nobbile animale nun durmette
tutt' 'a nuttata, triste e ll'uocchie 'nfuse,
e quanno avette ascì sott' 'a carretta
lle mancavano 'e fforze pe tirà.

"Gesù, che delusione ch'aggio avuto!"-
penzava Sarchiapone cu amarezza.
"Sai che ti dico? Ll'aggia fa fernuta,
mmiezo a sta gente che nce campo a ffà?"

E camminanno a ttaglio e nu burrone,
nchiurette ll'uocchie e se menaie abbascio.
Vulette 'nzerrà 'o libbro Sarchiapone,
e se ne jette a 'o munno 'a verità.
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
Perché reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura
Perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
È lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perché delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno cò suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? Che vuol dir questa
Solitudine immensa? Ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu sè queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ** fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale.
Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso
un po' lontano
il gesto lento della mano
con cui mi accarezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
sei un po' matto
e a letto svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l'odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po' balsé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
me l'hai già detto
e a letto sveglia
sentendo il tuo respiro
un po' affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l'odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po' demodé
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
E a letto stare sveglia
e sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che é esplosa
finalmente, in cucina!
La pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profumo
di scimpanzé
quell'orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te.
Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso
un po' lontano
il gesto lento della mano
con cui mi accarezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
sei un po' matto
e a letto svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l'odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po' balsé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
me l'hai già detto
e a letto sveglia
sentendo il tuo respiro
un po' affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l'odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po' demodé
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
E a letto stare sveglia
e sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che é esplosa
finalmente, in cucina!
La pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profumo
di scimpanzé
quell'orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te.
Il bacio appena sognato
in una notte di tradimenti,
dove tutti consumano amplessi
che non hanno profumo,
il tuo bacio febbricitante,
il candore delle tue labbra,
somiglia alla mia porta
che non riesco ad aprire.
Il bacio è come una vela,
fa fuggire lontano gli amanti,
un amore che non ti gela
che ti dà mille duemila istanti.
** cercato di ricordare
che potevi tornare indietro,
ma ahimè il tuo bacio
è diventato simile a un vetro.
Io come un animale
mi rifugio nel bosco
per non lasciare ovunque
il mio candido pelo.
Il pelo della mia anima
è così bianco e così delicato
che persino un coniglio ne trema.
Tu mi domandi quanti amanti ** avuto
e come mi hanno scoperto.
Io ti dico che ognuno scopre la luce
e ognuno sente la sua paura,
ma la mia parte più pura è stata il bacio.
Io tornerei sui monti d'Abruzzo,
dove non sono mai stata.
Ma se mi domandano
dove traggono origine i miei versi,
io rispondo:
mi basta un'immersione nell'anima
e vedo l'universo.
Tutti mi guardano con occhi spietati,
non conoscono i nomi delle mie scritte sui muri
e non sanno che sono firme degli angeli
per celebrare le lacrime che ** versato per te.
Robert Guerrero May 2013
Ehi, ti amo
Non ti ** mai detto che ** fatto
Forse **
Mi hai sentito quando l'** detto?
Adreishka ... ti amo con tutto il mio cuore
Non voglio mai lasciarti andare
Voglio che nostro figlio sia perfetto
Lei è perfetta
Io non ti merito
Mi voglio sposare
Quindi, mi vuoi sposare?
Adreishka So che hai già detto sì
Ma dico sul serio
Voglio farti felice al di là di confronto


Translation for the people.


Hey I love you
I never told you that did I
Maybe I have
Did you hear me when I said it?
Adreishka...I love you with all of my heart
I never want to let you go
I want our son to be perfect
You are perfect
I don't deserve you
I want to marry you
So will you marry me?
Adreishka I know you already said yes
But I really mean it
I want to make you happy beyond comparison
Mateuš Conrad Jun 2017
for some reason, i never seriously branched away from american rock / metal into the alternative of black metal or viking metal of scandinavian... the finnish music scene gave me an appeal for their music... given the folk tale of herr mannelig... well... it's come down to: either hedningarna or gjallarhorn, when drinking, you really want to mellow out... you still like classical music, but you just can't keep up with the shrieks and the heavy guitars anymore... you want to return to the roots of melody, above ferocity... god, i hate the strauß family... i can't stand that sort of music... the non-contemplative type... it doesn't allow any meditation... because you imagine yourself constantly dancing... dying from st. vitus' dance / sydenham's chorea... there's nothing contemplative from their music, their waltzes are cannot entertain thinking, only dancing, or clapping to the rhythm.

existentia (existence)
     "existence" (existenz)
   ex-sistere ("to exist", "to stand out")
strutting among non-beings:
            
  cogito - sum   (i am thinking - i am)
   the simultaneous answer,
      
the vector guiding the cartesian sum
   is to provide conversation

the vector guiding the cartesian cogito
is to provide an anti-claustrophobia
   (you can really become claustrophobic
  in a conversation... i.e. be put on the spot /
    high heels, of uncomfortableness).

ah... *ex-sistere
("to exist", "to stand out")...
isn't that the western mantra for
individualism?
                   how can it not be?
why is individualism so sacred,
        so nauseating? this segregation of
one's own, from the ownership of all and
no one?
              it took king solomon to look at
an ant, which didn't exactly transcribe into
a humbling... just an crying out of
what individualism leads to: vanity! all is vanity!
                   vanus! vanus est omni!
ah, but no day is void of its content,
   as being the vessel of emptiness,
  the day, is a vessel brimming, full,
   a dam about to collapse, that fills me
with at least something that otherwise makes
me devoid, of entertaining it, in the first place.

but all these "political" conversations...
    these conversations might as well
start off with a sticker:
   hi, my name is...          bob.
i listen to these political discussion and
think...
         wow! the cartesian libra
       weighs so much toward the "i am"
side of the measures...
     such is the scenario of poly-identifactions...
i'm a liberal, i'm a conservative, i'm a progressive,
i'm into alt. right, i'm i'm i'm this that and the other...
given the conversation, and a complete
lack of silence i.e. thought,
           i'm also about to create a collage
of identificators...
   but i'll begin with: hi, my name is...      bob;
like any goldfish might.
        
  to me these people are talking presuppostions,
they are presupposing they are what they "are"...
     which suggests their thinking aligns itself
to suppositions, that they "are"
                          what they "think" they are...
they're not thinking, they're talking...
   non-stop, ad nauseam...
               i gather that people who are
       vox-philic, are also musica-phobic...
sometimes i think about knocking on a door
for about 10 years and not have it open
than listen to these people talk "politics".
       sometimes listening to hammering
in nails on a building site sounds more entertaining;
oh wait, should that be dico-philic / sermo-philic?
      whatever.
     i found that the people who love talking,
have no passion for music.

     silverchair - freak:
lyrics -
               no more maybes, the baby's got rabies,
       in the middle of the andies... yeah, heh!
i'm a freak. nature!
   yeah, heh!e
    if only i could be as cool as you.
   ****** and soul, i'm a freak, i'm a freak...
           trying to be different...
   whatever different disease...

   yep.... index finger moving against the motorboat
effect of the lips vibrating...
       hey presto! a mongolian harmonica.
              
ex omne diem
                  (out of every day)
               out of every moment...
    there is a driving momentum,
              to counter the shackles of systematic
clarification of what existence actually is,
or can be, or will or never will be,
            for what existence was...
                         is an selective memorisation...
a memory drives my curiosity more than
a spontaneous thought...
                 the thought is in the now,
a memory is in the what was...
           when walking in the desert of thought,
you must certainly stumble against
   the mirage oasis of a memory, suddenly arising...
i count memory, to have a higher status
     in the hierarchy of mental faculties
as that of dreams...
             for one... memory is attacked by
institutionalised learning, say,
       the pythagoras...
                                    i rather respect memory,
and keep as much of it as i can,
   than demand an interpretation of dreams...
i literally, have no respect for dreams...
                      none...
        memory though?
        memoriam est grata, somnio est non grata
(memory is welcome, dreaming is not welcome).
Emily Pidduck Jan 2016
I knew it would hurt to see you again.
Did I stop loving you?
Jamais
but I mistook my heart for that of a wanderer's
my eyes would get lost in the distance
I never saw yours begging that I'd stay
that soft chant
reste   reste   reste
I hear the calling now
et mon coeur, I am sorry
Je suis très désolée mon bébé
peut-être
because I lost you though you never strayed
or because your heart was put to rest
while I became wordly
and lonley
et j'ai decouvert
you were the only one who'd ever matter
e vorrei ritornare ma
les mots don't get through

I think it hurts most to keep a pull in your heart
your mind letting you know that quelquechose
was forgotten that held unparalled significance
in all those should have beens

Je ne t'ai jamais oublié
mais tu as fait
et c'est bon pour tu

but now I have to float away
encore
parce que je ne peux pas observer
tu et elle
                                                            ­        è mi e ti
                                                                ­  o ti e nessuno


on that first date
I'll shatter glass if I see you kiss

but darling, know I'll always return
I'll keep waiting until your alone
wait to see you eyes shine with our memories
caro mio, I'll be standing in front of you très vite

                le dico      per piacere


Reste     Reste    Reste

I wouldn't take a single step away again, my love.


Should you present her with a ring
I wouldn't ever greet home again
and if I'm able to keep strong
I'd meet people in my travels.
I'd try, only for you, resist the graveyard

but even now, your voice sometimes crackles
my heart hears, rest   rest   rest
I'd give anything you wish


                     Don't let my unstable mind bind your decision
                       It's a part of my soul that was never your fault
                         It wavers and crashes and gently glides
                            Don't let my turmoil ruin your sand


        **Ti voglio bene
rough draft, A girl who followed her heart on the wrong path.
Aiere ha fatto n'anno - 'o diece 'e maggio,
na matenata calda e chiena 'e sole -,
penzaie 'ncapo a me: "Cu che curaggio
io stamattina vaco a faticà!".
Facenno 'o paro e sparo mme susette:
"Mo mme ne vaco 'a parte 'e copp' 'o Campo".
Int'a ddiece minute mme vestette
cu 'e mucassine e cu 'o vestito blu.

Nun facette sparà manco 'o cannone
ca già stevo assettato int' 'a cantina,
annanze a nu piatto 'e maccarune:
nu zito ch'affucava int 'o ragù.

C' 'a panza chiena, a passo... chianu chiano
mme ne trasette dint'a na campagna,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
ca m' 'o zucavo comme 'o biberò.

Tutto a nu tratto veco nu spiazzale
chino 'e ferraglie vecchie e arrugginite.
E ched' è, neh?... nu campo 'e residuate:
"il cimitero della civiltà".

Nu carro armato cu 'a lamiera rotta...
trattore viecchie... macchine scassate...
n' "Alfetta" senza 'e qquatte rote 'a sotto...
pareva 'o campusanto d' 'a Pietà!

Guardanno a uno a uno sti ruttame,
pare ca ognuno 'e lloro mme diceva:
"Guardate ccà cosa addiventiamo
quanno 'a vicchiaia subbentra a giuventù".

Mmiezo a sta pace, a stu silenzio 'e morte,
tutto a nu tratto sento nu bisbiglio...
appizzo 'e rrecchie e sento 'e di cchiù forte:
"Mia cara Giulietta, come va?".

Chi è ca sta parlanno cu Giulietta?
Nmiezo a stu campo nun ce sta nisciuno...
Tu vuo vedè che l'hanno cu ll' "Alfetta"?
Cheste so ccose 'e pazze! E chi sarrà?

Mme movo chianu chiano... indifferente,
piglio e mm'assetto 'ncopp' 'o carro armato...
quanno 'a sotto mme sento 'e di: "Accidente!...
E chisto mo chi è?... Che vularrà?".

Chi ha ditto sti pparole? Chi ha parlato?
I' faccio sta domanda e zompo all'erta...
"So io ch'aggio parlato: 'o carro armato...
Proprio addu me v'aviveve assettà?

A Napule nun se pò sta cuieto.
Aiere un brutto cane mascalzone
se ferma, addora... aiza 'a coscia 'e reto,
e po' mme fa pipi 'nfaccia 'o sciassi".

"Vi prego di accettare le mie scuse,
v' 'e ffaccio a nome anche del mio paese;
Ma voi siete tedesco o Made in Usa?
E come vi trovate in Italy?".

"Sono tedesco, venni da Berlino
per far la guerra contro l'Inghilterra;
ma poi - chiamalo caso oppur destino -
'e mmazzate ll'avette proprio ccà!".

"Ah, si... mo mme ricordo... le mazzate
ch'avisteve da noi napoletani...
E quanto furon... quattro le giornate,
si nun mme sbaglio: o qualche cosa 'e cchiù?".

"Furon quattro.Mazzate 'a tutte pizze:
prete, benzina, sputazzate 'nfacccia...
Aviveve vedè chilli scugnizze
che cosa se facettero afferrà!".

"Caro Signore, 'o nuosto è nu paisiello
ca tene - è overo - tanta tulleranza;
ma nun nce aimma scurdà ca Masaniello
apparteneva a chesta gente ccà.

E mo mm'ite 'a scusà ll'impertinenza,
primma aggio 'ntiso 'e dì: "Cara Giulietta".
Facitemmella chesta confidenza:
si nun mme sbaglio era st' "Alfetta" ccà?".

"Appunto, si,è qui da noi da un mese...
'A puverella è stata disgraziata,
è capitata 'nmano a un brutto arnese,
... Chisto nun ha saputo maie guidà.

Io mm' 'a pigliasse cu 'e rappresentante,
cu chilli llà che cacciano 'e ppatente;
chiunque 'e nuie, oggi, senza cuntante,
se piglia 'a macchinetta e se ne va".

"Di macchine in Italia c'è abbondanza...-
rispose sottovoce 'a puverella -
si no che ffa... po' nce grattammo 'a panza:
chillo ca vene ll'avimmo acchiappà".

"Giulietta, raccontate qui al signore
i vostri guai" - dicette 'o carro armato.
L' "Alfetta" rispunnette a malincuore:
"Se ci tenete, li racconterò.

Come sapete, sono milanese,
son figlia d'Alfa e di papà Romeo,
per fare me papà non badò a spese;
mi volle fare bella "come il fò".

Infatti, mi adagiarono in vetrina,
tutta agghindata... splendida... lucente!
Ero un' "Alfetta" ancora signorina:
facevo tanta gola in verità!

Un giorno si presenta un giovanotto
cu tanto nu paccotto 'e cambiale,
io, puverella!, avette fà 'o fagotto,
penzanno:Chi sa comme va a fernì!

Si rivelò cretino, senza gusto:
apparteneva 'a "gioventù bruciata".
Diceva a tutti quanti: "Io sono un fusto;
'e ffemmene cu mmico hanna cadè!".

Senza rispetto, senza nu cuntegno...
cambiava tutt' 'e giorne... signorina:
ci conduceva al solito convegno...
... alla periferia della città.

Chello ca cumbinava 'o giuvinotto?
Chi maie ve lo potrebbe raccontare:
io nn'aggio mantenute cannelotte
'e tutte specie, 'e tutte 'e qqualità:

la signorina di buona famiglia,
a vedova, 'a zetella, 'a mmaretata...
E quanno succedette 'o parapiglia,
stavamo proprio cu una 'e chesti ccà.

In una curva, questo gran cretino,
volle fare un sorpasso proibito,
di fronte a noi veniva un camioncino,
un cozzo, svenni, e mo mme trovo ccà".

"A nu fetente 'e chisto ce vulesse
nu paliatone, na scassata d'osse'...
Ma comme - dico i' po' - sò sempe 'e stesse
ca t'hanna cumbinà sti guaie ccà?".

"E che penzate 'e fà donna Giulietta?".
"E ch'aggia fà? - rispose 'a puverella-
So che domani viene una carretta,
mme pigliano e mme portano a squaglià".

"Giulietta... via, fatevi coraggio -
(dicette 'o carro armato). lo ero un "Tigre",
il popolo tremava al mio passaggio!...
Mannaggia 'a guerra e chi 'a vulette fà!

lo so cosa faranno del mio squaglio:
cupierche 'e cassarole, rubinette,
incudini, martelli, o qualche maglio,
e na duzzina 'e fierre pe stirà"

"lo vi capisco... sono dispiaciuto...
ma p' 'e metalli 'a morte nun esiste;
invece 'e n'ommo, quanno se n'è ghiuto,
Teneva diciott'anne Sarchiapone,
era stato cavallo ammartenato,
ma... ogne bella scarpa nu scarpone
addeventa c' 'o tiempo e cu ll'età.
Giuvinotto pareva n'inglesino,
uno 'e chilli cavalle arritrattate
ca portano a cavallo p' 'o ciardino
na signorina della nobiltà.

Pronto p'asc'i sbatteva 'e ccianfe 'nterra,
frieva, asceva 'o fummo 'a dint' 'o naso,
faville 'a sotto 'e piere, 'o ffuoco! 'A guerra!
S'arrevutava tutt' 'a Sanità.

Ma... ogni bella scarpa nu scarpone
c' 'o tiempo addeventammo tutte quante;
venette pure 'o turno 'e Sarchiapone.
Chesta è la vita! Nun ce sta che ffà.

Trista vicchiaja. Che brutto destino!
Tutt' 'a jurnata sotto a na carretta
a carrià lignammo, prete, vino.
"Cammina, Sarchiapò! Cammina, aah!".

'O carrettiere, 'nfamo e disgraziato,
cu 'a peroccola 'nmano, e 'a part' 'o gruosso,
cu tutt' 'e fforze 'e ddà sotto 'o custato
'nfaccia 'a sagliuta p' 'o fà cammenà.

A stalla ll'aspettava Ludovico,
nu ciucciariello viecchio comm' a isso:
pe Sarchiapone chisto era n'amico,
cumpagne sotto 'a stessa 'nfamità.

Vicino tutt' 'e ddute: ciuccio e cavallo
se facevano 'o lagno d' 'a jurnata.
Diceva 'o ciuccio: "I' nce aggio fatto 'o callo,
mio caro Sarchiapone. Che bbuò fà?

lo te capisco, tu te si abbeluto.
Sò tutte na maniata 'e carrettiere,
e, specialmente, 'o nuosto,è 'o cchiù cornuto
ca maie nce puteva capità.

Sienteme bbuono e vide che te dico:
la bestia umana è un animale ingrato.
Mm' he a credere... parola 'e Ludovico,
ca mm' è venuto 'o schifo d' 'o ccampà.

Nuie simmo meglio 'e lloro, t' 'o ddico io:
tenimmo core 'mpietto e sentimento.
Chello ca fanno lloro? Ah, no, pe ddio!
Nisciuno 'e nuie s' 'o ssonna maie d' 'o ffà.

E quanta vote 'e dicere aggio 'ntiso:
"'A tale ha parturito int' 'a nuttata
na criatura viva e po' ll'ha accisa.
Chesto na mamma ciuccia nun 'o ffà!".

"Tu che mme dice Ludovico bello?!
Overo 'o munno è accussi malamente?".
"E che nne vuo sapè, caro fratello,
nun t'aggio ditto tutta 'a verità.

Tu si cavallo, nobile animale,
e cierti ccose nun 'e concepisce.
I' so plebbeo e saccio tutt' 'o mmale
ca te cumbina chesta umanità".

A sti parole 'o ricco Sarchiapone
dicette: "Ludovì, io nun ce credo!
I' mo nce vò, tenevo nu padrone
ch'era na dama, n'angelo 'e buntà.

Mm'accarezzava comm'a nu guaglione,
mme deva 'a preta 'e zucchero a quadrette;
spisse se cunzigliava c' 'o garzone
(s'io stevo poco bbuono) ch' eva fà".

"Embè! - dicette 'o ciuccio - Mme faie pena.
Ma comme, tu nun l'he capito ancora?
Si, ll'ommo fa vedè ca te vò bbene
è pe nu scopo... na fatalità.

Chi pe na mano, chi pe n'ata mano,
ognuno tira ll'acqua al suo mulino.
So chiste tutte 'e sentimente umane:
'a mmiria, ll'egoismo, 'a falsità.

'A prova è chesta, caro Sarchiapone:
appena si trasuto int' 'a vicchiaia,
pe poche sorde, comme a nu scarpone,
t'hanno vennuto e si caduto ccà.

Pe sotto a chillu stesso carruzzino
'o patruncino tuio n'atu cavallo
se ll' è accattato proprio stammatina
pe ghi currenno 'e pprete d' 'a città".

'O nobbile animale nun durmette
tutt' 'a nuttata, triste e ll'uocchie 'nfuse,
e quanno avette ascì sott' 'a carretta
lle mancavano 'e fforze pe tirà.

"Gesù, che delusione ch'aggio avuto!"-
penzava Sarchiapone cu amarezza.
"Sai che ti dico? Ll'aggia fa fernuta,
mmiezo a sta gente che nce campo a ffà?"

E camminanno a ttaglio e nu burrone,
nchiurette ll'uocchie e se menaie abbascio.
Vulette 'nzerrà 'o libbro Sarchiapone,
e se ne jette a 'o munno 'a verità.
Questa felicità promessa o data
m'è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove il molteplice nell'unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.
Teneva diciott'anne Sarchiapone,
era stato cavallo ammartenato,
ma... ogne bella scarpa nu scarpone
addeventa c' 'o tiempo e cu ll'età.
Giuvinotto pareva n'inglesino,
uno 'e chilli cavalle arritrattate
ca portano a cavallo p' 'o ciardino
na signorina della nobiltà.

Pronto p'asc'i sbatteva 'e ccianfe 'nterra,
frieva, asceva 'o fummo 'a dint' 'o naso,
faville 'a sotto 'e piere, 'o ffuoco! 'A guerra!
S'arrevutava tutt' 'a Sanità.

Ma... ogni bella scarpa nu scarpone
c' 'o tiempo addeventammo tutte quante;
venette pure 'o turno 'e Sarchiapone.
Chesta è la vita! Nun ce sta che ffà.

Trista vicchiaja. Che brutto destino!
Tutt' 'a jurnata sotto a na carretta
a carrià lignammo, prete, vino.
"Cammina, Sarchiapò! Cammina, aah!".

'O carrettiere, 'nfamo e disgraziato,
cu 'a peroccola 'nmano, e 'a part' 'o gruosso,
cu tutt' 'e fforze 'e ddà sotto 'o custato
'nfaccia 'a sagliuta p' 'o fà cammenà.

A stalla ll'aspettava Ludovico,
nu ciucciariello viecchio comm' a isso:
pe Sarchiapone chisto era n'amico,
cumpagne sotto 'a stessa 'nfamità.

Vicino tutt' 'e ddute: ciuccio e cavallo
se facevano 'o lagno d' 'a jurnata.
Diceva 'o ciuccio: "I' nce aggio fatto 'o callo,
mio caro Sarchiapone. Che bbuò fà?

lo te capisco, tu te si abbeluto.
Sò tutte na maniata 'e carrettiere,
e, specialmente, 'o nuosto,è 'o cchiù cornuto
ca maie nce puteva capità.

Sienteme bbuono e vide che te dico:
la bestia umana è un animale ingrato.
Mm' he a credere... parola 'e Ludovico,
ca mm' è venuto 'o schifo d' 'o ccampà.

Nuie simmo meglio 'e lloro, t' 'o ddico io:
tenimmo core 'mpietto e sentimento.
Chello ca fanno lloro? Ah, no, pe ddio!
Nisciuno 'e nuie s' 'o ssonna maie d' 'o ffà.

E quanta vote 'e dicere aggio 'ntiso:
"'A tale ha parturito int' 'a nuttata
na criatura viva e po' ll'ha accisa.
Chesto na mamma ciuccia nun 'o ffà!".

"Tu che mme dice Ludovico bello?!
Overo 'o munno è accussi malamente?".
"E che nne vuo sapè, caro fratello,
nun t'aggio ditto tutta 'a verità.

Tu si cavallo, nobile animale,
e cierti ccose nun 'e concepisce.
I' so plebbeo e saccio tutt' 'o mmale
ca te cumbina chesta umanità".

A sti parole 'o ricco Sarchiapone
dicette: "Ludovì, io nun ce credo!
I' mo nce vò, tenevo nu padrone
ch'era na dama, n'angelo 'e buntà.

Mm'accarezzava comm'a nu guaglione,
mme deva 'a preta 'e zucchero a quadrette;
spisse se cunzigliava c' 'o garzone
(s'io stevo poco bbuono) ch' eva fà".

"Embè! - dicette 'o ciuccio - Mme faie pena.
Ma comme, tu nun l'he capito ancora?
Si, ll'ommo fa vedè ca te vò bbene
è pe nu scopo... na fatalità.

Chi pe na mano, chi pe n'ata mano,
ognuno tira ll'acqua al suo mulino.
So chiste tutte 'e sentimente umane:
'a mmiria, ll'egoismo, 'a falsità.

'A prova è chesta, caro Sarchiapone:
appena si trasuto int' 'a vicchiaia,
pe poche sorde, comme a nu scarpone,
t'hanno vennuto e si caduto ccà.

Pe sotto a chillu stesso carruzzino
'o patruncino tuio n'atu cavallo
se ll' è accattato proprio stammatina
pe ghi currenno 'e pprete d' 'a città".

'O nobbile animale nun durmette
tutt' 'a nuttata, triste e ll'uocchie 'nfuse,
e quanno avette ascì sott' 'a carretta
lle mancavano 'e fforze pe tirà.

"Gesù, che delusione ch'aggio avuto!"-
penzava Sarchiapone cu amarezza.
"Sai che ti dico? Ll'aggia fa fernuta,
mmiezo a sta gente che nce campo a ffà?"

E camminanno a ttaglio e nu burrone,
nchiurette ll'uocchie e se menaie abbascio.
Vulette 'nzerrà 'o libbro Sarchiapone,
e se ne jette a 'o munno 'a verità.
"Cammina, su, non fare resistenza!"
diceva 'o brigadiere, e 'a strascenava.
"Sta storia adda fernì,è un'indecenza!".
"Chi sa c'ha fatto"- 'a ggente se spiava.
"C'ha fatto?" - rispunnette nu signore.
È na povera ddia... è na mundana".
"E 'a porteno accussì?Gesù, che core!"
murmuliaie Nannina " 'a parulana ".
"Lassateme... nun aggio fatto niente!".
"E lass' 'a jì - dicette nu cucchiere -
ma vuie 'e vvedite quanto sò fetiente?".
"Nce vò nu core a ffà chillu mestiere".
"Sta purtanno 'o brigante Musolino-
se mettette alluccà Peppe " 'o Fravaglia" -
Si 'o ssape ll'onorevole Merlini
'o fa 'a proposta p' 'o fà avè 'a medaglia".
Quase ogne ghiuorno, 'a povera figliola
approfittava ca na caruzzella
a Nnapule scenneva d'Afragola
pe nu passaggio fino 'a Ruanella.
'O nomme?Nun 'o saccio.
Saccio sulo ca 'e ccumpagne
'a chiammaveno " 'A pezzente".
Pe sparagnà, 'a sera, dduie fasule,
e, spisse vote, nun magnava niente!
Cu chelle ppoche lire ch'abbuscava
aveva mantenè tutta 'a famiglia;
e quanno 'e vvote po'... nun aizava,
steva diuno 'o pate, 'a mamma e 'o figlio.
'O pate, viecchio, ciunco... into a nu lietto
senza lenzole, cu na cupertella.
E 'a mamma ca campava pe dispietto
d' 'a morte e d' 'a miseria.
Puverella! A piede o lietto, dinto a nu spurtone,
na criatura janca e malaticcia,
pe pazziella 'nmano nu scarpone
e na tozzola 'e pane sereticcio.
Nun appena fuie 'ncoppa 'a Sezione,
se mettette alluccà comme a na pazza.
'E strille se sentivano a 'o puntone.
"Ch' è stato, neh? Ched' è chisto schiamazzo?
Avanti, fate entrà sta... Capinera"-
dicette 'o Cummissario a nu piantone.
E 'o milite, cu grazia e cu maniera,
'a votta dinto cu nu sbuttulone.
"Ah! Sì tu? - dicette 'o funzionario-
Si nun mme sbaglio, tu si recidiva?
Si cunusciuta cca a Muntecalvario.
Addò t'hanno acchiappata, neh, addò stive?".
"All'angolo d' 'o vico 'a Speranzella.
Steve parlanno cu nu marenaro,
quanno veco 'e passà na carruzzella
Cu dinto don Ciccillo 'o farenaro.
Don Ciccio fa nu segno: "Fuitenne!
Curre ca sta passando 'o pattuglione".
I' dico a 'o marenaro: "Iatevenne.
Stu brigadiere 'o saccio... è nu 'nfamone"
."A legge è legge - dice 'o cavaliere
Nun aggio che te fà, ragazza mia.
I' te cunziglio: lassa stu mestiere,
e lievete pe sempe 'a miezo 'a via".
"E che mme metto a ffà, signore bello,
'a sarta, 'a lavannara, 'a panettera?
Spisso mm' 'o sento chistu riturnello"
."E truovete nu posto 'e cammarera!".
"Signò, dicite overo opuro apposta?
Vulite pazzià? E nun è umano.
V' 'a mettisseve dinto 'a casa vosta
chi... pe disgrazia ha avuta fà 'a puttana?!".
Mateuš Conrad Nov 2017
i bow before the humbled one, for i abide by no credo of a torture instrument; better bestow my hopes on the hopeless one, than entertain the audacity of those who bypass him, un-humbled, not guardian of the attire of a hunchback's garb in body, or shadow... i pledged my allegiance to the one seeking solace in ensuring the lie was but a joke, the one who nourishes my tongue to flourish, bloom and be a gift of flowers, upon a barren sea of striking grass... may i consider myself to be his second apostle in this verse of tongue, and may i receive the same proof of guidance, by being blinded, akin to my predecessor; unless i be blinded twice-over, by having reached a stage of writing: the most ugly choice of words, worthy of nothing more than, a place in a newspaper.

i believe in facts, oh yeah,
facts are important -
but not when they're
paced to an encyclopedic
barrage's worth of
regurgitation...
             this whole **** about
writing history
without actually making any?
that kills the greyest of
the grey matter in a person's
brain.
    i truly think that
we've become vultures of
the past,
           we're sucker-punching
the dead into waking up
once more...
            fist-******* the dead
into staying awake,
when they're clearly dead-asleep,
championing the warrior
in a society of incubated
violence surrounded by
         pacifism and dead-weight
**** -
          strange,
female genitals were always
considered a currency,
while the male genitals always
the warring mechanisation
where the other organs
managed to congregate -
           what's worth celebrating
the "warrior" these days?
probably about as much worth
celebrating filling a shoe
  with 200 peanuts...
               sure, bulging,
sure this that and the other -
they should at least allow these
gym freaks to produce electricity
by allowing them to work
that hamster wheel of the tread...
they could generate about a day's
worth of light-bulb energy in
an hour session at the bulging
protein parlour.
                 point is,
i feel that i have no place in history,
just a tomorrow and
a yesterday...
   i hardly think there's a today when
i think of today in the cofines
of a tomorrow or a, yesterday...
just another hour,
  with another "hour" added to a day,
a month, a year...
                  and it can only
be said is that the most honesty
you find in people,
is in their dishonesty...
but i am under the impression,
in Milton's terms:
that lying ought to begin with a joke,
be attired in mischievousness -
to tell a lie is to also tell a joke...
  *dico mendacia etiam est dico iocus
,
how the satanic "lie" of eden is
now misrepresented, and taken toward
the heights of overt-seriousness...
for all our quests in understanding
of the originality of a sin that's
without any originality to abide by:
a mere plagiarism of the gods...
                  the court jester is riddled
in what was no lie, but a mere joke;
when an angel lies, he jokes...
it is unlike the same utilisation of
lying that a man makes use of -
there is no humour in a man lying,
only the hidden hand, the strings,
and a puppet.
                       man is no liar for
the chance of a good joke,
man lies for the desire to manipulate...
which is why i deem, akin to Milton,
satan, the father of my narrative,
as well as the much respected heckler
in a crowd of: mutes.
Tace ora, mi chiedo se oppressa dal suo Karma,
(so della sua vita, del nome che le dà, e del senso)
mentre mostra a lungo lo schermo
sul selciato una moltitudine
stecchita in una posa tra sonno e morte
levarsi a stento in preghiera e spulciarsi nell'alba.
Né forse la colpisce il primo aspetto
ma un altro più recondito, e vede
una giustizia di diverso stampo
in quella sofferenza di paria
orrida eppure non abietta, e nella sua che le scende addosso.

"Avere o non avere la sua parte in questa vita"
riemerge in parole il suo pensiero - ma solo un lembo.
E io ne tiro a me quella frangia
ansioso mi confidi tutto l'altro,
attento non mi rubi niente
di lei, neppure l'amarezza, ed attendo.
S'interrompe invece. Seguono altre immagini dell'India
e nel loro riverbero le colgo
un sorriso estremo tra di vittima e di bimba
quasi mi lasci quella grazia in pegno
di lei mentre si eclissa nella sua pena
e l'idea di se stessa le muore dentro.

"Perché porti quel giogo, perché non insorgi"
mi trattengo appena dal gridarle,
soffrendo perché soffre, certo,
ma più ancora perché lascia la presa
della mia tenerezza non saziata e piglia il largo piangendo;
"Ascoltami" comincio a mormorarle
e già penso al chiarore della sala dopo il technicolor
e a lei che sul punto di partire
mi guarda da dietro la lampada
della sua solitudine tenuta alzata di fronte.

"Mario" mi previene lei che indovina il resto. "Ancora
levi come una spada, buona a che?,
lo sdegno per le cose che ti resistono.
Uomo chiuso all'intelligenza del diverso,
negato all'amore: del mondo, intendo, di Dio dunque"
e indulge a una smorfia fine di scherno
per se stessa salita sul pulpito, e quasi si annulla.

"Davvero vorrei tu avessi vinto"
le dico con affetto incontenibile, più tardi,
mentre scorre in un brusio d'api, nel film senza commento, l'India.
Stanotte 'a dint' 'o lietto cu 'nu strillo
aggio miso arrevuoto tutt' 'a casa,
mme sò mmiso a zumpà comme a n'arillo...
E nun mme faccio ancora persuaso.

Ma comme, dico io po', cù tanta suonne
ì mme sò ghiuto a ffa, 'o cchiù malamente;
sti suonne songo suonne ca te pònno
fà rummanè stecchito comme a niente.

Ì steve allerta 'ncoppa a 'na muntagna
Tutt'a 'nu tratto sento 'nu lamiento,
'O pizzo addò stev'ì era sulagno...
Dicette ncapo a me: E chisto è 'o viento!

Piglio e mme mengo pè 'nu canalone
e veco sott'a n'albero piangente
'nu fuosso chino 'e prete a cuppulone...
e sotto a tutto steva 'nu serpente.

"Aiuto! Aiuto!" 'O povero anìmale
se mettette alluccà cu tutt' 'o sciato!
Appena mme vedette: "Menu male!...
Salvatemi! Ì mo moro asfessiato!"

"E chi t'ha cumbinato 'e sta manera?"
ll'addimannaje mentr' 'o libberavo.
"E stato 'nu signore aieressera"
mme rispunnette, e ggià se repigliava.

"Si nun era pè vvuje ì ccà murevo.
Faciteve abbraccià, mio salvatore!"
Mme s'arravoglia attuorno e s'astrigneva
ca n'atu ppoco mme schiattava 'o core.

"Lassame!" lle dicette " 'O vvì ca ì moro? "
E chianu chiano mme mancava 'a forza,
'o core mme sbatteva... ll'uocchie 'a fore,
mentre 'o serpente cchìù strigneva 'a morza!

"Chisto è 'o ringraziamento ca mme faje?
Chesta è 'a ricunuscenza ca tu puorte?
A chi t'ha fatto bbene chesto faje?
Ca sì cuntento quanno 'o vide muorto!"

"Amico mio, serpente ì songo nato!...
... Chi nasce serpe è 'nfamo e senza core!...
... Perciò t'aqgia mangià! Ma t'hê scurdato
... ca Il'ommo, spisso, fa cchiù peggio ancora?!".
Tu s a cchiù bella 'e tutt' 'e principesse,
'e tutt' 'e principesse si 'a riggina.
Pe tutt' 'a vita addenucchiato io stesse
a cuntemplà sta grazia accussì fina.
Tu femmena nun sì, tu sì na fata
impastata 'e latte, porcellana e rrose,
sta pella è d'alabbastro avvellutata...
(Perdoname si dico chesti ccose).

'Ncopp' a sta vocca fatta cu 'e ccerase,
e 'ncopp' a chesta ***** 'e seta nera
ca tiene pe capille, quanta vase
io nce vulesse dà... matina e sera.

Chist'uocchie tuoie chin' 'e malincunia
ca tiene 'nfronte songo comm' a ll'esca,
songh'uocchie ca me fanno asci 'mpazzia.

St'anema mia s'addorme 'a notte e sonna
sunnanno 'e te, nun te chiamma Francesca;
ma saie comme te chiamma a tte? Madonna!
Gods1son May 2019
A dictionary holds words
(in a particular language)
A dico is limited by number of pages

The mind bears all the different
combinations of words
Because the human mind is unlimited.
To all writers, Kudos!
Bello.
Non ** idea del perché.
Ma è bello questo paesaggio.

Grazie, cittadella in riposo.
Grazie, cielo puro e ammaliante.
Grazie, finestra cara,
che mi hai dato la possibilità
di vedere questo invisibile spettacolo.

Case semplici, piante non molto alte, alcune secche,
come in una terra all’industria
del necessario e il minimo per il buono.

Luce di lampioni
che illumina disordinata le strade,
come se il panico diurno fosse
congelato nel tempo dalla luce.
Eppure, anche nella pace,
l’uomo lo trascina con sé.

Tralicci che tagliano un cielo
senza nuvole e senza stelle,
non degno di essere amato dagli urbani,
che cercano solo il bello canonico,
antico, sterile.

Ma fortemente illuminato dalle città, il cielo,
che lo uccidono per convenienza.
E noi, sordi,
nemmeno ne udiamo il grido.

E poi, laggiù in fondo,
oltre l’autostrada,
altri grandi lampioni.
Pagane colonne d’Ercole,
Ignorate per voler del nostro
antropocentrismo,
lasciate a sbiadire
sul fondale.

Tutto nel silenzio di un istante
che non si apprezza più,
perché è memoria lontana
il tempo da perdere.


Non è nulla di che, a pensarci.
Eppure mi affascina.
La prima volta che, forse,
e dico solo forse,
trovo la magia nell’ordinario.

Forse ora capisco i grandi scrittori.
Forse la capirò meglio anch’io,
se davvero c’è magia.

Comunque,
so solo che questa visione è ferma,
vuota, angosciante per certi versi,
disperata,
morta.

Mi fa paura.

Ma, nonostante ciò,
mi fa stare bene.
E ne sono grato.

Grazie, cittaccia assassina.
Grazie, falso cielo ormai defunto.
Grazie, finestra svelatrice,
che mi hai permesso di vedere
questo melodrammatico spettacolo.

///

Beautiful.
I have no idea why.
But this landscape is beautiful.

Thank you, citadel in repose.
Thank you, pure and enchanting sky.
Thank you, dear window,
that you gave me the chance
to see this invisible spectacle.

Simple houses, plants not very tall, some dry,
as in a land of industry
of the necessary and the minimum for the good.

Light of street lamps
that illuminates the streets in a disorderly way,
as if the daytime panic was
frozen in time by the light.
And yet, even in peace,
man drags it with him.

Pylons that cut a sky
without clouds and without stars,
not worthy of being loved by urbanites,
who seek only the canonical beauty,
ancient, sterile.

But strongly illuminated by cities, the sky,
that **** it for convenience.
And we, deaf,
do not even hear its cry.

And then, down there,
beyond the highway,
other large streetlights.
Pagan Pillars of Hercules,
Ignored by the will of our
anthropocentrism,
left to fade
on the seabed.

All in the silence of a moment
that is no longer appreciated,
because it is a distant memory
the time to waste.

It is nothing special, if you think about it.
And yet it fascinates me.
The first time that, perhaps,
and I say only perhaps,
I find magic in the ordinary.

Perhaps now I understand the great writers.
Perhaps I will understand it better too,
if there really is magic.

In any case,
I only know that this vision is still,
empty, distressing in some ways,
desperate,
dead.

It scares me.

But, despite this,
it makes me feel good.
And I am grateful for it.

Thank you, murderous city.
Thank you, false sky now defunct.
Thank you, revealing window,
that allowed me to see
this melodramatic spectacle.
When the view talks
Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d'anno in anno da te attesi, o vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
ad ogni giorno che tramonta io dico:
"Sarà domani". Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la vita.
Andie May 2018
i tuoi occhi marroni svolazzano
e dico piove le rose
le nostre labbre sfiorano insieme
e i nostri cuori battono contemporaneamente
le rose hanno le spine, mai io te **
le rose bruciano, siamo in fiamme
ti amo da morire, fino ad allora, sei mio
il titulo dice tutto
Aiere ha fatto n'anno - 'o diece 'e maggio,
na matenata calda e chiena 'e sole -,
penzaie 'ncapo a me: "Cu che curaggio
io stamattina vaco a faticà!".
Facenno 'o paro e sparo mme susette:
"Mo mme ne vaco 'a parte 'e copp' 'o Campo".
Int'a ddiece minute mme vestette
cu 'e mucassine e cu 'o vestito blu.

Nun facette sparà manco 'o cannone
ca già stevo assettato int' 'a cantina,
annanze a nu piatto 'e maccarune:
nu zito ch'affucava int 'o ragù.

C' 'a panza chiena, a passo... chianu chiano
mme ne trasette dint'a na campagna,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
ca m' 'o zucavo comme 'o biberò.

Tutto a nu tratto veco nu spiazzale
chino 'e ferraglie vecchie e arrugginite.
E ched' è, neh?... nu campo 'e residuate:
"il cimitero della civiltà".

Nu carro armato cu 'a lamiera rotta...
trattore viecchie... macchine scassate...
n' "Alfetta" senza 'e qquatte rote 'a sotto...
pareva 'o campusanto d' 'a Pietà!

Guardanno a uno a uno sti ruttame,
pare ca ognuno 'e lloro mme diceva:
"Guardate ccà cosa addiventiamo
quanno 'a vicchiaia subbentra a giuventù".

Mmiezo a sta pace, a stu silenzio 'e morte,
tutto a nu tratto sento nu bisbiglio...
appizzo 'e rrecchie e sento 'e di cchiù forte:
"Mia cara Giulietta, come va?".

Chi è ca sta parlanno cu Giulietta?
Nmiezo a stu campo nun ce sta nisciuno...
Tu vuo vedè che l'hanno cu ll' "Alfetta"?
Cheste so ccose 'e pazze! E chi sarrà?

Mme movo chianu chiano... indifferente,
piglio e mm'assetto 'ncopp' 'o carro armato...
quanno 'a sotto mme sento 'e di: "Accidente!...
E chisto mo chi è?... Che vularrà?".

Chi ha ditto sti pparole? Chi ha parlato?
I' faccio sta domanda e zompo all'erta...
"So io ch'aggio parlato: 'o carro armato...
Proprio addu me v'aviveve assettà?

A Napule nun se pò sta cuieto.
Aiere un brutto cane mascalzone
se ferma, addora... aiza 'a coscia 'e reto,
e po' mme fa pipi 'nfaccia 'o sciassi".

"Vi prego di accettare le mie scuse,
v' 'e ffaccio a nome anche del mio paese;
Ma voi siete tedesco o Made in Usa?
E come vi trovate in Italy?".

"Sono tedesco, venni da Berlino
per far la guerra contro l'Inghilterra;
ma poi - chiamalo caso oppur destino -
'e mmazzate ll'avette proprio ccà!".

"Ah, si... mo mme ricordo... le mazzate
ch'avisteve da noi napoletani...
E quanto furon... quattro le giornate,
si nun mme sbaglio: o qualche cosa 'e cchiù?".

"Furon quattro.Mazzate 'a tutte pizze:
prete, benzina, sputazzate 'nfacccia...
Aviveve vedè chilli scugnizze
che cosa se facettero afferrà!".

"Caro Signore, 'o nuosto è nu paisiello
ca tene - è overo - tanta tulleranza;
ma nun nce aimma scurdà ca Masaniello
apparteneva a chesta gente ccà.

E mo mm'ite 'a scusà ll'impertinenza,
primma aggio 'ntiso 'e dì: "Cara Giulietta".
Facitemmella chesta confidenza:
si nun mme sbaglio era st' "Alfetta" ccà?".

"Appunto, si,è qui da noi da un mese...
'A puverella è stata disgraziata,
è capitata 'nmano a un brutto arnese,
... Chisto nun ha saputo maie guidà.

Io mm' 'a pigliasse cu 'e rappresentante,
cu chilli llà che cacciano 'e ppatente;
chiunque 'e nuie, oggi, senza cuntante,
se piglia 'a macchinetta e se ne va".

"Di macchine in Italia c'è abbondanza...-
rispose sottovoce 'a puverella -
si no che ffa... po' nce grattammo 'a panza:
chillo ca vene ll'avimmo acchiappà".

"Giulietta, raccontate qui al signore
i vostri guai" - dicette 'o carro armato.
L' "Alfetta" rispunnette a malincuore:
"Se ci tenete, li racconterò.

Come sapete, sono milanese,
son figlia d'Alfa e di papà Romeo,
per fare me papà non badò a spese;
mi volle fare bella "come il fò".

Infatti, mi adagiarono in vetrina,
tutta agghindata... splendida... lucente!
Ero un' "Alfetta" ancora signorina:
facevo tanta gola in verità!

Un giorno si presenta un giovanotto
cu tanto nu paccotto 'e cambiale,
io, puverella!, avette fà 'o fagotto,
penzanno:Chi sa comme va a fernì!

Si rivelò cretino, senza gusto:
apparteneva 'a "gioventù bruciata".
Diceva a tutti quanti: "Io sono un fusto;
'e ffemmene cu mmico hanna cadè!".

Senza rispetto, senza nu cuntegno...
cambiava tutt' 'e giorne... signorina:
ci conduceva al solito convegno...
... alla periferia della città.

Chello ca cumbinava 'o giuvinotto?
Chi maie ve lo potrebbe raccontare:
io nn'aggio mantenute cannelotte
'e tutte specie, 'e tutte 'e qqualità:

la signorina di buona famiglia,
a vedova, 'a zetella, 'a mmaretata...
E quanno succedette 'o parapiglia,
stavamo proprio cu una 'e chesti ccà.

In una curva, questo gran cretino,
volle fare un sorpasso proibito,
di fronte a noi veniva un camioncino,
un cozzo, svenni, e mo mme trovo ccà".

"A nu fetente 'e chisto ce vulesse
nu paliatone, na scassata d'osse'...
Ma comme - dico i' po' - sò sempe 'e stesse
ca t'hanna cumbinà sti guaie ccà?".

"E che penzate 'e fà donna Giulietta?".
"E ch'aggia fà? - rispose 'a puverella-
So che domani viene una carretta,
mme pigliano e mme portano a squaglià".

"Giulietta... via, fatevi coraggio -
(dicette 'o carro armato). lo ero un "Tigre",
il popolo tremava al mio passaggio!...
Mannaggia 'a guerra e chi 'a vulette fà!

lo so cosa faranno del mio squaglio:
cupierche 'e cassarole, rubinette,
incudini, martelli, o qualche maglio,
e na duzzina 'e fierre pe stirà"

"lo vi capisco... sono dispiaciuto...
ma p' 'e metalli 'a morte nun esiste;
invece 'e n'ommo, quanno se n'è ghiuto,
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
Perché reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura
Perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
È lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perché delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno cò suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? Che vuol dir questa
Solitudine immensa? Ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu sè queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ** fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale.
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
Perché reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura
Perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
È lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perché delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno cò suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? Che vuol dir questa
Solitudine immensa? Ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu sè queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ** fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale.
Il dono eccelso che di giorno in giorno
e d'anno in anno da te attesi, o vita
(e per esso, lo sai, mi fu dolcezza
anche il pianto), non venne: ancor non venne.
Ad ogni alba che spunta io dico: "È oggi":
ad ogni giorno che tramonta io dico:
"Sarà domani". Scorre intanto il fiume
del mio sangue vermiglio alla sua foce:
e forse il dono che puoi darmi, il solo
che valga, o vita, è questo sangue: questo
fluir segreto nelle vene, e battere
dei polsi, e luce aver dagli occhi; e amarti
unicamente perché sei la vita.
E over c2 Apr 2020
This is interesting.
I have no direction in writing this.
I guess this is me trying to understand,,,,,myself?
or you?
us.,. maybe.

have i moved on?
my brain has, yes
but my heart is stubborn
like any true italian, stubborn as all hell
add to that being straight white dude and you've got what i call
Emotional Stubborn City, Population:
                          Me

These poems for me have always meant a lot
They always will
And now adays i dont even bother to rhyme
not always
but if i had to try

Id be something like this
an abyss
lies deep within me
a hole
empty;soul
within me
i am happy yes
but when i see him kiss you
i cant help but scream.

Months ago you said it was a petty crush
nothing of.
months ago i lied and it ended up biting me back.
months ago i didn't know how to explain my emotions
and i still
                                  *******
        cant
and months ago it all added up to me weeping on an apartment balcony in Tokyo.
my best friends behind me, confused.
offering me another beer while i stand shirtless in the rain
knowing his arms are wrapped around you.
and mine are dangling two stories up.
I look up and see an old lady hang her clothes.
gather up the strength thinking,
"a shirtless gaijin across from her probably isnt what she wants to see at 11pm"
i dont sleep that night

when i come back to this hermit of a city, things are different.
very different.
now there's talks of exploring with other people
doubts of who we want
doubts of who we are

and months ago

i should of said no.

then and there.

"you either have all of me, or none. your choice. no in between."

is what i should of said if i had conviction in my words.
If i actually ******* knew how i felt but i was so blinded by love i thought hey maybe if i just roll with it ill still have her at the end.

fast forward and there i stood next to a boulder
in the cold
waiting
and i waited
hours
because you wanted you fun with a pretty boy who could talk the talk
i thought i didnt mind. i thought i could deal with it. but i couldn't.
and that rage i showed then when you kissed him dancing is a rage that stays with me to now
where a new boy holds your hips and calls you baby
all because months ago i ****** up
and didnt speak up.
didnt understand how i felt so i didnt say a word.
its not your fault.
its not really mine either.
it just ******* *****.
and i think why do i still care?
why?
after everything.

in the end
i want to burn it
the memories from my mind
the poems left behind
the trees built in my room
fire and smoke and mirrors consume
i am
so
angry.
but i have no way to show it.
im not violent im not loud when im sad im not an angry person at heart
but im angry right now
and i will be for a very long time.
i wish i could yell at you or him or both of you and for it to mean nothing. to get it all out then pretend like it never happened
maybe a far off day in the future when we're all drunk together and no one will remember
maybe then ill be content

maybe im just overthinking

maybe this is just jealousy
plain and simple
and if it is?
then time will heal itself
but time cant run back
and so i learn

let me be clear
contrary to my cries
i am happy
im happy you have him and that you're happier now
im happy that i have her, even if maybe im not ready for all of her yet, but thats okay we're taking it slow
im happy that i feel freer even if the house i live in feels more like a prison sometimes
im happy that we can still chat
im happy that i can still feel after all cause for a period of time there i really doubted i could

but i guess i can be happy and sad at the same time
im schrodingers emotions
a paradox
or simply misunderstood

i was not all of me when i was with you
and i wont be all of me for a long time
not until i move
not until i realise what i truly want
he's older, you can do more, be more,
and right now you need that more than some stuck up dude in his underwear writing a sorry love letter at 2am. im not exciting. i never have been.

to finish
i wish you luck from here
i wish you good health in mind and body, i know you more than anyone needs it
i wish luck to him, for if he treats you any less than a true ****** monarch so god help his ******* soul.
just cause im not yours doesnt mean i dont care.
doesnt mean i wont put you before him and make sure he knows he better not **** around like he has before.

to finish
pitter patter rain comes falling
out my window
my cat purrs beside me
i take another sip of bitter coffee
candle light around me i write now to you in the hope i make a percentage more sense to you now than before
e adesso dico,
non dimenticarmi. perche non posso dimenticarti mai.
sleep well
i might take a while
written in the early am, stream of consciousness with no goal or real poetic flow, just feelings, stuff i cant seem to find in spoken word.
Aiere ha fatto n'anno - 'o diece 'e maggio,
na matenata calda e chiena 'e sole -,
penzaie 'ncapo a me: "Cu che curaggio
io stamattina vaco a faticà!".
Facenno 'o paro e sparo mme susette:
"Mo mme ne vaco 'a parte 'e copp' 'o Campo".
Int'a ddiece minute mme vestette
cu 'e mucassine e cu 'o vestito blu.

Nun facette sparà manco 'o cannone
ca già stevo assettato int' 'a cantina,
annanze a nu piatto 'e maccarune:
nu zito ch'affucava int 'o ragù.

C' 'a panza chiena, a passo... chianu chiano
mme ne trasette dint'a na campagna,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
ca m' 'o zucavo comme 'o biberò.

Tutto a nu tratto veco nu spiazzale
chino 'e ferraglie vecchie e arrugginite.
E ched' è, neh?... nu campo 'e residuate:
"il cimitero della civiltà".

Nu carro armato cu 'a lamiera rotta...
trattore viecchie... macchine scassate...
n' "Alfetta" senza 'e qquatte rote 'a sotto...
pareva 'o campusanto d' 'a Pietà!

Guardanno a uno a uno sti ruttame,
pare ca ognuno 'e lloro mme diceva:
"Guardate ccà cosa addiventiamo
quanno 'a vicchiaia subbentra a giuventù".

Mmiezo a sta pace, a stu silenzio 'e morte,
tutto a nu tratto sento nu bisbiglio...
appizzo 'e rrecchie e sento 'e di cchiù forte:
"Mia cara Giulietta, come va?".

Chi è ca sta parlanno cu Giulietta?
Nmiezo a stu campo nun ce sta nisciuno...
Tu vuo vedè che l'hanno cu ll' "Alfetta"?
Cheste so ccose 'e pazze! E chi sarrà?

Mme movo chianu chiano... indifferente,
piglio e mm'assetto 'ncopp' 'o carro armato...
quanno 'a sotto mme sento 'e di: "Accidente!...
E chisto mo chi è?... Che vularrà?".

Chi ha ditto sti pparole? Chi ha parlato?
I' faccio sta domanda e zompo all'erta...
"So io ch'aggio parlato: 'o carro armato...
Proprio addu me v'aviveve assettà?

A Napule nun se pò sta cuieto.
Aiere un brutto cane mascalzone
se ferma, addora... aiza 'a coscia 'e reto,
e po' mme fa pipi 'nfaccia 'o sciassi".

"Vi prego di accettare le mie scuse,
v' 'e ffaccio a nome anche del mio paese;
Ma voi siete tedesco o Made in Usa?
E come vi trovate in Italy?".

"Sono tedesco, venni da Berlino
per far la guerra contro l'Inghilterra;
ma poi - chiamalo caso oppur destino -
'e mmazzate ll'avette proprio ccà!".

"Ah, si... mo mme ricordo... le mazzate
ch'avisteve da noi napoletani...
E quanto furon... quattro le giornate,
si nun mme sbaglio: o qualche cosa 'e cchiù?".

"Furon quattro.Mazzate 'a tutte pizze:
prete, benzina, sputazzate 'nfacccia...
Aviveve vedè chilli scugnizze
che cosa se facettero afferrà!".

"Caro Signore, 'o nuosto è nu paisiello
ca tene - è overo - tanta tulleranza;
ma nun nce aimma scurdà ca Masaniello
apparteneva a chesta gente ccà.

E mo mm'ite 'a scusà ll'impertinenza,
primma aggio 'ntiso 'e dì: "Cara Giulietta".
Facitemmella chesta confidenza:
si nun mme sbaglio era st' "Alfetta" ccà?".

"Appunto, si,è qui da noi da un mese...
'A puverella è stata disgraziata,
è capitata 'nmano a un brutto arnese,
... Chisto nun ha saputo maie guidà.

Io mm' 'a pigliasse cu 'e rappresentante,
cu chilli llà che cacciano 'e ppatente;
chiunque 'e nuie, oggi, senza cuntante,
se piglia 'a macchinetta e se ne va".

"Di macchine in Italia c'è abbondanza...-
rispose sottovoce 'a puverella -
si no che ffa... po' nce grattammo 'a panza:
chillo ca vene ll'avimmo acchiappà".

"Giulietta, raccontate qui al signore
i vostri guai" - dicette 'o carro armato.
L' "Alfetta" rispunnette a malincuore:
"Se ci tenete, li racconterò.

Come sapete, sono milanese,
son figlia d'Alfa e di papà Romeo,
per fare me papà non badò a spese;
mi volle fare bella "come il fò".

Infatti, mi adagiarono in vetrina,
tutta agghindata... splendida... lucente!
Ero un' "Alfetta" ancora signorina:
facevo tanta gola in verità!

Un giorno si presenta un giovanotto
cu tanto nu paccotto 'e cambiale,
io, puverella!, avette fà 'o fagotto,
penzanno:Chi sa comme va a fernì!

Si rivelò cretino, senza gusto:
apparteneva 'a "gioventù bruciata".
Diceva a tutti quanti: "Io sono un fusto;
'e ffemmene cu mmico hanna cadè!".

Senza rispetto, senza nu cuntegno...
cambiava tutt' 'e giorne... signorina:
ci conduceva al solito convegno...
... alla periferia della città.

Chello ca cumbinava 'o giuvinotto?
Chi maie ve lo potrebbe raccontare:
io nn'aggio mantenute cannelotte
'e tutte specie, 'e tutte 'e qqualità:

la signorina di buona famiglia,
a vedova, 'a zetella, 'a mmaretata...
E quanno succedette 'o parapiglia,
stavamo proprio cu una 'e chesti ccà.

In una curva, questo gran cretino,
volle fare un sorpasso proibito,
di fronte a noi veniva un camioncino,
un cozzo, svenni, e mo mme trovo ccà".

"A nu fetente 'e chisto ce vulesse
nu paliatone, na scassata d'osse'...
Ma comme - dico i' po' - sò sempe 'e stesse
ca t'hanna cumbinà sti guaie ccà?".

"E che penzate 'e fà donna Giulietta?".
"E ch'aggia fà? - rispose 'a puverella-
So che domani viene una carretta,
mme pigliano e mme portano a squaglià".

"Giulietta... via, fatevi coraggio -
(dicette 'o carro armato). lo ero un "Tigre",
il popolo tremava al mio passaggio!...
Mannaggia 'a guerra e chi 'a vulette fà!

lo so cosa faranno del mio squaglio:
cupierche 'e cassarole, rubinette,
incudini, martelli, o qualche maglio,
e na duzzina 'e fierre pe stirà"

"lo vi capisco... sono dispiaciuto...
ma p' 'e metalli 'a morte nun esiste;
invece 'e n'ommo, quanno se n'è ghiuto,
Questa felicità promessa o data
m'è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove il molteplice nell'unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.
Mateuš Conrad Jan 2020
.i'd hate to write out a claustrophobia; there was a second who dreamed of Crimea; and who doesn't abhor infatalism; living with parents ensures a lesson in patience... lets regress! the concept of a nation is an infantile game... history stressed is only worth an immigrant's answer... how sadistic the child craves becoming cult.

it would seem that
modern poets never
left an abode
          of the *****
Virgil, free -
  how medium -
paralysed in and to
a strut -
  merely Dante -
                    recompasse -
loitering
             cry enigma
for the peeling
               onion dome
unravelled:
             lacrima dico miror.
moskiev -
  czyn -  łbędzie modno -
o czym: nagi,
             ***'on ******>dni na pal tsym a,
                    rogi snem!
******-da...
        rojter!
              gra o...
   kat w kata prosze -
na sylab a ni słowo -
krew krajna - ukiem cięta!
sfat gila i gnór
ni słowem ni litem A -
szkla rozbitit 'gnem o
   cior...
                   o szkic i
           garb w tonnym
cie... cieniem!
          ku Kjovi,
lwem na Ów..
                     orszak taki -
że nie taii zgób.

_

   well, that was, the draft,
turns out, i can unearth plenty of drafts
i never published,
given the suspension...
such petty narratives are left
for people who almost always
desire a "freedom" to speak,
rather than a freedom to think...

only yesterday, an argument in the garden,
next to a cherry tree i planted...
people your age travel!
they go to places!
they live!
          a constant reminder:
you need to be honest about
your alcoholism...
   sure... i'll be honest,
they other become honest,
   and i don't have to play into
this solipsistic mea culpa *******
as if: i'm not taking responsibility,
as if i am always to blame,
like... my translation of childhood
naivety is not a curse...
because: if i wouldn't trust people,
and make friends,
well, then,
would i just be your atypical psychopath?!
what were the choices:
either wrong, or not good...
wow!
      a grand assumption:
to be governed by laws that only
favor the rich, but slander
the poor...
            victim-who-whom-hood?
did i name, anyone?
am i rat?
       that's what it boiled down to,
that i behaved like a rat,
i said: more like a fox...
no, more like a rat...
   because i like to walk at night,
when i see women
faking conversation
         over their mobile phones...
to feel, secure?
i stalk the predatory mind-set...
    a woman pretends, or doesn't pretend,
to talk over the phone,
while walking home, alone,
at night, as a deterrent...
        i know how this works...
she'll scream into the phone her location...
i'm not interested,
i passed a woman once,
who just, had to, make it,
adamant, i was not to "****" with her...
ever see a running geisha?
i have...
        i mean: a horse needs a whip,
stirrups, reins,
  a woman like that?
who forces you to react,
to give her a reaction against
the canvas of intimidation?
laugh...
       then you'll see a spriting geisha.

and as i write this?
     in the middle of three candles...
my power-saving bulb went out,
i had to resort to igniting three candles
and sit in the middle of the nocturnal
                    Δ(ηλτα)
        or             Δ(ελτα) of "occult" illumination?
i never know which is which...
sure as **** (c)at
                 is nowhere near to (k)aleidoscope
but, hey, it's greek...
         you have eta (η) and epsilon (ε),
you have omega (ω) and omicron (o)
         you have Φought,
                       and you have ΘilosoΦy...
the stories they tell,
  about languages, that do not employ
diacritical markers,
     but insteal have to balance an orthography...
based upon the "quadratic" system,
for the aesthetic to appease "the gods"...
                EE, OO, FF, foe?
unless you spreschen ***-
           -dish, or high hebrew...
          but still... even there...
               א (alef) and ע (ayin)...
          eh, but the hebrews get away with
the fact that they hide their vowels,
in imaginary niqabs...
                akin to diacritical markers...
the hebrews treat their vowels,
like a people, who would apply diacritical
marks to either vowels or consonants:
plainly in the open.
        so some people have gone places,
Egypt, Thailand...
  i've also been to places...
kant's critique of pure reason,
heidegger's being and time...
russell's history of western philosophy...
i've been to place,
   this world cannot offer me,
a source for solace, or for envy,
    i've transcended the globalist
frenzy of people moving aimlessly...
     i went back, to the beginning of the 20th
century, nay, even further...
sure, let people travel,
       i don't mind:
  but as long as they don't come between
me (fox) and the chicken-shack (books),
we'll be just fine...

      mind you, this question opened my
narrative...
   who makes a better ms. amber (whiskey)?
the scottish, or the irish?
i can tell you, even if it's in a ginger ale
mixer...
         jameson and...
    what am i drinking right now?
                 tullamore dew...
   i mean mainstream whiskey...
              these two specimens?
  competing with, what?
          whyte & mackay... as i'm pretty sure
they can...
   but... bell's? the famous grouse?
the whiskeys that are like laphroaig
and smoked salmon?
         the irish are definitely better
at their brewing than the McDoogles...
ol' paddy McGuire figured it out,
amber, looks like diluted honey...
so it must appeal to the sweet-tooth palette!
well... if beer is the gods' ****...
then whiskey... is the gods' blood...
    have i ****** my life away?
sure... i have...
                  but i've also acquired
a capacity to see more in my mind,
than others have seen with their eyes...

as it happens,
   i sometimes return to my native womb
of zunge...
faster than it would take me,
to retreat physically,
   a drive to Stanstead airport,
loitering,
   a 2 and a half hour flight,
moving around Warsaw,
   before taking a 3+h coach trip
   to an obscure location
     and spending a month or so,
loitering with my grandparents,
in between reading a ****** classic,
akin to Prus, or Sienkiewicz.
Tace ora, mi chiedo se oppressa dal suo Karma,
(so della sua vita, del nome che le dà, e del senso)
mentre mostra a lungo lo schermo
sul selciato una moltitudine
stecchita in una posa tra sonno e morte
levarsi a stento in preghiera e spulciarsi nell'alba.
Né forse la colpisce il primo aspetto
ma un altro più recondito, e vede
una giustizia di diverso stampo
in quella sofferenza di paria
orrida eppure non abietta, e nella sua che le scende addosso.

"Avere o non avere la sua parte in questa vita"
riemerge in parole il suo pensiero - ma solo un lembo.
E io ne tiro a me quella frangia
ansioso mi confidi tutto l'altro,
attento non mi rubi niente
di lei, neppure l'amarezza, ed attendo.
S'interrompe invece. Seguono altre immagini dell'India
e nel loro riverbero le colgo
un sorriso estremo tra di vittima e di bimba
quasi mi lasci quella grazia in pegno
di lei mentre si eclissa nella sua pena
e l'idea di se stessa le muore dentro.

"Perché porti quel giogo, perché non insorgi"
mi trattengo appena dal gridarle,
soffrendo perché soffre, certo,
ma più ancora perché lascia la presa
della mia tenerezza non saziata e piglia il largo piangendo;
"Ascoltami" comincio a mormorarle
e già penso al chiarore della sala dopo il technicolor
e a lei che sul punto di partire
mi guarda da dietro la lampada
della sua solitudine tenuta alzata di fronte.

"Mario" mi previene lei che indovina il resto. "Ancora
levi come una spada, buona a che?,
lo sdegno per le cose che ti resistono.
Uomo chiuso all'intelligenza del diverso,
negato all'amore: del mondo, intendo, di Dio dunque"
e indulge a una smorfia fine di scherno
per se stessa salita sul pulpito, e quasi si annulla.

"Davvero vorrei tu avessi vinto"
le dico con affetto incontenibile, più tardi,
mentre scorre in un brusio d'api, nel film senza commento, l'India.
Tace ora, mi chiedo se oppressa dal suo Karma,
(so della sua vita, del nome che le dà, e del senso)
mentre mostra a lungo lo schermo
sul selciato una moltitudine
stecchita in una posa tra sonno e morte
levarsi a stento in preghiera e spulciarsi nell'alba.
Né forse la colpisce il primo aspetto
ma un altro più recondito, e vede
una giustizia di diverso stampo
in quella sofferenza di paria
orrida eppure non abietta, e nella sua che le scende addosso.

"Avere o non avere la sua parte in questa vita"
riemerge in parole il suo pensiero - ma solo un lembo.
E io ne tiro a me quella frangia
ansioso mi confidi tutto l'altro,
attento non mi rubi niente
di lei, neppure l'amarezza, ed attendo.
S'interrompe invece. Seguono altre immagini dell'India
e nel loro riverbero le colgo
un sorriso estremo tra di vittima e di bimba
quasi mi lasci quella grazia in pegno
di lei mentre si eclissa nella sua pena
e l'idea di se stessa le muore dentro.

"Perché porti quel giogo, perché non insorgi"
mi trattengo appena dal gridarle,
soffrendo perché soffre, certo,
ma più ancora perché lascia la presa
della mia tenerezza non saziata e piglia il largo piangendo;
"Ascoltami" comincio a mormorarle
e già penso al chiarore della sala dopo il technicolor
e a lei che sul punto di partire
mi guarda da dietro la lampada
della sua solitudine tenuta alzata di fronte.

"Mario" mi previene lei che indovina il resto. "Ancora
levi come una spada, buona a che?,
lo sdegno per le cose che ti resistono.
Uomo chiuso all'intelligenza del diverso,
negato all'amore: del mondo, intendo, di Dio dunque"
e indulge a una smorfia fine di scherno
per se stessa salita sul pulpito, e quasi si annulla.

"Davvero vorrei tu avessi vinto"
le dico con affetto incontenibile, più tardi,
mentre scorre in un brusio d'api, nel film senza commento, l'India.
Questa felicità promessa o data
m'è dolore, dolore senza causa
o la causa se esiste è questo brivido
che sommuove il molteplice nell'unico
come il liquido scosso nella sfera
di vetro che interpreta il fachiro.
Eppure dico: salva anche per oggi.
Torno torno le fanno guerra cose
e immagini su cui cala o si leva
o la notte o la neve
uniforme del ricordo.
Tu s a cchiù bella 'e tutt' 'e principesse,
'e tutt' 'e principesse si 'a riggina.
Pe tutt' 'a vita addenucchiato io stesse
a cuntemplà sta grazia accussì fina.
Tu femmena nun sì, tu sì na fata
impastata 'e latte, porcellana e rrose,
sta pella è d'alabbastro avvellutata...
(Perdoname si dico chesti ccose).

'Ncopp' a sta vocca fatta cu 'e ccerase,
e 'ncopp' a chesta ***** 'e seta nera
ca tiene pe capille, quanta vase
io nce vulesse dà... matina e sera.

Chist'uocchie tuoie chin' 'e malincunia
ca tiene 'nfronte songo comm' a ll'esca,
songh'uocchie ca me fanno asci 'mpazzia.

St'anema mia s'addorme 'a notte e sonna
sunnanno 'e te, nun te chiamma Francesca;
ma saie comme te chiamma a tte? Madonna!
Stanotte 'a dint' 'o lietto cu 'nu strillo
aggio miso arrevuoto tutt' 'a casa,
mme sò mmiso a zumpà comme a n'arillo...
E nun mme faccio ancora persuaso.

Ma comme, dico io po', cù tanta suonne
ì mme sò ghiuto a ffa, 'o cchiù malamente;
sti suonne songo suonne ca te pònno
fà rummanè stecchito comme a niente.

Ì steve allerta 'ncoppa a 'na muntagna
Tutt'a 'nu tratto sento 'nu lamiento,
'O pizzo addò stev'ì era sulagno...
Dicette ncapo a me: E chisto è 'o viento!

Piglio e mme mengo pè 'nu canalone
e veco sott'a n'albero piangente
'nu fuosso chino 'e prete a cuppulone...
e sotto a tutto steva 'nu serpente.

"Aiuto! Aiuto!" 'O povero anìmale
se mettette alluccà cu tutt' 'o sciato!
Appena mme vedette: "Menu male!...
Salvatemi! Ì mo moro asfessiato!"

"E chi t'ha cumbinato 'e sta manera?"
ll'addimannaje mentr' 'o libberavo.
"E stato 'nu signore aieressera"
mme rispunnette, e ggià se repigliava.

"Si nun era pè vvuje ì ccà murevo.
Faciteve abbraccià, mio salvatore!"
Mme s'arravoglia attuorno e s'astrigneva
ca n'atu ppoco mme schiattava 'o core.

"Lassame!" lle dicette " 'O vvì ca ì moro? "
E chianu chiano mme mancava 'a forza,
'o core mme sbatteva... ll'uocchie 'a fore,
mentre 'o serpente cchìù strigneva 'a morza!

"Chisto è 'o ringraziamento ca mme faje?
Chesta è 'a ricunuscenza ca tu puorte?
A chi t'ha fatto bbene chesto faje?
Ca sì cuntento quanno 'o vide muorto!"

"Amico mio, serpente ì songo nato!...
... Chi nasce serpe è 'nfamo e senza core!...
... Perciò t'aqgia mangià! Ma t'hê scurdato
... ca Il'ommo, spisso, fa cchiù peggio ancora?!".

— The End —