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tangshunzi Jun 2014
Sarò onesto .L'autunno è la mia stagione preferita .E ** tempo per maglioni accogliente .buonissimo cacao caldo e curling dal fuoco per quasi tutto l'anno .Cioè .fino a quando io offro i miei occhi su un tropicale amore -fest come questo giorno cara catturato dai Jonas Peterson .Perché questo .amici miei .è un insieme capolavoro piena di sole contro la terra mozzafiato conosciuta come Fiji .e se ogni ultima immagine gloriosa non ti vuole mettere in valigia un po 'di infradito e prendere il primo volo fuori .non so cosa farà .Vedi tutto qui .


E un piccolo film magia Zoom Fiji ?Penso che lo faremo .Si prega di aggiornare il tuo

browserColorsSeasonsSpringSettingsGolf ResortStylesDestination Da Sposa.Sono cresciuto sognando di sposarsi su un'isola tropicale e Fiji era il posto perfetto per rendere questo sogno .Fiji occupa un posto speciale in entrambi i nostri cuori come Dave mi ha sorpreso proponendo e organizzato per volare verso Fiji il giorno successivo per una vacanza incredibile .Siamo entrambi innamorati amare la cultura delle Fiji abiti da sposa on line .il popolo delle Fiji sono così felice e cordiale e ci siamo sempre sentiti così benvenuti.Abbiamo deciso di fare l'Intercontinental Golf Resort \u0026 Spa sulla Coral Coast .un posto così bello .Volevamo un matrimonio intimo con amici e famiglia per condividere il nostro giorno speciale .Abbiamo voluto creare un'atmosfera divertente e rilassante dove i nostri ospiti possono rilassarsi e hanno una grande vacanza !Ciò che era speciale era di essere in grado di uscire con i nostri ospiti che portano al matrimonio .cocktail a bordo piscina .snorkelling sulla barriera corallina e grandi cene .La mia wedding planner Jane all'Intercontinental Golf Resort e Spa ha fatto il lavoro più sorprendente prendersi cura di tutto.Dave e io non dovevano preoccuparsi per una cosa !Come eravamo sposati all'estero ** ancora voluto mettere il mio tocco speciale al nostro matrimonio così ** avuto una



palla di abiti da sposa 2014 progettare i nostri inviti di nozze.Volevo solo qualcosa di casuale e divertente per riflettere la giornata .
erano così felici con quello che il villaggio fornito in termini di fiori e decorazioni .siamo stati fortunati nostra famiglia sono stati in grado di aiutare le decorazioni parlare etc oltre a Fiji .E 'stato importante per noi per i nostri ospiti di sperimentare alcuni la cultura delle Fiji così abbiamo incorporato ballerini Fiji e uno spettacolo di fuoco .tutti i nostri ospiti davvero apprezzato questo .è veramente fatto la notte così speciale .Abbiamo anche avuto serenaders giocare prima della cerimonia e durante l' ora del cocktail .** anche avuto il privilegio di essere scortato alla cappella da due guerrieri delle Fiji .Il nostro ricevimento si è tenuto presso la firma raffinato ristorante Intercontinentals Navo che si affaccia sulla laguna e l'isola di Navo .Dave e ** organizzato un cocktail speciale per tutti i nostri ospiti in arrivo .è stato un mojito di cocco .i nostri ospiti davvero apprezzato questo tocco speciale .** amato il mio bouquet di orchidee e la bella rosa zenzero damigelle mazzi di fiori .hanno legato perfettamente con i loro abiti Amsale .I ragazzi hanno ben sopportare il calore indossando abiti in calore !

Una cosa che era molto importante per me era il nostro fotografo di matrimoni .Avevo fatto la mia ricerca.ma il mio cuore è stato impostato su Jonas Peterson .Non sono rimasto deluso .ha catturato il nostro giorno così bello .entrambi amiamo le nostre foto e li faremo amare sempre .** anche volato su un artista makeup incredibile da Sydney .Christina Chiaramente che era stato a Fiji molte volte quindi sapevo che ero in buone mani .Lei ha fatto un ottimo lavoro e siamo tutti sembrava così bello .il nostro trucco rimase tutto il giorno e la notte .** una squadra di provenienza dei capelli locale da Fiji .non sono rimasto deluso .sapevano esattamente quello che volevo e la loro conoscenza lavorando con i capelli al calore delle Fiji era incredibile !Abbiamo anche avuto il piacere di lavorare con Zoomfiji .hanno anche fatto un ottimo lavoro catturare il nostro giorno speciale .Ognuno è andato al di là di rendere il nostro giorno così incredibile .

Il personale era incredibile all'Intercontinental abiti da sposa 2014 e niente era troppo disturbo per loro .Hanno davvero fatto in modo che si cura di noi e abbiamo avuto il giorno avevamo sempre sognato !Vinaka !

Fotografo: Jonas Peterson | Abito da sposa: Spose di Beecroft | Cancelleria Wedding : Fave Paper Designs | Scarpe da sposa : peeptoe Scarpe | Abiti da sposa : Amsale | Makeup Artist : Christina Cleary | Capelli: Capelli N Mkp Perfezionista | Striscioni pubblicitari : Lullaby Mobiles| Pezzo di capelli della sposa : Kristi Bonnici Accessori da sposa | Abiti Girls ' : Silk \u0026 More | Località : Intercontinental Golf Resort \u0026 Spa FijiAmsale è un membro del nostro Look Book .Per ulteriori informazioni su come vengono scelti i membri .fare clic qui
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http://www.belloabito.com/goods.php?id=861
http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/2/4171635353535_396853.jpg
Fiji Wedding da Jonas Peterson_abiti da sposa corti
I no longer know what I am or who I appear to be.
I am a mask; the rest of me remains unseen.

Lost in a sea of broken mirrors,
But nothing grows clearer;

All I am is the glint in your dying eyes,
Quietly drowning in my hollow lies.

I know not who I am or what I do;
All I know is in this pool of scarlet hue.
Inspired by the aria from Mozart's Le Nozze di Figaro.
No os espantéis, señora Notomía,
Que me atreva este día,
Con exprimida voz convaleciente,
A cantar vuestras partes a la gente:
Que de hombres es en casos importantes
El caer en flaquezas semejantes.

Cantó la pulga Ovidio, honor Romano,
Y la mosca Luciano,
De las ranas Homero; yo confieso
Que ellos cantaron cosas de más peso:
Yo escribiré con pluma más delgada
Materia más sutil y delicada.

Quien tan sin carne os viere, si no es ciego,
Yo sé que dirá luego,
Mirando en vos más puntas que en rastrillo,
Que os engendró algún miércoles Corvillo;
Y quien pez os llamó, no desatina,
Viendo que tras ser negra, sois espina.

Dios os defienda, dama, lo primero,
De sastre o zapatero,
Pues por punzón o alesna es caso llano
Que cada cual os cerrara en la mano;
Aunque yo pienso que por mil razones
Tenéis por alma un viernes con ciciones.

Mirad que miente vuestro amigo, dama,
Cuando «Mi carne» os llama,
Que no podéis jamás en carnes veros,
Aunque para ello os desnudéis en cueros;
Mas yo sé bien que quedan en la calle
Picados más de dos de vuestro talle.

Bien sé que apasionáis los corazones,
Porque dais más pasiones
Que tienen diez Cuaresmas con la cara,
Que Amor hiere con vos como con jara;
Que si va por lo flaco, tenéis voto
De que sois más sutil que lo fue Scoto.

Y aunque estáis tan angosta, flaca mía,
Tan estrecha y tan fría,
Tan mondada y enjuta y tan delgada,
Tan roída, exprimida y destilada,
Estrechamente os amaré con brío,
Que es amor de raíz el amor mío.

Aun la sarna no os come con su gula,
Y sola tenéis Bula
Para no sustentar cosas vivientes;
Por sólo ser de hueso tenéis dientes,
Y de acostarse ya en partes tan duras,
Vuestra alma diz que tiene mataduras.

Hijos somos de Adán en este suelo,
La Nada es nuestro abuelo,
Y salístele vos tan parecida
Que apenas fuisteis algo en esta vida.
De ser sombra os defiende no el donaire,
Sino la voz, y aqueso es cosa de aire.

De los tres enemigos que hay del alma
Llevárades la palma,
Y con valor y pruebas excelentes
Los venciérades vos entre las gentes,
Si por dejar la carne de que hablo,
El mundo no os tuviera por el diablo.

Díjome una mujer por cosa cierta,
Que nunca vuestra puerta
Os pudo un punto dilatar la entrada
Por causa de hallarla muy cerrada,
Pues por no deteneros aun llamando,
Por los resquicios os entráis volando.

Con mujer tan aguda y amolada,
Consumida, estrujada,
Sutil, dura, büida, magra y fiera,
Que ha menester, por no picar, contera,
No me entremeto: que si llego al toque,
Conocerá de mí el señor San Roque.

Con vos cuando muráis tras tanta guerra,
Segura está la tierra
Que no sacará el vientre de mal año;
Y pues habéis de ir flaca en modo extraño
(Sisándole las ancas y la panza)
Os podrán enterrar en una lanza.

Sólo os pido, por vuestro beneficio,
Que el día del juicio
Troquéis con otro muerto en las cavernas
Esas devanaderas y esas piernas,
Que si salís con huesos tan mondados,
Temo que haréis reír los condenados.

Salvaros vos tras esto es cosa cierta,
Dama, después de muerta,
Y tiénenlo por cosa muy sabida
Los que ven cuán estrecha es vuestra vida;
Y así, que os vendrá al justo, se sospecha,
Camino tan angosto y cuenta estrecha.

Canción, ved que es forzosa
Que os venga a vos muy ancha cualquier cosa:
Parad, pues es negocio averiguado
Que siempre quiebra por lo más delgado.
Señor, deja que diga la gloria de tu raza,
la gloria de los hombres de bronce, cuya maza
melló de tantos yelmos y escudos la osadía:
!oh caballeros tigres!, oh caballeros leones!,
!oh! caballeros águilas!, os traigo mis canciones;
!oh enorme raza muerta!, te traigo mi elegía.Aquella tarde, en el Poniente augusto,
el crepúsculo audaz era en una pira
como de algún atrida o de algún justo;
llamarada de luz o de mentira
que incendiaba el espacio, y parecía
que el sol al estrellar sobre la cumbre
su mole vibradora de centellas,
se trocaba en mil átomos de lumbre,
y esos átomos eran las estrellas.Yo estaba solo en la quietud divina
del Valle. ¿Solo? ¡No! La estatua fiera
del héroe Cuauhtémoc, la que culmina
disparando su dardo a la pradera,
bajo del palio de pompa vespertina
era mi hermana y mi custodio era.Cuando vino la noche misteriosa
-jardín azul de margaritas de oro-
y calló todo ser y toda cosa,
cuatro sombras llegaron a mí en coro;
cuando vino la noche misteriosa
-jardín azul de margaritas de oro-.Llevaban una túnica espledente,
y eran tan luminosamente bellas
sus carnes, y tan fúlgida su frente,
que prolongaban para mí el Poniente
y eclipsaban la luz de las estrellas.Eran cuatro fantasmas, todos hechos
de firmeza, y los cuatro eran colosos
y fingían estatuas, y sus pechos
radiaban como bronces luminosos.Y los cuatro entonaron almo coro...
Callaba todo ser y toda cosa;
y arriba era la noche misteriosa
jardín azul de margaritas de oro.Ante aquella visión que asusta y pasma,
yo, como Hamlet, mi doliente hermano,
tuve valor e interrogué al fantasma;
mas mi espada temblaba entre mi mano.-¿Quién sois vosotros, exclamé, que en presto
giro bajáis al Valle mexicano?
Tuve valor para decirles esto;
mas mi espada temblaba entre mi mano.-¿Qué abismo os engendró? ¿De qué funesto
limbo surgís? ¿Sois seres, humo vano?
Tuve valor para decirles esto;
mas mi espada temblaba entre mi mano.-Responded, continué. Miradme enhiesto
y altivo y burlador ante el arcano.
Tuve valor para decirles esto;
¡mas mi espada temblaba entre mi mano...!Y un espectro de aquéllos, con asombros
vi que vino hacia mí, lento y sin ira,
y llevaba una piel sobre los hombros
y en las pálidas manos una lira;
y me dijo con voces resonantes
y en una lengua rítmica que entonces
comprendí: -«¿Que quiénes somos? Los gigantes
de una raza magnífica de bronces.»Yo me llamé Netzahualcóyotl y era
rey de Texcoco; tras de lid artera,
fui despojado de mi reino un día,
y en las selvas erré como alimaña,
y el barranco y la cueva y la montaña
me enseñaron su augusta poesía.»Torné después a mi sitial de plumas,
y fui sabio y fui bueno; entre las brumas
del paganismo adiviné al Dios Santo;
le erigí una pirámide, y en ella,
siempre al fulgor de la primera estrella
y al son del huéhuetl, le elevé mi canto.»Y otro espectro acercóse; en su derecha
levaba una macana, y una fina
saeta en su carcaje, de ónix hecha;
coronaban su testa plumas bellas,
y me dijo: -«Yo soy Ilhuicamina,
sagitario del éter, y mi flecha
traspasa el corazón de las estrellas.»Yo hice grande la raza de los lagos,
yo llevé la conquista y los estragos
a vastas tierras de la patria andina,
y al tornar de mis bélicas porfías
traje pieles de tigre, pedrerías
y oro en polvo... ¡Yo soy Ilhuicamina!»Y otro espectro me dijo: -«En nuestros cielos
las águilas y yo fuimos gemelos:
¡Soy Cuauhtémoc!  Luchando sin desmayo
caí... ¡porque Dios quiso que cayera!
Mas caí como águila altanera:
viendo al sol, y apedreada por el rayo.»El español martirizó mi planta
sin lograr arrancar de mi garganta
ni un grito, y cuando el rey mi compañero
temblaba entre las llamas del brasero:
-¿Estoy yo, por ventura, en un deleite?,
le dije, y continué, sañudo y fiero,
mirando hervir mis pies en el aceite...»Y el fantasma postrer llegó a mi lado:
no venía del fondo del pasado
como los otros; mas del bronce mismo
era su pecho, y en sus negros ojos
fulguraba, en vez de ímpetus y arrojos,
la tranquila frialdad del heroísmo.Y parecióme que aquel hombre era
sereno como el cielo en primavera
y glacial como cima que acoraza
la nieve, y que su sino fue, en la Historia,
tender puentes de bronce entre la gloria
de la raza de ayer y nuestra raza.Miróme con su límpida mirada,
y yo le vi sin preguntarle nada.
Todo estaba en su enorme frente escrito:
la hermosa obstinación de los castores,
la paciencia divina de las flores
y la heroica dureza del granito...¡Eras tú, mi Señor; tú que soñando
estás en el panteón de San Fernando
bajo el dórico abrigo en que reposas;
eras tú, que en tu sueño peregrino,
ves marchar a la Patria en su camino
rimando risas y regando rosas!Eras tú, y a tus pies cayendo al verte:
-Padre, te murmuré, quiero ser fuerte:
dame tu fe, tu obstinación extraña;
quiero ser como tú, firme y sereno;
quiero ser como tú, paciente y bueno;
quiero ser como tú, nieve y montaña.
Soy una chispa; ¡enséñame a ser lumbre!
Soy un gujarro; ¡enséñame a ser cumbre!
Soy una linfa: ¡enséñame a ser río!
Soy un harapo: ¡enséñame a ser gala!
Soy una pluma: ¡enséñame a ser ala,
y que Dios te bendiga, padre mío!.Y hablaron tus labios, tus labios benditos,
y así respondieron a todos mis gritos,
a todas mis ansias: -«No hay nada pequeño,
ni el mar ni el guijarro, ni el sol ni la rosa,
con tal de que el sueño, visión misteriosa,
le preste sus nimbos, ¡y tu eres el sueño!»Amar, ¡eso es todo!; querer, ¡todo es eso!
Los mundos brotaron el eco de un beso,
y un beso es el astro, y un beso es el rayo,
y un beso la tarde, y un beso la aurora,
y un beso los trinos del ave canora
que glosa las fiestas divinas de Mayo.»Yo quise a la Patria por débil y mustia,
la Patria me quiso con toda su angustia,
y entonces nos dimos los dos un gran beso;
los besos de amores son siempre fecundos;
un beso de amores ha creado los mundos;
amar... ¡eso es todo!; querer... ¡todo es eso!»Así me dijeron tus labios benditos,
así respondieron a todos mis gritos,
a todas mis ansias y eternos anhelos.
Después, los fantasmas volaron en coro,
y arriba los astros -poetas de oro-
pulsaban la lira de azur de los cielos.Mas al irte, Señor, hacia el ribazo
donde moran las sombras, un gran lazo
dejabas, que te unía con los tuyos,
un lazo entre la tierra y el arcano,
y ese lazo era otro indio: Altamirano;
bronce también, mas bronce con arrullos.Nos le diste en herencia, y luego, Juárez,
te arropaste en las noches tutelares
con tus amigos pálidos; entonces,
comprendiendo lo eterno de tu ausencia,
repitieron mi labio y mi conciencia:
-Señor, alma de luz, cuerpo de bronce.
Soy una chispa; ¡enséñame a ser lumbre!
Soy un gujarro; ¡enséñame a ser cumbre!
Soy una linfa: ¡enséñame a ser río!
Soy un harapo: ¡enséñame a ser gala!
Soy una pluma: ¡enséñame a ser ala,
y que Dios te bendiga, padre mío!.Tú escuchaste mi grito, sonreíste
y en la sombra infinita te perdiste
cantando con los otros almo coro.
Callaba todo ser y toda cosa;
y arriba era la noche misteriosa
jardín azul de margaritas de oro...
Recuerde el alma dormida,
avive el seso e despierte
  contemplando
cómo se passa la vida,
cómo se viene la muerte
  tan callando;
  cuán presto se va el plazer,
cómo, después de acordado,
  da dolor;
cómo, a nuestro parescer,
cualquiere tiempo passado
  fue mejor.

  Pues si vemos lo presente
cómo en un punto s'es ido
  e acabado,
si juzgamos sabiamente,
daremos lo non venido
  por passado.
  Non se engañe nadi, no,
pensando que ha de durar
  lo que espera
más que duró lo que vio,
pues que todo ha de passar
  por tal manera.

  Nuestras vidas son los ríos
que van a dar en la mar,
  qu'es el morir;
allí van los señoríos
derechos a se acabar
  e consumir;
  allí los ríos caudales,
allí los otros medianos
  e más chicos,
allegados, son iguales
los que viven por sus manos
  e los ricos.

  Dexo las invocaciones
de los famosos poetas
  y oradores;
non curo de sus ficciones,
que traen yerbas secretas
  sus sabores.
  Aquél sólo m'encomiendo,
Aquél sólo invoco yo
  de verdad,
que en este mundo viviendo,
el mundo non conoció
  su deidad.

  Este mundo es el camino
para el otro, qu'es morada
  sin pesar;
mas cumple tener buen tino
para andar esta jornada
  sin errar.
  Partimos cuando nascemos,
andamos mientra vivimos,
  e llegamos
al tiempo que feneçemos;
assí que cuando morimos,
  descansamos.

  Este mundo bueno fue
si bien usásemos dél
  como debemos,
porque, segund nuestra fe,
es para ganar aquél
  que atendemos.
  Aun aquel fijo de Dios
para sobirnos al cielo
  descendió
a nescer acá entre nos,
y a vivir en este suelo
  do murió.

  Si fuesse en nuestro poder
hazer la cara hermosa
  corporal,
como podemos hazer
el alma tan glorïosa
  angelical,
  ¡qué diligencia tan viva
toviéramos toda hora
  e tan presta,
en componer la cativa,
dexándonos la señora
  descompuesta!

  Ved de cuán poco valor
son las cosas tras que andamos
  y corremos,
que, en este mundo traidor,
aun primero que muramos
  las perdemos.
  Dellas deshaze la edad,
dellas casos desastrados
  que acaeçen,
dellas, por su calidad,
en los más altos estados
  desfallescen.

  Dezidme: La hermosura,
la gentil frescura y tez
  de la cara,
la color e la blancura,
cuando viene la vejez,
  ¿cuál se para?
  Las mañas e ligereza
e la fuerça corporal
  de juventud,
todo se torna graveza
cuando llega el arrabal
  de senectud.

  Pues la sangre de los godos,
y el linaje e la nobleza
  tan crescida,
¡por cuántas vías e modos
se pierde su grand alteza
  en esta vida!
  Unos, por poco valer,
por cuán baxos e abatidos
  que los tienen;
otros que, por non tener,
con oficios non debidos
  se mantienen.

  Los estados e riqueza,
que nos dexen a deshora
  ¿quién lo duda?,
non les pidamos firmeza.
pues que son d'una señora;
  que se muda,
  que bienes son de Fortuna
que revuelven con su rueda
  presurosa,
la cual non puede ser una
ni estar estable ni queda
  en una cosa.

  Pero digo c'acompañen
e lleguen fasta la fuessa
  con su dueño:
por esso non nos engañen,
pues se va la vida apriessa
  como sueño,
e los deleites d'acá
son, en que nos deleitamos,
  temporales,
e los tormentos d'allá,
que por ellos esperamos,
  eternales.

  Los plazeres e dulçores
desta vida trabajada
  que tenemos,
non son sino corredores,
e la muerte, la çelada
  en que caemos.
  Non mirando a nuestro daño,
corremos a rienda suelta
  sin parar;
desque vemos el engaño
y queremos dar la vuelta
  no hay lugar.

  Esos reyes poderosos
que vemos por escripturas
  ya passadas
con casos tristes, llorosos,
fueron sus buenas venturas
  trastornadas;
  assí, que no hay cosa fuerte,
que a papas y emperadores
  e perlados,
assí los trata la muerte
como a los pobres pastores
  de ganados.

  Dexemos a los troyanos,
que sus males non los vimos,
  ni sus glorias;
dexemos a los romanos,
aunque oímos e leímos
  sus hestorias;
  non curemos de saber
lo d'aquel siglo passado
  qué fue d'ello;
vengamos a lo d'ayer,
que también es olvidado
  como aquello.

  ¿Qué se hizo el rey don Joan?
Los infantes d'Aragón
  ¿qué se hizieron?
¿Qué fue de tanto galán,
qué de tanta invinción
  como truxeron?
  ¿Fueron sino devaneos,
qué fueron sino verduras
  de las eras,
las justas e los torneos,
paramentos, bordaduras
  e çimeras?

  ¿Qué se hizieron las damas,
sus tocados e vestidos,
  sus olores?
¿Qué se hizieron las llamas
de los fuegos encendidos
  d'amadores?
  ¿Qué se hizo aquel trovar,
las músicas acordadas
  que tañían?
¿Qué se hizo aquel dançar,
aquellas ropas chapadas
  que traían?

  Pues el otro, su heredero
don Anrique, ¡qué poderes
  alcançaba!
¡Cuánd blando, cuánd halaguero
el mundo con sus plazeres
  se le daba!
  Mas verás cuánd enemigo,
cuánd contrario, cuánd cruel
  se le mostró;
habiéndole sido amigo,
¡cuánd poco duró con él
  lo que le dio!

  Las dávidas desmedidas,
los edeficios reales
  llenos d'oro,
las vaxillas tan fabridas
los enriques e reales
  del tesoro,
  los jaezes, los caballos
de sus gentes e atavíos
  tan sobrados
¿dónde iremos a buscallos?;
¿qué fueron sino rocíos
  de los prados?

  Pues su hermano el innocente
qu'en su vida sucesor
  se llamó
¡qué corte tan excellente
tuvo, e cuánto grand señor
  le siguió!
  Mas, como fuesse mortal,
metióle la Muerte luego
  en su fragua.
¡Oh jüicio divinal!,
cuando más ardía el fuego,
  echaste agua.

  Pues aquel grand Condestable,
maestre que conoscimos
  tan privado,
non cumple que dél se hable,
mas sólo como lo vimos
  degollado.
  Sus infinitos tesoros,
sus villas e sus lugares,
  su mandar,
¿qué le fueron sino lloros?,
¿qué fueron sino pesares
  al dexar?

  E los otros dos hermanos,
maestres tan prosperados
  como reyes,
c'a los grandes e medianos
truxieron tan sojuzgados
  a sus leyes;
  aquella prosperidad
qu'en tan alto fue subida
  y ensalzada,
¿qué fue sino claridad
que cuando más encendida
  fue amatada?

  Tantos duques excelentes,
tantos marqueses e condes
  e varones
como vimos tan potentes,
dí, Muerte, ¿dó los escondes,
  e traspones?
  E las sus claras hazañas
que hizieron en las guerras
  y en las pazes,
cuando tú, cruda, t'ensañas,
con tu fuerça, las atierras
  e desfazes.

  Las huestes inumerables,
los pendones, estandartes
  e banderas,
los castillos impugnables,
los muros e balüartes
  e barreras,
  la cava honda, chapada,
o cualquier otro reparo,
  ¿qué aprovecha?
Cuando tú vienes airada,
todo lo passas de claro
  con tu flecha.

  Aquel de buenos abrigo,
amado, por virtuoso,
  de la gente,
el maestre don Rodrigo
Manrique, tanto famoso
  e tan valiente;
sus hechos grandes e claros
non cumple que los alabe,
  pues los vieron;
ni los quiero hazer caros,
pues qu'el mundo todo sabe
  cuáles fueron.

  Amigo de sus amigos,
¡qué señor para criados
  e parientes!
¡Qué enemigo d'enemigos!
¡Qué maestro d'esforçados
  e valientes!
  ¡Qué seso para discretos!
¡Qué gracia para donosos!
  ¡Qué razón!
¡Qué benino a los sujetos!
¡A los bravos e dañosos,
  qué león!

  En ventura, Octavïano;
Julio César en vencer
  e batallar;
en la virtud, Africano;
Aníbal en el saber
  e trabajar;
  en la bondad, un Trajano;
Tito en liberalidad
  con alegría;
en su braço, Aureliano;
Marco Atilio en la verdad
  que prometía.

  Antoño Pío en clemencia;
Marco Aurelio en igualdad
  del semblante;
Adriano en la elocuencia;
Teodosio en humanidad
  e buen talante.
  Aurelio Alexandre fue
en desciplina e rigor
  de la guerra;
un Constantino en la fe,
Camilo en el grand amor
  de su tierra.

  Non dexó grandes tesoros,
ni alcançó muchas riquezas
  ni vaxillas;
mas fizo guerra a los moros
ganando sus fortalezas
  e sus villas;
  y en las lides que venció,
cuántos moros e cavallos
  se perdieron;
y en este oficio ganó
las rentas e los vasallos
  que le dieron.

  Pues por su honra y estado,
en otros tiempos passados
  ¿cómo s'hubo?
Quedando desamparado,
con hermanos e criados
  se sostuvo.
  Después que fechos famosos
fizo en esta misma guerra
  que hazía,
fizo tratos tan honrosos
que le dieron aun más tierra
  que tenía.

  Estas sus viejas hestorias
que con su braço pintó
  en joventud,
con otras nuevas victorias
agora las renovó
  en senectud.
  Por su gran habilidad,
por méritos e ancianía
  bien gastada,
alcançó la dignidad
de la grand Caballería
  dell Espada.

  E sus villas e sus tierras,
ocupadas de tiranos
  las halló;
mas por çercos e por guerras
e por fuerça de sus manos
  las cobró.
  Pues nuestro rey natural,
si de las obras que obró
  fue servido,
dígalo el de Portogal,
y, en Castilla, quien siguió
  su partido.

  Después de puesta la vida
tantas vezes por su ley
  al tablero;
después de tan bien servida
la corona de su rey
  verdadero;
  después de tanta hazaña
a que non puede bastar
  cuenta cierta,
en la su villa d'Ocaña
vino la Muerte a llamar
  a su puerta,

  diziendo: "Buen caballero,
dexad el mundo engañoso
  e su halago;
vuestro corazón d'azero
muestre su esfuerço famoso
  en este trago;
  e pues de vida e salud
fezistes tan poca cuenta
  por la fama;
esfuércese la virtud
para sofrir esta afruenta
  que vos llama."

  "Non se vos haga tan amarga
la batalla temerosa
  qu'esperáis,
pues otra vida más larga
de la fama glorïosa
  acá dexáis.
  Aunqu'esta vida d'honor
tampoco no es eternal
  ni verdadera;
mas, con todo, es muy mejor
que la otra temporal,
  peresçedera."

  "El vivir qu'es perdurable
non se gana con estados
  mundanales,
ni con vida delectable
donde moran los pecados
  infernales;
  mas los buenos religiosos
gánanlo con oraciones
  e con lloros;
los caballeros famosos,
con trabajos e aflicciones
  contra moros."

  "E pues vos, claro varón,
tanta sangre derramastes
  de paganos,
esperad el galardón
que en este mundo ganastes
  por las manos;
e con esta confiança
e con la fe tan entera
  que tenéis,
partid con buena esperança,
qu'estotra vida tercera
  ganaréis."

  "Non tengamos tiempo ya
en esta vida mesquina
  por tal modo,
que mi voluntad está
conforme con la divina
  para todo;
  e consiento en mi morir
con voluntad plazentera,
  clara e pura,
que querer hombre vivir
cuando Dios quiere que muera,
  es locura."

  "Tú que, por nuestra maldad,
tomaste forma servil
  e baxo nombre;
tú, que a tu divinidad
juntaste cosa tan vil
  como es el hombre;
tú, que tan grandes tormentos
sofriste sin resistencia
  en tu persona,
non por mis merescimientos,
mas por tu sola clemencia
  me perdona".

  Assí, con tal entender,
todos sentidos humanos
  conservados,
cercado de su mujer
y de sus hijos e hermanos
  e criados,
  dio el alma a quien gela dio
(el cual la ponga en el cielo
  en su gloria),
que aunque la vida perdió,
dexónos harto consuelo
  su memoria.
tangshunzi Jul 2014
Una cosa so per certo : quando una squadra di talento di fornitori si riunisce per una giornata di ispirazione .è un magico .cosa magica .Pensate Angela Roy Newton .Michelle Lange ed Eventi ( + molti.molti di più ) di tutte le forze che uniscono Kat Eitner per realizzare una giornata in stile boho di abbastanza .E 'un ambiente lussureggiante soddisfa tutte le cose impressionante e si può vedere ogni all'ultimo momento stupendo proprio qui in piena galleria .


E un film dolce da Nayeem Vohra Films .Si prega di aggiornare il tuo

browserColorsSeasonsSummerSettingsInnStylesBohemianRomantic Da Michelle Lange .Come fotografo .uno dei nostri compiti è abiti da sposa 2014 quello di essere un passo avanti a tutti gli altri.I nostri clienti sono i palpiti delle nostre imprese .e le decisioni e le azioni relative alla funzione di quelle imprese dovrebbero sempre tenere a mente che il battito cardiaco .Fin dall'inizio della mia attività .** avuto un molto dettagliato piano ' se qualcosa mai accaduto ' .Entrambi i miei genitori .mio marito hanno il piano dettagliato .Alcuni dei miei amici fotografi più vicini sono consapevoli del fatto che essi sono elencati come i contatti .Mai in un milione di anni avrei pensato che questo piano avrebbe dovuto entrare in vigore .ma il giorno prima di questa ripresa ispirazione ( mesi previsti in anticipo) .lo ha fatto .E il mio cuore le imprese non saltare un po ' .Credo davvero che una forza superiore mi ha fatto richiede una appendicectomia d'emergenza in un momento in cui ** avuto una pausa nella stagione dei matrimoni .La cosa più importante .è che venendo a contatto con ciò che è descritto nel mio piano .come un backup fotografo di emergenza .Angela Roy Newton intensificato al piatto per fotografare questa ispirazione ripresa ero così entusiasta per mesi.Questo la dice lunga su quelli di carattere e l'industria nel suo complesso .L'industria del matrimonio .mentre competitivo.è guidata da persone che amano l'amore e credono nel lavoro di squadra .Mentre spero di avere mai mettere questo piano di emergenza in vigore di nuovo .mi conforta sapere di quale grande industria sono una parte di .

Da Kat Eitner Eventi .Questa ripresa ispirazione sviluppato da una visione di elementi bohemien



e nido d'ape .I mobili antichi nera da Trunk Vintage vacanze erano lo sfondo perfetto per i pops di corallo a Karma tavolo Fiori e design bouquet.Mostra arresto Marchesa e Reem Acra abiti di Elizabeth Giovanni.trapuntata runner e non convenzionale bella tavola disegno floreale aggiunti elementi di Boemia.Speriamo di abiti da sposa 2014 ispirare le coppie di incorporare accattivanti elementi.come il nido d'ape o pop di colore .tutto il loro grande giorno .Fotografia
: Angela Roy Newton | Fotografia : Michelle Lange | Fotografia: Nayeem Vohra Films | Pianificazione : Kat Eitner Eventi | Cake: Cake Fiction | Inviti : Poco signorina signora | Abiti da sposa : Elizabeth Giovanni | Lavagna Arte: Chalk It UpTo Love | Fiori \u0026 Event design: Karma Flowers | capelli: StylesOnB | Località : Raritan Inn | Trucco : Nicole Makeup Artistry Sievers | vestiti da sposa Favors Profumo : Anthropologie | Noleggio Mobili Vintage: Affitto Trunk VintageElizabeth Johns e Angela Roy Newton Fotografia sono membri del nostro Little Black Book .Scopri come i membri sono scelti visitando la nostra pagina delle FAQ .Elizabeth Johns vedi portfolio Angela Roy Newton Fotografia VIEW
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Bohemian Inspiration Spara_abiti da sposa on line
Aiere ha fatto n'anno - 'o diece 'e maggio,
na matenata calda e chiena 'e sole -,
penzaie 'ncapo a me: "Cu che curaggio
io stamattina vaco a faticà!".
Facenno 'o paro e sparo mme susette:
"Mo mme ne vaco 'a parte 'e copp' 'o Campo".
Int'a ddiece minute mme vestette
cu 'e mucassine e cu 'o vestito blu.

Nun facette sparà manco 'o cannone
ca già stevo assettato int' 'a cantina,
annanze a nu piatto 'e maccarune:
nu zito ch'affucava int 'o ragù.

C' 'a panza chiena, a passo... chianu chiano
mme ne trasette dint'a na campagna,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
ca m' 'o zucavo comme 'o biberò.

Tutto a nu tratto veco nu spiazzale
chino 'e ferraglie vecchie e arrugginite.
E ched' è, neh?... nu campo 'e residuate:
"il cimitero della civiltà".

Nu carro armato cu 'a lamiera rotta...
trattore viecchie... macchine scassate...
n' "Alfetta" senza 'e qquatte rote 'a sotto...
pareva 'o campusanto d' 'a Pietà!

Guardanno a uno a uno sti ruttame,
pare ca ognuno 'e lloro mme diceva:
"Guardate ccà cosa addiventiamo
quanno 'a vicchiaia subbentra a giuventù".

Mmiezo a sta pace, a stu silenzio 'e morte,
tutto a nu tratto sento nu bisbiglio...
appizzo 'e rrecchie e sento 'e di cchiù forte:
"Mia cara Giulietta, come va?".

Chi è ca sta parlanno cu Giulietta?
Nmiezo a stu campo nun ce sta nisciuno...
Tu vuo vedè che l'hanno cu ll' "Alfetta"?
Cheste so ccose 'e pazze! E chi sarrà?

Mme movo chianu chiano... indifferente,
piglio e mm'assetto 'ncopp' 'o carro armato...
quanno 'a sotto mme sento 'e di: "Accidente!...
E chisto mo chi è?... Che vularrà?".

Chi ha ditto sti pparole? Chi ha parlato?
I' faccio sta domanda e zompo all'erta...
"So io ch'aggio parlato: 'o carro armato...
Proprio addu me v'aviveve assettà?

A Napule nun se pò sta cuieto.
Aiere un brutto cane mascalzone
se ferma, addora... aiza 'a coscia 'e reto,
e po' mme fa pipi 'nfaccia 'o sciassi".

"Vi prego di accettare le mie scuse,
v' 'e ffaccio a nome anche del mio paese;
Ma voi siete tedesco o Made in Usa?
E come vi trovate in Italy?".

"Sono tedesco, venni da Berlino
per far la guerra contro l'Inghilterra;
ma poi - chiamalo caso oppur destino -
'e mmazzate ll'avette proprio ccà!".

"Ah, si... mo mme ricordo... le mazzate
ch'avisteve da noi napoletani...
E quanto furon... quattro le giornate,
si nun mme sbaglio: o qualche cosa 'e cchiù?".

"Furon quattro.Mazzate 'a tutte pizze:
prete, benzina, sputazzate 'nfacccia...
Aviveve vedè chilli scugnizze
che cosa se facettero afferrà!".

"Caro Signore, 'o nuosto è nu paisiello
ca tene - è overo - tanta tulleranza;
ma nun nce aimma scurdà ca Masaniello
apparteneva a chesta gente ccà.

E mo mm'ite 'a scusà ll'impertinenza,
primma aggio 'ntiso 'e dì: "Cara Giulietta".
Facitemmella chesta confidenza:
si nun mme sbaglio era st' "Alfetta" ccà?".

"Appunto, si,è qui da noi da un mese...
'A puverella è stata disgraziata,
è capitata 'nmano a un brutto arnese,
... Chisto nun ha saputo maie guidà.

Io mm' 'a pigliasse cu 'e rappresentante,
cu chilli llà che cacciano 'e ppatente;
chiunque 'e nuie, oggi, senza cuntante,
se piglia 'a macchinetta e se ne va".

"Di macchine in Italia c'è abbondanza...-
rispose sottovoce 'a puverella -
si no che ffa... po' nce grattammo 'a panza:
chillo ca vene ll'avimmo acchiappà".

"Giulietta, raccontate qui al signore
i vostri guai" - dicette 'o carro armato.
L' "Alfetta" rispunnette a malincuore:
"Se ci tenete, li racconterò.

Come sapete, sono milanese,
son figlia d'Alfa e di papà Romeo,
per fare me papà non badò a spese;
mi volle fare bella "come il fò".

Infatti, mi adagiarono in vetrina,
tutta agghindata... splendida... lucente!
Ero un' "Alfetta" ancora signorina:
facevo tanta gola in verità!

Un giorno si presenta un giovanotto
cu tanto nu paccotto 'e cambiale,
io, puverella!, avette fà 'o fagotto,
penzanno:Chi sa comme va a fernì!

Si rivelò cretino, senza gusto:
apparteneva 'a "gioventù bruciata".
Diceva a tutti quanti: "Io sono un fusto;
'e ffemmene cu mmico hanna cadè!".

Senza rispetto, senza nu cuntegno...
cambiava tutt' 'e giorne... signorina:
ci conduceva al solito convegno...
... alla periferia della città.

Chello ca cumbinava 'o giuvinotto?
Chi maie ve lo potrebbe raccontare:
io nn'aggio mantenute cannelotte
'e tutte specie, 'e tutte 'e qqualità:

la signorina di buona famiglia,
a vedova, 'a zetella, 'a mmaretata...
E quanno succedette 'o parapiglia,
stavamo proprio cu una 'e chesti ccà.

In una curva, questo gran cretino,
volle fare un sorpasso proibito,
di fronte a noi veniva un camioncino,
un cozzo, svenni, e mo mme trovo ccà".

"A nu fetente 'e chisto ce vulesse
nu paliatone, na scassata d'osse'...
Ma comme - dico i' po' - sò sempe 'e stesse
ca t'hanna cumbinà sti guaie ccà?".

"E che penzate 'e fà donna Giulietta?".
"E ch'aggia fà? - rispose 'a puverella-
So che domani viene una carretta,
mme pigliano e mme portano a squaglià".

"Giulietta... via, fatevi coraggio -
(dicette 'o carro armato). lo ero un "Tigre",
il popolo tremava al mio passaggio!...
Mannaggia 'a guerra e chi 'a vulette fà!

lo so cosa faranno del mio squaglio:
cupierche 'e cassarole, rubinette,
incudini, martelli, o qualche maglio,
e na duzzina 'e fierre pe stirà"

"lo vi capisco... sono dispiaciuto...
ma p' 'e metalli 'a morte nun esiste;
invece 'e n'ommo, quanno se n'è ghiuto,
El césped. Desde la tribuna es un tapete verde. Liso, regular,
aterciopelado, estimulante. Desde la tribuna quizá crean que,
con semejante alfombra, es imposible errar un gol y mucho menos errar
un pase. Los jugadores corren como sobre patines o como figuras de
ballet. Quien es derrumbado cae seguramente sobre un colchón de
plumas, y si se toma, doliéndose, un tobillo, es porque el gesto
forma parte de una pantomima mayor. Además, cobran mucho dinero
simplemente por divertirse, por abrazarse y treparse unos sobre otros
cuando el que queda bajo ese sudoroso conglomerado hizo el gol
decisivo. O no decisivo, es lo mismo. Lo bueno es treparse unos sobre
otros mientras los rivales regresan a sus puestos, taciturnos, amargos,
cabizbajos, cada uno con su barata soledad a cuestas. Desde la tribuna
es tan disfrutable el racimo humano de los vencedores como el drama
particular de cada vencido. Por supuesto, ciertos avispados
espectadores siempre saben cómo hacer la jugada maestra y no
acaban de explicarse, y sobre todo de explicarlo a sus vecinos, por
qué este o aquel jugador no logra hacerla. Y cuando el
árbitro sanciona el penal, el espectador avispado también
intuye hacia qué lado irá el tiro, y un segundo
después, cuando el balón brinca ya en las redes, no
alcanza a comprender cómo el golero no lo supo. O acaso
sí lo supo y con toda deliberación se arrojó al
otro palo, en un alarde de masoquismo o venalidad o estupidez
congénita. Desde la tribuna es tan fácil. Se conoce la
historia y la prehistoria. O sea que se poseen elementos suficientes
como para comparar la inexpugnable eficacia de aquel zaguero
olímpico con la torpeza del patadura actual, que no acierta
nunca y es esquivado una y mil veces. Recuerdo borroso de una
época en que había un centre-half y un centre-forward,
cada uno bien plantado en su comarca propia y capaz de distribuir el
juego en serio y no jugando a jugar, como ahora, ¿no? El
espectador veterano sabe que cuando el fútbol se
convirtió en balompié y la ball en pelota y el dribbling
en finta y el centre-half en volante y el centre-forward en alma en
pena, todo se vino abajo y ésa es la explicación de que
muchos lleven al estadio sus radios a transistores, ya que al menos
quienes relatan el partido ponen un poco de emoción en las
estupendas jugadas que imaginan. Bueno, para eso les pagan,
¿verdad? Para imaginar estupendas jugadas y está bien.
Por eso, cuando alguien ha hecho un gol y después de los abrazos
y pirámides humanas el juego se reanuda, el locutor
idóneo sigue colgado de la "o" de su gooooooool, que en realidad
es una jugada suya, subjetiva, personal, y no exactamente del delantero
que se limitó a empujar con la frente un centro que, entre todas
las otras, eligió su cabeza. Y cuando el locutor idóneo
llega por fin al desenlace de la "ele" final de su gooooooool privado,
ya el árbitro ha señalado un orsai que favorece,
¿por qué no?, al locatario.

Es bueno contemplar alguna vez la cancha desde aquí, desde lo
alto. Así al menos piensa Benjamín Ferrés,
veintitrés años, digamos delantero de un Club Chico,
alguien últimamente en alza según los cronistas
deportivos más estrictos, y que hoy, después de empatarle
al Club Grande y ducharse y cambiarse, no se fue del estadio con el
resto del equipo y prefirió quedarse a mirar, desde la tribuna
ya vacía (sólo quedan los cafeteros y heladeros y
vendedores de banderitas, que recogen sus bártulos o tal vez
hacen cuentas) aquel campo en el que estuvo corriendo durante noventa
minutos e incluso convirtió uno, el segundo, de los dos goles
que le otorgan al Club Chico eso que suele llamarse un punto de oro.
Sí, desde aquí arriba el césped es una alfombra,
casi un paño verde como el del casino, con la importante
diferencia de que allá los números son fijos,
permanentes, y aquí (él, por ejemplo, es el ocho) cambian
constantemente de lugar y además se repiten. A lo mejor con el
flaco Suárez (que lleva el once prendido en la espalda)
podrían ser una de las parejas negras. O no. Porque de ambos,
sólo el Flaco es oscurito.

Ahora se levanta un viento arisco y las gradas de cemento son
recorridas por vasos de plástico, hojas de diario, talones de
entradas, almohadillas, pelotas de papel. Remolinos casi fantasmales
dan la falsa impresión de que las gradas se mueven, giran,
bailotean, se sacuden por fin el sol de la tarde. Hay papeles que suben
las escaleras y otros que se precipitan al vacío. A
Benjamín (Benja, para la hinchada) le sube una bocanada de
desconsuelo, de extraña ansiedad al enfrentarse, ¿por
primera vez?, con la quimera de cemento en estado de pureza (o de
basura, que es casi lo mismo) y se le ocurre que el estadio
vacío, desolado, es como un esqueleto de multitud, un eco
fantasmal de esa misma muchedumbre cuando ruge o aplaude o insulta o
agita banderas. Se pregunta cómo se habrá visto su gol
desde aquí, desde esta tribuna generalmente ocupada por las
huestes del adversario. Para los de abajo en la tabla, el estadio
siempre es enemigo: miles y miles de voces que los acosan, los
persiguen, los hunden, porque generalmente el que juega aquí, el
permanente locatario, es uno de los Grandes, y los de abajo sólo
van al estadio cuando les toca enfrentarlos, y en esas ocasiones apenas
si acarrean, en el mejor de los casos, algunos cientos de
fanáticos del barrio, que, aunque se desgañitan y agitan
como locos su única y gastada bandera, en realidad no cuentan,
es imposible que tapen, desde su islote de alaridos, el gran rugido de
la hinchada mayor. Desde abajo se sabe que existen, claro, y eso es
bueno, y de vez en cuando, cuando se suspende el juego por
lesión o por cambio de jugadores, los del Club Chico van con la
mirada al encuentro de aquel rinconcito de tribuna donde su bandera
hace guiños en clave, señales secretas como las del
truco. Y ésta es la mejor anfetamina, porque los llena de
saludable euforia y además no aparece en los controles
antidopping.

Hoy empataron, no está mal, se dice Benja, el número
ocho. Y está mejor porque todos sus huesos están enteros,
a pesar de la alevosa zancadilla (esquivada sólo por
intuición) que le dedicaran en el toletole previo al primer gol,
dos segundos antes de que el Colorado empujara nuevamente la globa con
el empeine y la colocara, inalcanzable, junto al poste izquierdo.
Después de todo, la playa es mía. Desde hace quince
años la vengo adquiriendo en pequeñas cuotas. Cuotas de
sol y dunas. Todos esos prójimos, prójimas y projimitos
que se ven tendidos sobre las rocas o bajo las sombrillas o corriendo
tras una pelota de engañapichanga o jugando a la paleta en una
cancha marcada en la arena con líneas que al rato se borran,
todos esos otros, están en la playa gracias a que yo les permito
estar. Porque la playa es mía. Mío el horizonte con
toninas remotas y tres barquitos a vela. Míos los peces que
extraen mis pescadores con mis redes antiguas, remendadas. El aire
salitroso y los castillos de arena y las aguas vivas y las algas que ha
traído la penúltima ola. Todo es mío.
¿Qué sería de mí, el número ocho,
sin estas mañanas en que la playa me convence de que soy libre,
de que puedo abrazar esta roca, que es mi roca mujer o tal vez mi roca
madre, y estirarme sin otros límites que mi propio límite
o hasta que siento las tenazas del cangrejo barcino sobre mi dedo
gordo? Aquí soy número ocho sin llevarlo en la espalda.
Soy número ocho sencillamente porque es mi identidad. Un cura o
un teniente o un payaso no necesitan vestir sotana o uniforme o traje
de colores para ser cura o teniente o payaso. Soy número ocho
aunque no lo lleve dibujado en el lomo y aunque ningún botija se
arrime a pedirme autógrafos, porque sólo se piden
autógrafos a los de los Clubes Grandes. Y creo que siempre
seré de Club Chico, porque me gusta amargarles la fiesta, no a
los jugadores que después de todo son como nosotros, sólo
que con más suerte y más guita, ni siquiera a la hinchada
grande por más que nos insulte cuando hacemos un fau y festeje
ruidosamente cuando el otro nos propina un hachazo en la canilla. Me
gusta arruinarles la fiesta, sobre todo a los dirigentes, esos
industriales bien instalados en su cochazo, en su piso de la Rambla y
en su mondongo, señores cuya gimnasia sabatina o dominical
consiste en sentarse muy orondos, arriba en el palco oficial, y desde
ahí ver cómo allá abajo nos reventamos, nos
odiamos, nos derretimos en sudores, y cuando sus jugadores ganan,
condescienden a llegar al vestuario y a darles una palmadita en el
hombro, disimulando apenas el asco que les provoca aquella piel
todavía sudada, y en cambio, cuando sus jugadores pierden, se
van entonces directamente a su casa, esta vez por supuesto sin ocultar
el asco. En verdad, en verdad os digo que yo ignoro si hacen eso, pero
me lo imagino. Es decir, tengo que imaginarlo así, porque una
cosa son las instrucciones del entrenador, que por supuesto trato de
cumplir si no son demasiado absurdas, y otra cosa son las instrucciones
que yo me doy, verbigracia vamo vamo número ocho hay que aguarle
la fiesta a ese presidente cogotudo, jactancioso y mezquino, que viene
al estadio con sus tres o cuatro nenes que desde ya tienen caritas de
futuros presidentes cogotudos. Bueno, no sé ni siquiera si tiene
hijos, pero tengo que imaginarlo así porque soy el número
ocho, insustituible titular de un Club Chico y, ya que cobro poco,
tengo que inventarme recompensas compensatorias y de esas recompensas
inventadas la mejor es la posibilidad de aguarle la fiesta al cogotudo
presidente del Grande, a fin de que el lunes, cuando concurra a su
Banco o a su banca, pase también su vergüenza rica, su
vergüenza suntuosa, así como nosotros, los que andamos en
la segunda mitad de la tabla, sufrimos, cuando perdemos, nuestra
vergüenza pobre. Pero, claro, no es lo mismo, porque los Grandes
siempre tienen la obligación de ganar, y los Chicos, en cambio,
sólo tenemos la obligación de perder lo menos posible. Y
cuando no ganamos y volvemos al barrio, la gente no nos mira con
menosprecio sino con tristeza solidaria, en tanto que al presidente
cogotudo, cuando vuelve el lunes a su Banco o a su banca, la gente, si
bien a veces se atreve a decirle qué barbaridad doctor porque
ustedes merecieron ganar y además por varios goles, en realidad
está pensando te jodieron doctor qué salsa les dieron
esos petizos. Por eso a mí no me importa ser número ocho
titular y que no me pidan autógrafos aquí en la playa ni
en el cine ni en Dieciocho. Los partidos no se ganan con
autógrafos. Se ganan con goles y ésos los sé
hacer. Por ahora al menos. También es un consuelo que la playa
sea mía, y como mía pueda recorrerla descalzo, casi
desnudo, sintiendo el sol en la espalda y la brisa en los ojos, o
tendiéndome en las rocas pero de cara al mar, consciente de que
atrás dejo la ciudad que me espía o me protege,
según las horas y según mi ánimo, y adelante
está esa llanura líquida, infinita, que me lame, me
salpica, a veces me da vértigo y otras veces me brinda una
insólita paz, un extraño sosiego, tan extraño que
a veces me hace olvidar que soy número ocho.
Alejandra. Lo extraño había sido que Benja conociera sus
manos antes que su rostro, o mejor aún, que se enamorara de sus
manos antes que de su rostro. Él regresaba de San Pablo en un
vuelo de Pluna. El equipo se había trasladado para jugar dos
amistosos fuera de temporada, pero Benja sólo había
participado en el primero porque en una jugada tonta había
caído mal y el desgarramiento iba a necesitar por lo menos cinco
días de cuidado, así que el preparador físico
decidió mandarlo a Montevideo para que allí lo atendieran
mejor. De modo que volvía solo. A la media hora de vuelo se
levantó para ir al baño y cuando regresaba a su sitio
tuvo la impresión de ser mirado pero él no miró.
Simplemente se sentó y reinició la lectura de Agatha
Christie, que le proponía un enigma afilado, bienhumorado y
sutil como todos los suyos.

De pronto percibió que algo singular estaba ocurriendo. En el
respaldo que estaba frente a él apareció una mano de
mujer. Era una mano delgada, de dedos largos y finos, con uñas
cuidadas pero sin color. Una mano expresiva, o quizá que
expresaba algo, pero qué. A los dos o tres minutos hizo
irrupción la otra mano, que era complementaria pero no igual.
Cada mano tenía su carácter, aunque sin duda
compartían una inquietante identidad. Benja no pudo continuar su
lectura. Adiós enigma y adiós Agatha. Las manos se
movían con sobriedad, se rozaban a veces. Él
imaginó que lo llamaban sin llamarlo, que le contaban una
historia, que le ofrecían respuestas a interrogantes que
aún no había formulado; en fin, que querían ser
asidas. Y lo más preocupante era que él también
quería asirlas, con todos los riesgos que un acto así
podía implicar, verbigracia que la dueña de aquellas
manos llamara inmediatamente a la azafata, o se levantara, enfrentada a
su descaro, y le propinara una espléndida bofetada, con toda la
vergüenza, adicional y pública, que semejante castigo
podía provocar. Hasta llegó a concebir, como un destello,
un título, a sólo dos columnas (porque era número
ocho, pero sólo de un Club Chico): conocido futbolista uruguayo
abofeteado en pleno vuelo por dama que se defiende de agresión
******.

Y sin embargo las manos hablaban. Sutiles, seductoras,
finísimas, dialogaban uña a uña, yema a yema, como
creando una espera, construyendo una expectativa. Y cuando fue ordenado
el ajuste de los cinturones de seguridad, desaparecieron para cumplir
la orden, pero de inmediato volvieron a poblar el respaldo y con ello a
convocar la ansiedad del número ocho, que por fin decidió
jugarse el todo por el todo y asumir el riesgo del ridículo, el
escándalo y el titular a dos columnas que acabaran con su
carrera deportiva. De modo que, tomada la difícil
decisión y tras ajustarse también él el
cinturón, avanzó su propia mano hacia los dedos
cautivantes, que en aquel preciso momento estaban juntos. Notó
un leve temblor, pero las manos no se replegaron. La suya
prolongó aquel extraño contacto por unos segundos, luego
se retiró. Sólo entonces las otras manos desaparecieron,
pero no pasó nada. No hubo llamada a la azafata ni bofetada.
Él respiró y quedó a la espera. Cuando el
avión comenzaba el descenso, una de las manos apareció de
nuevo y traía un papel, más bien un papelito, doblado en
dos. Benja lo recogió y lo abrió lentamente. Conteniendo
la respiración, leyó: 912437.

Se sintió eufórico, casi como cuando hacía un gol
sobre la hora y la hinchada del barrio vitoreaba su nombre y él
alzaba discretamente un brazo, nada más que para comunicar que
recibía y apreciaba aquel apoyo colectivo, aquel afecto, pero
los compañeros sabían que a él no le gustaba toda
esa parafernalia de abrazos, besos y palmaditas en el trasero, algo que
se había vuelto habitual en todas las canchas del mundo.
Así que cuando metía un gol sólo le tocaban un
brazo o le hacían desde lejos un gesto solidario. Pero ahora,
con aquel prometedor 912437 en el bolsillo, descendió del
avión como de un podio olímpico y diez minutos
después pudo mirar discretamente hacia la dueña de las
manos, que en ese instante abría su valija frente al funcionario
aduanero, y Benja comprobó que el rostro no desmerecía la
belleza y la seducción de las manos que lo habían enamorado.
Benja y Martín se encontraron como siempre en la pizzería
del sordo Bellini. Desde que ambos integraran el cuadrito juvenil de La
Estrella habían cultivado una amistad a prueba de balas y
también de codazos y zancadillas. Benja jugaba entonces de
zaguero y sin embargo había terminado en número ocho.
Martín, que en la adolescencia fuera puntero derecho, más
tarde (a raíz de una sustitución de emergencia, tras
lesiones sucesivas y en el mismo partido del golero titular y del
suplente) se había afincado y afirmado en el arco y hoy era uno
de los guardametas más cotizados y confiables de Primera A.

El sordo Bellini disfrutaba plenamente con la presencia de los dos
futbolistas. Él, que normalmente no atendía las mesas
sino que se instalaba en la caja con su gorra de capitán de
barco, cuando Martín y Benja aparecían, solos o
acompañados, de inmediato se arrimaba solícito a dejarles
el menú, a recoger los pedidos, a recomendarles tal o cual plato
y sobre todo a comentar las jugadas más notables o más
polémicas del último domingo.

Era algo así como el fan particular de Benja y Martín y
su caballito de batalla era hacerles bromas c
Es fácil vaticinar que los propagandistas de la infancia no van a interrumpir su campaña
quieren vendernos la inocencia cual si fuera un desodorante o un horóscopo
después de todo saben que caeremos como gorriones en la trampa
piando nostalgias inventando recuerdos perfeccionando la ansiedad

los geniales demagogos de la infancia
así se llamen Amicis o Proust o Lamorisse
sólo recapitulan turbadores sacrificios móviles campanarios globos que vuelven a su nube de origen
su paraíso recobrable no es exactamente nuestro siempre perdido paraíso
su paraíso tan seguro como dos y dos son cuatro no cabe en nuestro mezquino walhalla
ese logaritmo que nunca está en las tablas

los impecables paleontólogos de la infancia
duchos en exumar rondas triciclos mimos y otros fósiles
tienen olfato e intuición suficientes como para desenterrar y desplegar mitos cautivantes pavores sabrosos felicidad a cuerda

esos decisivos restauradores
con destreza profesional tapan grietas y traumas
y remiendan con zurcido invisible el desgarrón que arruinaba nuestro compacto recuerdo de cielo

sin embargo un día habrá que entrar a saco la podrida infancia
no el desván
allí apenas habitan los juguetes rotos los álbumes de sellos el ferrocarril rengo o sea la piel reseca de la infancia
no  las fotografías y su letargo sepia
habrá que entrar a saco la miseria

porque la infancia
además del estanque de azogada piedad
que a cualquier precio adquieren los ávidos turistas del regreso
además de la espiga y la arañita
y el piano de Mompou
además del alegre asombro que dicen hubo
además de la amistad con el perro del vecino
del juego con las trenzas que hacen juego
además de todo eso
tan radiante tan modestamente fabuloso
y sin embargo tan cruelmente olvidado
la infancia es otra cosa

por ejemplo la oprobiosa galería de  rostros
encendidos de entusiasmo puericultor y algunas veces de crueldad dulzona
y es (también la infancia tiene su otoño) la caída de las primeras máscaras
la vertiginosa temporada que va de la inauguración del pánico a la vergüenza de la masturbación inicial rudimentaria
la gallina asesinada por los garfios de la misma buena parienta que nos arropa al comienzo de la noche
la palabra cáncer y la noción de que no hay exorcismo que valga
la rebelión de la epidermis las estupefacciones convertidas en  lamparones de diversos diseños y medidas
la noche como la gran cortina que nadie es capaz de descorrer y que sin embargo oculta la prestigiosa momia del porvenir

por ejemplo la recurrente pesadilla
de diez cien veinte mil encapuchados
cuyo silencio a coro repetirá un longplay treinta años más tarde con el alevoso fascinante murmullo de los lamas del Tibet en sus cantos de muerte
pero que por entonces es sólo una interminable fila de encapuchados balanceándose saliéndose del sueño golpeando en el empañado vidrio de la cocina
proponiendo el terror y sus múltiples sobornos anexos

la otra infancia es qué duda cabe el insomnio con los ardides de su infierno acústico
uno dejándose llevar despojado de sábanas mosquitero camisón y pellejo
uno sin bronquios y sin tímpanos
dejándose llevar imaginándose llevado hacia un lejanísismo casi inalcanzable círculo o celda o sima donde no hay hormigas ni abuela ni quebrados ni ventana ni sopa y donde el ruido del mundo llega sólo como un zumbido ni siquiera insistente
es el golpe en la cara para ser más exacto en la  nariz
el caliente sabor de la primera sangre tragada
y el arranque de la inquina la navidad del odio que irza el pelo calienta las orejas aprieta los dientes gira los puños en un molinete enloquecido mientras los demás asisten como un cerco de horripiladas esperanzas timideces palabrotas y ojos con nauseas

es la chiquilina obligatoria distancia
la teresa rubia
de ojos alemanes y sonrisa para otros
humilladora de mis lápices de veneración de mis insignias de ofrenda de mis estampillas de homenaje
futura pobre gorda sofocada de deudas y de hijos pero entonces tan lejos y escarpada
y es también el amigo el único el mejor
aplastado en la calle


un día de éstos habrá que entrar a saco la podrida infancia
habrá que entrar a saco la miseria

sólo después
con el magro botín en las manos crispadamente adultas
sólo después
ya de regreso
podrá uno permitirse el lujo la merced el pretexto
el disfrute
de hacer escala en el desván
y revisar las fotos en su letargo sepia.
Io stongo 'e casa a 'o vico Paraviso
tengo tre stanze all'urdemo piano,
int' 'a stagione, maneche e 'ncammisa,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
mme metto for' 'a loggia a respirà.
Aiere ssera, quase a vintun'ora,
mentre facevo 'a solita fumata,
quanno mme sento areto nu rummore:
nu fuja-fuja... na specie 'e secutata...
Mm'avoto 'e scatto e faccio: "Chi va là?".

Appizzo ll'uocchio e veco 'a dint' 'o scuro
Bianchina, ferma 'nnanze a nu pertuso
'e chesta posta! Proprio sott' 'o muro.
Ma dato ch'era oscuro... era confuso,
non si vedeva la profondità.

St'appustamento ca faceva 'a gatta,
a ddì la verità, mme 'ncuriosette...
Penzaie:"Ccà nun mme pare buono 'o fatto:
e si Bianchina 'e puzo nce ne mette,
vuol dire qualche cosa nce adda stà".

E, comme infatti, nun m'ero sbagliato:
dentro al pertuso c'era un suricillo
cu ll'uocchie 'a fore... tutto spaventato,
...'o puveriello nun era tranquillo,
pensava: Nun m' 'a pozzo scapputtià.

Tutto a nu tratto 'o sorice parlaie
cu na parlata in italiano puro:
"Bianchina, ma perché con me ce l'hai?
Smettila, via, non farmi più paura!".
Dicette 'a gatta: "I' nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà, pietà, pietà! Che cosa ** fatto?".
E s'avutaie 'e botto 'a parte mia:
«Signore, per piacere, dica al suo gatto
che mi lasciasse in pace e così sia!".
"Va bene, va', Bianchì... lascelo stà!".

"Patrò, trasitevenne 'a parte 'e dinto,
che rispunnite a ffà mmiezzo a sti fatte?
Stu suricillo ca fa 'o lindo e pinto,
mme ll'aggia spiccià io ca songo 'a gatta,
si no ccà 'ncoppa che ce stongo a ffà?".

"Va bene, - rispunnette 'mbarazzato -
veditavella vuie sta questione,
però ccà 'ncoppa nun voglio scenate;
e ricordate ca songh'io 'o padrone
e si rispetta l'ospitalità".

"E inutile che staje dint' 'o pertuso,
-'a gatta lle dicette - chesta è 'a fine...
Si cride 'e te scanzà, povero illuso!
He fatto 'o cunto ma senza Bianchina...
Songo decisa e nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà di me! Pietà, Bianchina bella!".
Chiagneva e 'mpietto lle tremava 'a voce,
cosa ca te faceva arriccià 'a pella.
Povero suricillo, miso 'ncroce
senza speranza 'e se pute salvà!

"Va buo', pe chesta vota, 'izela 'a mano,
cerca d' 'o fà fui stu suricillo,
chello ca staje facenno nun à umano,
te miette 'ncuollo a chi à cchiù piccerillo...
Embe, che songo chesti nnuvità?".

"'O munno è ghiuto sempe 'e sta manera:
'o pesce gruosso magna 'o piccerillo
(mme rispunnette 'a gatta aiere ssera).
Pur'io aggio perduto nu mucillo
mmocca a nu cane 'e presa; ch'aggia fà?".

"Ma cosa c'entro io con quel cagnaccio!
Anch'io ** una mammina che mi aspetta:
Gesù Bambino, più non ce la faccio!
Nella mia tana vo' tornare in fretta;
se non mi vede mamma mia morrà"»

'O suricillo già vedeva 'a morte
e accumminciaie a chiagnere a dirotto,
'o core lle sbatteva forte forte,
e p' 'a paura se facette sotto.
Mm'avoto e faccio 'a gatta: "Frusta llà!".

'A gatta se facette na resata,
dicette: "E se po' iate int' 'a cucina
e truvate 'o formaggio rusecato,
pecché po' v' 'a pigliate cu Bianchina?
Chisto è 'o duvere mio... chesto aggia fà!".

In fondo in fondo, 'a gatta raggiunava:
si mm' 'a tenevo in casa era p' 'o scopo;
dicimmo 'a verità, chi s' 'a pigliava
si me teneva 'a casa chiena 'e topi?
Chiaie 'e spalle e mme jette a cuccà!
Amigo Blas de Otero: Porque sé que tú existes,
y porque el mundo existe, y yo también existo,
porque tú y yo y el mundo nos estamos muriendo,
gastando nuestras vueltas como quien no hace nada,
quiero hablarte y hablarme, dejar hablar al mundo
de este dolor que insiste en todo lo que existe.
Vamos a ver, amigo, si esto puede aguantarse:
El semillero hirviente de un corazón podrido,
los mordiscos chiquitos de las larvas hambrientas,
los días cualesquiera que nos comen por dentro,
la carga de miseria, la experiencia -un residuo-,
las penas amasadas con lento polvo y llanto.
Nos estamos muriendo por los cuatro costados,
y también por el quinto de un Dios que no entendemos.
Los metales furiosos, los mohos del cansancio,
los ácidos borrachos de amarguras antiguas,
las corrupciones vivas, las penas materiales...
todo esto -tú sabes-, todo esto y lo otro.
Tú sabes. No perdonas. Estás ardiendo vivo.
La llama que nos duele quería ser un ala.
Tú sabes y tu verso pone el grito en el cielo.
Tú, tan serio, tan hombre, tan de Dios aun si pecas,
sabes también por dentro de una angustia rampante,
de poemas prosaicos, de un amor sublevado.
Nuestra pena es tan vieja que quizá no sea humana:
ese mugido triste del mar abandonado,
ese temblor insomne de un follaje indistinto,
las montañas convulsas, el éter luminoso,
un ave que se ha vuelto invisible en el viento,
viven, dicen y sufren en nuestra propia carne.
Con los cuatro elementos de la sangre, los huesos,
el alma transparente y el yo opaco en su centro,
soy el agua sin forma que cambiando se irisa,
la inercia de la tierra sin memoria que pesa,
el aire estupefacto que en sí mismo se pierde,
el corazón que insiste tartamudo afirmando.
Soy creciente. Me muero. Soy materia. Palpito.
Soy un dolor antiguo como el mundo que aún dura.
He asumido en mi cuerpo la pasión, el misterio,
la esperanza, el pecado, el recuerdo, el cansancio,
Soy la instancia que elevan hacia un Dios excelente
la materia y el fuego, los latidos arcaicos.
Debo salvarlo todo si he de salvarme entero.
Soy coral, soy muchacha, soy sombra y aire nuevo,
soy el tordo en la zarza, soy la luz en el trino,
soy fuego sin sustancia, soy espacio en el canto,
soy estrella, soy tigre, soy niño y soy diamante
que proclaman y exigen que me haga Dios con ellos.
¡Si fuera yo quien sufre! ¡Si fuera Blas de Otero!
¡Si sólo fuera un hombre pequeñito que muere
sabiendo lo que sabe, pesando lo que pesa!
Mas es el mundo entero quien se exalta en nosotros
y es una vieja historia lo que aquí desemboca.
Ser hombre no es ser hombre. Ser hombre es otra cosa.
Invoco a los amantes, los mártires, los locos
que salen de sí mismos buscándose más altos.
Invoco a los valientes, los héroes, los obreros,
los hombres trabajados que duramente aguantan
y día a día ganan su pan, mas piden vino.
Invoco a los dolidos. Invoco a los ardientes.
Invoco a los que asaltan, hiriéndose, gloriosos,
la justicia exclusiva y el orden calculado,
las rutinas mortales, el bienestar virtuoso,
la condición finita del hombre que en sí acaba,
la consecuencia estricta, los daños absolutos.
Invoco a los que sufren rompiéndose y amando.
Tú también, Blas de Otero, chocas con las fronteras,
con la crueldad del tiempo, con límites absurdos,
con tu ciudad, tus días y un caer gota a gota,
con ese mal tremendo que no te explica nadie.
Irónicos zumbidos de aviones que pasan
y muertos boca arriba que no, no perdonamos.
A veces me parece que no comprendo nada,
ni este asfalto que piso, ni ese anuncio que miro.
Lo real me resulta increíble y remoto.
Hablo aquí y estoy lejos. Soy yo, pero soy otro.
Sonámbulo transcurro sin memoria ni afecto,
desprendido y sin peso, por lúcido ya loco.
Detrás de cada cosa hay otra cosa que es la misma,
idéntica y distinta, real y a un tiempo extraña.
Detrás de cada hombre un espejo repite
los gestos consabidos, mas lejos ya, muy lejos.
Detrás de Blas de Otero, Blas de Otero me mira,
quizá me da la vuelta y viene por mi espalda.
Hace aún pocos días caminábamos juntos
en el frío, en el miedo, en la noche de enero
rasa con sus estrellas declaradas lucientes,
y era raro sentirnos diferentes, andando.
Si tu codo rozaba por azar mi costado,
un temblor me decía: «Ese es otro, un misterio.»
Hablábamos distantes, inútiles, correctos,
distantes y vacíos porque Dios se ocultaba,
distintos en un tiempo y un lugar personales,
en las pisadas huecas, en un mirar furtivo,
en esto con que afirmo: «Yo, tú, él, hoy, mañana»,
en esto que separa y es dolor sin remedio.
Tuvimos aún que andar, cruzar calles vacías,
desfilar ante casas quizá nunca habitadas,
saber que una escalera por sí misma no acaba,
traspasar una puerta -lo que es siempre asombroso-,
saludar a otro amigo también raro y humano,
esperar que dijeras -era un milagro-: Dios al fin escuchaba.
Todo el dolor del mundo le atraía a nosotros.
Las iras eran santas; el amor, atrevido;
los árboles, los rayos, la materia, las olas,
salían en el hombre de un penar sin conciencia,
de un seguir por milenios, sin historia, perdidos.
Como quien dice «sí», dije Dios sin pensarlo.
Y vi que era posible vivir, seguir cantando.
Y vi que el mismo abismo de miseria medía
como una boca hambrienta, qué grande es la esperanza.
Con los cuatro elementos, más y menos que hombre,
sentí que era posible salvar el mundo entero,
salvarme en él, salvarlo, ser divino hasta en cuerpo.
Por eso, amigo mío, te recuerdo, llorando;
te recuerdo, riendo; te recuerdo, borracho;
pensando que soy bueno, mordiéndome las uñas,
con este yo enconado que no quiero que exista,
con eso que en ti canta, con eso en que me extingo
y digo derramado: amigo Blas de Otero.
Con un menino del Padre,
Tu mandil y mi avantal,
De la cámara del golpe,
Pues que su llave la trae,
Recibí en letra los ciento
Que recibiste, jayán,
De contado, que se vían
Uno al otro al asentar.
Por matar la sed te has muerto;
Más valiera, Escarramán,
Por no pasar esos tragos
Dejar otros de pasar.
Borrachas son las pendencias,
Pues tan derechas se van
A la bayuca, donde hallan,
Besando los jarros, paz.
No hay cuestión ni pesadumbre
Que sepa, amigo, nadar;
Todas se ahogan en vino,
Todas se atascan en pan.
Si por un chirlo tan sólo
Ciento el verdugo te da,
En el dar ciento por uno
Parecido a Dios será.
Si tantos verdugos catas,
Sin duda que te querrán
Las Damas por verdugado
Y las Izas por rufián.
Si te han de dar más azotes
Sobre los que están atrás,
Estarán unos sobre otros
O se habrán de hacer alIá.
Llevar buenos pies de albarda
No tienes que exagerar,
Que es más de muy azotado
Que de jinete y galán.
Por buen supuesto te tienen
Pues te envían a bogar,
Ropa y plaza tienes cierta,
Y a subir empezarás.
Quéjaste de ser forzado,
No pudiera decir más
Lucrecia del rey Tarquino,
Que tú de su Majestad.
Esto de ser galeote
Solamente es empezar,
Que luego, tras remo y pito,
Las manos te comerás.
Dices que te contribuya,
Y es mi desventura tal
Que si no te doy consejos,
Yo no tengo que te dar.
Los hombres por las mujeres
Se truecan ya taz a taz,
Y si les dan algo encima,
No es moneda lo que dan.
No da nadie sino a censo,
Y todas queremos más
Para galán un Pagano,
Que un Cristiano sin pagar.
A la sombra de un corchete
Vivo en aqueste lugar,
Que es para los delincuentes
Árbol que puede asombrar.
De las cosas que me escribes
He sentido algún pesar,
Que le tengo a Cardeñoso
Entrañable voluntad.
¡Miren qué huevos le daba
El Asistente a tragar
Para que cantara tiples,
Sino agua, cuerda y cendal!
Que Remolón fuese cuenta
Heme holgado en mi verdad,
Pues por aquese camino
Hombre de cuenta será.
Aquí derrotaron juntos
Coscolina y Cañamar,
En cueros por su pecado
Como Eva con Adán.
Pasáronlo honradamente
En este honrado lugar;
Y no siendo picadores,
Vivieron pues de hacer mal.
Espaldas le hizo el verdugo,
Mas debióse de cansar,
Pues habrá como ocho días
Que se las deshizo ya.
Y muriera como Judas,
Pero anduvo tan sagaz,
Que negó -sin ser San Pedro-
Tener llave universal.
Perdone Dios a Lobrezno,
Por su infinita bondad,
Que ha dejado sin amparo
Y muchacha a la Luján.
Después que supo la nueva,
Nadie la ha visto pecar
En público; que de pena
Va de zaguán en zaguán.
De nuevo no se me ofrece
Cosa de que te avisar,
Que la muerte de Valgarra
Ya es añeja por allá.
Cespedosa es ermitaño
Una legua de Acalá;
Buen diciplinante ha sido,
Buen penitente será.
Baldorro es mozo de sillas
Y lacayo Matorral,
Que Dios por este camino
Los ha querido llamar.
Montúsar se ha entrado a ****
Con un mulato rapaz:
Que por lucir más que todos
Se deja el pobre quemar.
Murió en la Ene de palo
Con buen ánimo un Gañán,
Y el Jinete de gaznates
Lo hizo con él muy mal.
Tiénenos muy lastimadas
La justicia, sin pensar
Qué se hizo en nuestra Madre,
La vieja del arrabal,
Pues sin respetar las tocas
Ni las canas ni la edad,
A fuerza de cardenales
Ya la hicieron obispar.
Tras ella, de su motivo,
Se salían del hogar
Las ollas con sus legumbres;
No se vio en el mundo tal,
Pues cogió más berenjenas
En una hora, sin sembrar,
Que un hortelano morisco
En todo un año cabal.
Esta Cuaresma pasada
Se convirtió la Tomás
En el Sermón de los peces
Siendo el pecado carnal.
Convirtióse a puros gritos,
Túvosele a liviandad,
Por no ser de los famosos,
Sino un pobre Sacristán.
No aguardó que la sacase
Calavera o cosa tal,
Que se convirtió de miedo
Al primero ¡Satanás!.
No hay otra cosa de nuevo,
Que en el vestir y el calzar,
Caduca ropa me visto
Y saya de mucha edad.
Acabado el decenario
Adonde ahora te vas,
Tuya seré, que tullida
Ya no me puedo mudar.
Si acaso quisieres algo
O se te ofreciere acá,
Mándame, pues de bubosa
Yo no me puedo mandar.
Aunque no de Calatrava
De Alcántara ni San Juan,
Te envían sus encomiendas
La Téllez, Caravajal,
La Collantes valerosa,
La golondrina Pascual,
La Enrique mal degollada,
La Palomita torcaz.
Fecha en Toledo la rica,
Dentro del pobre Hospital,
Donde trabajos de entrambos
Empiezo ahora a sudar.
Mateuš Conrad Jun 2017
i think, you should stop going to italy, for one, oh **** me, keep going on hedonist ****-**** fests to places like mallorca, but stop going to italy, you're making my stomach ache from laughter, with what you come back with, the so-called "innovations"; somehow i'd just poach my cauliflower, and drizzle it with fried breadcrumbs, and serve it as a side-dish to fried eggs (2), and some tatties; for goodness sake, even cauliflower cream soup makes more sense, garnished with some fried chorizo!

first it was avocado on toast...
          who the **** puts avocado on bread?
i can imagine putting it in pasta...
but on bread?
                hey, what the **** does
the acronym f.a.d. mean?
             i don't know, and i won't google it...
o.k. avocado on toast...
              nothing near guacamole,
  but fair enough...
           but what i discovered... pushes
the button where i turn into a fox laughter
(
fuchslachen) -
           i couldn't stop...
                      you can find it in the *weekend

section of the saturday times newspaper...
written by nicola m.
          cauliflower and mozzarella pizza...
you have to be ******* me...
                cauliflower? on pizza?
one of my housemates at university told
me an anecdote:
    i was in a restaurant once,
          and asked for a pizza with no cheese...
he continued:
      and then the head chef came out and
asked me... are you, insane?!
       a bit like: bread...    but no butter?
and i thought i was insane eating a watermelon
today, whole,
the red pulp, and the outer layers including
the skin included, allowing myself
a gorilla imitation cameo gimmick...
      but i thought i was mad...
but there's avocado on toast...
   and now... cauliflower on pizza...
                              it's a ******* side-dish!
wait, don't tell me... you're going to put
some potatoes onto the pizza the next frizz
comes along... right?
                      how about beetroot?
                         thankfully, if i have some
wacky ideas in terms of culinary escapades,
they happen, drunk, after 12a.m.,
and i'm the scientist, and the experimental rabbit
2-in-1...
                     a newspaper column?
apparently, you get one, putting avocado
on toast...
                 or cauliflower on a pi-zzzzz-ah...
to be honest, even though i haven't tried it,
grilled aubergines on a pizza could work...
   the toast?               marmite and cheddar...
english people should stop glorifying holidays
in italy... they're ****** cooks...
                   an italian would just look at
a pizza with cauliflower and say:          cosa?
i'd suggest heading to scotland first,
and picking up the vibes from some haggis.
**** me...
   avocado on toast...
                caulifower on a pizza?!
                           now i can die happy, 'appy,
clapping: encore!
La cosa va así: no sé cómo nombrar este libro,
como si nombrar esto fuera la hipérbole de la hermandad,
no temerle a lo cierto, pasar del alimento cotidiano al polvo de un paisaje,
saltar por lo sencillo de la imagen de un pájaro blanco que irrumpe sin respeto,
a lo que nunca supe.

Escribir es escribir lo que no se sabe, por lo demás, un impulso que tienta definir la sonrisa de alguien, con la estampa accesible de un nombre propio.

Pero la cosa va así amor: no sé cómo nombrar este libro,
susceptible todo desde lo nada,
por eso el tema del clima, árboles totales,
victorias contundentes de insectos,
lo que contiene decir un niño ambiguo:
para alguien la carcajada, para otro el asco,
para alguien más, horas claras,
semanas marcadas para siempre-nunca.

Al escribir tenemos reservas, al ver de frente tenemos reservas,
al poner el pie derecho pensando en las serpientes tenemos reservas,
al dormir al lado de algún desconocido tenemos reservas.

Al menos hoy, al no saber cómo darle nombre a esto que ha ocurrido,
mientras los truenos marcan distancia y certidumbre.
Aileen Connolly Feb 2010
Lei piange, e piange.Il fiore del sua cuoreÉ morto nella questa stagione d’invernoPerché la sua amore, chi abitava in questo floreE lo guardava, e lo amava,Ha salito sine una parola.E lui solo ha salito le spine per compagnia.Che crueltá, che iróniaChe la donna chi non sentava niente maiHa solo le ferite nel cuore a consolarleHa solo il guanciale a aguscia le sue lacrimeQuando tutta che lei voglia nel mondoÉ il ragazzo chi prima ha scopertoChe lei possa amare davvero.
Max Neumann Aug 2021
splinter of existence creepin' thru skin
when judgement day is scarin' ya guys
temples beatin' 888 beats per minute
as dreams of shelter be passin' by

remember merciless bob, the hyena?
used to shoot bullets like rashid stoogie
always mind da project's family tree, b
watts to frankfurt via lima, diz how we be

brothaz, almans, multihood, escalade in chrome
osmans *** some, naber abi, bana parayi ver
you won't survive the massacre of greed
palms grow inside frankfurt's wildlife

GBS, TPB, LA MINA, HOLZI, NORDI, BOKI
dey be too fierce for dem knocko boys
no jammin', silver colts in montenegro
special forces, dejan, heroine, grenades

choki predicted da richness, we be floatin'
ari goldman tower, sandstone, platinum coke
yugos, habibis, moruks, almans, pashto
marokks, habeshas, albans and kurds

man bites dog, anti-traitor, snares
lacerated cable, flashdeath in red and blue
palermo, cosa nostra, secret shipment
da antagonist be chained 'gainst ya brain, bro

we tear up pavements since we rule da planet
massacres, new age, 36ers, crenshaw, headrush
day of vendetta bros, senait forgot how to *** back
street dust be what ya smellin' in da projectz

bent body, similar to deceased city doves
her soul be glintin' among da 5-0 sirens
large scale operation, silverblack corpses
black dots in front of ya eyes, sista

harlem river houses, homeshadows, dough
the ghetto raises fierce and bloodthirsty men
2 for 60, flip it into 90 and mind the cut, kwame
ya peeps gotta eat, and don't forget youse momz

let's build towers from all dem stacks, luv bellywood
our camouflage be immaculate like 90% pure
rides on champagne in times of evil blood
we light up the night and rightfully keep turf

our home be 36 souls away, slums and the hamptons
in the kitchen, da fiend's addiction is boiling
e guitar sounds, we overrun ya people
and don't ya fear jail, we reign institutionz
Piramidal, funesta de la tierra
nacida sombra, al cielo encaminaba
de vanos obeliscos ***** altiva,
escalar pretendiendo las estrellas;
si bien sus luces bellas
esemptas siempre, siempre rutilantes,
la tenebrosa guerra
que con negros vapores le intimaba
la vaporosa sombra fugitiva
burlaban tan distantes,
que su atezado ceño
al superior convexo aún no llegaba
del orbe de la diosa
que tres veces hermosa
con tres hermosos rostros ser ostenta;
quedando sólo dueño
del aire que empañaba
con el aliento denso que exhalaba.
Y en la quietud contenta
de impero silencioso,
sumisas sólo voces consentía
de las nocturnas aves
tan oscuras tan graves,
que aún el silencio no se interrumpía.
Con tardo vuelo, y canto, de él oído
mal, y aún peor del ánimo admitido,
la avergonzada Nictímene acecha
de las sagradas puertas los resquicios
o de las claraboyas eminentes
los huecos más propicios,
que capaz a su intento le abren la brecha,
y sacrílega llega a los lucientes
faroles sacros de perenne llama,
que extingue, sino inflama
en licor claro la materia crasa
consumiendo; que el árbol de Minerva
de su fruto, de prensas agravado,
congojoso sudó y rindió forzado.
Y aquellas que su casa
campo vieron volver, sus telas yerba,
a la deidad de Baco inobedientes
ya no historias contando diferentes,
en forma si afrentosa transformadas
segunda forman niebla,
ser vistas, aun temiendo en la tiniebla,
aves sin pluma aladas:
aquellas tres oficiosas, digo,
atrevidas hermanas,
que el tremendo castigo
de desnudas les dio pardas membranas
alas, tan mal dispuestas
que escarnio son aun de las más funestas:
éstas con el parlero
ministro de Plutón un tiempo, ahora
supersticioso indicio agorero,
solos la no canora
componían capilla pavorosa,
máximas negras, longas entonando
y pausas, más que voces, esperando
a la torpe mensura perezosa
de mayor proporción tal vez que el viento
con flemático echaba movimiento
de tan tardo compás, tan detenido,
que en medio se quedó tal vez dormido.
Este. pues, triste son intercadente
de la asombrosa turba temerosa,
menos a la atención solicitaba
que al suelo persuadía;
antes si, lentamente,
si su obtusa consonancia espaciosa
al sosiego inducía
y al reposo los miembros convidaba,
el silencio intimando a los vivientes,
uno y otro sellando labio obscuro
con indicante dedo, Harpócrates la noche silenciosa;
a cuyo, aunque no duro, si bien imperioso
precepto, todos fueron obedientes.
El viento sosegado, el can dormido:
éste yace, aquél quedo,
los átomos no mueve
con el susurro hacer temiendo leve,
aunque poco sacrílego ruido,
violador del silencio sosegado.
El mar, no ya alterado,
ni aún la instable mecía
cerúlea cuna donde el sol dormía;
y los dormidos siempre mudos peces,
en los lechos 1amosos
de sus obscuros senos cavernosos,
mudos eran dos veces.
Y entre ellos la engañosa encantadora
Almone, a los que antes
en peces transformó simples amantes,
transformada también vengaba ahora.
En los del monte senos escondidos
cóncavos de peñascos mal formados,
de su esperanza menos defendidos
que de su obscuridad asegurados,
cuya mansión sombría
ser puede noche en la mitad del día,
incógnita aún al cierto
montaraz pie del cazador experto,
depuesta la fiereza
de unos, y de otros el temor depuesto,
yacía el vulgo bruto,
a la naturaleza
el de su potestad vagando impuesto,
universal tributo.
Y el rey -que vigilancias afectaba-
aun con abiertos ojos no velaba.
El de sus mismos perros acosado,
monarca en otro tiempo esclarecido,
tímido ya venado,
con vigilante oído,
del sosegado ambiente,
al menor perceptible movimiento
que los átomos muda,
la oreja alterna aguda
y el leve rumor siente
que aun le altera dormido.
Y en 1a quietud del nido,
que de brozas y lodo instable hamaca
formó en la más opaca
parte del árbol, duerme recogida
la leve turba, descansando el viento
del que le corta alado movimiento.
De Júpiter el ave generosa
(como el fin reina) por no darse entera
al descanso, que vicio considera
si de preciso pasa, cuidadosa
de no incurrir de omisa en el exceso,
a un sólo pie librada fía el peso
y en otro guarda el cálculo pequeño,
despertador reloj del leve sueño,
porque si necesario fue admitido
no pueda dilatarse continuado,
antes interrumpido
del regio sea pastoral cuidado.
¡Oh de la majestad pensión gravosa,
que aun el menor descuido no perdona!
Causa quizá que ha hecho misteriosa,
circular denotando la corona
en círculo dorado,
que el afán es no menos continuado.
El sueño todo, en fin, lo poseía:
todo. en fin, el silencio lo ocupaba.
Aun el ladrón dormía:
aun el amante no se desvelaba:
el conticinio casi ya pasando
iba y la sombra dimidiaba, cuando
de las diurnas tareas fatigados
y no sólo oprimidos
del afán ponderosos
del corporal trabajo, más cansados
del deleite también; que también cansa
objeto continuado a 1os sentidos
aún siendo deleitoso;
que la naturaleza siempre alterna
ya una, ya otra balanza,
distribuyendo varios ejercicios,
ya al ocio, ya al trabajo destinados,
en el fiel infiel con que gobierna
la aparatosa máquina del mundo.
Así pues, del profundo
sueño dulce los miembros ocupados,
quedaron los sentidos
del que ejercicio tiene ordinario
trabajo, en fin, pero trabajo amado
-si hay amable trabajo-
si privados no, al menos suspendidos.
Y cediendo al retrato del contrario
de la vida que lentamente armado
cobarde embiste y vence perezoso
con armas soñolientas,
desde el cayado humilde al cetro altivo
sin que haya distintivo
que el sayal de la púrpura discierna;
pues su nivel, en todo poderoso,
gradúa por esemptas
a ningunas personas,
desde la de a quien tres forman coronas
soberana tiara
hasta la que pajiza vive choza;
desde la que el Danubio undoso dora,
a la que junco humilde, humilde mora;
y con siempre igual vara
(como, en efecto, imagen poderosa
de la muerte) Morfeo
el sayal mide igual con el brocado.
El alma, pues, suspensa
del exterior gobierno en que ocupada
en material empleo,
o bien o mal da el día por gastado,
solamente dispensa,
remota, si del todo separada
no, a los de muerte temporal opresos,
lánguidos miembros, sosegados huesos,
los gajes del calor vegetativo,
el cuerpo siendo, en sosegada calma,
un cadáver con alma,
muerto a la vida y a la muerte vivo,
de lo segundo dando tardas señas
el de reloj humano
vital volante que, sino con mano,
con arterial concierto, unas pequeñas
muestras, pulsando, manifiesta lento
de su bien regulado movimiento.
Este, pues, miembro rey y centro vivo
de espíritus vitales,
con su asociado respirante fuelle
pulmón, que imán del viento es atractivo,
que en movimientos nunca desiguales
o comprimiendo yo o ya dilatando
el musculoso, claro, arcaduz blando,
hace que en él resuelle
el que le circunscribe fresco ambiente
que impele ya caliente
y él venga su expulsión haciendo activo
pequeños robos al calor nativo,
algún tiempo llorados,
nunca recuperados,
si ahora no sentidos de su dueño,
que repetido no hay robo pequeño.
Estos, pues, de mayor, como ya digo,
excepción, uno y otro fiel testigo,
la vida aseguraban,
mientras con mudas voces impugnaban
la información, callados los sentidos
con no replicar sólo defendidos;
y la lengua, torpe, enmudecía,
con no poder hablar los desmentía;
y aquella del calor más competente
científica oficina
próvida de los miembros despensera,
que avara nunca v siempre diligente,
ni a la parte prefiere más vecina
ni olvida a la remota,
y, en ajustado natural cuadrante,
las cuantidades nota
que a cada cual tocarle considera,
del que alambicó quilo el incesante
calor en el manjar que medianero
piadoso entre él y el húmedo interpuso
su inocente substancia,
pagando por entero
la que ya piedad sea o ya arrogancia,
al contrario voraz necio la expuso
merecido castigo, aunque se excuse
al que en pendencia ajena se introduce.
Esta, pues, si no fragua de Vulcano,
templada hoguera del calor humano,
al cerebro enviaba
húmedos, mas tan claros los vapores
de los atemperados cuatro humores,
que con ellos no sólo empañaba
los simulacros que la estimativa
dio a la imaginativa,
y aquesta por custodia más segura
en forma ya más pura
entregó a la memoria que, oficiosa,
gravó tenaz y guarda cuidadosa
sino que daban a la fantasía
lugar de que formase
imágenes diversas y del modo
que en tersa superficie, que de faro
cristalino portento, asilo raro
fue en distancia longísima se veían,
(sin que ésta le estorbase)
del reino casi de Neptuno todo,
las que distantes le surcaban naves.
Viéndose claramente,
en su azogada luna,
el número, el tamaño y la fortuna
que en la instable campaña transparente
arriesgadas tenían,
mientras aguas y vientos dividían
sus velas leves y sus quillas graves,
así ella, sosegada, iba copiando
las imágenes todas de las cosas
y el pincel invisible iba formando
de mentales, sin luz, siempre vistosas
colores. las figuras,
no sólo ya de todas las criaturas
sublunares, mas aun también de aquellas
que intelectuales claras son estrellas
y en el modo posible
que concebirse puede lo invisible,
en sí mañosa las representaba
y al alma las mostraba.
La cual, en tanto, toda convertida
a su inmaterial ser y esencia bella,
aquella contemplaba,
participada de alto ser centella,
que con similitud en sí gozaba.
I juzgándose casi dividida
de aquella que impedida
siempre la tiene, corporal cadena
que grosera embaraza y torpe impide
el vuelo intelectual con que ya mide
la cuantidad inmensa de la esfera,
ya el curso considera
regular con que giran desiguales
los cuerpos celestiales;
culpa si grave, merecida pena,
torcedor del sosiego riguroso
de estudio vanamente juicioso;
puesta a su parecer, en la eminente
cumbre de un monte a quien el mismo Atlante
que preside gigante
a los demás, enano obedecía,
y Olimpo, cuya sosegada frente,
nunca de aura agitada
consintió ser violada,
aun falda suya ser no merecía,
pues las nubes que opaca son corona
de la más elevada corpulencia
del volcán más soberbio que en la tierra
gigante erguido intima al cielo guerra,
apenas densa zona
de su altiva eminencia
o a su vasta cintura
cíngulo tosco son, que mal ceñido
o el viento lo desata sacudido
o vecino el calor del sol, lo apura
a la región primera de su altura,
ínfima parte, digo, dividiendo
en tres su continuado cuerpo horrendo,
el rápido no pudo, el veloz vuelo
del águila -que puntas hace al cielo
y el sol bebe los rayos pretendiendo
entre sus luces colocar su nido-
llegar; bien que esforzando
mas que nunca el impulso, ya batiendo
las dos plumadas velas, ya peinando
con las garras el aire, ha pretendido
tejiendo de los átomos escalas
que su inmunidad rompan sus dos alas.
Las pirámides dos -ostentaciones
de Menfis vano y de la arquitectura
último esmero- si ya no pendones
fijos, no tremolantes, cuya altura
coronada de bárbaros trofeos,
tumba y bandera fue a los Ptolomeos,
que al viento, que a las nubes publicaba,
si ya también el cielo no decía
de su grande su siempre vencedora
ciudad -ya Cairo ahora-
las que, porque a su copia enmudecía
la fama no contaba
gitanas glorias, menéficas proezas,
aun en el viento, aun en el cielo impresas.
Estas que en nivelada simetría
su estatura crecía
con tal disminución, con arte tanto,
que cuánto más al cielo caminaba
a la vista que lince la miraba,
entre los vientos se desaparecía
sin permitir mirar la sutil *****
que al primer orbe finge que se junta
hasta que fatigada del espanto,
no descendida sino despeñada
se hallaba al pie de la espaciosa basa.
Tarde o mal recobrada
del desvanecimiento,
que pena fue no escasa
del visual alado atrevimiento,
cuyos cuerpos opacos
no al sol opuestos, antes avenidos
con sus luces, si no confederados
con él, como en efecto confiantes,
tan del todo bañados
de un resplandor eran, que lucidos,
nunca de calurosos caminantes
al fatigado aliento, a los pies flacos
ofrecieron alfombra,
aun de pequeña, aun de señal de sombra.
Estas que glorias ya sean de gitanas
o elaciones profanas,
bárbaros hieroglíficos de ciego
error, según el griego,
ciego también dulcísimo poeta,
si ya por las que escribe
aquileyas proezas
o marciales, de Ulises, sutilezas,
la unión no le recibe
de los historiadores o le acepta
cuando entre su catálogo le cuente,
que gloría más que número le aumente,
de cuya dulce serie numerosa
fuera más fácil cosa
al temido Jonante
el rayo fulminante
quitar o la pescada
a Alcídes clava herrada,
que un hemistiquio solo
-de los que le: dictó propicio Apolo-
según de Homero digo, la sentencia.
Las pirámides fueron materiales
tipos solos, señales exteriores
de las que dimensiones interiores
especies son del alma intencionales
que como sube en piramidal *****
al cielo la ambiciosa llama ardiente,
así la humana mente
su figura trasunta
y a la causa primera siempre aspira,
céntrico punto donde recta tira
la línea, si ya no circunferencia
que contiene infinita toda esencia.
Estos pues, montes dos artificiales,
bien maravillas, bien milagros sean,
y aun aquella blasfema altiva torre,
de quien hoy dolorosas son señales
no en piedras, sino en lenguas desiguales
porque voraz el tiempo no ]as borre,
los idiomas diversos que escasean
el sociable trato de las gentes
haciendo que parezcan diferentes
los que unos hizo la naturaleza,
de la lengua por solo la extrañeza; .
si fueran comparados
a la mental pirámide elevada,
donde, sin saber como colocada
el alma se miró, tan atrasados
se hallaran que cualquiera
graduara su cima por esfera,
pues su ambicioso anhelo,
haciendo cumbre de su propio vuelo,
en lo más eminente
la encumbró parte de su propia mente,
de sí tan remontada que creía
que a otra nueva región de sí salía.
En cuya casi elevación inmensa,
gozosa, mas suspensa,
suspensa, pero ufana
y atónita, aunque ufana la suprema
de lo sublunar reina soberana,
la vista perspicaz libre de antojos
de sus intelectuales y bellos ojos,
sin que distancia tema
ni de obstáculo opaco se recele,
de que interpuesto algún objeto cele,
libre tendió por todo lo criado,
cuyo inmenso agregado
cúmulo incomprehensible
aunque a la vista quiso manifiesto
dar señas de posible,
a la comprehensión no, que entorpecida
con la sobra de objetos y excedida
de la grandeza de ellos su potencia,
retrocedió cobarde,
tanto no del osado presupuesto
revocó la intención arrepentida,
la vista que intentó descomedida
en vano hacer alarde
contra objeto que excede en excelencia
las líneas visuales,
contra el sol, digo, cuerpo luminoso,
cuyos rayos castigo son fogoso,
de fuerzas desiguales
despreciando, castigan rayo a rayo
el confiado antes atrevido
y ya llorado ensayo,
necia experiencia que costosa tanto
fue que Icaro ya su propio llanto
lo anegó enternecido
como el entendimiento aquí vencido,
no menos de la inmensa muchedumbre
de tanta maquinosa pesadumbre
de diversas especies conglobado
esférico compuesto,
que de las cualidades
de cada cual cedió tan asombrado
que, entre la copia puesto,
pobre con ella en las neutralidades
de un mar de asombros, la elección confusa
equívoco las ondas zozobraba.
Y por mirarlo todo; nada veía,
ni discernir podía,
bota la facultad intelectiva
en tanta, tan difusa
incomprensible especie que miraba
desde el un eje en que librada estriba
la máquina voluble de la esfera,
el contrapuesto polo,
las partes ya no sólo,
que al universo todo considera
serle perfeccionantes
a su ornato no más pertenecientes;
mas ni aun las que ignorantes;
miembros son de su cuerpo dilatado,
proporcionadamente competentes.
Mas como al que ha usurpado
diuturna obscuridad de los objetos
visibles los colores
si súbitos le asaltan resplandores,
con la sombra de luz queda más ciego:
que el exceso contrarios hace efectos
en la torpe potencia, que la lumbre
del sol admitir luego
no puede por la falta de costumbre;
y a la tiniebla misma que antes era
tenebroso a la vista impedimento,
de los agravios de la luz apela
y una vez y otra con la mano cela
de los débiles ojos deslumbrados
los rayos vacilantes,
sirviendo va piadosa medianera
la sombra de instrumento
para que recobrados
por grados se habiliten,
porque después constantes
su operación más firme ejerciten.
Recurso natural, innata ciencia
que confirmada ya de la experiencia,
maestro quizá mudo,
retórico ejemplar inducir pudo
a uno y otro galeno
para que del mortífero veneno,
en bien proporcionadas cantidades,
escrupulosamente regulando
las ocultas nocivas cualidades,
ya por sobrado exceso
de cálidas o frías,
o ya por ignoradas simpatías
o antipatías con que van obrando
las causas naturales su progreso,
a la admiración dando, suspendida,
efecto cierto en causa no sabida,
con prolijo desvelo y remirada,
empírica
Aiere ha fatto n'anno - 'o diece 'e maggio,
na matenata calda e chiena 'e sole -,
penzaie 'ncapo a me: "Cu che curaggio
io stamattina vaco a faticà!".
Facenno 'o paro e sparo mme susette:
"Mo mme ne vaco 'a parte 'e copp' 'o Campo".
Int'a ddiece minute mme vestette
cu 'e mucassine e cu 'o vestito blu.

Nun facette sparà manco 'o cannone
ca già stevo assettato int' 'a cantina,
annanze a nu piatto 'e maccarune:
nu zito ch'affucava int 'o ragù.

C' 'a panza chiena, a passo... chianu chiano
mme ne trasette dint'a na campagna,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
ca m' 'o zucavo comme 'o biberò.

Tutto a nu tratto veco nu spiazzale
chino 'e ferraglie vecchie e arrugginite.
E ched' è, neh?... nu campo 'e residuate:
"il cimitero della civiltà".

Nu carro armato cu 'a lamiera rotta...
trattore viecchie... macchine scassate...
n' "Alfetta" senza 'e qquatte rote 'a sotto...
pareva 'o campusanto d' 'a Pietà!

Guardanno a uno a uno sti ruttame,
pare ca ognuno 'e lloro mme diceva:
"Guardate ccà cosa addiventiamo
quanno 'a vicchiaia subbentra a giuventù".

Mmiezo a sta pace, a stu silenzio 'e morte,
tutto a nu tratto sento nu bisbiglio...
appizzo 'e rrecchie e sento 'e di cchiù forte:
"Mia cara Giulietta, come va?".

Chi è ca sta parlanno cu Giulietta?
Nmiezo a stu campo nun ce sta nisciuno...
Tu vuo vedè che l'hanno cu ll' "Alfetta"?
Cheste so ccose 'e pazze! E chi sarrà?

Mme movo chianu chiano... indifferente,
piglio e mm'assetto 'ncopp' 'o carro armato...
quanno 'a sotto mme sento 'e di: "Accidente!...
E chisto mo chi è?... Che vularrà?".

Chi ha ditto sti pparole? Chi ha parlato?
I' faccio sta domanda e zompo all'erta...
"So io ch'aggio parlato: 'o carro armato...
Proprio addu me v'aviveve assettà?

A Napule nun se pò sta cuieto.
Aiere un brutto cane mascalzone
se ferma, addora... aiza 'a coscia 'e reto,
e po' mme fa pipi 'nfaccia 'o sciassi".

"Vi prego di accettare le mie scuse,
v' 'e ffaccio a nome anche del mio paese;
Ma voi siete tedesco o Made in Usa?
E come vi trovate in Italy?".

"Sono tedesco, venni da Berlino
per far la guerra contro l'Inghilterra;
ma poi - chiamalo caso oppur destino -
'e mmazzate ll'avette proprio ccà!".

"Ah, si... mo mme ricordo... le mazzate
ch'avisteve da noi napoletani...
E quanto furon... quattro le giornate,
si nun mme sbaglio: o qualche cosa 'e cchiù?".

"Furon quattro.Mazzate 'a tutte pizze:
prete, benzina, sputazzate 'nfacccia...
Aviveve vedè chilli scugnizze
che cosa se facettero afferrà!".

"Caro Signore, 'o nuosto è nu paisiello
ca tene - è overo - tanta tulleranza;
ma nun nce aimma scurdà ca Masaniello
apparteneva a chesta gente ccà.

E mo mm'ite 'a scusà ll'impertinenza,
primma aggio 'ntiso 'e dì: "Cara Giulietta".
Facitemmella chesta confidenza:
si nun mme sbaglio era st' "Alfetta" ccà?".

"Appunto, si,è qui da noi da un mese...
'A puverella è stata disgraziata,
è capitata 'nmano a un brutto arnese,
... Chisto nun ha saputo maie guidà.

Io mm' 'a pigliasse cu 'e rappresentante,
cu chilli llà che cacciano 'e ppatente;
chiunque 'e nuie, oggi, senza cuntante,
se piglia 'a macchinetta e se ne va".

"Di macchine in Italia c'è abbondanza...-
rispose sottovoce 'a puverella -
si no che ffa... po' nce grattammo 'a panza:
chillo ca vene ll'avimmo acchiappà".

"Giulietta, raccontate qui al signore
i vostri guai" - dicette 'o carro armato.
L' "Alfetta" rispunnette a malincuore:
"Se ci tenete, li racconterò.

Come sapete, sono milanese,
son figlia d'Alfa e di papà Romeo,
per fare me papà non badò a spese;
mi volle fare bella "come il fò".

Infatti, mi adagiarono in vetrina,
tutta agghindata... splendida... lucente!
Ero un' "Alfetta" ancora signorina:
facevo tanta gola in verità!

Un giorno si presenta un giovanotto
cu tanto nu paccotto 'e cambiale,
io, puverella!, avette fà 'o fagotto,
penzanno:Chi sa comme va a fernì!

Si rivelò cretino, senza gusto:
apparteneva 'a "gioventù bruciata".
Diceva a tutti quanti: "Io sono un fusto;
'e ffemmene cu mmico hanna cadè!".

Senza rispetto, senza nu cuntegno...
cambiava tutt' 'e giorne... signorina:
ci conduceva al solito convegno...
... alla periferia della città.

Chello ca cumbinava 'o giuvinotto?
Chi maie ve lo potrebbe raccontare:
io nn'aggio mantenute cannelotte
'e tutte specie, 'e tutte 'e qqualità:

la signorina di buona famiglia,
a vedova, 'a zetella, 'a mmaretata...
E quanno succedette 'o parapiglia,
stavamo proprio cu una 'e chesti ccà.

In una curva, questo gran cretino,
volle fare un sorpasso proibito,
di fronte a noi veniva un camioncino,
un cozzo, svenni, e mo mme trovo ccà".

"A nu fetente 'e chisto ce vulesse
nu paliatone, na scassata d'osse'...
Ma comme - dico i' po' - sò sempe 'e stesse
ca t'hanna cumbinà sti guaie ccà?".

"E che penzate 'e fà donna Giulietta?".
"E ch'aggia fà? - rispose 'a puverella-
So che domani viene una carretta,
mme pigliano e mme portano a squaglià".

"Giulietta... via, fatevi coraggio -
(dicette 'o carro armato). lo ero un "Tigre",
il popolo tremava al mio passaggio!...
Mannaggia 'a guerra e chi 'a vulette fà!

lo so cosa faranno del mio squaglio:
cupierche 'e cassarole, rubinette,
incudini, martelli, o qualche maglio,
e na duzzina 'e fierre pe stirà"

"lo vi capisco... sono dispiaciuto...
ma p' 'e metalli 'a morte nun esiste;
invece 'e n'ommo, quanno se n'è ghiuto,
Desde temprano había menudeado las llamadas de
felicitación. Para el ex torturador (todavía no se
sentía cómodo con esa partícula: ex) ya no
había peligro. La tan cuestionada ley de amnistía ahora
tenía el aval del voto popular. A las felicitaciones él
había respondido con risas, con murmullos de aprobación,
con entusiasmo, sin escrúpulos. Sin embargo no se sentía
eufórico. Desayunó a solas, como siempre. A pesar de sus
cuarenta, se mantenía soltero. Estaba Eugenia, claro, pero en
una zona siempre provisional. Recogió los diarios que
habían deslizado bajo la puerta, pero se salteó
precisamente aquellas páginas, aparatosamente tituladas, que
analizaban la ahora confirmada amnistía. Sólo se detuvo
en Internacionales y en Deportes. Luego se dedicó a regar las
plantas y el césped del fondo. La recomendación oficial
decía que, hasta nuevo aviso, era imprescindible ahorrar agua
corriente y prohibía especialmente el riego de jardines. Pero
él gozaba de amnistía. Todo le estaba permitido. Si le
habían perdonado torturas, violaciones y muertes, no lo iban a
condenar por un gasto excesivo de agua. Democracia es democracia. El
agua salía con fuerza tal que algunos tallitos, los más
débiles, se inclinaban e incluso hubo uno que se quebró.
Lo apartó con el pie. Así estuvo dos horas. Regaba y
volvía a regar, dos o tres veces las mismas plantas, que ya no
agradecían la lluvia. Cuando sintió en los pies el
frío de las zapatillas húmedas, cerró por fin la
canilla, entró en la casa y se vistió informalmente para
ir al supermercado. Una vez allí, hizo un buen surtido de
bebidas y comestibles hasta llenar prácticamente el carrito y se
puso en la cola de la Caja. Un signo de igualdad y fraternidad,
pensó: aunque estaba amnistiado, de todos modos se resignaba a
hacer la cola. De pronto sintió que una mano fuerte le tomaba el
brazo y experimentó una corriente eléctrica. ¿Como
una picana? No. Simplemente una corriente eléctrica. Se dio
vuelta con rapidez y con cierta violencia y se encontró con un
vecino de rostro amable, un poco sorprendido por la reacción que
había provocado. Disculpe, dijo el señor, sólo
quería avisarle que se le cayó la billetera. Él
sintió que las mejillas le ardían. Emitió un breve
tartamudeo de excusas y agradecimiento y recogió la billetera.
Precisamente en ese momento había llegado su turno, así
que fue colocando sus compras frente a la cajera, pagó, y
metió todo en la bolsa que había traído a esos
efectos. Cuando abandonaba el supermercado, oyó que alguien le
decía, al pasar, enhorabuena, nadie hizo comentario alguno pero
él comprobó que uno de los clientes, un bancario que
pasaba a diario frente a su casa haciendo jogging, levantaba
inequívocamente las cejas. Pensó en los perros de caza,
cuando, al detectar la proximidad de la presa, levantan las orejas.
¿Él sería la presa? Boludeces, muchacho,
boludeces. Estoy amnistiado. Un hombre sin deudas con la sociedad. Todo
lo hice por obediencia debida (con alguna yapa, como es natural), mi
conciencia y yo estamos en paz. Ya en la casa, fue vaciando la bolsa,
metió en la heladera lo que correspondía, y lo
demás en la despensita, sin mayor orden. Mañana, cuando
viniera Antonia a hacer la limpieza, sabría a qué estante
pertenecía cada cosa. Encendió la radio pero sólo
había rock, así que la apagó y se quedó un
buen rato contemplando el techo y sus crecientes manchas de humedad.
Llamar al constructor, anotó mentalmente. Después fue al
dormitorio, se desnudó, se duchó, se vistió de
nuevo pero con ropa de salir, fue al garaje, encendió el motor
del Peugeot, pensó hacer todo el camino por la Rambla pero mejor
no, siempre es más seguro por Bulevar España y Maldonado.
Qué tontería. ¿Más seguro? Vamos, vamos, si
estoy amnistiado. Y rumbeó hacia la Rambla. No había
muchos coches. A la altura del puertito del Buceo, lo pasó un
Mercedes, que de pronto frenó. El conductor le hizo señas
para que se detuviera. Él vaciló. Sólo por una
décima de segundo. El corazón le golpeaba con fuerza. La
Rambla jamás es segura. Fue sólo un instante, pero en ese
destello calculó que, si bien había suficiente distancia
como para esquivar al otro coche y huir, el motor del otro era mucho
más potente y le daría alcance sin problemas. De modo que
se resignó y frenó junto al Mercedes. El otro
asomó una cara sonriente. Lleva la valija abierta, amigo,
¿no se había dado cuenta? No, no se había dado
cuenta, así que dijo gracias, ha sido muy amable, y se
bajó para cerrar la valija. Sin embargo, la valija no estaba
abierta. Todo él se llenó de sospecha y
prevención, pero el Mercedes ya había arrancado y se
había perdido tras la curva. Miró hacia atrás,
hacia el costado, hacia adelante. No había otros coches a la
vista. ¿Podría ser que la valija se cerrara sola?
¿Por qué no? Boludeces, muchacho, boludeces. Pero cuando
volvió a empuñar el volante, dejó abierta la
gaveta donde estaba el revólver y por supuesto no siguió
por la Rambla. Cuando llegó al Centro, y a pesar de que en esa
cuadra había dos sitios libres, no se arriesgó a dejar el
coche en la calle y lo llevó a una playa de estacionamiento.
Recordó que debía comprarse una camisa. Entró en
una tienda y le dijo al vendedor que la quería blanca, de mangas
largas, para vestir. ¿Es para usted? Sí, es para
mí. ¿La quiere con el cuello flojo o más bien
apretado? ¿Cómo apretado, qué quiere decir con
eso? Oh, no lo tome a mal, me parece bien que lo quiera flojo, hoy en
día nadie usa una camisa que lo estrangule. Hoy en día.
Naturalmente. Hoy en día nadie. Estoy amnistiado. Nadie quiere
que lo estrangulen. Ya no se usa. Se llevó la camisa blanca,
para vestir, de mangas largas, y de cuello flojo (39 en vez de 38, que
era su número). Le pareció carísima, pero no
quería llamar la atención, así que pagó con
un gesto de soberbia y a la vez de despreocupación por el
dinero, y empezó a caminar por Dieciocho. Desde un auto,
detenido porque el semáforo estaba en rojo, un desconocido le
gritó: felicidades. ¿Quién será? Por las
dudas saludó con la mano y entonces el otro le mostró la
lengua. Su intención fue acercarse, pero el semáforo se
había puesto verde y el auto arrancó con estruendo, entre
las risotadas de sus ocupantes. Guarangos, sólo eso, se dijo.
Pero por qué lo de felicidades. ¿Por la amnistía?
¿O simplemente había sido una palabra amable, destinada a
servir de contraste con el gesto ofensivo que la iba a seguir? Vaya,
después de todo no era la primera lengua que veía, por
cierto había visto otras, más dramáticas que la de
ese idiota. Cosas del pasado. Abur. Por orden del presidente, la buena
gente había cerrado los ojos de la nuca. Ahora ya no iban a
escribir verdugos a la cárcel, verdad y justicia, y otras
sandeces. Ahora habían aprendido a decir: se le cayó la
billetera, enhorabuena, amigo lleva la valija abierta, felicidades.
Almorzó solo, en un restaurante donde nadie lo conocía.
Sin embargo, cuando estaba en el churrasco a la pimienta, vio que desde
otra mesa alguien lo saludaba, pero estaba tan lejos que su
miopía no le permitió distinguir quién era. Al
rato vino el mozo con una tarjetita. El nombre era del corresponsal de
una agencia internacional, y había unas líneas
recién escritas: Tengo sumo interés en hacerle una
entrevista. Sobre la amnistía, ya se lo habrá imaginado.
Le pidió al mozo que le dijera a ese señor que muchas
gracias, pero que no era posible. Ya no pudo seguir comiendo a gusto.
Al concluir no pidió café sino un té de boldo,
pero ni así. Salió rápidamente, sin mirar al
corresponsal, que se quedó en el fondo, haciendo señas en
vano. Iría a lo de Eugenia, era la hora. Ella le había
telefoneado bien temprano para decirle que lo esperaba con
champán. Un alivio. Por lo menos aquel apartamento, que
él había financiado, era tierra conocida y no devastada.
Eugenia estaba vestida poco menos que para una fiesta. Estarás
tranquilo ahora, me imagino, fue la bienvenida. Sí, bastante.
Pero no lo estaba y ella lo advirtió. No seas estúpido,
mi amor, ese asunto se acabó, ya lo dijo el presidente, ahora
hay que mirar hacia adelante. En una ocasión como ésta, y
tras el brindis de rigor (por la democracia, dijo Eugenia, y
soltó una carcajada), estaba más que cantado que
irían a la cama. Y fueron. Durante todo el trámite,
él estuvo con la cabeza en otra parte, pero así y todo
pudo cumplir como un buen soldado. En un momento, ella había
apretado su abrazo de forma exagerada y él sintió que se
asfixiaba. Por un momento tuvo pánico, casi se mareó.
¿Será el abrazo, o el anís tendría algo?
¿Será posible? ¿Nada menos que Eugenia?
Afortunadamente, todo pasó, Eugenia había aflojado el
abrazo, dijo que había estado regio, él pudo respirar
normalmente, y ella empezó a besarlo, como lo hacía
siempre en la etapa post coitum, de abajo hasta arriba. De pronto
él anunció que se iba. ¿Ya? Esta noche tengo una
reunión y quiero estar despejado, quiero dormir un poco.
¿Es por la amnistía? No, dijo él, receloso, es por
otra cosa. ¿Y dónde es? Él la miró,
desconfiado. A esta altura del partido, no iba a caer en trampa tan
ingenua. También podía suceder que, precisamente por ser
tan ingenua, no fuese trampa. Todavía no lo sé, me
avisarán esta tarde. Nublado está mi cielo, dijo ella,
sí, es mejor que te vayas, a ver si mañana estás
menos tenso. Estoy cansado, sólo eso. Bajó a la calle,
caminó unas cuadras hasta donde había dejado el auto y
antes de arrancar lo examinó con cuidado. Esta vez no
tomó por la Rambla, entre otras cosas porque soplaba un viento
que auguraba tormenta. Trató de ir esquivando (antigua
precaución) las esquinas con semáforos, que obligaban
siempre a detenerse y de hecho convertirse en blanco fijo. Cuando
llegó a casa, notó con asombro que la luz de la cocina
estaba encendida. ¿Y eso? ¿La habré encendido yo
mismo hoy temprano, y luego, cuando me fui, como era de día, no
me di cuenta? Vaya, todo estaba en orden. Quería descansar.
Abrió la cama, se quitó la ropa (siempre dormía
desnudo) y tomó un somnífero suave, suficiente para
descansar unas horas. Por supuesto, no tenía ninguna
reunión esta noche. Experimentó un cosquilleo de
satisfacción cuando advirtió que sus ojos se iban
cerrando. Sólo cuando estuvo profundamente dormido,
comenzó a recorrer un corredor en tinieblas, una suerte de
túnel interminable, cuyas paredes eran sólo ojos, miles y
miles de ojos que lo miraban, sin ningún parpadeo. Y sin perdón.
Fa Be O Feb 2013
No esperaba y no quería
Rosas de compasión,
Dijiste que eran las gracias
Por lo que hemos pasado.
Me dio risa.
El premio de consolación?

Espera, pero tu cara era tierna,
Y las rosas si me gustan,
Y no fue otra cosa
Sólo tristeza;
En otra relación hubiera sentido
Felicidad y gusto,
Pero contigo solo fue
Otro recordatorio de que
No somos convencionalmente
Lo que yo quiero.

Pero esas rosas
Que yo pensaba despreciar,
Esas rosas me salvaron.
Yo pude hablar.
Y creo que entendimos,
Esta vez nos comprendimos
Y creo que te alcance,
Por fin te llegue.
2/16/2013
Nuestras vidas son los ríos
que van a dar a la muerte
que es la vida
Tu muerte más bien divertida Merton
                            (¿o absurda como un koan?)
tu muerte marca General Electric
y el cadáver a USA en un avión del Army
          con el
humor tan tuyo te habrás reído
vos Merton ya sin cadáver muerto de risa
también yo
Los iniciados de Dionisos ponían hiedra...
            (yo no la conocía)
Hoy tecleo con alegría esta palabra muerte
Morir no es como el choque de un auto o
                                    como un cortocircuito
                      nos hemos ido muriendo toda la vida
Contenida en nuestra vida
              ¿como el gusano en la manzana? no
como el gusano sino
la madurez!
O como mangos en este verano de Solentiname
amarillando, esperando las
oropéndolas...
                  los hors d'oeuvres
nunca fueron en los restaurantes
como anunciados en las revistas
Ni el verso fue tan bueno como quisimos
o el beso.
Hemos deseado siempre más allá de lo deseado
Somos Somozas deseando más y más haciendas
              More More More
y no sólo más, también algo «diferente»
              Las bodas del deseo
el coito de la volición perfecta es el acto
de la muerte.
                    Andamos entre las cosas con el aire
de haber perdido un cartapacio
muy importante.

Subimos los ascensores y bajamos
Entramos a los supermercados, a las tiendas
como toda la gente, buscando un producto
trascendente.
                  Vivimos como en espera de una cita
Infinita. O
                que nos llame al teléfono
lo Inefable.
Y estamos solos
trigos inmortales que no mueren, estamos solos.
Soñamos en perezosas sobre cubierta
                  contemplando el mar color de daikirí
esperando que alguien pase y nos sonría
y diga Hello

No un sueño sino la lucidez.
          Vamos en medio del tráfico como sonámbulos
                          pasamos los semáforos
con los ojos abiertos y dormidos
paladeamos un manhattan como dormidos.
No el sueño
la lucidez es imagen de la muerte
                      de la iluminación, el resplandor
enceguecedor de la muerte.
Y no es el reino del Olvido. La memoria
              es secretaria del olvido.
                    Maneja en archivadoras el pasado.
Pero cuando no hay más futuro sino un presente fijo
todo lo vivido, revive, ya no como recuerdos
y se revela la realidad toda entera
en un flash.

La poesía era también un partir
como la muerte. Tenía
la tristeza de los trenes y los aviones que se van
                              Estacioncita de Brenes
                              en Cordobita la Llana
                                de noche pasan los trenes
el cante jondo al fondo de Granada
En toda belleza, una tristeza
y añoranza como en un país extraño
                        MAKE IT NEW
                                (un nuevo cielo y una nueva tierra)
pero después de esa lucidez
volvés otra vez a los clichés, los
slogans.
Sólo en los momentos en que no somos prácticos
concentrados en lo Inútil,                         Idos
se nos abre el mundo.
 La muerte es el acto de la distracción total
 también: Contemplación.

 El amor, el amor sobre todo, un anticipo
 de la muerte
          Había en los besos un sabor a muerte
                    ser
                          es ser
                                    en otro ser
          sólo somos al amar
Pero en esta vida sólo amamos unos ratos
 y débilmente
Sólo amamos o somos al dejar de ser
al morir
        desnudez de todo el ser para hacer el amor
                          make love not war
                que van a dar al amor
                que es la vida

la ciudad bajada del cielo que no es Atlantic City
      Y el Más Allá no es un American Way of Life
                    Jubilación en Flórida
o como un Week-end sin fin.
La muerte es una puerta abierta
al universo
              No hay letrero NO EXIT
y a nosotros mismos
                                  (viajar
        a nosotros mismos
                  no a Tokio, Bangkok
                                            es el appeal
                        stwardess en kimono, la cuisine
Continental
es el appeal de esos anuncios de Japan Air Lines)
Una Noche Nupcial, decía Novalis
No es una película de horror de Boris Karloff
Y natural, como la caída de las manzanas
por la ley que atrae a los astros y a los amantes
-No hay accidentes
        una más caída
del gran Árbol
sos una manza más
      Tom
                        Dejamos el cuerpo como se deja
                                        el cuarto de un hotel
pero no sos el Hombre Invisible de Wells
              O como fantasmas de chalet abandonado
                              No necesitamos mediums
Y los niños muy bien saben que NO existe
que somos inmortales.
¿Pues puede el ****** matar la vida?
                                        ¿De la cámara de gas a la nada?
                    ¿O son los evangelios ciencia-ficción?
Jesús entró en el cuarto y sacó las plañideras
              Por eso cantan los cisnes dijo Sócrates poco antes de morir
                            Ven, Caddo, todos vamos arriba
                                    a la gran Aldea (bis)
-Hacia donde van todos los buses y los aviones
Y no como a un fin
      sino al Infinito
      volamos a la vida con la velocidad de la luz
Y como el feto rompe la bolsa amniótica...
O como cosmonautas...
                      -la salida
                                          de la crisálida.
Y es un happening.
el ******
de la vida
                                          dies natalis
                      esta vida pre-natal...
Dejada la matriz de la materia
                                        Un absurdo no:
                                        sino un misterio
puerta abierta al universo
y no al vacío
                      (como la de un ascensor que no estaba)
Y ya definitivos.
                      ...igual que el despertar una mañana
                      a la voz de una enfermera en un hospital
Y ya nada tenemos sino sólo somos
            sino
que sólo somos y somos sólo ser
                                                              La voz del amado que habla
                                                      amada mía quítate este bra
La puerta abierta
que nadie podrá cerrar ya
                          -«Dios que nos mandó vivir»
aunque anhelamos el retorno a
                asociaciones atómicas, a
                        la inconsciencia.
                  Y las bombas cada vez más grandes.
Necrofilia: el flirteo con la muerte. La pasión por lo muerto
                                (cadáveres, máquinas, diner, heces)
y si sueñan con una mujer es la imagen
de un automóvil
          La irresistible fascinación de lo inorgánico
                        ****** fue visto en la I Guerra
                        arrobado ante un cadáver
                        sin quererse mover
(militares o máquinas, monedas, mierda)
cámaras de gas en el día y Wagner por la noche
«5 millones» dijo Eichmann (aunque tal vez 6)
O bien queremos maquillar la muerte
Los Seres Queridos (no diga muertos)
  maquillados, manicurados y sonrientes
 en el Jardín de Reposo de los Prados Susurrantes
                            cf. THE AMERICAN WAY OF DEATH
                1 martini o 2 para olvidar su rostro
relax & ver tv
                  el placer de manejar un Porsche
                  (any line you choose)
tal vez esperar la resurrección congelados
en nitrógeno líquido a 497°
(almacenados como el grano que no muere)
hasta el día en que la inmortalidad sea barata
después del café, Benedictine
un traje sport para ser jóvenes, para alejar la muerte
mientras nos inventan el suero de la juventud
                    el antídoto
para no morir.
Como el cow-boy bueno de las películas, que no muere.
Buscando en Miami la Fuente Florida.
Tras los placeres anunciados en las islas Vírgenes.
O en el yate de Onassis por el Leteo...

No quisiste ser de los hombres con un Nombre
y un rostro que todos reconocen en las fotos
de los tabloides
su desierto que floreció como el lirio no fue el
de Paradise Valley Hotel
                    con cocteles en la piscina
bajo las palmeras
ni fueron tus soledades las de Lost Island
los cocos curvados sobre el mar
LOVE? It's in the movies
                    las irrupciones de la eternidad
                                fueron breves
-los que no hemos creído los Advertisements de este mundo
          cena para 2, «je t'adore»
                          How to say love in Italian?
Me dijiste: el
      evangelio no menciona contemplación.
Sin LSD
sino el horror de Dios (o
            traducimos mejor por terror?)
Su amor como la radiación que mata sin
                                                              tocarnos
y un vacío mayor que el Macrocosmos!
En tu meditación no veías más visión
que el avión comercial de Miami a Chicago
        y el avión de la SAC con la Bomba dentro
                los días en que me escribías:
My life is one of deepening contradiction and
                                                  frequent darkness
Tu Trip? tan poco interesante
el viaje a vastas soledades y extensiones de nada
todo como de yeso
                      blanco y *****, with no color
y mirar la bola luminosa y rosa como ágata
con Navidad en Broadway y cópulas y canciones
rielando en las olas del polvoriento Mar de la Tranquilidad
o el Mar de la Crisis muerto hasta el horizonte. Y
como la bolita rutilante de un Christmas-tree...

              El Tiempo? is money
es Time, es pendejada, es nada
    es Time y una celebridad en la portada
Y aquel anuncio de leche Borden's bajo la lluvia
hace años en Columbia, encendiéndose
y apagándose, tan fugaces encendidas
            y los besos en el cine
Las películas y las estrellas de cine
tan fugaces

                GONE WITH THE WIND
aunque reían todavía bellas luminosas en la pantalla
las estrellas difuntas
el carro falla, la refrigeradora
va a ser reparada
                          Ella de amarillo mantequilla
                          anaranjado mermelada y rojo fresa
como en un anuncio del New Yorker en el recuerdo
y el lipstick ya borrado de unos besos
adioses a ventanillas de aviones que volaron
                                                        al olvido
shampoos de muchachas más lejanas que la Luna o que Venus
                      Unos ojos más valiosos que el Stock Exchange
El día de la Inauguración de Nixon ya pasó
  se disolvió la última imagen en la televisión
y barrieron Washington
El Tiempo Alfonso el Tiempo? Is Money, mierda, ****
el tiempo es New York Times y Time
-Y hallé todas las cosas como Coca-Colas...

                                          Proteínas y ácidos nucleicos
                                          «los hermosos mimeros de sus formas»
proteínas y ácidos nucleicos
                            los cuerpos son al tacto como gas
la belleza, como gas amargo
lacrimógeno
Porque pasa la película de este mundo...
                                               
Como coca-colas
                    o cópulas for
                    that matter
Las células son efímeras como flores
                                               
mas no la vida
              protoplasmas cromosomas mas
no la vida
Viviremos otra vez cantaban los comanches
                    nuestras vidas son los ríos
                    que van a dar a la vida
ahora sólo vemos como en tv
después veremos cara a cara
                  Toda percepción ensayo de la muerte
                                      amada es el tiempo de la poda
    Serán dados todos los besos que no pudiste dar
                    están en flor los granados
todo amor reharsal de la muerte
                          So we fear beauty
Cuando Li Chi fue raptada por el duque de Chin
lloró hasta empapar sus ropas
pero en el palacio se arrepintió
de haber llorado.
          Van doblando la ***** de San Juan de la +
                        pasan
                        unos patos
                                                      «las ínsulas extrañas»
o gana decía San Juan de la Cruz
infinita gana-
      rompe la tela de este dulce encuentro
y los tracios lloraban sus nacimientos cuenta Herodoto
y cantaban sus muertes
-Fue en Adviento cuando en Gethsemani los manzanos
junto al invernadero, están en esqueleto
con florescencia de hielos blancos como los
  de las congeladoras.
Yo no lo creo me dijo Alfonso en el Manicomio
cuando le conté que Pallais había muerto
Yo creo que es cuestión política o
Cosa así.
¿Entierran todavía con ellos un camello para el viaje?
•¿Y en las Fiji
las armas de dientes de ballena?
La risa de los hombres ante un chiste es prueba de que creenen
la resurrección
             
o cuando un niño llora en la noche extraña
y la mamá lo calma
La Evolución es hacia más vida
        y es irreversible
e incompatible con la hipótesis
de la nada
Yvy Mara ey
fueron en migraciones buscándola hasta el interior del Brasil
(«la tierra donde no se moría»)
Como mangos en este verano de Solentiname
madurando
mientras está allá encapuchado de nieve el noviciado
                  Pasan las oropéndolas
                  a la isla La Venada donde duermen
me decías
It is easy for us to approach Him
Estamos extraños en el cosmos como turistas
                    no tenemos casa aquí sólo hoteles.
Como turistas gringos
                                            everywhere
aprisa con su cámara apenas conociendo
                                    Y como se deja el cuarto de un motel
                                        YANKI GO HOME
Muere una tarde más sobre Solentiname
Tom
                                          resplandecen estas aguas sagradas
y poco a poco se apagan
es hora de encender la Coleman
                todo gozo es unión
                dolor estar sin los otros:
                                                                            Western Union
El cablegrama del Abad de Gethsemani era amarillo
                WE REGRET TO INFORM YOU etc
yo sólo dije
o. k.
                            Donde los muertos se unen y
                                              son con el cosmos
                                                                      uno
porque es «mucho mejor» (Fil. 1, 23)
Y como la luna muere y renace de nuevo...
            la muerte es unión y
                      Ya se es uno mismo
                                se une uno con el mundo
la muerte es mucho mejor
los malinches en flor esta noche, esparciendo su vida
          (su renuncia es flor roja)
la muerte es unión
                      1/2 luna sobre Solentiname
                      con 3 hombres
uno no muere solo
(Su Gran Choza de Reunión) los ojibwas
y el mundo es mucho más profundo
Donde los algonquinos espíritus con mocasines
espíritus
cazan castores espíritus sobre una nieve espíritu
creímos que la luna estaba lejos
morir no es salir del mundo es
    hundirse en él
estás en la clandestinidad del universo
                                        el underground
fuera del Establishment de este mundo, del espacio tiempo
sin Johnson ni Nixon
        allí no hay tigres
                              dicen los malayos
    (una Isla del oeste)
                                                    que van a dar a la mar
                                                    que es la vida
Donde los muertos se juntan oh Netzhualcoyotl
o 'Corazón del Mundo'
            Hemingway, Raissa, Barth, Alfonso Cortés
el mundo es mucho más profundo
                  Hades, donde Xto bajó
                                                  seno, vientre (Mt. 12, 40)
                                                        SIGN OF JONAS
las profundidades de la belleza visible
donde nada la gran ballena cósmica
llena de profetas
                      Todos los besos que no pudisteis dar
                                                                  serán dados
Se transforma
....«como uno estuvo enterrado en el seno de su madre...»

                          a Keeler un cacique cuna
La vida no termina se transforma
                          otro estado intra-uterino dicen los koguis
por eso los entierran en hamacas
en posición fetal
                   
una antigua doctrina, d
tangshunzi Jul 2014
Vow Renewal ha davvero bisogno di presentazioni .Perché appartiene Gene Simmons e la abiti da sposa on line sua splendida moglie Shannon di Kiss !E.a parte il folle .folle d'amore che tutti noi sappiamo che condividono .questo duo sa anche come ospitare un impressionante bella festa - con file di Pretty in Pink .schiocchi di favoloso e una devozione a tutte le cose ballare degno.Creato da Lady Liberty Eventi + un cuore Matrimoni con fotografie di Trish Barker .c'è molto di più nella galleria .

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Dal Liberty Woodman di Lady Liberty Events.I hanno conosciuto Gene e Shannon per anni ed era così eccitato quando hanno deciso di rinnovare i loro voti alle Hawaii !Abbiamo collaborato con i talentuosi One Matrimoni cuore che gentilmente hanno contribuito a portare tutto il glamour alla vita!

Gene e Shannon volevano un incontro molto intimo dei loro più stretti amici e parenti di essere una parte del loro rinnovo di amore .Abbiamo deciso di fare un palato nero .fard e oro per riunire l'atmosfera glamour e moderno.con il suggerimento perfetto di nervosismo .Il progetto per questa occasione era semplicemente incredibile e era la rappresentazione ideale della loro morbida lato romantico mescolato con il loro rock \u0026rotolare personalità !

All'arrivo gli ospiti hanno fatto la loro strada attraverso un bianco appeso all'ingresso 25ft parete del fiore .dove erano seduti a splendide vignette in stile.Una combinazione di divani vintage.pouf e poltrone accentati con moderni cuscini neri e blush tiro .creando un ambiente opulento per i posti a sedere cerimonia.Flutti che scorre biancheria coprivano le pareti e soffitti .mentre blush e avorio nastri proposto come lo sfondo perfetto per la sposa e lo sposo a dire che faccioènuovo.Affiancato da lussureggianti centrotavola di ortensie e un corridoio personalizzato in mostra il loro monogramma .la passeggiata lungo la navata era niente timido di stordimento .gene \u0026Figlia Shannon ' .Sophie .ha messo insieme una cerimonia calorosa e cordiale e con l'aggiunta dei loro voti personali .non c'era un occhio secco in casa .Poco a poco gli ospiti sanno che ci sarebbe stata una cerimonia a sorpresa da seguire!Shannon illustra la sua sorella Sara .e il suo sposo Greg .felice di poter condividere questo giorno speciale con loro.Sara \u0026Greg ha proceduto con più di una cerimonia tradizionale stile hawaiano che ha aggiunto un'aggiunta unica e incantevole per i festeggiamenti .L'amore era certamente nell'aria !Come la coppia ri - sposato.e sposi fecero il loro ritorno lungo la navata.gli ospiti gettati petali che sono stati elegantemente presentati in sacchetti di rete a ogni sedile rosa .Gli ospiti

diretti verso l'area cocktail .che si è svolta sotto un albero magnificamente fiorito che è stato appeso con centinaia di candele appese .Un albero augurio visualizzazione degli ospitiècarte escort perfettamente ondeggiava nel piacevole brezza hawaiana .Le melodie contemporanee suonate dal duo stringa a condizione che il suono perfetto come ospiti sorseggiavano un cocktail speciali e mordicchiò bocconi .Gli ospiti

sono stati poi invitati a fare la loro strada in reception e zona pranzo .guidati dal suono di freddo jazz suonata dal vivo banda di 9 pezzi .La tavola era apparecchiata con biancheria blush frizzante .carica d'oro eposate e nero cristalleria moderna .Ogni impostazione è accentato con neri abiti da sposa on line laser taglio plexi Consiglio vetro carte.che sembrava incredibile contro il rossore e oro toni .Overhead .festoni di blush tendaggi e lampadari splendidi con sfumature nere fornito una magnifica atmosfera .Oro candelabri \u0026votive oro mercurio sono stati mescolati con le modalità lussureggianti che consisteva di fragranti rose da giardino e ortensie stabiliti nel colpire le navi nere .Le sedie erano vestiti con flirty battiscopa blush che fatica complimentato il paesaggio tavolo .La vivace verde vivente che circonda la zona e il suono luce delle cascate perfezionato l'aspetto della sala da pranzo .

L'enorme pista da ballo bianco incandescente con Gene \u0026Monogramma Shannon ' stato circondato da 4 .100 £ lampadari floreali che erano semplicemente bocca caduta .Vignette Petite circondato il pavimento e sono stati accentati con personalizzati monogramma cuscini di seta dupioni con ricami in oro .Una volta che tutti hanno fatto la loro strada verso la pista da ballo .feste la sera ' aveva appena iniziato !Shannon aveva chiesto karaoke per abiti da sposa corti la ricezione .così abbiamo pensato



così cosa c'è di meglio che avere una band suonare dal vivo come la loro musica di sottofondo !Sophie ( Gene e figlia Shannon ' ) ha iniziato le danze via con la sua interpretazione diè eeautifulèeè et Ultimoè?mentre i suoi genitori amorevolmente ballavano tra di loro e hanno accolto i loro amici e familiari a unirsi a loro sul pavimento .Gene saltò sul contrabbasso .mentre .Sophie \u0026Nick ( i loro figli ) ha cantato tutta la notte .Hanno sicuramente tutti scosso la casa .e ci siamo divertiti tutta la serata !
la serata si è conclusa .Gene e Shannon sono stati presentati con una splendida torta 3-tier .che consisteva di due livelli oro con finiture nere.e un livello inferiore di perfezione filodiffusione avorio rose .Mentre gli ospiti erano riuniti attorno .un solo cuore matrimoni avevano sorpreso gli ospiti con una giornata di modifica video l'intera attività serate .ogni ipotesi era in soggezione .E 'stato il modo perfetto per concludere questa bella raccoltaèsi poteva assolutamente sentire l'amore nell'aria

Banda : Jimmy Mac \u0026 The Kool Kats | Dress Brides 1 : . Jenny Packham | Dress Brides 2 : Badgley Mischka | Cake: DesignerCakes | Restauro : Sugar Beach Catering | Sedia Covers : Wildflower lino | Coordinatore / Progettista : Lady Liberty Eventi | Assistenza design: bianco Orchid Weddings | Designer : Matrimoni Un cuore | Fiori : Uno Matrimoni cuore | biancheria: La Tavola biancheria | Fotografia : TrishFotografia Barker | Luogo Carte : Pitbulls e Posies | String Duo : Don Lax | Luogo : Haiku Mill | caricabatterie: BBJ LinenBadgley Mischka è un membro del nostro Look Book .Per ulteriori informazioni su come vengono scelti i membri .fare clic qui .Wildflower Lino.un'orchidea da sposa bianco .INC .BBJ e Lady Liberty eventi fanno parte del nostro Little Black Book .Scopri come i membri sono scelti visitando la nostra pagina delle FAQ .Wildflower Linen vedi portfolio un'orchidea da sposa bianco .INC vedi portfolio BBJ vedi portfolio Lady Liberty Eventi visualizza
http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-c-1
http://www.belloabito.com/goods.php?id=876
http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/2/4166135353535_396981.jpg
Gene Simmons Vow Renewal_abiti da sposa 2014
1

Lo di che han detto a' dolci amici addio.    (Dante)
Amor, con quanto sforzo oggi mi vinci!    (Petrarca)

Come back to me, who wait and watch for you:--
    Or come not yet, for it is over then,
    And long it is before you come again,
So far between my pleasures are and few.
While, when you come not, what I do I do
    Thinking "Now when he comes," my sweetest when:"
    For one man is my world of all the men
This wide world holds; O love, my world is you.
Howbeit, to meet you grows almost a pang
    Because the pang of parting comes so soon;
    My hope hangs waning, waxing, like a moon
        Between the heavenly days on which we meet:
Ah me, but where are now the songs I sang
    When life was sweet because you call'd them sweet?

    2

Era gia 1′ora che volge il desio.    (Dante)
Ricorro al tempo ch' io vi vidi prima.    (Petrarca)

I wish I could remember that first day,
    First hour, first moment of your meeting me,
    If bright or dim the season, it might be
Summer or winter for aught I can say;
So unrecorded did it slip away,
    So blind was I to see and to foresee,
    So dull to mark the budding of my tree
That would not blossom yet for many a May.
If only I could recollect it, such
    A day of days! I let it come and go
    As traceless as a thaw of bygone snow;
It seem'd to mean so little, meant so much;
If only now I could recall that touch,
    First touch of hand in hand--Did one but know!

    3

O ombre vane, fuor che ne l'aspetto!    (Dante)
Immaginata guida la conduce.    (Petrarca)

I dream of you to wake: would that I might
    Dream of you and not wake but slumber on;
    Nor find with dreams the dear companion gone,
As summer ended summer birds take flight.
In happy dreams I hold you full in sight,
    I blush again who waking look so wan;
    Brighter than sunniest day that ever shone,
In happy dreams your smile makes day of night.
Thus only in a dream we are at one,
    Thus only in a dream we give and take
        The faith that maketh rich who take or give;
    If thus to sleep is sweeter than to wake,
        To die were surely sweeter than to live,
Though there be nothing new beneath the sun.

    4

Poca favilla gran fliamma seconda.    (Dante)
Ogni altra cosa, ogni pensier va fore,
E sol ivi con voi rimansi amore.    (Petrarca)

I lov'd you first: but afterwards your love
    Outsoaring mine, sang such a loftier song
As drown'd the friendly cooings of my dove.
    Which owes the other most? my love was long,
    And yours one moment seem'd to wax more strong;
I lov'd and guess'd at you, you construed me--
And lov'd me for what might or might not be
    Nay, weights and measures do us both a wrong.
For verily love knows not "mine" or "thine;"
    With separate "I" and "thou" free love has done,
        For one is both and both are one in love:
Rich love knows nought of "thine that is not mine;"
        Both have the strength and both the length thereof,
Both of us, of the love which makes us one.

    5

Amor che a nullo amato amar perdona.    (Dante)
Amor m'addusse in si gioiosa spene.    (Petrarca)

O my heart's heart, and you who are to me
    More than myself myself, God be with you,
    Keep you in strong obedience leal and true
To Him whose noble service setteth free,
Give you all good we see or can foresee,
    Make your joys many and your sorrows few,
    Bless you in what you bear and what you do,
Yea, perfect you as He would have you be.
So much for you; but what for me, dear friend?
    To love you without stint and all I can
Today, tomorrow, world without an end;
    To love you much and yet to love you more,
    As Jordan at his flood sweeps either shore;
        Since woman is the helpmeet made for man.

    6

Or puoi la quantitate
Comprender de l'amor che a te mi scalda.    (Dante)
Non vo' che da tal nodo mi scioglia.    (Petrarca)

Trust me, I have not earn'd your dear rebuke,
    I love, as you would have me, God the most;
    Would lose not Him, but you, must one be lost,
Nor with Lot's wife cast back a faithless look
Unready to forego what I forsook;
    This say I, having counted up the cost,
    This, though I be the feeblest of God's host,
The sorriest sheep Christ shepherds with His crook.
Yet while I love my God the most, I deem
    That I can never love you overmuch;
        I love Him more, so let me love you too;
    Yea, as I apprehend it, love is such
I cannot love you if I love not Him,
        I cannot love Him if I love not you.

    7

Qui primavera sempre ed ogni frutto.    (Dante)
Ragionando con meco ed io con lui.    (Petrarca)

"Love me, for I love you"--and answer me,
    "Love me, for I love you"--so shall we stand
    As happy equals in the flowering land
Of love, that knows not a dividing sea.
Love builds the house on rock and not on sand,
    Love laughs what while the winds rave desperately;
And who hath found love's citadel unmann'd?
    And who hath held in bonds love's liberty?
My heart's a coward though my words are brave
    We meet so seldom, yet we surely part
    So often; there's a problem for your art!
        Still I find comfort in his Book, who saith,
Though jealousy be cruel as the grave,
    And death be strong, yet love is strong as death.

    8

Come dicesse a Dio: D'altro non calme.    (Dante)
Spero trovar pieta non che perdono.    (Petrarca)

"I, if I perish, perish"--Esther spake:
    And bride of life or death she made her fair
    In all the lustre of her perfum'd hair
And smiles that kindle longing but to slake.
She put on pomp of loveliness, to take
    Her husband through his eyes at unaware;
    She spread abroad her beauty for a snare,
Harmless as doves and subtle as a snake.
She trapp'd him with one mesh of silken hair,
    She vanquish'd him by wisdom of her wit,
        And built her people's house that it should stand:--
        If I might take my life so in my hand,
And for my love to Love put up my prayer,
    And for love's sake by Love be granted it!

    9

O dignitosa coscienza e netta!    (Dante)
Spirto piu acceso di virtuti ardenti.    (Petrarca)

Thinking of you, and all that was, and all
    That might have been and now can never be,
    I feel your honour'd excellence, and see
Myself unworthy of the happier call:
For woe is me who walk so apt to fall,
    So apt to shrink afraid, so apt to flee,
    Apt to lie down and die (ah, woe is me!)
Faithless and hopeless turning to the wall.
And yet not hopeless quite nor faithless quite,
Because not loveless; love may toil all night,
    But take at morning; wrestle till the break
        Of day, but then wield power with God and man:--
        So take I heart of grace as best I can,
    Ready to spend and be spent for your sake.

    10

Con miglior corso e con migliore stella.    (Dante)
La vita fugge e non s'arresta un' ora.    (Petrarca)

Time flies, hope flags, life plies a wearied wing;
    Death following ******* life gains ground apace;
    Faith runs with each and rears an eager face,
Outruns the rest, makes light of everything,
Spurns earth, and still finds breath to pray and sing;
    While love ahead of all uplifts his praise,
    Still asks for grace and still gives thanks for grace,
Content with all day brings and night will bring.
Life wanes; and when love folds his wings above
    Tired hope, and less we feel his conscious pulse,
        Let us go fall asleep, dear friend, in peace:
        A little while, and age and sorrow cease;
    A little while, and life reborn annuls
Loss and decay and death, and all is love.

    11

Vien dietro a me e lascia dir le genti.    (Dante)
Contando i casi della vita nostra.    (Petrarca)

Many in aftertimes will say of you
    "He lov'd her"--while of me what will they say?
    Not that I lov'd you more than just in play,
For fashion's sake as idle women do.
Even let them prate; who know not what we knew
    Of love and parting in exceeding pain,
    Of parting hopeless here to meet again,
Hopeless on earth, and heaven is out of view.
But by my heart of love laid bare to you,
    My love that you can make not void nor vain,
Love that foregoes you but to claim anew
        Beyond this passage of the gate of death,
    I charge you at the Judgment make it plain
        My love of you was life and not a breath.

    12

Amor, che ne la mente mi ragiona.    (Dante)
Amor vien nel bel viso di costei.    (Petrarca)

If there be any one can take my place
    And make you happy whom I grieve to grieve,
    Think not that I can grudge it, but believe
I do commend you to that nobler grace,
That readier wit than mine, that sweeter face;
    Yea, since your riches make me rich, conceive
    I too am crown'd, while bridal crowns I weave,
And thread the bridal dance with jocund pace.
For if I did not love you, it might be
    That I should grudge you some one dear delight;
        But since the heart is yours that was mine own,
    Your pleasure is my pleasure, right my right,
Your honourable freedom makes me free,
    And you companion'd I am not alone.

    13

E drizzeremo gli occhi al Primo Amore.    (Dante)
Ma trovo peso non da le mie braccia.    (Petrarca)

If I could trust mine own self with your fate,
    Shall I not rather trust it in God's hand?
    Without Whose Will one lily doth not stand,
Nor sparrow fall at his appointed date;
    Who numbereth the innumerable sand,
Who weighs the wind and water with a weight,
To Whom the world is neither small nor great,
    Whose knowledge foreknew every plan we plann'd.
Searching my heart for all that touches you,
    I find there only love and love's goodwill
Helpless to help and impotent to do,
        Of understanding dull, of sight most dim;
        And therefore I commend you back to Him
Whose love your love's capacity can fill.

    14

E la Sua Volontade e nostra pace.    (Dante)
Sol con questi pensier, con altre chiome.    (Petrarca)

Youth gone, and beauty gone if ever there
    Dwelt beauty in so poor a face as this;
    Youth gone and beauty, what remains of bliss?
I will not bind fresh roses in my hair,
To shame a cheek at best but little fair,--
    Leave youth his roses, who can bear a thorn,--
I will not seek for blossoms anywhere,
    Except such common flowers as blow with corn.
Youth gone and beauty gone, what doth remain?
    The longing of a heart pent up forlorn,
        A silent heart whose silence loves and longs;
        The silence of a heart which sang its songs
    While youth and beauty made a summer morn,
Silence of love that cannot sing again.
Reanudo mi día de conejo
mi noche de elefante en descanso.

Y, entre mi, digo:
ésta es mi inmensidad en bruto, a cántaros
éste es mi grato peso,
que me buscará abajo para pájaro
éste es mi brazo
que por su cuenta rehusó ser ala,
éstas son mis sagradas escrituras,
éstos mis alarmados campeñones.

Lúgubre isla me alumbrará continental,
mientras el capitolio se apoye en mi íntimo derrumbe
y la asamblea en lanzas clausure mi desfile.

Pero cuando yo muera
de vida y no de tiempo,
cuando lleguen a dos mis dos maletas,
éste ha de ser mi estómago en que cupo mi lámpara en pedazos,
ésta aquella cabeza que expió los tormentos del círculo en mis pasos,
éstos esos gusanos que el corazón contó por unidades,
éste ha de ser mi cuerpo solidario
por el que vela el alma individual; éste ha de ser
mi ombligo en que maté mis piojos natos,
ésta mi cosa cosa, mi cosa tremebunda.

En tanto, convulsiva, ásperamente
convalece mi freno,
sufriendo como sufro del lenguaje directo del león;
y, puesto que he existido entre dos potestades de ladrillo,
convalezco yo mismo, sonriendo de mis labios.
I giudici se vogliono giudicare bisogna che si facciano eleggere
i giornalisti se vogliono scrivere non devono criticare
i sindacalisti devono alzarsi in piedi quando mi vedono entrare
l'opposizione non deve opporsi se no non vale
e insomma una buona volta lasciatemi lavorare
** sei ville in Sardegna e le bollette da pagare
e forse dovrei farmi ricoverare
Mi consenta mi consenta senta
c'è troppa anomalia in questa società violenta

I giudici se vogliono restare non ci devono arrestare
la stampa estera l'Italia non la deve riguardare
e io a casa mia mangio con chi mi pare
e insomma Bettino smettila di telefonare
più di quello che ** fatto proprio non lo posso fare
** sei televisioni sulle spalle da mantenere
e forse mi dovrei far ricoverare
Mi consenta mi consenta senta
c'è troppa finanza in questa società violenta

E i tre saggi se sono saggi non si devono impicciare
e la Rai deve essere complementare
e perdio spiegatemi cosa vuol dire complementare
e non dite che non so l'italiano che mi fate incazzare
e i giudici i processi li devono stipulare
e i giornalisti non devono esageracerbare
e forse mi dovrei far ricoverare
Mi consenta mi consenta senta
c'è troppa poca Fininvest in questa società violenta

E i giudici si alzino in piedi prima di giudicare
e se la mafia mi vota cosa ci posso fare
e il milione di posti l'avevo detto per scherzare
e voglio tremila guardie del corpo che mi devono guardare
e un ritratto di sei metri vestito da imperatore
e che sono fascista non me lo dovete dire
e i giornalisti prima di scrivere si facciano eleggere
e i rigori contro il Milan non li dovete dare
e gli agit-prop vadano in Russia ad agitproppare
e non chiamatemi Bokassa o vi faccio fucilare
e i giudici il paese non lo possono sventrare
e a me gli avvisi di garanzia non li dovete mandare
e forse mi dovrei un po' calmare
ma se io sono Dio cosa ci posso fare
Mi consenta mi consenta senta
no c'è più religione in questa società violenta.
Leydis Oct 2017
No era cosa de no vivir,
tampoco era por cobardía,
no era que no entendía,
los conceptos del tiempo.
Es que su tiempo se había
empotrado a un momento.

Se sentía abatida,
se sentía consumida,
en batallas con fichas sin triunfo
y sin fecha de caducidad.

Las praderas no eran llanas,
tampoco eran templadas.
Las colinas siempre planas,
y sus planes se volatizaban,
entre el humo en la distante bruma,
que bromaba a sus espaldas.

Las mañana siempre oscura,
y la noche y su negrura-
en su pecho se enclaban.

No era cosa de no vivir,
vivía, respiraba, trabajaba.
Mas habitaba en su alma
la cansancio del mañana.

Los espectros del pasado
en su mente moraban,
espantando al presente
y el gozo de pertenecerle.

No era cosa de no vivir,
una sonrisa se escapaba
en un sorbo de café
que husmeara a esperanza.

No era cosa de no vivir,
un paso siempre daba
a la aterrante espera
de lo que relegara
la suerte y lo que ella anhelaba.

No le temía a la muerte,
a su casa la invitaba,
que se sentara en su sofá
que le contara de paraísos y
de lo que al otro lado se encontraba.

No le temía a la muerte,
temía el siempre vivir cansada.  

LeydisProse
9/29/2017
https://www.facebook.com/LeydisProse/
Dejarse vencer por la vida, es peor que dejarse vencer por la muerte! Julia de Burgos, Puertorican poet
tangshunzi Jun 2014
Pianificare un matrimonio Texas tutto il tragitto dall'Inghilterra non è esattamente quello che chiamerei un compito facile .ma per questa splendida sposa e lo sposo è stato uno che è venuto insieme senza soluzione di continuità .Sto parlando di una squadra impressionante di fornitori .amici favolosi + parenti e romantico giorno di tempo piovoso tutti insieme per creare una relazione seria sognante .Vedi tutto catturato da Geoff Duncan proprio qui .

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Da Sposa.Dopo Jon ed io siamo fidanzati nel gennaio 2013 .ci fu inizialmente un sacco di avanti e indietro sopra dove il matrimonio reale avrebbe avuto luogo .Jon è vestiti da sposa dalla costa meridionale dell'Inghilterra .e miè èdal Texas .e anche se la gente continuava a dirci che era il nostro matrimonio.quindi dovremmo avere nel posto che ci rende felici .ci stavaè èvuole che sia davverodifficile per tutti della nostra famiglia e gli amici per farlo .Alla fine abbiamo deciso che aveva più senso avere in Texas.come ** TALE una grande famigliaèe al momento abbiamo pensato che sarebbe sicuramente ottenere un tempo migliore ( sì proprio! ) Ed essere in grado di avere il matrimonio all'aperto.Inoltre .un paio di Jon ' amici inglesi ci ha detto cheñ è èEtter nonèce l'ha nel Regno Unitoè èvolevanoè eo da qualche parte esotica .come il Texas !è è/ em >

Jon e io sapevamo che didnè èvogliono avere il matrimonio in una grande cittàècosì Dallas .dove hoè èoriginario .è stato escluso abbastanza rapidamente .La nostra posizione di nozze e il tema di ispirazione in realtà provenivano da uno dei matrimoni Jon ' groomsmen "che abbiamo partecipato insieme il primo fine settimana mi sono trasferito nel Regno Unito all'inizio del 2011 . Loro matrimonio era nelle Highlands scozzesièpiù disabitata .selvaggia .zona remota voipoteva immaginare .Abbiamo volato da Glasgow .affittato una macchina e guidato altre 3 ore a nord nel bel mezzo del nulla .La maggior parte delle persone che frequentano il matrimonio alloggiavano nello stesso albergo ( o nelle vicinanze ).per tutto il weekend ed è stato questo ( probabilmente centinaia di anni) edificio in pietra si affaccia su un bellissimo lago .La vecchia chiesa caratteristico era solo la strada - e stranamenteèversò prima.durante e dopo tutta la loro cerimoniaèsuona familiare .E 'stato davvero romantico anche se durante la cerimonia .perché eravamo tutti rannicchiati in questa calda chiesetta con il vento e la pioggia che urla fuori .Abbiamo apprezzato molto l'idea di fare una cosa simile dove tutti alloggiava nella stessa zona ed era in campagna - e tutti abbiamo potuto trascorrere il weekend insieme .Abbiamo pensato cheè ñal sicuro dalla pioggia in Texas estate.anche seèci stavaè èaspettano Scozia meteo !

organizzare il matrimonio in Texas da Londra non ha dimostrato di essere un compito facile .In un primo momento ** pensato che ero in cima delle coseènon eroè èlavoro e sono stato in grado di ottenere la maggior parte dei miei grandi fornitori prenotati.Ma poi ** trovato un nuovo lavoro nel mese di luglio e che ' quando le cose sono diventate davvero difficile .** sottovalutato quanti piccoli dettagli ci sarebbeèma fortunatamente per meèmia mamma e papà davvero tirato insieme e aiutatoèmolto .** trovato un sacco di mie idee per i più piccoli dettagli su Pinterest ( come si fa ) e ** trovato il materiale che avevo bisogno di fare loro su Etsy .Vorrei ordinare tutto il necessario per una delle mie idee e quindi provare a lavorare con mia mamma per vedere come si potrebbe ottenere fatto .I vasi di muratore sono un esempioèho ordinato 100 vasi di muratore .etichette.cannucce .ecc e li aveva spediti alla mamma .Poi ** avuto la vestiti da sposa mamma di passare le etichette per invitare la mia ragazza (che è INCREDIBILE tra l'altro) e aveva tutti i nomi stampati sulle etichette e ha dato di nuovo a mamma che li bloccato sui vasi .E così la maggior parte dei piccoli dettagli sono stati fatti in questo modo!I donè èche avrei potuto fare tutto senza tutto l'aiuto straordinario che avevoèmamma.papà .il abiti da sposa on line mio coordinatore e altri fornitori sorprendenti.

Jon e ** volato in Dallas la settimana prima del matrimonio per aiutare a finire alcune cose prima del giorno e per abituarsi al cambiamento di tempo orribile.Il weekend di matrimonio iniziato nel Austin sul ​​Giovedi prima perché il Inn Above Onion Creek richiesto l' intero hotel è stato affittato per tutti e tre notti .È finito per lavorare fuori fantastico e mi ha dato una notte in più da trascorrere con tutta la mia famiglia e gli amici Jon ' in un unico luogo .L'intero weekend è stato davvero speciale (ovviamente la notte del matrimonio reale era il migliore !) .Ma è stato incredibile .non solo avendo tutti i nostri cari in un posto.ma guardando quanto bene tutti andavano d'accordo e quanto divertimento tutti sembravano essereavere .

Tutta la settimana che porta al matrimonio .Jon e mi era stato nervosamente controllo le previsioni ogni cinque minuti .Purtroppo .una previsione di pioggia sarebbe semplicemente non andare via per il giorno del matrimonio reale .ma è tenuto saltando dal 20 % al 50 % e di nuovo al 20 % - la tortura totale.TUTTI continuava a direè ñhhh donè èpreoccuparti !Non ' sicuramente pioverà .Essa non fa maièprobabilmente sarà cielo sereno !èquindi non era davvero stressante a tutti quando tre ore prima della cerimonia .la pioggia peggiore cheè èe visto in anni laminati in ( ben che potrebbe in parte essere perché drizzles solo a Londra).ma letteralmente il cielo stava cadendo .Probabilmente ero un piacere essere intorno in quel periodo .Per fortuna



.come ** detto primaèavevo fornitori incredibili che erano in grado di tenere tutto insieme ( mentre io ero un disastro ) e tutto si è rivelato splendidamente .La pioggia cessò per la cerimonia (per fortuna ).e il cielo si schiarì che ha fornito anche un bellissimo sfondo per tutte le foto di gruppo .Tutto sembrava essere scorre senza intoppi e ci siamo divertiti così tanto a parlare con tutti e ballare verso la fine della notte .
couldnè èpotuto essere più felice di come è andato tuttoèera letteralmente tutto ciò che avremmo potuto sperare.Ci siamo sentiti solo come se fosse volato da troppo veloce!Fotografia

: Geoff Duncan | Cinematografia : Jerry Malcolm 2nd Generation Films | Cake: The Cupcake Bar | Cancelleria : Love And Wit Paper Co. | Hair \u0026 Makeup : Erica Gray | DJ : DJ Floyd Banche | Ufficiante : Sarah Reed | Alcol: Specifiche | Cerimonia \u0026 Reception Venue : Inn Above Onion Creek | Coordinamento : stile e la grazia Eventi | barman : Bar Divas | Rehearsal Dinner Luogo : Iron Cactus 6th Street | vacanze : Illusions AffittiThe Cupcake Bar è un membro del nostro Little Black Book .Scopri come i membri sono scelti visitando la nostra pagina delle FAQ .The Cupcake Bar VIEW
http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-c-1
http://www.belloabito.com/goods.php?id=450
http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/1/358835353535_394276.jpeg
Kyle Matrimonio al Inn Above Onion Creek_abiti da sposa 2014
Io stongo 'e casa a 'o vico Paraviso
tengo tre stanze all'urdemo piano,
int' 'a stagione, maneche e 'ncammisa,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
mme metto for' 'a loggia a respirà.
Aiere ssera, quase a vintun'ora,
mentre facevo 'a solita fumata,
quanno mme sento areto nu rummore:
nu fuja-fuja... na specie 'e secutata...
Mm'avoto 'e scatto e faccio: "Chi va là?".

Appizzo ll'uocchio e veco 'a dint' 'o scuro
Bianchina, ferma 'nnanze a nu pertuso
'e chesta posta! Proprio sott' 'o muro.
Ma dato ch'era oscuro... era confuso,
non si vedeva la profondità.

St'appustamento ca faceva 'a gatta,
a ddì la verità, mme 'ncuriosette...
Penzaie:"Ccà nun mme pare buono 'o fatto:
e si Bianchina 'e puzo nce ne mette,
vuol dire qualche cosa nce adda stà".

E, comme infatti, nun m'ero sbagliato:
dentro al pertuso c'era un suricillo
cu ll'uocchie 'a fore... tutto spaventato,
...'o puveriello nun era tranquillo,
pensava: Nun m' 'a pozzo scapputtià.

Tutto a nu tratto 'o sorice parlaie
cu na parlata in italiano puro:
"Bianchina, ma perché con me ce l'hai?
Smettila, via, non farmi più paura!".
Dicette 'a gatta: "I' nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà, pietà, pietà! Che cosa ** fatto?".
E s'avutaie 'e botto 'a parte mia:
«Signore, per piacere, dica al suo gatto
che mi lasciasse in pace e così sia!".
"Va bene, va', Bianchì... lascelo stà!".

"Patrò, trasitevenne 'a parte 'e dinto,
che rispunnite a ffà mmiezzo a sti fatte?
Stu suricillo ca fa 'o lindo e pinto,
mme ll'aggia spiccià io ca songo 'a gatta,
si no ccà 'ncoppa che ce stongo a ffà?".

"Va bene, - rispunnette 'mbarazzato -
veditavella vuie sta questione,
però ccà 'ncoppa nun voglio scenate;
e ricordate ca songh'io 'o padrone
e si rispetta l'ospitalità".

"E inutile che staje dint' 'o pertuso,
-'a gatta lle dicette - chesta è 'a fine...
Si cride 'e te scanzà, povero illuso!
He fatto 'o cunto ma senza Bianchina...
Songo decisa e nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà di me! Pietà, Bianchina bella!".
Chiagneva e 'mpietto lle tremava 'a voce,
cosa ca te faceva arriccià 'a pella.
Povero suricillo, miso 'ncroce
senza speranza 'e se pute salvà!

"Va buo', pe chesta vota, 'izela 'a mano,
cerca d' 'o fà fui stu suricillo,
chello ca staje facenno nun à umano,
te miette 'ncuollo a chi à cchiù piccerillo...
Embe, che songo chesti nnuvità?".

"'O munno è ghiuto sempe 'e sta manera:
'o pesce gruosso magna 'o piccerillo
(mme rispunnette 'a gatta aiere ssera).
Pur'io aggio perduto nu mucillo
mmocca a nu cane 'e presa; ch'aggia fà?".

"Ma cosa c'entro io con quel cagnaccio!
Anch'io ** una mammina che mi aspetta:
Gesù Bambino, più non ce la faccio!
Nella mia tana vo' tornare in fretta;
se non mi vede mamma mia morrà"»

'O suricillo già vedeva 'a morte
e accumminciaie a chiagnere a dirotto,
'o core lle sbatteva forte forte,
e p' 'a paura se facette sotto.
Mm'avoto e faccio 'a gatta: "Frusta llà!".

'A gatta se facette na resata,
dicette: "E se po' iate int' 'a cucina
e truvate 'o formaggio rusecato,
pecché po' v' 'a pigliate cu Bianchina?
Chisto è 'o duvere mio... chesto aggia fà!".

In fondo in fondo, 'a gatta raggiunava:
si mm' 'a tenevo in casa era p' 'o scopo;
dicimmo 'a verità, chi s' 'a pigliava
si me teneva 'a casa chiena 'e topi?
Chiaie 'e spalle e mme jette a cuccà!
Es ésta entonces la ávida vida abierta
a todos los insólitos vientos del Azar,
a todos los sólitos vientos
pregustados?
                    ¿Es ésta?
                                    ¿Y aquí pensé encallar?

¿Aquí pensé afincar el anda?
                                          ¿y, por siempre, fijar
la vagabunda nao?

-Para, con la ánima despierta,
y en el tufo salino y en los vientos insólitos,
desaforados, turbulentos,
(con el sutil oído, con la aguda nariz -unánimes
acólitos-)
captar, captar, captar
la ciencia del fugado mar?

¿Es ésta, es ésta,
ánima mía,
corazón mío, espíritu mío, -sitibundos-,
corazón mío, espíritu mío, -errantes-,
frenéticos, vagabundos, 1
vaga mundos
desalados,
               
-es ésta,
es ésta entonces la ávida vida, soberana
de toda la cosa terrena y de la sideral y de lo que ideó el ensueño?

La ávida vida abierta como los fijos ojos
horadantes y como los oídos -caracoles profundos-
y el pensieroso ceño,
y la frente, -campana:
y la frente -campana- para albergar los aladíneos despojos
de las piraterías y los asaltos inverecundos:
los sables de abordaje -azules- de sangre rojos;
los labios -rojos- azules de mares y mundos;
los dedos enjoyados de acariciar la hembra (en cuyos lientos,
madorosos, musgosos refugios perfumados
descubrieran maravillosos Eldorados
y de abenuz y múrice deleitables portentos...)

Es ésta, es ésta
ánima mía sitibunda,
corazón mío, espíritu mío -ardientes,
insaturables, inextinguibles, indómitos, eternos insurgentes-,
¿es ésta entonces la ávida vida soberana,
y soberana de toda la cosa terrenal y sideral, o que soñó -cogitabunda-
la grávida campana
pletórica de fantasías indehiscentes?

La ávida vida abierta como los horadantes
fijos ojos insomnes y vigías
y los oídos, caracoles,
y la frente, campana:
y la boca, que al mar hurtó salobre aliento;
y la melena, ansia de fugas a los vientos errantes;
y el espíritu, al mar y al viento y a los soles
de oro y a las noches de terciopelo endrino,
-la libertad, la música recóndita y el encanto marino:
oh cazador de efímeros arreboles!

Oh cazador de efímeros arreboles,
de bocas y de ensueños que el deseo satura
de no sabido hechizo! 2

Oh cazador de arreboles efímeros,
de espíritus y sexos que el deseo enaltece
-transitorio- y que abaja el hastío;
oh cazador de nubes, navegador de nubes,
cabalgador dc sombras, propugnador de olvido,
domeñador de vientos!

Oh cazador de arreboles efímeros,
argonauta en océanos de sónes,
y en piélagos de ritmos
argonauta, y en noches de pasión y de perfumes
sexüales...! ¡oh noches de terciopelo endrino!

Es ésta entonces la ávida vida abierta
y a todos los milagros y a todos los portentos
y maravillas?
¿y a toda la cotidiana cosecha
pregustada?
                  ¿o a lo que sembró el Azar?
¿o a todos los prodigios y a todos los mirajes
embaidores, y espejismos aladinescos, y señuelos,
e indehiscentes fantasías?
¿Es ésta, es ésta,
ánima mía,
corazón mío, espíritu mío -jamás, jamás saciados!-,
corazón mío, espíritu mío -satisfechos nunca!-
¿es ésta entonces la ávida vida de mis sueños,
la ávida vida soberana
de toda la cosa terrena y sideral o que ideó mi cogitar?
          ¿Es ésta?
                          ¿Es ésta?
                                            ¿Y aquí pensé encallar?
The misty and damp mornings
                                                       alone are what hurt the most.
When I crave nothing more
                                                 than the warmth of your embrace and sight.
Why am I the most pleased
                                                 when we say goodbye.
It's only then
                        I feel anything.
Sputnik Andrade Dec 2012
Tengo una caja guardada en una esquina de mi cuarto.

Nadie la ve, nadie la siente, porque es secreta y porque es sólo mía y porque tiene un hechizo. La maldición de Tutankamón.

Dentro de esa caja estoy yo en papel. Está también mi corazón y lo que esconde mi mente. Lo rige un rey indiferente, con la ley de Dios escrita en la frente. La caja es de madera pero su interior es de cerámica y de metal. Nadie puede entrar a ella porque no tiene llave.

Vivo yo ahí y ella vive en mí.

Así lo hemos decidido.

La caja es infinita como lo soy yo. Y también ahí viven los objetos que me dan peso. Que son pocos, porque tener muchos pueden asfixiar, pueden estorbar, estropearse y arruinarlo todo.

La caja es perfecta, porque es mi creación y es mía.

Ahí primero no había nada.

Las cosas vivían afuera y no adentro. Por eso era yo tan sensible. Los golpes eran reales, no metafísicos. Las pérdidas eran de verdad y no simbolismos. Y la inmortalidad inalcanzable.

Lo que primero vivió ahí fueron los actos no físicos. Los rituales. Pequeñas misas vulgares y paganas que había que repetir para que yo no saliera disparada a un no-lugar.

Había que mirar al sol de cierta manera cada mañana. Subir y mirarlo morir cada jueves.

Había que escoger la ropa con suma delicadeza. Porque había representaciones místicas y personales en cada arruga.

Había que tener el cabello corto, la nunca libre y las manos largas y sucias.

Y durante años pude existir. Autoconfirmada. Rituales inútiles. Sin ninguna finalidad religiosa o real. Sino ser piedras que sostienen. Vigas profundas. Agua que cubre. Cielo neblinoso.

La caja obtuvo su primer objeto y fue hecho por mí, no entregado. Pero lo perdió porque yo lo quemé. Y cada objeto que entraba que yo creaba tenía el mismo fin:

Morir en las llamas de la indiferencia y del olvido.

Hasta que me di cuenta de que había que hacer una conexión física con el exterior. Una mirilla. Un hilo transparente que se aferrará a algo.

Los rituales no son tangibles pero se realizan en la realidad y eso les da el peso suficiente. Sin embargo, un objeto es un objeto y nada puede cambiarle la naturaleza. Las cosas se dañan y se olvida. Deben ser confirmadas por dos parte. Debe existir un equilibrio o desaparecerán por siempre.

Así comencé a coleccionar objetos y la caja, por fin, se vio llena.

Casi todas las cosas eran pedazos de papel. Suéteres. Pulseras de tela a punto de romperse. Felpa inútil y flores muertas.

Los llamé tótems porque su función es nombrar. Me nombran a mi. Me susurran al oído que, ciertamente, existo. Que respiro y que observo. Que me duelen las cosas y que puedo brillar.

Y de acuerdo con las leyes de la física, la caja se transforma.

Adquiere y pierde cosas.

Cosas reales.

Cosas que tú puedes tocar y oler y masticar.

Existen en este mundo y existen dentro de mí. Son verdadera como la cosa más verdadera. Son hermosas como la cosa más hermosa.

Y en una caja en un esquina de mi cuarto, ahí estoy yo representada.
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
Perché reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura
Perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
È lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perché delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno cò suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? Che vuol dir questa
Solitudine immensa? Ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu sè queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ** fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale.
Io stongo 'e casa a 'o vico Paraviso
tengo tre stanze all'urdemo piano,
int' 'a stagione, maneche e 'ncammisa,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
mme metto for' 'a loggia a respirà.
Aiere ssera, quase a vintun'ora,
mentre facevo 'a solita fumata,
quanno mme sento areto nu rummore:
nu fuja-fuja... na specie 'e secutata...
Mm'avoto 'e scatto e faccio: "Chi va là?".

Appizzo ll'uocchio e veco 'a dint' 'o scuro
Bianchina, ferma 'nnanze a nu pertuso
'e chesta posta! Proprio sott' 'o muro.
Ma dato ch'era oscuro... era confuso,
non si vedeva la profondità.

St'appustamento ca faceva 'a gatta,
a ddì la verità, mme 'ncuriosette...
Penzaie:"Ccà nun mme pare buono 'o fatto:
e si Bianchina 'e puzo nce ne mette,
vuol dire qualche cosa nce adda stà".

E, comme infatti, nun m'ero sbagliato:
dentro al pertuso c'era un suricillo
cu ll'uocchie 'a fore... tutto spaventato,
...'o puveriello nun era tranquillo,
pensava: Nun m' 'a pozzo scapputtià.

Tutto a nu tratto 'o sorice parlaie
cu na parlata in italiano puro:
"Bianchina, ma perché con me ce l'hai?
Smettila, via, non farmi più paura!".
Dicette 'a gatta: "I' nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà, pietà, pietà! Che cosa ** fatto?".
E s'avutaie 'e botto 'a parte mia:
«Signore, per piacere, dica al suo gatto
che mi lasciasse in pace e così sia!".
"Va bene, va', Bianchì... lascelo stà!".

"Patrò, trasitevenne 'a parte 'e dinto,
che rispunnite a ffà mmiezzo a sti fatte?
Stu suricillo ca fa 'o lindo e pinto,
mme ll'aggia spiccià io ca songo 'a gatta,
si no ccà 'ncoppa che ce stongo a ffà?".

"Va bene, - rispunnette 'mbarazzato -
veditavella vuie sta questione,
però ccà 'ncoppa nun voglio scenate;
e ricordate ca songh'io 'o padrone
e si rispetta l'ospitalità".

"E inutile che staje dint' 'o pertuso,
-'a gatta lle dicette - chesta è 'a fine...
Si cride 'e te scanzà, povero illuso!
He fatto 'o cunto ma senza Bianchina...
Songo decisa e nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà di me! Pietà, Bianchina bella!".
Chiagneva e 'mpietto lle tremava 'a voce,
cosa ca te faceva arriccià 'a pella.
Povero suricillo, miso 'ncroce
senza speranza 'e se pute salvà!

"Va buo', pe chesta vota, 'izela 'a mano,
cerca d' 'o fà fui stu suricillo,
chello ca staje facenno nun à umano,
te miette 'ncuollo a chi à cchiù piccerillo...
Embe, che songo chesti nnuvità?".

"'O munno è ghiuto sempe 'e sta manera:
'o pesce gruosso magna 'o piccerillo
(mme rispunnette 'a gatta aiere ssera).
Pur'io aggio perduto nu mucillo
mmocca a nu cane 'e presa; ch'aggia fà?".

"Ma cosa c'entro io con quel cagnaccio!
Anch'io ** una mammina che mi aspetta:
Gesù Bambino, più non ce la faccio!
Nella mia tana vo' tornare in fretta;
se non mi vede mamma mia morrà"»

'O suricillo già vedeva 'a morte
e accumminciaie a chiagnere a dirotto,
'o core lle sbatteva forte forte,
e p' 'a paura se facette sotto.
Mm'avoto e faccio 'a gatta: "Frusta llà!".

'A gatta se facette na resata,
dicette: "E se po' iate int' 'a cucina
e truvate 'o formaggio rusecato,
pecché po' v' 'a pigliate cu Bianchina?
Chisto è 'o duvere mio... chesto aggia fà!".

In fondo in fondo, 'a gatta raggiunava:
si mm' 'a tenevo in casa era p' 'o scopo;
dicimmo 'a verità, chi s' 'a pigliava
si me teneva 'a casa chiena 'e topi?
Chiaie 'e spalle e mme jette a cuccà!
Matthew Rowe Aug 2010
El amor es una cosa muy bella
es una cosa que no entiendo
sobre que no puedo poner mi dedo
de que quiero correr por miedo
pero, la felicidad en mi corazón solo puede correr en un dirección
a ti

No tengo la decisión
Había hecho para mi
¿Por quién?  No sé.  
Tengo miedo, sí,
pero solo hay una mujer a quien quiere correr
y es tú
solo tú

La verdad en mi corazón es objetivo
¿Mis temas?  subjetivas

Quiero su amor, solo sus abrazos, solo sus besos
Solo tú

Habías robarlo a mi corazón,
no sé cómo y no sé cuándo,
pero lo tiene

¿me gusta que lo tiene?
Si, tengo miedo, pero es un facto
Mi corazón es contigo.  

¿Puedo decirte todo de este?
No, no puedo, hasta que estamos casados.
tangshunzi Aug 2014
Se c'è una cosa che dovete sapere su di me .è che io sono ossessionato con la caramella .Zuccherino.fruttato .cioccolatoso caramelle.il termine " golosi " e mi vanno di pari passo .Quindi questo capolavoro candy- ispirato di un matrimonio catturato da Ozzy Garcia Fotografia ?Beh.mi ha colpito con il suo bouquet caramelle ( SI ) .fiori rosa -riempita da Ocean Fiori e un infinito visualizzazione dolci.Clicca qui per tutti i dettagli squisiti .E ' al di là abbastanza .

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Da Sposa.Yoav e ** iniziato .scegliendo un luogo che potesse ospitare il nostro matrimonio all'aperto .l'aria calda Miami .una tregua benvenuto da inverni ventoso di Chicago e



Amsterdam e un minimo cambiamento climatico per i nostri 30 membri della vestiti da sposa famiglia che hanno fatto il viaggio dalla lontanaIsraele.La nostra visione per la sera era comfort casual con un lato di zucchero e un paio di sorprese lungo la strada.Jessica Masi di JCG eventi assicurato che questa visione è venuto a vita e Ozzy Garcia .di Ozzy Garcia Fotografia .artisticamente catturato questa visione e immortalato esso .
Avevamo fratello Yoavs officiare una parte della cerimonia .perché abbiamo ritenuto che quando si trattava di integrare i dati personali .chi poteva raccontare la nostra storia meglio di qualcuno che è stato lì fin dall'inizio ?Abbiamo voluto questo per impostare il precedente e il tono per il matrimonio a tutti i presenti .testimoniando il primo giorno della nostra vita in coppia .sono stati tutti .personaggi integrali amare nella nostra storia .

amore è dolce .il mio amore per la caramella è ancora più dolce .e ** sempre saputo che volevo il mio bouquet di essere fatto di caramelle .Alcune persone si asciugano i loro mazzi di fiori .alcune persone li salvano .avevo intenzione di mangiare la mia.Grazie alla Donut Divas .** avuto un ottimo spuntino a tarda notte sulla mia prima notte di nozze !Alcuni dei miei dolci preferiti di zucchero .marshmallow e M \u0026 Ms .sono stati abilmente collocato in un cono di cialda gigante.Il vantaggio di avere un matrimonio in giro per le vacanze di Pasqua è che anche l'erba nel bouquet era commestibile .

Oltre alla mia dipendenza da zucchero .credo davvero che ci sono pochi prodotti alimentari in questo mondo che può farmi felice come una torta di compleanno Publix negozio di alimentari .Al fine di condividere il mio amore per questa confezione con gli altri.dolci display ci ha fatto diversi stand torta di legno colorati .a cui Ocean Fiori aggiunto qualche scintilla .e abbiamo avuto diversi gusti di 8 pollici torte Publix poste sulle tavole di accoglienza .Il piano era quello di rimuovere le torte dopo cena e li hanno tagliati per dessert .ma i nostri ospiti seduti a questi tavoli è diventato così possessivo nei dolci sul loro tavolo che non avrebbe permesso a nessuno di toccarli .I nostri ospiti scavate con le loro forchette .senza nemmeno togliere dalla torta stare !

Oltre a tutti gli elementi fugaci di zucchero che è andato in nostro giorno speciale - le carte escort .il bouquet .i pop anello caramelle .lecca-lecca ragazza di fiore.il candy bar .le torte Publix - Penso che uno dei nostri ricordi preferiti dail giorno è venuto da Erin Una Chainani .** letto di Erin online circa due anni fa dopo googling Miami ritrattista .** chiamato Erin e le ** chiesto se lei sarebbe così incline a frequentare il nostro matrimonio e dipingere una scena.Non solo era pronto.ma ha dipinto due scene di boot!Ha catturato uno della cerimonia e uno del nostro primo ballo in coppia .

Quando il mio nuovo marito ed io stavamo confrontando le note dopo il matrimonio .entrambi abbiamo notato abiti da sposa corti che molte persone ci hanno offerto questo consiglio .amare ogni secondo di questa giornata perché va così veloce .E mentre il giorno ha fatto andare in fretta .non abbiamo mai avuto l'impressione che abbiamo perso tutte le occasioni per tutto dentro E grazie a Erin e Ozzy .abbiamo ricordi che ci ricordano del giorno del nostro matrimonio per sempre .Fotografia

: Ozzy Garcia Fotografia | Floral Design : Mare Flowers | Abito da vestiti da sposa sposa: Pronovias | Wedding Cake: Temptations eleganti | Scarpe : Mojo Moxy | capelli: Tanya Maquez | Abbigliamento dello sposo : Completo di supporto | Cake Stands : Sweet Visualizza | Cake Topper: Questo è il mio Topper | Torte (piccolo ) : Publix Bakery | Candy Profumo: Donut Divas | Cigar Roller : Acope Cigars | Dress Sash : Blue Bird Studio | Orecchini : Matrimoni 826 | Pianificazione + Design : GCP Eventi LLC | Flower Girl Dresses :pretty Flower Girl | Scarpe Flower Girl : Toms | Trucco : Rachel Blair Shapiro | Ritratto Artista : Erin Una Chainani | Wedding Venue : The Palms hotel \u0026
http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-c-1
http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-corti-c-49
http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/2/2314635353535_397744.jpg
Miami matrimonio al Palms di Ozzy Garcia Fotografia_abiti da sposa 2014
Uomo, mi hanno condotta dall'estremo
dove vivevo intera la "mia" vita
al Tuo opposto tremendo di giustizia:
che cosa dedurranno dal confronto
dei nostri due insondabili princìpi?
Qualcuno certo, conscio del Tuo inizio,
tratteneva i Tuoi volti successivi
in un travaglio cieco di rapporti
ma io, ancor prima che gli anelli tutti
della mia vita fossero congiunti,
mi distaccai precipite dal nulla
e proclamai la carne concepita.
Uomo Perfetto, cosa dannerai
di questo seme che, nel modularsi,
s'è rinforzato solo di se stesso
senza estasiarsi in giochi di virtù?
Certo conoscerai che equilibrando
ogni comandamento che mi esorta
a saturarmi tutta di peccato,
che riportando a questo intendimento
la perfezione delle mie lacune,
confluirei con adeguato passo
verso una vita lineare e assente.
Ma per ora, il peccato del mio tutto,
resta la tappa ultima e possente
ed un ritmo incessante di condanna
mi rigetta dal muovermi comune.
Quando, fanciulla appena, mi concessi,
quando mi sciolsi per la prima volta
da quel bruciore acuto di purezza
che sublimava ambiguità tremende,
sentii l'impegno che covavo dentro
crescere, quasi a forza di missione.
Non ** altra virtù che di condurmi
a prodigiose altezze di consenso
e una stanchezza illimite mi prende
se non mi adagio sopra un'altra forma...
Allineando tutte le mie ombre
volte perdutamente verso terra,
posso durare un tempo indefinito
accentrata in un'unica figura.
Ma che dolore sale le mie braccia
reggenti il grave fascio di me stessa:
l'essere dura giova solamente
a questa dubbia resistenza mia...
Sotto il piede che immagino sicuro
cerco il terreno viscido di sempre:
la tentazione è come un tempo lungo
ch'io devo bere, abbrividendo, in fretta...
Guarda, perché previeni il Tuo guardarmi
con errata coscienza di pudore?
Guarda, senza sapere l'astinenza,
queste carni purgate dal piacere,
questi occhi sinceri nell'orgoglio,
questi capelli dal profumo intenso
di vita e di memorie...
Peccato questo vivere me stessa?
So che la santità germoglierebbe
esercitando in me falsi connubi,
ma asségnami una giusta tolleranza
se l'indulgenza nega questo passo,
fa che il ritorno al vivere di sempre
non sprofondi nel buio di un abisso
e che non mi si dia maggiore colpa
se come gli altri, e con eguale indugio,
gioco il distacco dalla mia matrice.
Aiere ha fatto n'anno - 'o diece 'e maggio,
na matenata calda e chiena 'e sole -,
penzaie 'ncapo a me: "Cu che curaggio
io stamattina vaco a faticà!".
Facenno 'o paro e sparo mme susette:
"Mo mme ne vaco 'a parte 'e copp' 'o Campo".
Int'a ddiece minute mme vestette
cu 'e mucassine e cu 'o vestito blu.

Nun facette sparà manco 'o cannone
ca già stevo assettato int' 'a cantina,
annanze a nu piatto 'e maccarune:
nu zito ch'affucava int 'o ragù.

C' 'a panza chiena, a passo... chianu chiano
mme ne trasette dint'a na campagna,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
ca m' 'o zucavo comme 'o biberò.

Tutto a nu tratto veco nu spiazzale
chino 'e ferraglie vecchie e arrugginite.
E ched' è, neh?... nu campo 'e residuate:
"il cimitero della civiltà".

Nu carro armato cu 'a lamiera rotta...
trattore viecchie... macchine scassate...
n' "Alfetta" senza 'e qquatte rote 'a sotto...
pareva 'o campusanto d' 'a Pietà!

Guardanno a uno a uno sti ruttame,
pare ca ognuno 'e lloro mme diceva:
"Guardate ccà cosa addiventiamo
quanno 'a vicchiaia subbentra a giuventù".

Mmiezo a sta pace, a stu silenzio 'e morte,
tutto a nu tratto sento nu bisbiglio...
appizzo 'e rrecchie e sento 'e di cchiù forte:
"Mia cara Giulietta, come va?".

Chi è ca sta parlanno cu Giulietta?
Nmiezo a stu campo nun ce sta nisciuno...
Tu vuo vedè che l'hanno cu ll' "Alfetta"?
Cheste so ccose 'e pazze! E chi sarrà?

Mme movo chianu chiano... indifferente,
piglio e mm'assetto 'ncopp' 'o carro armato...
quanno 'a sotto mme sento 'e di: "Accidente!...
E chisto mo chi è?... Che vularrà?".

Chi ha ditto sti pparole? Chi ha parlato?
I' faccio sta domanda e zompo all'erta...
"So io ch'aggio parlato: 'o carro armato...
Proprio addu me v'aviveve assettà?

A Napule nun se pò sta cuieto.
Aiere un brutto cane mascalzone
se ferma, addora... aiza 'a coscia 'e reto,
e po' mme fa pipi 'nfaccia 'o sciassi".

"Vi prego di accettare le mie scuse,
v' 'e ffaccio a nome anche del mio paese;
Ma voi siete tedesco o Made in Usa?
E come vi trovate in Italy?".

"Sono tedesco, venni da Berlino
per far la guerra contro l'Inghilterra;
ma poi - chiamalo caso oppur destino -
'e mmazzate ll'avette proprio ccà!".

"Ah, si... mo mme ricordo... le mazzate
ch'avisteve da noi napoletani...
E quanto furon... quattro le giornate,
si nun mme sbaglio: o qualche cosa 'e cchiù?".

"Furon quattro.Mazzate 'a tutte pizze:
prete, benzina, sputazzate 'nfacccia...
Aviveve vedè chilli scugnizze
che cosa se facettero afferrà!".

"Caro Signore, 'o nuosto è nu paisiello
ca tene - è overo - tanta tulleranza;
ma nun nce aimma scurdà ca Masaniello
apparteneva a chesta gente ccà.

E mo mm'ite 'a scusà ll'impertinenza,
primma aggio 'ntiso 'e dì: "Cara Giulietta".
Facitemmella chesta confidenza:
si nun mme sbaglio era st' "Alfetta" ccà?".

"Appunto, si,è qui da noi da un mese...
'A puverella è stata disgraziata,
è capitata 'nmano a un brutto arnese,
... Chisto nun ha saputo maie guidà.

Io mm' 'a pigliasse cu 'e rappresentante,
cu chilli llà che cacciano 'e ppatente;
chiunque 'e nuie, oggi, senza cuntante,
se piglia 'a macchinetta e se ne va".

"Di macchine in Italia c'è abbondanza...-
rispose sottovoce 'a puverella -
si no che ffa... po' nce grattammo 'a panza:
chillo ca vene ll'avimmo acchiappà".

"Giulietta, raccontate qui al signore
i vostri guai" - dicette 'o carro armato.
L' "Alfetta" rispunnette a malincuore:
"Se ci tenete, li racconterò.

Come sapete, sono milanese,
son figlia d'Alfa e di papà Romeo,
per fare me papà non badò a spese;
mi volle fare bella "come il fò".

Infatti, mi adagiarono in vetrina,
tutta agghindata... splendida... lucente!
Ero un' "Alfetta" ancora signorina:
facevo tanta gola in verità!

Un giorno si presenta un giovanotto
cu tanto nu paccotto 'e cambiale,
io, puverella!, avette fà 'o fagotto,
penzanno:Chi sa comme va a fernì!

Si rivelò cretino, senza gusto:
apparteneva 'a "gioventù bruciata".
Diceva a tutti quanti: "Io sono un fusto;
'e ffemmene cu mmico hanna cadè!".

Senza rispetto, senza nu cuntegno...
cambiava tutt' 'e giorne... signorina:
ci conduceva al solito convegno...
... alla periferia della città.

Chello ca cumbinava 'o giuvinotto?
Chi maie ve lo potrebbe raccontare:
io nn'aggio mantenute cannelotte
'e tutte specie, 'e tutte 'e qqualità:

la signorina di buona famiglia,
a vedova, 'a zetella, 'a mmaretata...
E quanno succedette 'o parapiglia,
stavamo proprio cu una 'e chesti ccà.

In una curva, questo gran cretino,
volle fare un sorpasso proibito,
di fronte a noi veniva un camioncino,
un cozzo, svenni, e mo mme trovo ccà".

"A nu fetente 'e chisto ce vulesse
nu paliatone, na scassata d'osse'...
Ma comme - dico i' po' - sò sempe 'e stesse
ca t'hanna cumbinà sti guaie ccà?".

"E che penzate 'e fà donna Giulietta?".
"E ch'aggia fà? - rispose 'a puverella-
So che domani viene una carretta,
mme pigliano e mme portano a squaglià".

"Giulietta... via, fatevi coraggio -
(dicette 'o carro armato). lo ero un "Tigre",
il popolo tremava al mio passaggio!...
Mannaggia 'a guerra e chi 'a vulette fà!

lo so cosa faranno del mio squaglio:
cupierche 'e cassarole, rubinette,
incudini, martelli, o qualche maglio,
e na duzzina 'e fierre pe stirà"

"lo vi capisco... sono dispiaciuto...
ma p' 'e metalli 'a morte nun esiste;
invece 'e n'ommo, quanno se n'è ghiuto,
Natalia Rivera Jan 2015
Una luz tenue me levanto, ¿qué hora será? Miro el rejo y son las 4:50 de la madrugada de algún martes. Me volteo para verlo plasmado, la obra de arte más bella del mundo; el. Esta dormido profundamente, debido a su insomnio es cosa de celebrar así que lo dejo dormir y tomo el abrigo que hay en el suelo. El bonito abrigo color azul de rayas que tanto me encanta, el mismo abrigo que horas antes me quito con la ternura y pasión de dos amantes. Una pequeña sonrisa brota de mis labios y continúo para la sala, atravieso el pasillo forrado de fotos. Fotos de él, fotos mías, fotos familiares, sus pinturas, llego a la cocina y miro por la ventana, ya casi amanece. Me sirvo un poco de agua en mi taza con forma de gato, en la mesa de la sala están las copas y el vino de anoche.
El estaba sentado en el sofá, con su camisa color negra y sus mahonés grises. Con la mitad de la copa vacía me miraba indescifrablemente. Yo estaba sentada en el suelo cerca de la chimenea, usaba mi lindo vestido de flores junto a su abrigo color azul de rayas y el pelo alborotado (como siempre).
-¿Qué te trae bailando en el cinturón de Orión? dice dándole el último sorbo a su copa.
- En lo bien que se te ven esos mahonés le contesto; seguido de unas miradas disfrazadas y unas cuantas risas  me anime a contarle lo que me pasaba realmente.
-Hay días que el miedo me invade, mi vida era bastante simple antes de tu aparición. Nada me quitaba el sueño, vivía viajando en mis libros y mis prioridades era mantener con vida a mi pez y conseguir dinero al final de día para poder sustentarme. Pero apareciste, de la nada, porque si y mi mundo fue un caos. Cartas, besos, caricias, charlas, malos hábitos, terrible humor, un artista, un genio, un sádico, un romántico, egocéntrico y niño. De eso se componían mis pensamientos, pase de depender de cómo terminaba el final de un libro a como terminaba cada una de sus palabras. Estaba enamorada como nunca antes y eso me asustaba. Estoy enamorada de ti y todas tus mañas, pero quiero que te quedes para siempre.

Podía verlo, la luz del fuego enfocaba su rostro a la perfección, el silencio era agobiante. Permanecía sentada de alguna forma extraña hasta que al fin lo vi caminar hacia mí; se sentó junto y me miraba con ojos perdidos, tomo mi rostro en sus deliciosas manos y me besó. Me besó despacio, permitiéndome respirar su aroma y saborear su alma. Entre caricias, besos y suspiros terminamos en la cama, aún vestidos, aún con ganas. Lentamente baja la cremallera del abrigo y me lo quita con esa sonrisa de picardía, como un niño comenzando una travesura. Una vez que el abrigo cae al suelo me mira y me dice “Te amo, mi pequeña niña y mi inmensa mujer”
El resplandor del sol hizo que retornara a la realidad, eran las 5:20 de la mañana y el seguía durmiendo. Abrí la puerta del balcón para saludar a mi madre, danzaba en las olas y en los rayos del sol, radiante como siempre. La playa estaba desierta, estaba desnuda así como me gusta; decidí entrarme en ella así camine hasta la orilla del agua y me senté.  Me sentía viva pero me di cuenta que algo me cubría de pies a cabeza; la melancolía. Lo quería, si lo miraba sabia que ese era el hombre al que amaría por el resto de mis días y tenía miedo. Miedo a que el no sintiera lo mismo, que no me viera como yo lo veo. Mi desfile de pensamientos fue interrumpido por un cálido beso en la cabeza, mi artista de había levantado. Traía una manta y un bulto,  la extendió y cubriéndome me pregunto ¿Qué haces medio desnuda con este frió sentada ahí? Necesitaba brisa con sabor a playa, le dije. Se quedo junto a mi callado durante un rato. Vimos como del océano brotaban las nubes y danzaban hasta llegar a lo más alto del cielo, también, a lo lejos en el muelle vimos a una pareja sacar su pequeño bote para pasar lo que parecía ser un excelente día.
Inesperadamente el toma mi mano y la besa, me acerca a él y al oído casi susurrando me dice
- Jamás encuentro las palabras correctas para expresarte cuán importante eres, y cuando las encuentro se me pierde el coraje para decirlas. La otra noche vi tu alma desnuda, te vi a ti con todos tus miedos y con todo el amor que tienes, entonces supe nuevamente porque te escogí para pasar el resto de mis días contigo. Has estado en cada paso que doy, aun sabiendo que alguno de esos pasos me alejaba de ti. Fuiste mi brújula cuando me encontraba extraviado, mi amiga cuando deseo hablar de cosas que no te interesan y has sido toda una diosa para mí en aspectos que ambos sabemos.  No soy muy bueno en esto, y sé que estas no son las palabras que deseas oír solo sé que te amo y lo haré hasta que mis ganas de plasmar tu sonrisa en un canva se vayan, hasta que me haya cansado de hacerte el amor, hasta el día en que me muera. Te amo, y no dejare que te marches de mi vida nunca.
El sonido de las olas cubría mis sollozos, las lagrimas bajaban por mis mejillas y las palabras no me salían. Lo mire y el tenia una inmensa sonrisa y sus ojos me miraban con ternura. Me quito ambas mantas y del bulto saco su abrigo azul de rayas, me lo puso y me dijo:
-Quédate conmigo para siempre.
Y le dije:
-Me quedare contigo hasta en las ocasiones que quieras estar solo.
Lo beso y le digo:
-Te amo, renacuajo
Me besa y me dice:
-Te amo, mi niña.
Segunda historia.
Hermosa como la estrella
De la alborada de mayo
Fue en Méjico hará dos siglos
Doña Ana María de Castro.

Ninguna logró excederle
En la elegancia y el garbo
Ni en los muchos atractivos
De su afable y fino trato.

Sus maneras insinuantes,
Su genio jovial y franco,
Su lenguaje clara muestra
De su instrucción y su rango:

Su talle esbelto y flexible,
Sus ojos como dos astros
Y las riquísimas joyas,
Con que esmaltó sus encantos.

La hicieron en todo tiempo
La más bella en el teatro,
La mejor por sus hechizos,
La primera en los aplausos.

Los atronadores vivas,
Los gritos del entusiasmo
Siempre oyó, noche por noche,
Al pisar el escenario.

En canciones, en comedias,
En sacramentales autos,
Ninguna le excedió en gracia,
Ni le disputó los lauros.

Doña Ana entre bastidores
Era de orgullo tan alto,
Que a todos sus compañeros
Trató como a sus lacayos.

Las maliciosas hablillas,
Los terribles comentarios,
Los epigramas agudos
Y los rumores más falsos,

Siempre tuvieron origen
Según el vulgo, en su cuarto,
Centro fijo en cada noche
De los jóvenes más guapos.

Allí en torno de una mesa
Se charlaba sin descanso,
Sin escrúpulos ni coto
De lo bueno y de lo malo.

Si la gazmoña chicuela
Del marqués, ama a Fulano,
Y si éste le guiña el ojo
Escondido en algún palco;

Si la esposa de un marino
Mira con afán extraño
Al alabardero Azunza
Que de algún noble está al lado;

Si el Virrey fijó sus ojos
Con interés en el patio,
Como en busca de un amigo
Que subiera a acompañarlo,

Sobre el último alboroto
De tal calle y de tal barrio
Con alguaciles, corchetes
Mujerzuelas y soldados

La actriz, risueña y festiva
Oyendo tales relatos,
A todos daba respuestas
Como experta en cada caso.

Algunos por conquistarse
Su pasión más que su agrado,
Sin lograr sus esperanzas
Grandes sumas se gastaron;

Otros con menos fortuna
Sólo anhelaban su trato
Viviendo como satélites
En derredor de aquel astro.

Ana, radiante de gloria,
Miraba con desenfado
A los opulentos nobles
Que eclipsara con su encanto.

Y en la sociedad más alta
Censuraban su descaro
Creyéndola una perdida,
Foco de vicios y escándalos.

Mas no hay crónica que ponga
Tan duros juicios en claro,
Ni nos diga que a ninguno
Se rindió por los regalos.

Ella protegió conquistas
De sus amigos más francos,
Y quizá empujó al abismo
A los galanes incautos.

Astuta e inteligente
Guardó en su amor tal recato
Que tan valioso secreto
No han descubierto los años.

Se habla de un Virrey
Que estuvo de doña Ana enamorado,
Mas la historia no lo afirma
Ni puedo yo asegurarlo.

Mujer hermosa y ardiente,
De genio y en el teatro,
Por la calumnia y la envidia
Tuvo medidos sus pasos.
Por sabias disposiciones
Dictadas con gran acierto
Las actrices habitaban
Muy cerca del coliseo.

Este se alzó por entonces
Entre el callejón estrecho
Que del Espíritu Santo
Llamamos en nuestro tiempo,

Y la calle de la Acequia,
En los solares extensos
Que hoy las gentes denominan
Calle del Coliseo Viejo.

Y cerca, en vecina calle,
Que por tener un colegio
Destinado a las doncellas
«De las niñas» llama el pueblo,

Las artistas del teatro
Buscaron sus aposentos,
Y de las Damas llamóse
A tal motivo aludiendo.

Una noche gran tumulto
Turbó del barrio el sosiego,
A los más graves vecinos
Levantando de sus lechos;

Los jóvenes elegantes
Formando corrillo inmenso,
Seguidos de gente alegre
Y poco amiga del sueño,

A la puerta de una casa
Su carrera detuvieron
Acompañando sus trovas
Con sonoros instrumentos

-«Serenata a la de Castro»,
Dijo al mirarlos un viejo.
-¿Y por qué así la celebran?
Preguntó un mozo indiscreto.

-¡Cómo por qué! dijo alguno;
El Virrey loco se ha vuelto
Y prendado de la dama
Ordena tales festejos.

-¿El Virrey?-Así lo dicen.
-¡El Virrey! -Ni más ni menos;
Y allí cantan edecanes,
Corchetes y alabarderos.
-¿Será posible ?
-Miradlos...
-¡Qué locuras!
-Y ¡qué tiempos!
-Los oidores están sordos.
-Al menos están durmiendo.
-¡Turbar en tan altas horas
La soledad y el silencio!
¡Y alarmar a los que viven
Con recato en los conventos!

-¡Y por una mujerzuela!
-¡Una farsanta que ha puesto,
Como a Job, a tantos ricos
Que están limosna pidiendo!

-¿Y la Inquisición? -Se calla.
-¿Y la mitra? -¿Y el Gobierno?
-Doña Ana domina a todos
Con su horrible desenfreno.

-¿Y es hermosa? -Cual ninguna.
-¿Joven? -¡Y de gran talento!
-Y con dos ojos que vierten
Las llamas del mismo infierno.

-Con razón con sus hechizos
Vuelve locos a los viejos.
-El Virrey no es un anciano.
-Ni tampoco un arrapiezo.

-Pero escuchad lo que dicen
Cantando esos bullangueros.
-Es el descaro más grande
Tal cosa decir en verso.

Y al compás de la guitarra
Vibraba claro el acento
De un doncel que así decía
En obscura capa envuelto:

-«¡Sal a tu balcón, señora,
Que por mirarte me muero,
Piensa en que por ver tus gracias
El trono y la corte dejo».

-Más claro no canta un gallo.
-Y todos lo estáis oyendo.
El Virrey deja su trono
Por buscar a la... ¡Silencio!

-¡Cómo está la Nueva España!
-¡Pobre colonia! -Me atrevo
A decir que no se ha visto
Cosa igual en todo el reino.

Y los del corro cantaban,
Y al fin todos aplaudieron
Al mirar que la de Castro
A su balcón salió luego.

-«¡Vivan la luz y la gracia,
La sandunga y el salero!»
-«Ya asomó el sol en oriente».
-«¡Ya el alba tiñó los cielos!»

Y doña Ana agradecida
Buscando a todos un premio,
Llevó la mano a los labios
Y al grupo le arrojó un beso.

Creció el escándalo entonces
Rayó en locura el contento
Y volaron por los aires
Las capas y los sombreros,

Cerró su balcón la dama,
Apagáronse los ecos,
Dispersáronse las gentes
Y todo quedó en silencio
Con grande asombro se supo,
Trascurridas dos semanas
Desde aquella escandalosa
Aunque alegre serenata,

Que las glorias de la escena,
Los laureles de la fama,
El brillo y los oropeles
De la carrera dramática,

Por inexplicable cambio,
Por repentina mudanza,
Sin reserva y sin esfuerzo
Todo dejaba doña Ana.

Y alguno de los que saben
Cuanto en los hogares pasa
Y que exploran con cautela
Los secretos de las almas,

Dijo a todos los amigos
De artista tan celebrada
Que un sermón del Viernes Santo
Era de todo la causa.

El padre Matías Conchoso,
Cuya elocuente palabra
Los más duros corazones
Convirtiera en cera blanda,

Al ver entre su auditorio
A tan arrogante dama
Atrayéndose en el templo
De los hombres las miradas,

Habló de lo falso y breves
Que son las glorias mundanas;
De los mortales pecados
De los que viven en farsas;

De los escándalos graves
Que a la sociedad alarma
Cuando una actriz sin recato
Incautos pechos inflama;

Y con tan vivos colores
Pintó la muerte y sus ansias
Y al infierno perdurable
Que al pecador se prepara;

Que la de Castro, temblando,
Cayó al punto desmayada
Con el hechicero rostro
Bañado en ardientes lágrimas.

Sacáronla de aquel templo,
Condujéronla a su casa,
Y temiendo que muriera
Fueron a sacramentarla.

Cuando cesaron sus males,
Y estuvo en su juicio y sana,
En señal de penitencia
Resolvió dejar las tablas;

Y vendió trajes y joyas;
Y las sumas que dejaran
Se las entregó a la Iglesia
De su nuevo voto en aras.

Entró después de novicia
Y su conducta sin mancha
Y su piedad y su empeño
Por vivir estando en gracia,

Abreviaron sus afanes,
La dieron consuelo y calma
Y tomó el hábito y nunca
El mundo volvió a mirarla.

Fueron tales sus virtudes
Y sus hechos de enclaustrada,
Que cuentan los que lo saben
Que murió en olor de santa.

Por muchos años miróse
La celda pequeña y blanca
Que ocupó en Regina Coeli
La memorable doña Ana.

Y aun se conservan los muros
De la antigua estrecha casa
En que vivió aquella artista
En la «Calle de las Damas».

Pasó, dejando animosa
Riqueza, aplausos y fama,
Del escenario a la celda
¡Por la salvación del alma!
Jean Cocteau es un ruiseñor mecánico a quien le ha dado cuerda Ronsard.

Los únicos brazos entre los cuales nos resignaríamos a pasar la vida, son los brazos de las Venus que han perdido los brazos.

Si los pintores necesitaran, como Delacroix, asistir al degüello de 400 odaliscas para decidirse a tomar los pinceles... Si, por lo menos, sólo fuesen capaces de empuñarlos antes de asesinar a su idolatrada Mamá...

Musicalmente, el clarinete es un instrumento muchísimo más rico que el diccionario.

Aunque se alteren todas nuestras concepciones sobre la Vida y la Muerte, ha llegado el momento de denunciar la enorme superchería de las "Meninas" que -siendo las propias "Meninas" de carne y hueso- colgaron un letrerito donde se lee Velázquez, para que nadie descubra el auténtico y secular milagro de su inmortalidad.

Nadie escuchó con mayor provecho que Debussy, los arpegios que las manos traslúcidas de la lluvia improvisan contra el teclado de las persianas.

Las frases, las ideas de Proust, se desarrollan y se enroscan, como las anguilas que nadan en los acuarios; a veces deformadas por un efecto de refracción, otras anudadas en acoplamientos viscosos, siempre envueltas en esa atmósfera que tan solo se encuentra en los acuarios y en el estilo de Proust.

¡La "Olimpia" de Manet está enferma de "mal de Pott"! ¡Necesita aire de mar!... ¡Urge que Goya la examine!...

En ninguna historia se revive, como en las irisaciones de los vidrios antiguos, la fugaz y emocionante historia de setecientos mil crepúsculos y auroras.

¡Las lágrimas lo corrompen todo! Partidarios insospechables de un "régimen mejorado", ¿tenemos derecho a reclamar una "ley seca" para la poesía... para una poesía "extra dry", gusto americano?

Todo el talento del "douannier" Rousseau estribó en la convicción con que, a los sesenta años, fue capaz de prenderse a un biberón.

La disección de los ojos de Monet hubiera demostrado que Monet poseía ojos de mosca; ojos forzados por innumerables ojitos que distinguen con nitidez los más sutiles matices de un color pero que, siendo ojos autónomos, perciben esos matices independientemente, sin alcanzar una visión sintética de conjunto.

Las frases de Oscar Wilde no necesitan red. ¡Lástima que al realizar sus más arriesgadas acrobacias, nos dejen la incertidumbre de su ****!

El cúmulo de atorrantismo y de burdel, de uso y abuso de limpiabotas, de sensiblería engominada, de ojo en compota, de retobe y de tristeza sin razón -allí está la pampa... más allá el indio... la quena... el tamboril -que se espereza y canta en los acordes del tango que improvisa cualquier lunfardo.

Es necesario procurarse una vestimenta de radiógrafo (que nos proteja del contacto demasiado brusco con lo sobrenatural), antes de aproximarnos a los rayos ultravioletas que iluminan los paisajes de Patinir.

No hay crítico comparable al cajón de nuestro escritorio.

Entre otras... ¡la más irreductible disidencia ortográfica! Ellos: Padecen todavía la superstición de las Mayúsculas.

Nosotros: Hace tiempo que escribimos: cultura, arte, ciencia, moral y, sobre todo y ante todo, poesía.

Los cubistas cometieron el error de creer que una manzana era un tema menos literario y frugal que las nalgas de madame Recamier.

¡Sin pie, no hay poesía! -exclaman algunos. Como si necesitásemos de esa confidencia para reconocerlos.

Esos tinteros con un busto de Voltaire, ¿no tendrán un significado profundo? ¿No habrá sido Voltaire una especie de Papa (*****) de la tinta?

En música, al pleonasmo se le denomina: variación.

Seurat compuso los más admirables escaparates de juguetería.

La prosa de Flaubert destila un sudor tan frío que nos obliga a cambiarnos de camiseta, si no podemos recurrir a su correspondencia.

El silencio de los cuadros del Greco es un silencio ascético, maeterlinckiano, que alucina a los personajes del Greco, les desequilibra la boca, les extravía las pupilas, les diafaniza la nariz.

Los bustos romanos serían incapaces de pensar si el tiempo no les hubiera destrozado la nariz.

No hay que admirar a Wagner porque nos aburra alguna vez, sino a pesar de que nos aburra alguna vez.

Europa comienza a interesarse por nosotros. ¡Disfrazados con las plumas o el chiripá que nos atribuye, alcanzaríamos un éxito clamoroso! ¡Lástima que nuestra sinceridad nos obligue a desilusionarla... a presentarnos como somos; aunque sea incapaz de diferenciarnos... aunque estemos seguros de la rechifla!

Aunque la estilográfica tenga reminiscencias de lagrimatorio, ni los cocodrilos tienen derecho a confundir las lágrimas con la tinta.

Renán es un hombre tan bien educado que hasta cuando cree tener razón, pretende demostrarnos que no la tiene.

Las Venus griegas tienen cuarenta y siete pulsaciones. Las Vírgenes españolas, ciento tres.

¡Sepamos consolarnos! Si las mujeres de Rubens pesaran 27 kilos menos, ya no podríamos extasiarnos ante los reflejos nacarados de sus carnes desnudas.

Llega un momento en que aspiramos a escribir algo peor.

El ombligo no es un órgano tan importante como imaginan ustedes... ¡Señores poetas!

¿Estupidez? ¿Ingenuidad? ¿Política?... "Seamos argentinos", gritan algunos... sin advertir que la nacionalidad es algo tan fatal como la conformación de nuestro esqueleto.

Delatemos un onanismo más: el de izar la bandera cada cinco minutos.

Lo primero que nos enseñan las telas de Chardin es que, para llegar a la pulcritud, al reposo, a la sensatez que alcanzó Chardin, no hay más remedio que resignarnos a pasar la vida en zapatillas.

Facilísimo haber previsto la muerte de Apollinaire, dado que el cerebro de Apollinaire era una fábrica de pirotecnia que constantemente inventaba los más bellos juegos de artificio, los cohetes de más lindo color, y era fatal que al primero que se le escapara entre el fango de la trinchera, una granada le rebanara el cráneo.

Los esclavos miguelangelescos poseen un olor tan iodado, tan acre que, por menos paladar que tengamos basta gustarlo alguna vez para convencerse de que fueron esculpidos por la rompiente. (No me refiero a los del Louvre; modelados por el mar, un día de esos en que fabrica merengues sobre la arena).

¡La opinión que se tendrá de nosotros cuando sólo quede de nosotros lo que perdura de la vieja China o del viejo Egipto!

¡Impongámosnos ciertas normas para volver a experimentar la complacencia ingenua de violarlas! La rehabilitación de la infidelidad reclama de nosotros un candor semejante. ¡Ruboricémonos de no poder ruborizarnos y reinventemos las prohibiciones que nos convengan, antes de que la libertad alcance a esclavizarnos completamente!

El cemento armado nos proporciona una satisfacción semejante a la de pasarnos la mano por la cara, después de habernos afeitado.

¡Los vidrios catalanes y las estalactitas de Mallorca con que Anglada prepara su paleta!

Los cubistas salvaron a la pintura de las corrientes de aire, de los rayos de sol que amenazaban derretirla pero -al cerrar herméticamente las ventanas, que los impresionistas habían abierto en un exceso de entusiasmo- le suministraron tal cúmulo de recetas, una cantidad tan grande de ventosas que poco faltó para que la asfixiaran y la dejasen descarnada, como un esqueleto.

Hay poetas demasiado inflamables. ¿Pasan unos senos recién inaugurados? El cerebro se les incendia. ¡Comienza a salirles humo de la cabeza!

"La Maja Vestida" está más desnuda que la "maja desnuda".

Las telas de Velázquez respiran a pleno pulmón; tienen una buena tensión arterial, una temperatura normal y una reacción Wasserman negativa.

¡Quién hubiera previsto que las Venus griegas fuesen capaces de perder la cabeza!

Hay acordes, hay frases, hay entonaciones en D'Annunzio que nos obligan a perdonarle su "fiatto", su "bella voce", sus actitudes de tenor.

Azorín ve la vida en diminutivo y la expresa repitiendo lo diminutivo, hasta darnos la sensación de la eternidad.

¡El Arte es el peor enemigo del arte!... un fetiche ante el que ofician, arrodillados, quienes no son artistas.

Lo que molesta más en Cézanne es la testarudez con que, delante de un queso, se empeña en repetir: "esto es un queso".

El espesor de las nalgas de Rabelais explica su optimismo. Una visión como la suya, requiere estar muellemente sentada para impedir que el esqueleto nos proporcione un pregusto de muerte.

La arquitectura árabe consiguió proporcionarle a la luz, la dulzura y la voluptuosidad que adquiere la luz, en una boca entreabierta de mujer.

Hasta el advenimiento de Hugo, nadie sospechó el esplendor, la amplitud, el desarrollo, la suntuosidad a que alcanzaría el genio del "camelo".

Es tanta la mala educación de Pió Baroja, y es tan ingenua la voluptuosidad que siente Pío Baroja en ser mal educado, que somos capaces de perdonarle la falta de educación que significa llamarse: Pío Baroja.

No hay que confundir poesía con vaselina; vigor, con camiseta sucia.

El estilo de Barres es un estilo de onda, un estilo que acaba de salir de la peluquería.

Lo único que nos impide creer que Saint Saens haya sido un gran músico, es haber escuchado la música de Saint Sáéns.

¿Las Vírgenes de Murillo?

Como vírgenes, demasiado mujeres.

Como mujeres, demasiado vírgenes.

Todas las razones que tendríamos para querer a Velázquez, si la única razón del amor no consistiera en no tener ninguna.

Los surtidores del Alhambra conservan la versión más auténtica de "Las mil y una noches", y la murmuran con la fresca monotonía que merecen.

Si Rubén no hubiera poseído unas manos tan finas!... ¡Si no se las hubiese mirado tanto al escribir!...

La variedad de cicuta con que Sócrates se envenenó se llamaba "Conócete a ti mismo".

¡Cuidado con las nuevas recetas y con los nuevos boticarios! ¡Cuidado con las decoraciones y "la couleur lócale"! ¡Cuidado con los anacronismos que se disfrazan de aviador! ¡Cuidado con el excesivo dandysmo de la indumentaria londinense! ¡Cuidado -sobre todo- con los que gritan: "¡Cuidado!" cada cinco minutos!

Ningún aterrizaje más emocionante que el "aterrizaje" forzoso de la Victoria de Samotracia.

Goya grababa, como si "entrara a matar".

El estilo de Renán se resiente de la flaccidez y olor a sacristía de sus manos... demasiado aficionadas "a lavarse las manos".

La Gioconda es la única mujer viviente que sonríe como algunas mujeres después de muertas.

Nada puede darnos una certidumbre más sensual y un convencimiento tan palpable del origen divino de la vida, como el vientre recién fecundado de la Venus de Milo.

El problema más grave que Goya resolvió al pintar sus tapices, fue el dosaje de azúcar; un terrón más y sólo hubieran podido usarse como tapas de bomboneras.

Los rizos, las ondulaciones, los temas "imperdibles" y, sobre todo, el olor a "vera violetta" de las melodías italianas.

Así como un estiló maduro nos instruye -a través de una descripción de Jerusalén- del gesto con que el autor se anuda la corbata, no existirá un arte nacional mientras no sepamos pintar un paisaje noruego con un inconfundible sabor a carbonada.

¿Por qué no admitir que una gallina ponga un trasatlántico, si creemos en la existencia de Rimbaud, sabio, vidente y poeta a los 12 años?

¡El encarnizamiento con que hundió sus pitones, el toro aquél, que mató a todos los Cristos españoles!

Rodin confundió caricia con modelado; espasmo con inspiración; "atelier" con alcoba.

Jamás existirán caballos capaces de tirar un par de patadas que violenten, más rotundamente, las leyes de la perspectiva y posean, al mismo tiempo, un concepto más equilibrado de la composición, que el par de patadas que tiran los heroicos percherones de Paolo Uccello.

Nos aproximamos a los retratos del Greco, con el propósito de sorprender las sanguijuelas que se ocultan en los repliegues de sus golillas.

Un libro debe construirse como un reloj, y venderse como un salchichón.

Con la poesía sucede lo mismo que con las mujeres: llega un momento en que la única actitud respetuosa consiste en levantarles la pollera.

Los críticos olvidan, con demasiada frecuencia, que una cosa es cacarear, otra, poner el huevo.

Trasladar al plano de la creación la fervorosa voluptuosidad con que, durante nuestra infancia, rompimos a pedradas todos los faroles del vecindario.

¡Si buena parte de nuestros poetas se convenciera de que la tartamudez es preferible al plagio!

Tanto en arte, como en ciencia, hay que buscarle las siete patas al gato.

El barroco necesitó cruzar el Atlántico en busca del trópico y de la selva para adquirir la ingenuidad candorosa y llena de fasto que ostenta en América.

¿Cómo dejar de admirarla prodigalidad y la perfección con que la mayoría de nuestros poetas logra el prestigio de realizar el vacío absoluto?

A fuerza de gritar socorro se corre el riesgo de perder la voz.

En los mapas incunables, África es una serie de islas aisladas, pero los vientos hinchan sus cachetes en todas direcciones.

Los paréntesis de Faulkner son cárceles de negros.

Estamos tan pervertidos que la inhabilidad de lo ingenuo nos parece el "sumun" del arte.

La experiencia es la enfermedad que ofrece el menor peligro de contagio.

En vez de recurrir al whisky, Turner se emborracha de crepúsculo.

Las mujeres modernas olvidan que para desvestirse y desvestirlas se requiere un mínimo de indumentaria.

La vida es un largo embrutecimiento. La costumbre nos teje, diariamente, una telaraña en las pupilas; poco a poco nos aprisiona la sintaxis, el diccionario; los mosquitos pueden volar tocando la corneta, carecemos del coraje de llamarlos arcángeles, y cuando deseamos viajar nos dirigimos a una agencia de vapores en vez de metamorfosear una silla en un trasatlántico.

Ningún Stradivarius comparable en forma, ni en resonancia, a las caderas de ciertas colegialas.

¿Existe un llamado tan musicalmente emocionante como el de la llamarada de la enorme gasa que agita Isolda, reclamando desesperadamente la presencia de Tristán?

Aunque ellos mismos lo ignoren, ningún creador escribe para los otros, ni para sí mismo, ni mucho menos, para satisfacer un anhelo de creación, sino porque no puede dejar de escribir.

Ante la exquisitez del idioma francés, es comprensible la atracción que ejerce la palabra "merde".

El adulterio se ha generalizado tanto que urge rehabilitarlo o, por lo menos, cambiarle de nombre.

Las distancias se han acortado tanto que la ausencia y la nostalgia han perdido su sentido.

Tras todo cuadro español se presiente una danza macabra.

Lo prodigioso no es que Van Gogh se haya cortado una oreja, sino que conservara la otra.

La poesía siempre es lo otro, aquello que todos ignoran hasta que lo descubre un verdadero poeta.

Hasta Darío no existía un idioma tan rudo y maloliente como el español.

Segura de saber donde se hospeda la poesía, existe siempre una multitud impaciente y apresurada que corre en su busca pero, al llegar donde le han dicho que se aloja y preguntar por ella, invariablemente se le contesta: Se ha mudado.

Sólo después de arrojarlo todo por la borda somos capaces de ascender hacia nuestra propia nada.

La serie de sarcófagos que encerraban a las momias egipcias, son el desafío más perecedero y vano de la vida ante el poder de la muerte.

Los pintores chinos no pintan la naturaleza, la sueñan.

Hasta la aparición de Rembrandt nadie sospechó que la luz alcanzaría la dramaticidad e inagotable variedad de conflictos de las tragedias shakespearianas.

Aspiramos a ser lo que auténticamente somos, pero a medida que creemos lograrlo, nos invade el hartazgo de lo que realmente somos.

Ambicionamos no plagiarnos ni a nosotros mismos, a ser siempre distintos, a renovarnos en cada poema, pero a medida que se acumulan y forman nuestra escueta o frondosa producción, debemos reconocer que a lo largo de nuestra existencia hemos escrito un solo y único poema.
Saul Makabim Jun 2012
When you paint houses
bring your little brother
Hoffa couldn't keep his mouth shut
Mannlicher Carcano carbines
cleave off
the tops of skulls
Cosa Nostra prove
The idiocy of convertibles
Pretty boy politicians
sprayed across Jackie's face
Kennedy never should have rocked the boat
Bufalino brotherhood born for bloodshed
Irishman knows that
.32 goes in but doesn't come back out
Turning grey matter into brain sauce pudding
Hoffa couldn't keep his mouth shut
Got what he wanted
kept demanding more
Stupid Sicilian stooges get sliced up in pork store backrooms
limbs spread to the four corners of Michigan
Irishman painted his house
Hoffa couldn't keep his mouth shut

— The End —