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Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
Mateuš Conrad Mar 2020
.i lied in doubly toasted rye bread and some larry tesler epitaphs... toasted rye bread... better with baltic sushi... raw herrings in a creamy sauce... perhaps a creamy sauce with dill... more like apples and pickles... toasted rye bread with baltic sushi... herrings... smoked salmon is luxury... just the basics will do... a smoked salmon can have its bagel... as long as the toasted rye gets its herrings.

some thigs just have to wait for no apparent "rightness"
of time - a corvus corax album from 2009 only arrived
into my ears late sunday evening -
mille anni passi sunt - and no... i do not know what sort
of radio station would play this sort of music...
nor anything from 13th cent. "pleb" music of the countryside
or "heretic" monks that do not fit the criteria
of "classical"... i.e. "worthwhile"...

two sips of ms. amber / well a decent double with
pepsi max will jolt the memory:
or at least that's the hope -
yesterday two decent doubles allowed the coils
to unwind - alas - no pen and paper -
but a witness - a cat sleeping in a chair:
i'm pretty the sure the world won't mind if:
another of my diatribe spews heads into two
directions: infinity and nothingness -
                              perhaps tonight i will pick up
the scraps from what i "ought" to have written
down...                well... this is hardly
going to be words penned to paper to be later
required oratory material...

i can't exactly call them thought experiments...
if i believed in thought experiments...
i'd be... an oyster... or a clam...
  basically an mollusk - not quiet a stone...
but a shell - how did the oyster get his shell?
and why didn't the stone get...
a cell of celluloid / cellulite brain?
              the mountain has muhammad:
of that i am certain...  thought experiments...
not when you're about to do some manual labour...

i've been asking for my neighbour to put
up her garden fence for 15 years...
if not me then someone else...
she's put up a 5th of the garden's length...
the rest would remain covered by the foliage
in my garden... one storm... nothing...
two storms... nothing... then something...
the 5th of the garden length would topple...
until a new 5th of the garden's length would
be put up...
roots... ****** roots...
well... i felt lucky... this year we saw 3 or 4 storms
batter these islands consecutively...
the guys that were going to put up
the fence came... i gave them 250quid to cut
all the shrubbery in my garden...
after all: i do have tools... but a chainsaw i don't
have...
the fence is up... but the garden is in part
barren...
the shurbs and trees are gone:
i'm thinking of planting some dwarf apple / pear
trees... the plum tree took to the earth a few
years back... the cherry tree (morello cheery):
i'll give her another year:
she bloomed last year but only bore 2 fruits...
maybe she's shy...
well great... the shrubbery is gone...
but... roots... those ****** roots...
       we are talking london, we are talking:
a city built on clay...
it doesn't take long... not even half a meter
of digging before you reach this playdough
fudge layer of the soil...
     even if it is a dwarf tree or a shrub...
a holly... as i learned... even with a fork and mini
fork... a proper ***** and a mini *****...
a blunt axe and a heavy hammer...
digging up the roots'-head with some of
the roots intact can take somewhere between
2 to 4 hours...

                yesterday i managed 3...
which took me... roughly 6 hours... while i
uncovered a 4th...
   manual labour... better than going to the gym...
i really didn't know i had this muscle
in my body... or this sort of cartilage...
this tendon... i think i stood before a whole class
of students of medicine and gave them
an arithemetic of my lower thoraic and almost
all of my lumbar muscles...
but that's the beauty: i guess...
once you get on your knees and work with
earth, with roots, trees, once you unearth
the earthworms and cut them in half as you're
digging: well... they have an in-built clone
regrowth... the only music came from the birds
celebrating: renovation! food!
i wished for a radio... but then i uttered
a word or two and meditated on it -
perhaps it was a word - perhaps it was a phrase...
later that day i made east european dumplings...
a filling of last sunday's poacked chicken
meat (which is always a problem -
what do you do with poacked chicken meat
after you made a decent clear soup from it?),
mushrooms - sauerkraut - spices - blah blah...
but... first i sniffed my hands...
imbued with all the scents of the earth...
the dirst and the clay and the wood merging...
that... for the sensual contrast of later working
with flour and water for the dumplings' dough!

yesterday i lay in bed on this ******* carousel
wheel of "narrative"...
what if i forget it... i'll wake up and write it down...
7am... write this sort of ******* down?
i don't think so... lucky for me yesterday ended
with heavy rain... i almost wanted to fall asleep
to the sound of rain... it wasn't loud enough...
for a long time: it's either with earphones in...
or no... no other alternative...
      most relationships probably failed because:
"i wasn't there"... when trying to find the la la land
of nox...

               when writing: even feel a senstation
in your feet... as if you feet are standing
on the ceiling? the whole body translates into
a mild sensation of up-side-down...
ever write and while writing: feel the insane barrel
of laughter from a sensation that your feet
are attached to the ceiling?
   never mind...

   my eyes shouldn't be staring at this glaring screen
this late anyway... i should be listening
to radio.fama.pl with the screen blacked-out...
perhaps a candle in the room...
but mostly the light coming from the cigarette
being dragged... nothing more...
today is an exception: superstitious in that:
if i don't write this today:
tommorow would be cindarella of this...
no memor: there's already barely any cohesion...

today i was lucky: i only dug up one root-head...
2 hours... given that i had to do so...
while at the same time not disturbing the fern...
even thought the roots of the head were
weaving themselves around the fern...
had to tie up the fern so she wouldn't get in the way...
what a pretty man-bun of hair...
hail shiva!     or any other long-haired deity
that does... boquetes of hair for a living...
the fern was spared...

   back in the garden... a literal swamp...
that jasmine and her labyrinth of roots...
not to mention an ancient copper plated tube
with a cable that i dug up... and the old fence posts...
these biggo concrete dollops with metal...
literally a swamp... if this isn't what Ypres looked
like on a good day: then i'd be swimming
in cow-**** shambo on a bad day...
and this London clay... it...
you don't even dig up half a meter into the earth
and... you get a puddle of water...
work... in these conditions?
do i look like i'm going to mud-wrestle?

what sort of thought experiment can you take
into manual labour of this sort...
the sort that isn't going to the gym...
thought experiment = entertain a hypothetical
x, y and z? the "what if"?
i need to take a phrase with me...
i overheard it somewhere...

man is a human: doing...
woman is a human: being...
so i took that...

along came descartes and kant...
      along came the word ontological:
misnomer - oncology -
with oncology came: the cancer within botany...
mistletoe... if you've ever seen it grow
in the wild... go to Poland...
Warsaw will do... 10 miles in either direction...
after all... Poland isn't England...
there's no Royal Society for the preservation
of trees... mistletoe in the wild...
botanical cancer... now if i am to have
cancer... unlikely... i'm more prone to alcoholism
related deaths and dementia -
i just think of mistletoe... botanical cancer...
and it's in the tradition to: kiss under it...
anyways and who...

                    cogito ergo sum...
is that an a priori statement...
                     or an a posteriori statement...
it's hardly a maxim -
   a maxim according to which you'd be able
to extract an imperative of sorts -
caterogical or impartial - imperative and
and adjective of your choice -
                        yes... where i come from...
certain things are given SHE-pronouns...
most things botanical... except the oak...
an oak is a male in botany...
where i come from... the sun is female...
the moon is male... unlike in english...
where the words do not give pronoun impressions
designating "***"... that comes later...
with pictures... borrowed...
     comes with the turf... emoji hieroglyphs:
h'america first...
                         well and second...
                i don't hear news from France about
"misgendering" someone...
given how french grammar has explicit masculine and
feminine terms...
so... on your own...

i hear the debate... but... i don't even have
a two cent's worth of an argument...
              the iron curtain is down...
i'm in england and i'm looking at the silicone veil
and i'm saying: there's no me on the moon...
and if i'd really want to escape...
antarctica or... afghanistan... among the pashtun
women...
problem with both... i don't play the ***-tar
so good as to remember all the radio i'd miss...
i once heard the most beautiful adhan and cried...
then again: what if the mu'azzin
sounds like a goat grabbed by the testicles about
to be castrated?! and not the mu'azzin
i heard recorded?
i once cried hearing...
                         vaughan williams - fantasia on
a theme by thomas tallis...
once again when hearing ola gjeilo's...
either o magnum mysterium or northern lights...
beauty is transcendental: a priori -
          true beauty is transcendental: a priori -
because these pieces of music i heard for the first
time... and rejoiced with tears...
crying and laughter - not antonyms...
                                           implicitly i.e.:
when you're crying you're laughing vice versa etc.,
it's hard to laugh at music...
one can laugh at one's ****** response
to the body... but not when the body has found
serenity... or anguish...
             of a burden of the heart...
the ears to listen with... and that the eyes would
be far better off... without sight...
as two agape holes of a cave through
which a stream flows and arrives as a cascade point
for a waterfall...

i won't "solve" cogito ergo sum:
whether it's a priori or a posteriori...
what did cogito spawn though?
res cogitans - res extensa -
                     we're talking manual labour...
thank god heidegger didn't come along
with his hammer and suggest that someone
intent of working manually would...
somehow talk about philosophical matters on
the side...
                       that's the "hammer"... "apparently"...
no... it came down to:
man is a human: doing...
  woman is a human: being... i had to exclaim
out-loud trying to not interrupt the birds...

it's just convenient... to call man a human doing
and woman a human being...
do                                     b-ING-o!
be                                 b-ING-o!
               try another language...
                i'm sure it sounds better than just that...
человеческое дело...

          just as i thought...

                     ludzkie dzieło - ludzki czyn...
but i think i concentrated on the latter:
ludzki czyn...
                         after all: ludzki byt -
doesn't really translated into: ludzkie bycie -
with bycie - being -
                            isn't being: interchangeable
with existence - as in onto per se, for being
to be grasped from omni ex: out of this and every
other instance?
    
who would take a thought experiment when
undertaking some decent manual labour?
thought experiments are for sitting in a leather chair
and farting into it - basking in the glory
of theoretical solipsism - later translated
into a crowded tube train...
imagining oneself farting scented candle
magic fairy dust of dried strawberries!

             i don't have time for thought experiments...
i'll give up my hands to the earth
and to the trees the earthworms and the roots...
my bob the builder's ***-crack to the winds...
or... my akbir to the birds...
               my al-qiyyam to the work before me...
my ruku to the morning...
                  my sujud to the setting sun...
         and that last bit... counting the number
of new parts of my body i've used...
but no... no thought experiments...
three words in latin... yes...
                              five words... sven the seventh...
perhaps... but certainl a bilingual crossword
puzzle... and definitely meditating
on cyrillic letters... and greek...
        i'm yet to escape the grip of runes...
and of braille... and of hebrew...
                              and return to the old father...
   who still seems rather unreal...
to think that "my" people had a pre-existing latin
text... and that it somehow is not tied
to the runes... nor to the greek (as such)
nor arabic... not sanskirt...
                  a revived interest...
                          on the british isles anything
can be a revived interest...
         if marx came up with communism in
england... i can up with...
a tatto parlour where people don't make
a mistake of having chinese ideograms
tattooed onto themselves...
                                           ⰁⰉⰅⰎ
    ⰝⰅⰓⰐⰑ                       -
                           in decline because?
                               shared patterns...
even with the runes... R and not ᚱ
                        ᚠ and not F?
                                     ᛒ and not B?
                                              agreed upon...
           but i guess just because we share this...
latin text without any latin being so much
spoken outside of maxim / proverb / the crown...
no latin slang...
                            whatever this was...
i had to write it... a second time it would have
suffocated me and given me amnesia upon
waking.
Diego Scarca Feb 2010
Alla voce della persona, ignorata,
non risponde che uno stesso sfondo
di suono paziente, vuoto.
Con gesti circospetti
non si fermano gli oggetti
lasciati in un punto.

C'è stato un giorno qualsiasi,
un avvenimento banale:
qualcuno che dormiva
nelle camere di fianco
mentre si parlava.
E continuan le abitudini.

Sul cortile riposano
la nera facciata
e gli archi dei terrazzi.
Da un angolo proviene
una vampata di terrore.
S'arresta il rumore dei fili
della luce sbattuti.
S'apre una corta reminiscenza.

Nello stesso spazio
occupato prima da un senso strano
ora è un cemento d'angoscia.
Sul parapetto del muro di fronte
cade qualcosa,
poi si muove un animale nel fondo.

Arriveranno altri perduti dettagli,
si sentirà l'assenza.
Quando dal vicolo si scorge
un'altra spoglia di ringhiera
e una parvenza di passi sulla ghiaia,
come un pazzo risvolto, si ripete,
nel grembo dell'essere t'assale,
senza speranza,
un incontrastato malessere
così forte che il tempo appare
nella posa arrogante degli oggetti.

Oltre la scarpata,
piani di terra asciutta, martoriata,
i campi dove si tuffi
l'acqua di motori accesi nella notte
e, dietro, il mare.
E' un disuguale accorgersi
delle distanze.

A volte si sostiene per ore
un manto di oscurità feroce
intorno ad una statua.
Poi non resta che il dissapore
per aver inteso domandare pietà
da un'inutile voce.
Diego Scarca, Architetture del vuoto, Torino, Edizioni Angolo Manzoni, 2007
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l'arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti;
perché ne gliatti d'alegrezza spenti
di fuor si legge com'io dentro avampi:

sì ch'io mi credo omai che monti e piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch'è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so ch'Amore non venga sempre
ragionando con meco, et io co llui.
Hapless Writer Sep 2019
You are the biggest ***** I ever knew
You also carry the biggest heart that ever grew
How am I so blessed to have a sister such as you
I guess I caught one of those lucks that God threw

Forgive me for always pulling your strings
I apologize for putting you through everything
Excuse me for pushing you to your limits
I’m sorry for every time I did it

Know that I do this constantly
To convince myself that someone actually
Exists and accepts me for me
Of course, other than Tiffany

Even though I’ll be miles away
I’ll still love you the same
So please don’t ever change
For I’ll be coming home to this same place

You’re the realest ***** out there
Can’t compare to any of these heifers
Best believe I’ll stick around forever
Cuz I’m so proud to call you my sister
tangshunzi Jul 2014
Tutti sanno che Los Angeles è un luogo fresco pazzo per sposarsi .ma dire "sì" ai mozzafiato Hilton vestiti da sposa Checkers ed è un nuovo livello di impressionante .Questo perché Hilton Checkers è un hotel che non solo offre sistemazioni incredibili ( controllare la loro politica " blocco di cortesia" ! ) .Ma diversi luoghi sbalorditivi per dire "sì" o gettando quel post o pre-festa di nozze .Dateci un'occhiata qui di seguito .


Da Hilton Checkers .Hilton Checkers si trova nel cuore del abiti da sposa on line centro .a pochi passi da molte delle principali attrazioni della città .L' hotel dispone di diversi luoghi unici per eventi .compreso il nostro Rooftop Deck che può ospitare fino vestiti da sposa a 100 persone e offre una vista mozzafiato dello skyline di Los Angeles .Pluripremiato ristorante dell'hotel .Dama Downtown .è disponibile anche per eventi privati ​​fino a 80 . Alla ricerca di una posizione unica per una cena



di prova o il brunch di nozze post.il patio hotel offre un rifugio perfetto per il vostro evento speciale .
Inoltre .l'hotel dispone di 193 camere e suite arredate con gusto per accogliere gli ospiti per il vostro matrimonio .Per comodità .Hilton Checkers offrono i cosiddettiè eblocchi ourtesyècon un cut-off di 30 giorni.Questo programma consente di bloccare camere con uno sconto di gruppo .senza essere responsabile di tutte le camere di essere raccolto .Quindi.se si blocca di 15 camere e solo 10 di prelievo .che ' va bene .perché quattro settimane prima della data di arrivo .le camere rimanenti nel blocco sarà rilasciato per la vendita generale.

Benvenuti alla famiglia .Hilton Checkers !Siamo così felici di averti
http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-c-1
http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/1/271935353535_394043.jpeg
http://www.belloabito.com/goods.php?id=396
SMP California accoglie i nostri inserzionisti !_abiti da sposa 2014
Vita che non osai chiedere e fu,
mite, incredula d'essere sgorgata
dal sasso impenetrabile del tempo,
sorpresa, poi sicura della terra,
tu vita ininterrotta nelle fibre
vibranti, tese al vento della notte...

Era, donde scendesse, un salto d'acque
silenziose, frenetiche, affluenti
da una febbrile trasparenza d'astri
ove di giorno ero travolto in giorno,
da me profondamente entro di me
e l'angoscia d'esistere tra rocce
perdevo e ritrovavo sempre intatta.

Tempo di consentire sei venuto,
giorno in cui mi maturo, ripetevo,
e mormora la crescita del grano,
ronza il miele futuro. Senza pausa
una ventilazione oscura errava
tra gli alberi, sfiorava nubi e lande;
correva, ove tendesse, vento astrale,
deserto tra le prime fredde foglie,
portava una germinazione oscura
negli alberi, turbava pietre e stelle.

Con lo sgomento d'una porta
che s'apra sotto un peso ignoto, entrava
nel cuore una vertigine d'eventi,
moveva il delirio e la pietà.
Le immagini possibili di me,
passi uditi nel sogno ed inseguiti,
svanivano, con che tremenda forza
ti fu dato di cogliere, dicevo,
tra le vane la forma destinata!
Quest'ora ti edifica e ti schianta.
L'uno ancora implacato, l'altro urgeva -
con insulto di linfa chiusa i giorni
vorticosi nascevano da me,
rapidi, colmi fino al segno, ansiosi,
senza riparo n'ero trascinato.
Fosti, quanto puoi chiedere, reale,
la contesa col nulla era finita,
spirava un tempo lucido e furente,
senza fine perivi e rinascevi,
ne sentivi la forza e la paura.
Una disperazione antica usciva
dagli alberi, passava sulle tempie.
Vita, ne misuravi la pienezza,.
Saffo, antica maestra e disperata
portatrice d'amore,
Saffo di viole incoronata e altera
rendimi sciolta e in volo poi che accolga
la tua grande parentesi nel cuore.
Le mie notti deserte io le conosco
già dai tuoi grandi, morbidi giacigli
ove amore avventava alle tue labbra
mirra e miele. Anche io non sono sazia
come tu fosti ma mi aggiro eterna
dentro anime aperte ad ogni lutto.
Anche io ** l'amor mio che mi disdegna,
Saffo mia grande e inutile maestra
perché mi lasci e impoverisci il seno
delle tue offerte? Giacerò infeconda
anche stanotte e intorno a me i costanti
fedelissimi aspetti
di cupido apriranno dentro l'ali
rapidissimi inviti cui rifuggo
rimpiangendo e scoperta e innamorata.
Saffo rendimi pura e innominata
Come le parole, ove non cada
lacrima e tempo, ove non misuri
religione i suoi passi, ch'io non crolli
come crollasti tu dalle tue rupi...
JAM Apr 2023
gudarna avgudar oss.

"Eight Geats and twenty-two Norwegians
on an exploration journey from Vinland to the west.
We had camp by two skerries
one day's journey north from this stone.

[We] have ten men by the sea to look after our ships,
fourteen days' travel from this island.  
We were [out] to fish one day.
After we came home [we] found ten men red of blood and dead.“

“save [us] from evil."

A record of the delightful piece
They're going to play this evening

Ladies and gentlemen
Your attention please
And now, the moment we've been waiting for is here
I- I have something to tell you

Que sera, sera
Whatever will be
(Remember) Will be

The birth was like a fat black tongue
Dripping tar and dung and dye
Slowly into my shivering eyes

I might walk upright
But then again
I might still try to die

Never prayed, never paid any attention
Never felt any inflection
Never a lot of thought to life

"Che gelida manina,
se la lasci riscaldar.
Cercar che giova?

Al buio non si trova."

And yet From listening to records
i just knew what to do
I mainly taught myself
And, you know, i did pretty well
Except there were a few mistakes
But um, that i made, uh
That i've just recently cleared up
And i'd like to just continue to be able to express myself
As best as i can with this instrument
And i feel like i have a lot of work to do
Still, i'm a student - of the voice
And i'm also a teacher of the voice too

I believe in the future
I don't believe in miracles

Can it be true?!
It must be true, no doubt!

Life is going on as normally as ever
But suddenly something seems to have happened
Everybody seems to be staring in one direction
People seem to be frightened, even terrified

Some nights it just gets worse than others
Some nights, it just
Gets worse
I feel terrible
But what can we do?
I don't know
It's just, a feeling I've got
Like, something's about to happen
But I don't know what

I want everybody to understand this

"I don't understand"
echoes
"I don't understand"

There're a lot of things we don't understand either

Where do we come from, who are we
And where are we going
Eternal questions never answered

"We need answers from you
What- What did you expect to find?
What is going to be our future?
It- It's your responsibility to do something about it!"

Well, I, uh...
I have the key in my hand
All I have to find is the lock
Now listen to me, all of you!

I fly to the strangest lands

And i would like to able to continue
To let what is inside of me
Which is, which comes from all the music that i hear
I would like for that to come out
And it's like, it's not really me that's coming
The music's coming through me

The music's coming through me

It caught me so that I may never
rest from pwondarement;
I will drink life from the bees.
All tore-ments I have enjoy'd greatly,
have suffer'd greatly,
both with throwse that loved me,
and alone; on tear,
and when thro' thudding rents the cravy Haeades
Vent-teh-din-see. I am become a thought;
For all-ways growming with a hungry deadhead
Much have I heard and throwned—
poprieities of Brads and Janets
And spanners,
prime-hates, clowncils, reed-covernments,
Myself too.
threast, i am tonor'd of them all,--
And drunk delight of rattle with my tyears,
Far on the stinging pains of dramatic irony.
I am a partition of all that I have kept;
Yet all expeerientse is an ark
wherethro' gleams that unpondere'd mind whose margin craves
metaforever
and 'fore ever
when
eyes
groove

To see the wizard!

Wake up, the roughest
In the name of, birds fly
(the light, march)
Reach the wizard
Follow, follow, follow
-by league, birds fly

They move on tracks of never-ending light
Like neon beams
stardust

I see it when I look up at the night sky and I know
that yes we are part of this universe
we are in this universe but perhaps
more importantly than both of those things
is that the universe
is in us

And since we cannot escape mother nature
We attempt to placate it
Modern civilization stems from the simple act
Of placing seeds and plants into the ground
When the plants are ready for harvest
We invest so much time and energy in tending our plants
We must stay around to enjoy the fruits of our labor

we can hear her voice whimper,
as wind through leaves,
while we speak:

Cara bella, cara mia bella!
Mia bambina, o Chell!
Ché la stimo...
Ché la stimo.

O cara mia, addio!
La mia bambina cara,
Perché non passi lontana?
Sì, lontana da natura,
Cara, cara mia bambina?
Ah, mia bella!
Ah, mia cara!
Ah, mia cara!
Ah, mia bambina!
O cara, cara mia...

Mia cara!
Ah, mia cara!
Ah, mia bambina!
O cara, cara mia...

Orville and Wilbur
Cold cut the anchor's from their ankle
Carving propellers from whale fins
In the back of a bicycle shop...
And thus begins the tale
Of the thumb trigger cloud ****
At last the Wright's reinvented the horse with wings
Another invention only fit for a mannequin

And One by one the angels fell
Ode had sent a horrible plague of deaths
Why do you think that Ode would do a thing like that?

Well, You put a veil up when you
Took all your things underground
You covered your own footprints
So no one saw you hide
You heard Ode treading in the
Shadows of the sycamore
You turned to Ode and you said
"I will learn nothing from you"

And so it was that Memories burn
On the black and white horizon
Of your knowledge of
What was never said
you've had enough of the road
That was laid along beside you
Like a lover meant
For another bed
And so you left in the morning
And all that's left behind you
Are the fading frames
That you've got instead

And I tried to keep my distance as
Ode changed The Face again
Ode fakes direction so
I don't see where Ode could go
And in the panic I saw that
They had dropped a “note to self”
I picked it up and it read
"I can't learn anything new"

When you've had too much
And the weight of the expected
Has got you feeling introspective
Can I give you the perspective that you need?

Remember that language is power.

"I will, I will. I'll remember that"

Thank you, I'll say goodbye soon
Though its the end of the word
Don't blame yourself now
And if its true
I will surround you and give life to a word
That's our own

Order of the day to come
Thus the end, the ends
Darkest hour, obsidian
Cast of stone, the Night
With a slight of who not harmed
Hit or touched
What will be, the end
How come the rising sun
Matches still
In to gold, it holds
Comes the dawn, golden dawn
Darkness turn to day

I'll take you to the place where you
Come down and just react
To what you're about to see

Early time machine's
Will have tended to leave you
Left screaming
On a dinosaur's dish
In da Vinci's "Bike Accident'
An outerspace whodunit?
Monkeys play Magellan
As the next ex-Edison
Standing out in the crowd with a unicycle

Physics of a unicycle...
Twice the remarkable
Um, did a little little, um, did a lot
Someone's splitting atoms under flag barbed wire
Up in the sky where the war planes fly
Dead in the clouds, hear the God's cold lie
Um, did a little little, um, did a lot

You've had enough
Too much
And all you have collected
Is heavy with the taste
Of ambition misdirected
Bitter 'bout the pace that you keep

Well Good Ode almighty, all that other *******
Is here today and going tomorrow

'Tis better to have loved and lost,
than never to have loved at all!
Come cheer up, my lad

'el Da'
Qb'a'
Oh-kie
YIjah, Qey' 'oH
YIjah, Qey' 'oH

And When I have plucked the rose above
Whatever will be,
will be below
Ashmita Agrahari Oct 2017
Here comes the end
Or the start ?
The beautiful journey
That's still barred!
Across the faces
That i walk
Mesmerise me
"What for"?
Insane it is
Or a start?
That time has brought
Still not passI
I wondered for so long
Wandering on the road of thought
To figure out the right direction
When actually I understand my intention
Dante Rocío Jul 2020
Ci riscaldato
Lo Sguardo,
Un buco trascina con pensieri
bellamente da eleganza pervertiti,
La pioggia mi propria caldaia
Che ne faccio far‘ di sé,
Che ne faccio star’ da me.

Scelgo di ballare senza corpo
Ma fare i passi scuri in negazione,
Osservazione, vero mascalzone
Altrimenti: note di silenzio fragorose.
Momento il piano,
Battimenti di cuore per i piedi.
Bolle ermetiche per fiato.

Menestrello d’Utopie starò,
In piedi come Ellissi rimerò
E vedrò come la fine verrà
Per lacrime brucianti dalla
Nullità di nuvole.

Scelgo di splendere negli
occhi di metà coperchio
E che si fa del loro febbrile?
Si suda dallo affascinante,
Si apre il petto per sentire
come caldo sta il muscolo cardiaco
E si fa amore colle sue battaglie,
Nello scuro del Giorno,
come vuoi,
O lucidità della Notte.

Non si dice ragione.
Nella piuma c’è rumore.
A trial in scarlet darkness of
music sonorous in mind,
Trying to capture my vivid beat in melody,
While dancing glory in pencil gold hair
In the pit of thoughts in Me.
In lush green of cigarette Italian book-like.

Prima, Prova.
First, Trial/
Earlier, Try.
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
Marco Bo Oct 2018
steps,
fear of thinking differently
fear of remaining alone
fear of feeling lost
fear of being in need
fear of going down to the bottom
fear of  finding a nightmare in your dream ............

by these suburbs of the world
the right way to get out of your maze
you're the only who knows

as every single step
fear of thinking differently
fear of remaining alone
fear of feeling lost
fear of being in need
fear of going down to the bottom
fear of  finding a nightmare in your dream..... .

  keep on dreaming!
...............

passi,
paura di pensare diversamente
paura di rimaner solo
paura di sentirti perso
paura di aver bisogno
paura di andare a fondo
paura di trovare un incubo nel tuo sogno............

presso queste periferie del mondo
la giusta strada per uscire dal tuo labirinto
la conosci solo tu
così come ogni singolo passo
paura di pensare diversamente
paura di rimaner solo
paura di sentirti perso
paura di andare a fondo
paura di aver bisogno
paura di trovare un incubo nel tuo sogno...

continua a sognare!

............
pasos,
miedo a pensar diferente
  miedo de quedarte solo
miedo de sentirte perdido
miedo de necesitar
miedo de ir a fondo
miedo de encontrar una pesadilla en tu sueño ............

en estos suburbios del mundo
la via correcta para salir de tu laberinto
solo tu la conoces
así como cada paso
miedo a pensar diferente
  miedo de quedarte solo
miedo de sentirte perdido
miedo de ir a fondo
miedo de necesitar
miedo de encontrar una pesadilla en tu sueño ...

  sigue soñando
Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del mare e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro.
L'ora costante, liberi d'età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.
Udii tra il sonno le ciaramelle,
** udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata nè suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!
O vecchio bosco pieno d'albatrelli,
che sai di funghi e spiri la malìa,
cui tutto io già scampanellare udìa
di cicale invisibili e d'uccelli:
in te vivono i fauni ridarelli
ch'hanno le sussurranti aure in balìa;
vive la ninfa, e i passi lenti spia,
bionda tra le interrotte ombre i capelli.
Di ninfe albeggia in mezzo alla ramaglia
or sì or no, che se il desìo le vinca,
l'occhio alcuna ne attinge, e il sol le bacia.
Dileguano; e pur viva è la boscaglia,
viva sempre nè fior della pervinca
e nelle grandi ciocche dell'acacia.
Setyembre 2015 –
Ika-18, sa 3 Kids muling nagsalo
Si Mi ay tumanggap ng relong tulad ng kay Jo
Ika-26, sa 3 Kids parin nagkita
7 poems -7 drawings -7 fairy tales para sa binata
Ika-27, nagpa-picture sa Passi
Nag-“Teacher’s Sweet Treat” promo sa Jollibee!

-11/11/2015
(Dumarao)
*5th MiJo poem
My Poem No. 401
Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del mare e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro.
L'ora costante, liberi d'età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.
Udii tra il sonno le ciaramelle,
** udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata nè suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!
Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l'arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti;
perché ne gliatti d'alegrezza spenti
di fuor si legge com'io dentro avampi:

sì ch'io mi credo omai che monti e piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch'è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so ch'Amore non venga sempre
ragionando con meco, et io co llui.
Mateuš Conrad Mar 2020
i'm happy to conclude a revived jazz binge...
i lost patience when having listened to
john coltraine's a love supreme -
       when walking - i had to find a rhythm outside
of a music genre that has it -
but feels to be without it...
                yes... i had to learn to enjoy feeling -
not in this ivory tower of thought -
that the first moral lesson is: (th)ought i?
           i'm done with jazz - as much as i'd love
to stick around and listen to mundell lowe's
guitar moods...or harry edison's mr. swing...
the images popping into my head are all wrong...
all i see it cigarette smoke...
shady blues bars and all this... cosmopolitan
humbug... commotion or any other synonym...
i'm tired of the city music...
i need to find the roots again...
i would gladly eat a thumb's length of raw
root horseradish or ginger than have
these needles these jazz horns ringing in my ear...
i once felt this sensation when landing
in Kenya - thinking about it would do very little
for me: it needs to be destined for the domain of
lolz and feelz... and thinking is all too precious
and is not recycled? every thought is a birth of
a genius? geniuses - unlike angels and demons...
men: not gods... give birth to these creatures...
oh sure... they exist...
            "exist": always looking for an exit... that is...
but if the gods gave birth to angels and demons...
that's why i will never call any man
a genius - i'll call him: the man who gave birth
to a genius...
again... i'm still teasing the present-at-hand future
of listening to a mundell lowe record...
as much as i would to a kenny burrell e.p. -
                     because a guitar in jazz is...
like a horn in blues - a true oddity -
                             esp. on the part of solo -
i can't help to think that the guitar tames all the instruments...
hell... in the case of mundell lowe:
you might just fear a flute instead of a sax or horn...
but i'm done with this cosmopolitan choke-hold...
i could have sunk real low and become
crab feed for all i know...
       i need to go back to byzantine orthodox chants,
to german folk songs, to scandinavian music...
mogwai? let's not go that far... although:
who knows? if you said: sigur rós...
                well... björk: that's really stretching it...
more on the lines of garmarna...
       or... finnish: hedningarna... the scandinavian gnome
sing-along... no vikings up there...
just gnomes and lake people...
    or so i heard... "heard"...
back into the feelz... jazz made me think to much...
not that this "thinking" was about anything
related to things and extensions of things -
(res cogitans / res extensa)...
more like... res vanus and the inversion of things
(empty thing)...
  how would it feel like...
to be impregnated by that sly ***** that hide
behind this body in **** -
that became an ego - each time i'm impregnated
by thought i had to somehow sort it...
oh the daydream fabric is too much sometimes -
talk about the need to find a heart
and feel something more sincere, concrete...
immediate... even the negative emotions fair better
than all that nonsense that bogus custard
thickening the already bulging cranium soap
opera of: things not followed through...
the etc. basket of a car-boot sale...
after all - what's wrong with feeling -
what's wrong when you don't give your feelings
a tongue - but instead sacrifice / bind them
to the ears and the heart itself:
to feel... a stone at the centre - and a molten fire
surround it... that sensation of a pang:
a pecking beak inside a cage without a song...
beside this cipher - as any good cipher -
the eyes and itchy fingertips are invoked...
- thinking can be over-rated when it is shown a vanity
mirror - not all thinking becomes translated into
a wheel - at best: a good array of punctuation marks...
that's what thinking is: if it isn't a well established
narrative bordering on solipsism -
what is solipsism? a thought experiment that teases
the real world phenomenon of autism...
or i'm just juggling words like a thesaurus
maniac...
- one can only become democratic... pass... stop awhile...
move on...
     i know what being un-democratic looks like...
i almost became a william burroughs fanatic
reader... it's fun when it lasts...
   but then again: at some point the oeuvre does
dry-up...
       and there's only an old queen shooting paint
can with a rifle subscribed to scientology and
u.f.o. magazines...
the jazz binge had to dry up...
corvus corax had to made a return...
    away from all that commotion -
back among the fields, the shadow, the forest...
                        the breath and a silence of the mind...
back toward the heart:
the sinking stone in a turbulent body of the sea -
   back into tongues no longer spoken...
and symbols no longer in use...
          for the dead to see using braille...
adam...
              ⠁⠙ ⠁⠍
                i see...        ᚨ  ᛞ  ᚨ  ᛗ
            i see...                    Ⰰ  Ⰴ  Ⰰ  Ⰿ...
conrad...
               ­    ⠉ ⠕ ⠝ ⠗ ⠁⠙
i see...        ᚴ  ᛟ  ᚾ  ᚱ  ᚨ  ᛞ
           i see...  Ⰽ  Ⱁ  Ⱀ  Ⱃ  Ⰰ  Ⰴ...
    
away with the byzantine *****: цyrylliцa!  
     no can do... i will retain the latin script...
it's not like the romans venture as far as the baltic
sea or the vistulla river!
i'm a new-comer to a history as ancient
as these british isles -
          but i won't be speaking any 18th century
english: no'er doth o'er what knot...

back into the mystery of language...
away from the loud, excessively loud commotion
of modernity of which jazz is a part of...
back into the forest: for me...

back to shaking hands with my shadow...
i'd ask the semite from jerusalem though...
what it your lament - your lamed -
your L (ל) doing in braille... disguised as N (⠝)?

- and why wouldn't i have a fixation
on the hebrews - the german yids -
when there's talk about the hebrews of:
the tzabar... and the yekke...

   look it up...
http://www.scriptdelivery.net/source/resources/screenplays/munich.pdf...

there's the tzabar and the... yekke...
jews born inside of the ***** of isreal...
and jews born on the wing of judah's hope for resurgence...
even the jews have slang terms for the sort
of jews that aren't: the new the old... yishuvs...

but yes... i have a fastination
with the hebrews... and the german yids...
i too would: but it's a vain hope...
for some of us to return to pre-roman or pre-greek
epochs of time...

better show the dead through braille
a postcard of modernity...

what names have survived?
  i am dignified with the names i was given...
oh wait... yekke putzes...
i always thought that the yids
called the skin of a circumcision a schmuck...
i must be onto something...

yews or yids... their internal politics is like
a godsend!
      or something better than any english
soap opera - or mexican, for that matter...

that this letters still remain, intact...
and this latin... it's hardly an alphabet where
letters have names...
the greeks certainly have names
for their letters: o(micron)...
             a(lpha)...       e(psilon)...

among the northern "barbarians"...
             Ⰴ(obro) - good...
    ᛗ("annaz") - man...
what names are there... for the latin letters?
A is aH... M is Em... R is Ar...
  the atomised man... B is bE...
what would a roman name a letter with?
a syllable?
                  he would behave like a hebrew?
he would hide the vowels...
i.e. SoMa... better lowercase them or push them
into the "niqab" of a diacritical status?
SM...                            this tongue these eyes...
and no totality distinct from the unconscious bargaining
man's luck for mortal exposure -
this body a vessel: not exactly chaining -
on a whim... gone! come death's eager scythe...
on a whim... in a blink of an eye...
there's no soul... no totality transcendent of me
not minding my heart - beating -
my stomach and intestines - digesting...
my liver and kidneys filtering poison...
if there is no soul - then i should really..,
mind thinking about my heart doing what's
expected of it... i should exhaust all the freedoms
of thought to motivate the heart to become:
prone to outlive flesh and become a monstrous
mountain: upon which an interlude of someone
being hoisted on a cross, dangling...
should be met!

the romans didn't have names for their letters...
the greeks, evidently did...
no wonder so many of their letters became
scientific constants...
even μ₀ - the vacuum permeability -
is a name... a bit like Li Po - in the forbidden city...

the romans didn't have names for their letters...
but they did construct a colliseum
using IV / XL         fractions and measurements...
not an easy feat...
                in all honesty -
a bit like reading braille...
                ⠼⠉ and ⠉ - remember... no colon allowed...
stick to itallics (colon substitute)...
or just the uppercase...
             3c...                   ⠼⠊ and ⠊... 9i...
otherwise C = 3... and c = c... I = 9 and i = i...
unless... we're talking roman numerals...
why would you need... oh right...
    you don't actually have uppercase or lowercase
in braille... unless you're trying to differentiate
between ⠃⠊ ⠛ and... ⠼ ⠃⠊ ⠛ (397)...
      
          am i... somehow... "now"? supposed to
feel... "think", content, when translating
some 'orace?
       i... don't think so...
little good looking back on the roman empire
and being the ancient world's afghanistan
did for the brits... in the past history...
in the past...           not esp. now...

           clinging to the latin text like it was
deus verbatim...
the french invoked a signature with their
cedilla C to sound snake...
                      even the germans with their umlauts!
the english ne'er nearer 17th 18th century *******
language...
call them the consonant or vowel eaters...
but not spotted out of spite...
repose...

          a chance to stop listening to jazz
and return to the couldron of continental folk...
oh sure... if we were still having a fetish
for 1990s pop music...
i'm a ***** i'm a mother... with my one hand in my pocket...
c'est la vie!
                            c'est la mort...
                   c'est l'amour...

i agree... the etymology becomes mutated... grossly...
Ⱍ / ч - cherv... worm... glizda...
             i do have: чerwieц -
   the prefix - чerw-
                       which helps me... this much: |   |
given that       чerwieц means: the month of June...

   how "we" came about knowing
the runic ᚾ (n) and turned it into ł (łagodzić) -
to soothe -
well... there was king Cnut and
the north sea empire...
                and where do you think haggis or
black pudding comes from?
we have the same "dish": czarna kiszka...
        black intestine...
        which is literally what it is...
it's not disguised as haggis or black pudding...
it's literally a black intestine...

                              чarna kiшka...
since if vikings founded the city Kiev...
they couldn't have founded Kiev...
without passing via the Vistulla river...
                                      
                                    before me this old continent...
to look toward h'america and her myths...
before me this altar of time -
before me all things left intact...
undistrubed... with museums of other
people's tongues and craniums...
and gangrene hearts readied for extraction
and re-awakening by the toll of fire...

as some might add: his "heritage"...
                          heritage of an anglo-slav?
    well... less local to be welsh or anglo-saxon...
if the girls of Rotherham won't give it up
unless it's some ****- (oops... prefix...
the suffix is pending -stani)...
then at least i'll have a carousel when it comes
to what sort of idiots think in this language...
including me - the anchor...
and ahoy! the sinking ship!

               well... this is hardly written out of
ignorance... perhaps... when malice puts on a poker
face and wants to do a harlequin dance
of countering pride & prejudice: inbreeding...
and hierarchal breeding and...
pomp & circumstance dance-off...
                      if everyone is so attired...
why don't i put on my true guise?!
        i don't see the point of merely arriving
in a coffin to mind the matters at hand!
                    
                              feed: mille anni passi sunt.
or... la i mbealtaine...
           what's angry beetroot in welsh?
   dicllon betys!      well... because what prime
colour... would be better to describe
my current, jolly, disposition?
burgundy? plums done sly to a saute methodology?
dicllon betys! angry beetroot! yn ddig... iawn yn ddig:
betys... serch hynny...
(i guess that's serх and not serч hynny)...

no better cardinal or bishop doing each other
in holy matrimony of: anals of ****: first!

spawn of the constipated *******!
                                        hiroshima, ivanhoe!
Solo et pensoso i più deserti campi
vo mesurando a passi tardi e lenti,
e gli occhi porto per fuggire intenti
ove vestigio uman l'arena stampi.

Altro schermo non trovo che mi scampi
dal manifesto accorger de le genti;
perché ne gliatti d'alegrezza spenti
di fuor si legge com'io dentro avampi:

sì ch'io mi credo omai che monti e piagge
e fiumi e selve sappian di che tempre
sia la mia vita, ch'è celata altrui.

Ma pur sì aspre vie né sì selvagge
cercar non so ch'Amore non venga sempre
ragionando con meco, et io co llui.
Vita che non osai chiedere e fu,
mite, incredula d'essere sgorgata
dal sasso impenetrabile del tempo,
sorpresa, poi sicura della terra,
tu vita ininterrotta nelle fibre
vibranti, tese al vento della notte...

Era, donde scendesse, un salto d'acque
silenziose, frenetiche, affluenti
da una febbrile trasparenza d'astri
ove di giorno ero travolto in giorno,
da me profondamente entro di me
e l'angoscia d'esistere tra rocce
perdevo e ritrovavo sempre intatta.

Tempo di consentire sei venuto,
giorno in cui mi maturo, ripetevo,
e mormora la crescita del grano,
ronza il miele futuro. Senza pausa
una ventilazione oscura errava
tra gli alberi, sfiorava nubi e lande;
correva, ove tendesse, vento astrale,
deserto tra le prime fredde foglie,
portava una germinazione oscura
negli alberi, turbava pietre e stelle.

Con lo sgomento d'una porta
che s'apra sotto un peso ignoto, entrava
nel cuore una vertigine d'eventi,
moveva il delirio e la pietà.
Le immagini possibili di me,
passi uditi nel sogno ed inseguiti,
svanivano, con che tremenda forza
ti fu dato di cogliere, dicevo,
tra le vane la forma destinata!
Quest'ora ti edifica e ti schianta.
L'uno ancora implacato, l'altro urgeva -
con insulto di linfa chiusa i giorni
vorticosi nascevano da me,
rapidi, colmi fino al segno, ansiosi,
senza riparo n'ero trascinato.
Fosti, quanto puoi chiedere, reale,
la contesa col nulla era finita,
spirava un tempo lucido e furente,
senza fine perivi e rinascevi,
ne sentivi la forza e la paura.
Una disperazione antica usciva
dagli alberi, passava sulle tempie.
Vita, ne misuravi la pienezza,.
Udii tra il sonno le ciaramelle,
** udito un suono di ninne nanne.
Ci sono in cielo tutte le stelle,
ci sono i lumi nelle capanne.
Sono venute dai monti oscuri
le ciaramelle senza dir niente;
hanno destata nè suoi tuguri
tutta la buona povera gente.
Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
accende il lume sotto la trave;
sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
di cauti passi, di voce grave.
Le pie lucerne brillano intorno,
là nella casa, qua su la siepe:
sembra la terra, prima di giorno,
un piccoletto grande presepe.
Nel cielo azzurro tutte le stelle
paion restare come in attesa;
ed ecco alzare le ciaramelle
il loro dolce suono di chiesa;
suono di chiesa, suono di chiostro,
suono di casa, suono di culla,
suono di mamma, suono del nostro
dolce e passato pianger di nulla.
O ciaramelle degli anni primi,
d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
or che le stelle son là sublimi,
conscie del nostro breve mistero;
che non ancora si pensa al pane,
che non ancora s'accende il fuoco;
prima del grido delle campane
fateci dunque piangere un poco.
Non più di nulla, sì di qualcosa,
di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
quel pianto grande che poi riposa,
quel gran dolore che poi non duole;
sopra le nuove pene sue vere
vuol quei singulti senza ragione:
sul suo martòro, sul suo piacere,
vuol quelle antiche lagrime buone!
Saffo, antica maestra e disperata
portatrice d'amore,
Saffo di viole incoronata e altera
rendimi sciolta e in volo poi che accolga
la tua grande parentesi nel cuore.
Le mie notti deserte io le conosco
già dai tuoi grandi, morbidi giacigli
ove amore avventava alle tue labbra
mirra e miele. Anche io non sono sazia
come tu fosti ma mi aggiro eterna
dentro anime aperte ad ogni lutto.
Anche io ** l'amor mio che mi disdegna,
Saffo mia grande e inutile maestra
perché mi lasci e impoverisci il seno
delle tue offerte? Giacerò infeconda
anche stanotte e intorno a me i costanti
fedelissimi aspetti
di cupido apriranno dentro l'ali
rapidissimi inviti cui rifuggo
rimpiangendo e scoperta e innamorata.
Saffo rendimi pura e innominata
Come le parole, ove non cada
lacrima e tempo, ove non misuri
religione i suoi passi, ch'io non crolli
come crollasti tu dalle tue rupi...
Vita che non osai chiedere e fu,
mite, incredula d'essere sgorgata
dal sasso impenetrabile del tempo,
sorpresa, poi sicura della terra,
tu vita ininterrotta nelle fibre
vibranti, tese al vento della notte...

Era, donde scendesse, un salto d'acque
silenziose, frenetiche, affluenti
da una febbrile trasparenza d'astri
ove di giorno ero travolto in giorno,
da me profondamente entro di me
e l'angoscia d'esistere tra rocce
perdevo e ritrovavo sempre intatta.

Tempo di consentire sei venuto,
giorno in cui mi maturo, ripetevo,
e mormora la crescita del grano,
ronza il miele futuro. Senza pausa
una ventilazione oscura errava
tra gli alberi, sfiorava nubi e lande;
correva, ove tendesse, vento astrale,
deserto tra le prime fredde foglie,
portava una germinazione oscura
negli alberi, turbava pietre e stelle.

Con lo sgomento d'una porta
che s'apra sotto un peso ignoto, entrava
nel cuore una vertigine d'eventi,
moveva il delirio e la pietà.
Le immagini possibili di me,
passi uditi nel sogno ed inseguiti,
svanivano, con che tremenda forza
ti fu dato di cogliere, dicevo,
tra le vane la forma destinata!
Quest'ora ti edifica e ti schianta.
L'uno ancora implacato, l'altro urgeva -
con insulto di linfa chiusa i giorni
vorticosi nascevano da me,
rapidi, colmi fino al segno, ansiosi,
senza riparo n'ero trascinato.
Fosti, quanto puoi chiedere, reale,
la contesa col nulla era finita,
spirava un tempo lucido e furente,
senza fine perivi e rinascevi,
ne sentivi la forza e la paura.
Una disperazione antica usciva
dagli alberi, passava sulle tempie.
Vita, ne misuravi la pienezza,.
O vecchio bosco pieno d'albatrelli,
che sai di funghi e spiri la malìa,
cui tutto io già scampanellare udìa
di cicale invisibili e d'uccelli:
in te vivono i fauni ridarelli
ch'hanno le sussurranti aure in balìa;
vive la ninfa, e i passi lenti spia,
bionda tra le interrotte ombre i capelli.
Di ninfe albeggia in mezzo alla ramaglia
or sì or no, che se il desìo le vinca,
l'occhio alcuna ne attinge, e il sol le bacia.
Dileguano; e pur viva è la boscaglia,
viva sempre nè fior della pervinca
e nelle grandi ciocche dell'acacia.
O vecchio bosco pieno d'albatrelli,
che sai di funghi e spiri la malìa,
cui tutto io già scampanellare udìa
di cicale invisibili e d'uccelli:
in te vivono i fauni ridarelli
ch'hanno le sussurranti aure in balìa;
vive la ninfa, e i passi lenti spia,
bionda tra le interrotte ombre i capelli.
Di ninfe albeggia in mezzo alla ramaglia
or sì or no, che se il desìo le vinca,
l'occhio alcuna ne attinge, e il sol le bacia.
Dileguano; e pur viva è la boscaglia,
viva sempre nè fior della pervinca
e nelle grandi ciocche dell'acacia.
Come allodola ondosa
Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del mare e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro.
L'ora costante, liberi d'età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.
Saffo, antica maestra e disperata
portatrice d'amore,
Saffo di viole incoronata e altera
rendimi sciolta e in volo poi che accolga
la tua grande parentesi nel cuore.
Le mie notti deserte io le conosco
già dai tuoi grandi, morbidi giacigli
ove amore avventava alle tue labbra
mirra e miele. Anche io non sono sazia
come tu fosti ma mi aggiro eterna
dentro anime aperte ad ogni lutto.
Anche io ** l'amor mio che mi disdegna,
Saffo mia grande e inutile maestra
perché mi lasci e impoverisci il seno
delle tue offerte? Giacerò infeconda
anche stanotte e intorno a me i costanti
fedelissimi aspetti
di cupido apriranno dentro l'ali
rapidissimi inviti cui rifuggo
rimpiangendo e scoperta e innamorata.
Saffo rendimi pura e innominata
Come le parole, ove non cada
lacrima e tempo, ove non misuri
religione i suoi passi, ch'io non crolli
come crollasti tu dalle tue rupi...
Got thee from small vase
Old décor replace
Host plant of 1st Leaf
Thrown away no grief
Diff’rent “fortune” plant

Planted by father
Installed there after
I was there when placed
A little so fazed
First leaf’s host no more

Third day October
Sunset was nearer
While feeling not well
I’m under cold spell
Drinking I fruit juice

Just inside our house
Living room, oh browse
On vase first leaf was
‘Lil water still has
Buddhas adjacent

Simple day only
Not planned – truthfully
Just went to Passi
Withdrew some money
Wilted 1st Leaf host.

-10/03/2011
(Dumarao)
*My Toladas Collection
My Poem No. 52

— The End —