Cuatro cosas tiene el hombre
que no sirven en la mar:
ancla, gobernalle y remos,
y miedo de naufragar.

Soy paranoia, soy demencia, soy alucinación.
Ando en medio de la oscuridad atormentada por mi mente.
Atormentada por esta triste depresión sin salida. Atormentada por el dolor.
No encuentro una luz, mi luz. No encuentro la paz, no encuentro mis píldoras.
No encuentro poesía. Necesito calmarme.
La noche anterior soñé que me intentaba quitar la vida. Sentí cómo mi respiración se ralentizaba, debo admitir que sentí alivio de acércame a la muerte. Anhelaba ese reposo sin embargo  el pánico empezó a hacer su papel y decidí detener el acto.
Soy un fantasma de carne y hueso, soy sombra, soy noche. Noche sin luna y sin estrellas.
Desperté. Sentí el vacío, pero quiero estar llena de felicidad. Temo naufragar, no quiero dar vueltas, me convierto en sombra, mis pensamientos se vuelven cada vez más grandes, más delirantes.

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.