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Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ** congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.
Paul d'Aubin Sep 2016
Les mariés de Drémil-Lafage

Nadjet et Jonathan
S'étaient choisis
Et se marièrent civilement
En la mairie de Saint-Orens.
L'adjoint était empli de bonne volonté
Et apporta aux jeunes époux
Le sourire de la République.
Puis nous nous rendîmes
A Drémil-Lafage où
Plus de quarante ans avant
J'avais collé des affiches.
Les nouveaux mariés avaient
Loué une berline noire,
Et la robe de la mariée resplendissait,
De ce blanc éclatant de neige.
Se prolongeant d'une longue traîne.
Je n’oublierai pas non plus
La cravate de Toinou, achetée à Venise,
comme un zeste  de Woodstock.
Nous nous rendîmes sous un auvent,
Et y connurent des aperçus sur la vie passée,
De Nadjet et de Jonathan,
Qui s'étaient connus au lycée Déodat de Séverac,
Ce grand Musicien Occitan,
Avaient eu le coup de foudre
Et plus **** avaient pris leur décision
De s'unir à Barcelone qui est comme Florence,
Ville des amours de diamant pur.
Un rituel du sable nous surpris tous
Mêlant deux variétés de sable,
En un creuset de sable commun.
Ce symbole fit grande impression
Et apporta une touche spirituelle
Alors qu'un Olivier assez petit,
Mais noueux et robuste
Décorait la pelouse,
Ainsi qu'une fontaine
Arrosant des galets,
Et des roseaux, hauts dressés.
Nadjet aux yeux de braise
Allait de groupe en groupe
Voletant comme une abeille.
La beauté, la grâce, la gentillesse
Des mariés faisaient merveille
Et je songeais à toutes ces
Histoires de famille bien différentes
Au travers de la Méditerranée
Qui s'étaient entrecroisées puis unies
Dans ce pays Toulousain de briques
Au sein de ces peuples au langage chantant,
Depuis si longtemps mêlés
Ayant dû rester eux même et évoluer
De tous ces apports d'Orient,
Si bien rappelés par Abder, le gentleman des deux rives.
Je suis sûr que dans ce restaurant,
Si proche d'un terrain de golf
Que les mariés avaient mis
La boule blanche au cœur du bonheur
Et pris un Ticket gagnant
Pour cet avenir si souhaitable de Paix
Que nous les aiderons a construire
Avec amour et mesure,
Du moins tant qu' il nous restera
Un souffle d'influence
Sur le train de ce Monde aux civilisations
S’entrecroisant trop souvent sans vraiment se connaître  
Qui va si vite et donne parfois
Quelques vertiges, à nous, les parents.
Le repas fut succulent et varié,
Allant crescendo jusqu'à la pièce montée
Qui illumina nos papilles,
Puis les coupes de champagne «Tsarine»
Amenèrent cet effluve slave,
Là où la Méditerranée et l'Occitanie
S'étaient joints comme deux corps
Et deux Esprits tellement curieux
De se découvrir et de s'aimer.
Jeunes mariés et chères civilisations cousines
Ne laissez pas passer vos chances d’entente et de bonheur,
Dans ce Monde où l'on voudrait
Nous faire croire qu'il est fatigué et fermé,
Alors que tant de promesses de créations
Sont possibles et doivent être tenues.

Paul Arrighi
Ritrovarmi in questo ovale
con un legame vitale
in solitudine a volteggiare
con l 'infinito aspettare
di qualcosa.
Sognare
di poter camminare
in un nuoto perpetuo
di pensieri
intravedendo una luce bianca.
La fine di tutto.
Uno schiocco
Un pianto.
La nascita della vita in bracccio a giganti biancheggianti.
Crescendo vidi cose senza senso
cosciente del perduto collettivo senno.
Vidi uomini con biancheggianti vestiti
baciare e non procreare
di fronte a un freddo altare
in nome di una croce
e un continuo narrare.
Esseri travestiti
professare falsi miti
e scuole dove si imparava a vivere
lasciando l'intelligenza reprimere.
Sicuri di un tranquillo lavoro
si sedevano su un falso trono
lasciando che un finto quadrato
rubassero loro gli anni d'oro.
Ed ora piano piano mi invecchio
sperando ancora in un qualche cambiamento.
Disteso in un biancheggiante letto
rimango cosciente che della vita
e delle esperienze connesse ad essa
non mi interessa piu niente.
Tutto improvvisamente si illumina di bianco
e mi appresto al grande salto.
Ma con me non posso portare nient'altro
che un tatuaggio
situato dentro al cuore
con impresso dentro il nome
di quella persona che in questa vita
mi diede tanto amore.
Bello.
Non ** idea del perché.
Ma è bello questo paesaggio.

Grazie, cittadella in riposo.
Grazie, cielo puro e ammaliante.
Grazie, finestra cara,
che mi hai dato la possibilità
di vedere questo invisibile spettacolo.

Case semplici, piante non molto alte, alcune secche,
come in una terra all’industria
del necessario e il minimo per il buono.

Luce di lampioni
che illumina disordinata le strade,
come se il panico diurno fosse
congelato nel tempo dalla luce.
Eppure, anche nella pace,
l’uomo lo trascina con sé.

Tralicci che tagliano un cielo
senza nuvole e senza stelle,
non degno di essere amato dagli urbani,
che cercano solo il bello canonico,
antico, sterile.

Ma fortemente illuminato dalle città, il cielo,
che lo uccidono per convenienza.
E noi, sordi,
nemmeno ne udiamo il grido.

E poi, laggiù in fondo,
oltre l’autostrada,
altri grandi lampioni.
Pagane colonne d’Ercole,
Ignorate per voler del nostro
antropocentrismo,
lasciate a sbiadire
sul fondale.

Tutto nel silenzio di un istante
che non si apprezza più,
perché è memoria lontana
il tempo da perdere.


Non è nulla di che, a pensarci.
Eppure mi affascina.
La prima volta che, forse,
e dico solo forse,
trovo la magia nell’ordinario.

Forse ora capisco i grandi scrittori.
Forse la capirò meglio anch’io,
se davvero c’è magia.

Comunque,
so solo che questa visione è ferma,
vuota, angosciante per certi versi,
disperata,
morta.

Mi fa paura.

Ma, nonostante ciò,
mi fa stare bene.
E ne sono grato.

Grazie, cittaccia assassina.
Grazie, falso cielo ormai defunto.
Grazie, finestra svelatrice,
che mi hai permesso di vedere
questo melodrammatico spettacolo.

///

Beautiful.
I have no idea why.
But this landscape is beautiful.

Thank you, citadel in repose.
Thank you, pure and enchanting sky.
Thank you, dear window,
that you gave me the chance
to see this invisible spectacle.

Simple houses, plants not very tall, some dry,
as in a land of industry
of the necessary and the minimum for the good.

Light of street lamps
that illuminates the streets in a disorderly way,
as if the daytime panic was
frozen in time by the light.
And yet, even in peace,
man drags it with him.

Pylons that cut a sky
without clouds and without stars,
not worthy of being loved by urbanites,
who seek only the canonical beauty,
ancient, sterile.

But strongly illuminated by cities, the sky,
that **** it for convenience.
And we, deaf,
do not even hear its cry.

And then, down there,
beyond the highway,
other large streetlights.
Pagan Pillars of Hercules,
Ignored by the will of our
anthropocentrism,
left to fade
on the seabed.

All in the silence of a moment
that is no longer appreciated,
because it is a distant memory
the time to waste.

It is nothing special, if you think about it.
And yet it fascinates me.
The first time that, perhaps,
and I say only perhaps,
I find magic in the ordinary.

Perhaps now I understand the great writers.
Perhaps I will understand it better too,
if there really is magic.

In any case,
I only know that this vision is still,
empty, distressing in some ways,
desperate,
dead.

It scares me.

But, despite this,
it makes me feel good.
And I am grateful for it.

Thank you, murderous city.
Thank you, false sky now defunct.
Thank you, revealing window,
that allowed me to see
this melodramatic spectacle.
When the view talks
Vedo la luce di un lampione,
lì in fondo alla strada.

La vedo dal secondo piano. Dall'alto.

Non la voglio lasciar illuminare la strada da sola.
Non riesce molto bene. Non sembra serena.

La luce non è fioca, ma non è viva.

È gialla, ma uno di quei gialli che non sceglieresti
tra i pastelli colorati.

La strada che illumina è familiare,
ma non è amica.

Non deve esser molto contento quel lampione.

Vorrei potesse andarsene
da quella staticità.

Da quella strada.

Da quel nulla

///

I see the light of a street lamp,
there at the end of the street.

I see it from the second floor. From above.

I don't want to let it light the street by itself.

It doesn't work very well. It doesn't seem peaceful.

The light isn't dim, but it isn't bright.

It's yellow, but one of those yellows that you wouldn't choose
among colored crayons.

The street it lights is familiar,
but it isn't friendly.

That street lamp must not be very happy.

I wish it could go away
from that static.

From that street.

From that nothingness
Written by a kid looking out the window
Vedo la luce di un lampione,
in fondo alla via.

Dall'alto.

Non voglio illumini da sola la strada.
Non riesce bene.
Non è serena.

Lei non è fioca.
Ma non è viva.

È giallina,
ma d'un giallo che non sceglieresti mai
tra i pastelli colorati.

L’asfalto crepato, le erbacce secche, le case vuote,
ciò che illumina è familiare.
Ma non amico.

Non deve esser molto contento,
quel lampione,
come un padre che osserva, immobile,
il figlio morente.

Vorrei potesse andarsene
da quella staticità.

Da quella strada.

Da quel nulla.

///

I see the light of a street lamp,
at the end of the street.

From above.

I don't want it to light up the road by itself.
It doesn't work well.
It's not serene.

It's not dim.
But it's not alive.

It's yellowish,
but a yellow you'd never choose
among colored crayons.

The cracked asphalt, the dry weeds, the empty houses,
what it illuminates is familiar.
But not friendly.

It must not be very happy,
that street lamp,
like a father who watches, motionless,
his dying son.

I wish it could go away
from that staticity.

From that street.

From that nothingness.
Written looking out the window in midnight
Tirreno, anche il mio petto è un mar profondo,
E di tempeste, o grande, a te non cede:
L’anima mia rugge ne’ flutti, e a tondo
Suoi brevi lidi e il picciol cielo fiede.

Tra le sucide schiume anche dal fondo
Stride la rena: e qua e là si vede
Qualche cetaceo stupido ed immondo
Boccheggiar ritto dietro immonde prede.

La ragion de le sue vedette algenti
Contempla e addita e conta ad una ad una
Onde belve ed arene invan furenti:

Come su questa solitaria duna
L’ire tue negre e gli autunnali venti
Inutil lampa illumina la luna.
Ritrovarmi in questo ovale
con un legame vitale
in solitudine a volteggiare
con l 'infinito aspettare
di qualcosa.
Sognare
di poter camminare
in un nuoto perpetuo
di pensieri
intravedendo una luce bianca.
La fine di tutto.
Uno schiocco
Un pianto.
La nascita della vita in bracccio a giganti biancheggianti.
Crescendo vidi cose senza senso
cosciente del perduto collettivo senno.
Vidi uomini con biancheggianti vestiti
baciare e non procreare
di fronte a un freddo altare
in nome di una croce
e un continuo narrare.
Esseri travestiti
professare falsi miti
e scuole dove si imparava a vivere
lasciando l'intelligenza reprimere.
Sicuri di un tranquillo lavoro
si sedevano su un falso trono
lasciando che un finto quadrato
rubassero loro gli anni d'oro.
Ed ora piano piano mi invecchio
sperando ancora in un qualche cambiamento.
Disteso in un biancheggiante letto
rimango cosciente che della vita
e delle esperienze connesse ad essa
non mi interessa piu niente.
Tutto improvvisamente si illumina di bianco
e mi appresto al grande salto.
Ma con me non posso portare nient'altro
che un tatuaggio
situato dentro al cuore
con impresso dentro il nome
di quella persona che in questa vita
mi diede tanto amore.
Lei certo l’alba che affretta rosea
al campo ancora grigio gli agricoli
mirava scalza co ‘l piè ratto
passar tra i roridi odor del fieno.

Curva su i biondi solchi i larghi omeri
udivan gli olmi bianchi di polvere
lei stornellante su ‘l meriggio
sfidar le rauche cicale a i poggi.

E quando alzava da l’opra il turgido
petto e la bruna faccia ed i riccioli
fulvi, i tuoi vespri, o Toscana,
coloraro ignei le balde forme.

Or forte madre palleggia il pargolo
forte; da i nudi seni già sazio
palleggialo alto, e ciancia dolce
con lui che a’ lucidi occhi materni

intende gli occhi fissi ed il piccolo
corpo tremante d’inquïetudine
e le cercanti dita: ride
la madre e slanciasi tutta amore.

A lei d’intorno ride il domestico
lavor, le biade tremule accennano
dal colle verde, il büe mugghia,
su l’aia il florido gallo canta.

Natura a i forti che per lei spregiano
le care a i vulghi larve di gloria
così di sante visïoni
conforta l’anime, o Adrïano:

onde tu al marmo, severo artefice,
consegni un’alta speme de i secoli.
Quando il lavoro sarà lieto?
Quando securo sarà l’amore?

Quando una forte plebe di liberi
dirà guardando nel sole: ‘Illumina
non ozi e guerre a i tiranni,
ma la giustizia pia del lavoro’?
Ritrovarmi in questo ovale
con un legame vitale
in solitudine a volteggiare
con l 'infinito aspettare
di qualcosa.
Sognare
di poter camminare
in un nuoto perpetuo
di pensieri
intravedendo una luce bianca.
La fine di tutto.
Uno schiocco
Un pianto.
La nascita della vita in bracccio a giganti biancheggianti.
Crescendo vidi cose senza senso
cosciente del perduto collettivo senno.
Vidi uomini con biancheggianti vestiti
baciare e non procreare
di fronte a un freddo altare
in nome di una croce
e un continuo narrare.
Esseri travestiti
professare falsi miti
e scuole dove si imparava a vivere
lasciando l'intelligenza reprimere.
Sicuri di un tranquillo lavoro
si sedevano su un falso trono
lasciando che un finto quadrato
rubassero loro gli anni d'oro.
Ed ora piano piano mi invecchio
sperando ancora in un qualche cambiamento.
Disteso in un biancheggiante letto
rimango cosciente che della vita
e delle esperienze connesse ad essa
non mi interessa piu niente.
Tutto improvvisamente si illumina di bianco
e mi appresto al grande salto.
Ma con me non posso portare nient'altro
che un tatuaggio
situato dentro al cuore
con impresso dentro il nome
di quella persona che in questa vita
mi diede tanto amore.
Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ** congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.
Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ** congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.
Always Somewhere Dec 2024
Nous fîmes l’amour à six heures du matin
C’était beau car nous étions du sexe commun

Nous nous sentîmes forts et invincibles
Ivres, l’un de l’autre, et riches
        de spiritueux et de désirs

Quant au soleil levant, il illumina nos peaux ensemble
        de ses rayons innocents

Quelle belle sensation d’immortalité
Parmi les couleurs de l’aube, un jour d’été
le 19 février 2023

— The End —