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L'Onda

Come scorrea la calda sabbia lieve
Per entro il cavo della mano in ozio
Il cor sentì che il giorno era più breve

E un'anzia repentina il cor massalse
5 Per l'apprezzar dell'umido equinozio
10 Che offusca l'oro delle spiagge salse

Alla sabbia del tempo urna la mano
Era clessidra il cor mio palpitante
l'ombra crescente dogni stelo vano
Quasi ombra d'ago in tacito quadrante.
Martina Jun 2019
Sorriderò e sorriderai ma non capirai
promesse che non potevi mantenere,
melodie che non suonano più bene
dicevi guarderemo il tramonto su una spiaggia
così stretti in un abbraccio da non respirare
in riva al mare a ballare
non ci importerà della pioggia
perché non ti lascerò andare
acquari, dischi e libri
io e te in un castello
era solo un sogno, era solo un gioco
seppur molto bello
le mie lacrime sanno di nostalgia mista a rabbia
perché in fondo
era solo un castello di sabbia.
This one's in italian but I hope you enjoy it anyway.
Expectation, hopes and dreams for a relationship that do not come to life, has this ever happened to you?
tangshunzi Jul 2014
Ogni giorno si arriva a caratterizzare splendido lavoro di Lindsay Madden su SMP è un buon giorno .Ma un giorno in cui si arriva a caratterizzare un intero weekend di festeggiamenti splendidamente fotografato in Turk e Caicos ?Ebbene .non vi è un aggettivo nell'intera dizionario che può descrivere questo.Ma non significa che non si può godere fino all'ultimo abiti da sposa 2014 secondo della loro ripresa amore .cena di benvenuto e matrimonio sotto - e naturalmente c'è ancora di più vi aspetta qui .Oggi è un buon giorno davvero .


Da Lindsay Madden Fotografia .. Chris \u0026Laura ha optato per un amore tiro tropicale prima del giorno delle nozze per documentare il loro tempo speso su Turks e Caicos .Questi vestiti da sposa due erano così felice .rilassato ein amore .Mi è piaciuto molto trascorrere il pomeriggio catturare il loro amore bello sulla morbida sabbia fine e le acque turchesi di Grace Bay .


Da Lindsay Madden Fotografia.Come l'azzurro del cielo ha dato rapidamente il posto a un tramonto pesca.Laura .Chris \u0026i loro ospiti si stabilirono in sul ​​ponte ovest del Seven Stars Resort per Chris e la cena di benvenuto di Laura .Lanterne appeso da una palma all'altra e gli ospiti aveva una vista mozzafiato del tramonto sulla Grace Bay .Questo è stato Chris \u0026Weekend di nozze di Laura calcio d'inizio !Dopo una deliziosa cena tutti hanno fatto la loro strada verso la spiaggia per un falò completo di smores \u0026uno dei principali dance party grazie alla fascia isole Junkanoo .abbiamo FUNK .

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Da Lindsay Madden Photography.Turks e Caicos è un posto davvero speciale per avere un matrimonio di destinazione .Laura \u0026Chris sono nativi newyorkesi e condividere il mio amore \u0026affetto per i Caraibi .Così.quando mi hanno chiesto di volare giù per il paradiso per il loro matrimonio .io .ovviamente .ha detto di sì !Hanno scelto di sposarsi presso il Seven Stars Resort che si trova proprio sulla Grace Bay .La loro cerimonia ha avuto luogo sulla sabbia calda circa un'ora prima del tramonto del sole e il loro cocktail ora / ricevimento si è tenuto in Apollo suite dell'hotel.La suite in sé era un attico con vista sull'oceano e questo ha offerto Chris e ospiti una vista mozzafiato di Laura del tramonto durante l' ora del cocktail e posti in prima fila per la loro sorpresa fuochi d'artificio alla fine della notte .Fiori per Arts ambientali decorato la suite con bellissimi fiori dell'isola \u0026candele.L'atmosfera era calda einvitante che era perfetto per la loro storia intima.Chris \u0026Laura sorrise e si mise a ridere per tutta la giornata



e ** avuto la fortuna di catturare il loro sforzo bel matrimonio di destinazione.
Fotografia : Lindsay Madden Fotografia | Event Planner : NILA Eventi - Lynne Watts | Cake: Seven Stars Resort | Inviti : Jessica Leigh Paperie | Scarpe da sposa : Nine West | Wedding abiti da sposa 2014 Bands : Cartier | Scarpe sposo : Louis Vuitton | vestito dello sposo :su ordine dalla My.Suit | Bikini : lavanderia da Shelli Segal | Dress \u0026 Velo da sposa : Cymbeline | Chris ' Swim Trunks : Vilebrequin | Fuochi d'artificio : Seven Stars Resort | Fiori \u0026 Lighting : Fiori per Arte ambientale { Turks \u0026 Caicos } | Hair \u0026Make Up : Sheque da Shenique | Pantaloni di Laura : Letarte | Località : Seven Stars Resort .Turks e Caicos | Località : West Deck .Seven Stars Resort .Turks e Caicos | Posizione : Grace Bay.Turks e Caicos | Cappello per il sole : Joe FreshLindsay Madden Fotografiaè ñ/ a> e Nila Le destinazioni sono membri del nostro Little Black Book .Scopri come i membri sono scelti visitando la nostra pagina delle FAQ .Lindsay Madden Fotografia vedi portfolio Nila Meta vedi
http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-c-1
http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/1/986535353535_395299.jpeg
http://www.belloabito.com/goods.php?id=637
Turks e Caicos Wedding Weekend da Lindsay Madden Fotografia_abiti da sposa corti
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
Ijaaz Sep 2013
Beauty is right in front of us you see,
From the flight of an owl,
To the sting of a bee.

If you give it a chance, nature will surprise you
And the moonlight will embrace, then at last hypnotize you.

But this World is much more than what you can see,
But what you can feel, and what you can be.

When we all understand this,
The Earth as one can breathe…

The barriers that separate us,
Will then be forced to leave.
tangshunzi Jun 2014
Invece del matrimonio grande sala da ballo con una lista degli ospiti gigante .questa coppia ha deciso di avere un super divertente .rilassato .eppure incredibilmente bella matrimonio sulla spiaggia di Cabo San Lucas .e oh mia parola .è una delizia.Sara Richardson Fotografia catturato arance luminose e prugne vivaci .Picados papel agitando al vento .i fiori mozzafiato da Florenta .fondamentalmente il matrimonio ideale spiaggia .Passare il margarita !


ColorsSeasonsSpringSettingsBeach ResortStylesDestination

dalla splendida sposa .E 'stata una bella serata .cielo sereno con una bella brezza fresca .acqua blu che lambiscono la spiaggia di sabbia e pittoresche Lands End in background .E 'stata una sfondo perfetto per il nostro matrimonio a Cabo San Lucas .

Dopo essersi impegnato .Chris ed io abbiamo deciso ci piacerebbe avere un matrimonio su una spiaggia .Veniamo da famiglie e voleva avere un piccolo matrimonio intimo con la nostra famiglia immediato e gli amici intimi .Dopo un paio di mesi di ricerca diverse località balneari .un amico mi ha consigliato di Cabo San Lucas .La bellezza della zona era incredibile e ci è piaciuto quanto Cabo San Lucas aveva da offrire in ristoranti .divertimenti e attrazioni .Avevamo abiti da sposa 2014 trovato



la nostra posizione perfetta .
Inizialmente abbiamo cercato di scegliere la nostra sede per il matrimonio .ma abbiamo scoperto che coordinare tutti i dettagli di un migliaio di chilometri di distanza non eraè èandare a lavorare.Siamo stati fortunati a connettersi con Vari Avila .un wedding planner a Allure Event .Vari raccomandato Hacienda Cocina y Cantina sia per la cerimonia e il ricevimento cena .Ci piaceva l'idea che abbiamo potuto sposarsi e cenare su una spiaggia lontano dalla folla degli hotel.Abbiamo anche apprezzato il fatto che l' Hacienda ' décor ci ha ricordato Messico tradizionale e c'erano una splendida vista Lands End .Eravamo davvero eccitati che il ristorante era noto per servire fantastico cibo messicano .

Abbiamo incontrato Vari il giorno abiti da sposa corti in cui siamo arrivati ​​.Lei ci ha accolti con abbracci e un sacco di entusiasmo e abbiamo capito subito che avrebbe fatto di tutto per rendere il nostro giorno del matrimonio perfetto .Vari e il suo team hanno fatto un lavoro incredibile di rendere i nostri sogni diventano realtà .Il décor era di là di quanto avremmo potuto nemmeno immaginato .Le composizioni floreali di viola e arancione brillante e Picados papel aggiunto un grande tocco di colore .

La cerimonia ha avuto luogo al tramonto e ha dato una sensazione calda e intima .Uno dei miei momenti preferiti era alla fine della cerimonia .quando i nostri ospiti scossero la maracas personalizzati per il nostro primo bacio .E 'stato un divertimento .unico add-on per la cerimonia .Per la cena di accoglienza .i nostri ospiti goduto di un delizioso pasto abiti da sposa 2014 di tre portate .e invece di una torta di matrimonio abbiamo deciso di avere un bar deserto .che è stato un enorme successo .Il clou finale della serata stava ballando tutta la notte sotto le stelle

Fotografia : Sara Richardson Fotografia | Floral Design : . Lola Caballos da Florenta | Wedding Dress : Maggie Sottero | Scarpe : Riservato | Gioielleria : Ann Taylor Loft | Bridesmaids Dresses: Alfred Angelo | Rosticcerie : Hacienda Cocina y Cantina | Ufficiante : reverendo Marco Arechiga | Event Design \u0026 Coordination : Vari Avila dal Allure evento | Hair \u0026 Make-up : Suzanne Morel | Luogo : Hacienda Cocina y CantinaFlorenta Design Fiore e Sara Richardson Fotografia sono membri del nostro Little Black Book .Scopri come i membri sono scelti visitando la nostra pagina delle FAQ .Florenta Flower Design VIEW PORTFOLIO Sara Richardson Fotografia VIEW
http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/1/2149635353535_394448.jpg
http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-corti-c-49
http://www.belloabito.com/goods.php?id=486
Cabo San Lucas Destination Wedding_abiti da sposa on line
katy winser Jul 2014
Nella striscia di sabbia lasciata da questi sedici anni
mi guardo indietro, poi guardo davanti e non riconosco nemmeno le mie mani,
sento una voce e all'improvviso vedo le mie labbra muoversi,
ma quel suono inquieto non fa altro che fondersi
insieme a  tutto ciò che lo circonda,
come preso da un onda
che lo rapisce,
lo stordisce,
e poi lo abbandona davanti al proprio destino finche egli stesso non svanisce.

Guardando lontano all'orizzonte si nota una luce,
dolce, calda,  che tanto timorosa fugge;
sarà lei la risposta alle mie domande? non lo so ...
ma la sento vicina a me, come nient'altro nella mia vita ,
anche se qualvolta così estranea e lontana.

Forse un giorno la raggiungerò lì,
in quel mondo che sembra incantato...
ma devo affrontare l'inferno, prima del mondo fatato
dove spero arriverò in tempo...
perché il desiderio della vendetta ,lo trattengo  a stento !
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
Potremmo danzare
al ritmo dei nostri cuori.
Farci trasportare
dal sussurrare dolce
delle nostre voci,
come onde sulla sabbia.
Perché ancora alla mente
traccia sopporto corporale d'ieri,
premere con la mano ritemprata
questo sasso mi è dolce
come a provare il fascino di Dio.
Rivedrò i lutti, ovali
miracolosi delle donne spente
nel mio dritto abbandono.
E il volto di Maria
risuonerà nelle sue note piene.
La terra era pur dolce
al mio lento sviluppo
e più cara che all'uomo se la fine
mi sollevava dalla riprensione.
Per cadenzare armonico il mio passo
sopra la sabbia, vale ch'io risorga.
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
Marco Bo May 2020
under this gray suburban sky
I am not a brick in your wall
I am not the tool that will lay it down
I am not

I am not the water the sand and the concrete
I am not the mortar that will paste it on
I am not the hands that will climb it
and not even those that will color it
I am not

I am not the sea that separates
I am not the beach that will not receive
I am not the boat that will sink down
and not even the waves that will drift it away
I am not

I am not your eyes that pretend not to see
I am not your ears that don't know how to listen anymore
I am not

I am not your sense of guilt
and not even your repentance on the day of feast
your clean jacket and your plastic shoes
and your Sunday brunch waiting for you at home
I am not

I
I do not know
what exactly I am
but I know I will learn it on the way
and you
alone
on the other side of the wall
you will never
ever know

sotto questo grigio cielo di periferia
io non sono un mattone nel tuo muro
io non sono l'attrezzo che lo poserà
io non sono

io non sono l'acqua la sabbia e il cemento
io non sono la malta che lo incollerà
io non sono le mani che lo scaleranno
e nemmeno quelle che lo coloreranno
io non sono

io non sono il mare che separa
io non sono la spiaggia che non accoglierà
io non sono la barca che affonderà
e nemmeno le onde che la porteranno alla deriva
io non sono

io non sono i tuoi occhi che faranno finta di non vedere
io non sono le tue orecchie che non sanno più ascoltare
io non sono

io non sono il tuo senso di colpa
e nemmeno il tuo pentimento nel giorno di festa
la tua giacca pulita le tue scarpe di plastica
e il tuo pranzo della Domenica che a casa ti aspetta
io non sono

io
non so
cosa esattamente sono
ma so che lo imparerò sul cammino
e tu
da solo
dall'altra parte del muro
non saprai
mai
................


under this gray suburban sky
I am not a brick in your wall
I am not the tool that will lay down
I am not

I am not the water the sand and the concrete
I am not the mortar that will paste it on
I am not the hands that will climb it
and not even those that will color it
I am not

I am not the sea that separates
I am not the beach that will not receive
I am not the boat that will sink down
and not even the waves that will drift it away
I'm not

I am not your eyes that pretend not to see
I am not your ears that don't know how to listen anymore
I am not

I am not your guilt
and not even your repentance on the day  of feast
your clean jacket and your plastic shoes
and your Sunday brunch waiting for you at home
I am not

I
I do not know
what exactly I am
but I know I will learn it on the way
and you
alone
on the other side of the wall
  you will never
ever know
.............
bajo este gris cielo suburbano
yo no soy un ladrillo en tu muro
yo no soy la herramienta que lo instalará
yo no soy

yo no soy agua, arena y concreto
yo no soy el cemento que lo pegará
yo no soy las manos que subirán el muro
y ni siquiera los que lo colorearán
yo no soy

yo no soy el mar que separa
yo no soy la playa que no acogerà
yo no soy el bote que se hundirá
y ni siquiera las olas que  la llevarán
yo no soy

yo no soy tus ojos que pretenderán no ver
yo no soy tus oídos que ya no saben escuchar
yo no soy

yo soy tu sentido de culpa
y ni siquiera tu arrepentimiento en el día de la fiesta
tu chaqueta limpia tus zapatos de plástico
y tu almuerzo del domingo esperándote en casa
yo no soy

yo
yo no sé
que  exactamente soy
pero sé que lo aprenderé en el camino
y tu
solo
al otro lado del muro
nunca no sabrás
Marco Bo Oct 2018
by these forgotten suburbs of the world
we stay like sand in a sieve
hanging to the illusion of salvation
on the edge of an endless abyss
and into silence
you hear  hearts
imploding
...........................
en estos suburbios olvidados del mundo
estamos como arena en un tamiz
colgados a la ilusión de la salvación
al borde de un abismo sin fin

y en el silencio
la implosión de corazones
se percibe
.............................................
presso queste dimenticate periferie di mondo
si sta come sabbia in un setaccio
appesi all'illusione di salvezza
sul bordo di un abisso senza fine

e nel silenzio si sentono  cuori
implodere
Perché ancora alla mente
traccia sopporto corporale d'ieri,
premere con la mano ritemprata
questo sasso mi è dolce
come a provare il fascino di Dio.
Rivedrò i lutti, ovali
miracolosi delle donne spente
nel mio dritto abbandono.
E il volto di Maria
risuonerà nelle sue note piene.
La terra era pur dolce
al mio lento sviluppo
e più cara che all'uomo se la fine
mi sollevava dalla riprensione.
Per cadenzare armonico il mio passo
sopra la sabbia, vale ch'io risorga.
Perché ancora alla mente
traccia sopporto corporale d'ieri,
premere con la mano ritemprata
questo sasso mi è dolce
come a provare il fascino di Dio.
Rivedrò i lutti, ovali
miracolosi delle donne spente
nel mio dritto abbandono.
E il volto di Maria
risuonerà nelle sue note piene.
La terra era pur dolce
al mio lento sviluppo
e più cara che all'uomo se la fine
mi sollevava dalla riprensione.
Per cadenzare armonico il mio passo
sopra la sabbia, vale ch'io risorga.

— The End —