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Iain Cooper May 2016
Across lands of verdure and light, water and men,
Walked a young Lowyatar, and fear she induced,
Turned clouded and opaque, the arid sky,
As she blindly and slowly walked on and on and on- by and by,

Blackened promontories rose in seas around,
To the north, the west, the east and the south,
What her dry fingers touched deprived of life itself.

Blind daughter of death; blind daughter of Tuoni,
Sister in blood of Lemminkäinen's killer, sister of Tuoen Poika.
Unloved and untouched, Lowyatar weeped and searched,
Abandoned by her death-bringing family.

From cracked and dried and distraught lips she cried,
"Ukko, O Ukko, save me from myself, I beg of thee,
With what's left of my life, my passion, my love
I know only pain I know only death, I see nothing.

O Ukko, I wander hither and thither, northward and westward
O Ukko, I wander thither and hither, southward and eastward
Searching for acceptance and vivid color and life.

O Ukko, save me from myself and my name!"

Lonely is the young girl, priestess of plague, goddess of famine,
Alone for life, her eyes blurred with salt and water,
A twitch in a corner of her mouth, another twitch.

Love thyself, and thyself can achieve greatness,
Greatness through experience, through knowledge prior.

Yellowed and ground teeth emerge behind cracked lips,
Lowyatar, goddess of plague, whispers to Ukko,
"Ukko O Ukko, I have motive and purpose,"
An old oak tree withered and turned grey at her fingertips,
Towns, once merry and full of love, died as she passed them by.

Wars waged on, fighting for what's left of love and light,
Death of brothers and fathers, feeding the mighty Tursas,
Born again from the scent of blood on the dry ground,
Who rose from the dying sea to feed upon the victims war.

Across lands bereft of verdure, dead and broken,
Men and women and children sobbed in Lowyatar's wake,
Men and women and children bowed in Lowyatar's presence.

Lowyatar stood triumphant over dying lands,
Once a sobbing child, now queen of the earth,
Pale face hidden by black and matted hair,
She opened her eyes to see the world for the first time,
Across her face twitched a smile, then with a laugh she says:
"So created. So destroyed. Behold, god I am!"
A little lesson in power. Everyone is powerful if they put their mind to it. The characters and the style are from The Kalevala.
La bufera che sgronda sulle foglie
dure della magnolia i lunghi tuoni
marzolini e la grandine,
(i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell'oro
che s'è spento sui mogani, sul taglio
dei libri rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio
delle tue palpebre)
il lampo che candisce
alberi e muro e li sorprende in quella
eternità d'istante - marmo manna
e distruzione - ch'entro te scolpita
porti per tua condanna e che ti lega
più che l'amore a me, strana sorella, -
e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
dei tamburelli sulla fossa fuia,
lo scalpicciare del fandango, e sopra
qualche gesto che annaspa...
Come quando
ti rivolgesti e con la mano, sgombra
la fronte dalla nube dei capelli,
mi salutasti - per entrar nel buio.
E l'acqua cade su la morta estate,
e l'acqua scroscia su le morte foglie;
e tutto è chiuso, e intorno le ventate
gettano l'acqua alle inverdite soglie;
e intorno i tuoni brontolano in aria;
se non qualcuno che rotola giù.
Apersi un poco la finestra: udii
rugliare in piena due torrenti e un fiume;
e mi parve d'udir due scoppiettìi
e di vedere un nereggiar di piume.
O rondinella spersa e solitaria,
per questo tempo come sei qui tu?
Oh! non è questo un temporale estivo
col giorno buio e con la rosea sera,
sera che par la sera dell'arrivo,
tenera e fresca come a primavera,
quando, trovati i vecchi nidi al tetto,
li salutava allegra la tribù.
Se n'è partita la tribù, da tanto!
Tanto, che forse pensano al ritorno,
tanto, che forse già provano il canto
che canteranno all'alba di quel giorno:
sognano l'alba di San Benedetto
nel lontano Baghirmi e nel Bornù.
E chiudo i vetri. Il freddo mi percuote,
l'acqua mi sferza, mi respinge il vento.
Non più gli scoppiettìi, ma le remote
voci dei fiumi, ma sgrondare io sento
sempre più l'acqua, rotolare il tuono,
il vento alzare ogni minuto più.
E fuori vedo due ombre, due voli,
due volastrucci nella sera mesta,
rimasti qui nel grigio autunno soli,
ch'aliano soli in mezzo alla tempesta:
rimasti addietro il giorno del frastuono,
delle grida d'amore e gioventù.
Son padre e madre. C'è sotto le gronde
un nido, in fila con quei nidi muti,
il lor nido che geme e che nasconde
sei rondinini non ancor pennuti.
Al primo nido già toccò sventura.
Fecero questo accanto a quel che fu.
Oh! tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore,
ha fame in mezzo a tante cose morte;
e l'anno è morto, ed anche il giorno muore,
e il tuono muglia, e il vento urla più forte,
e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura,
e quello ch'era non sarà mai più.
Marco Bo Sep 2018
under this grey suburban sky
thunders rolling as rocks and drums
then silence in concrete transit spaces
although wild beats inside our veins
hunting scenes and escapes in vain

taste of honey and salt on your teeth
prey predators and carnival masks
smiles dreams feasts fire tears
running water
silence and lightning
remote storms
gentle breeze

essences and perfumes
tobacco leather cinnamon and ashes
smells of life
and skin

it's time to go home
home where we will recall
every flavor
every hug
every drop of dew
every smile and every single tear
their true meaning
and we will ask ourselves
why?
why have we ever parted from our heart?
................

sotto questo grigio cielo suburbano
tuoni che rotolano come pietre e tamburi
poi silenzio in spazi di transito di asfalto e cemento
anche se il selvatico batte nelle nostre vene
scene di caccia e fughe invano

sapore di miele e sale sui denti
prede predatori e maschere di carnevale
sorrisi sogni feste lacrime
acqua corrente
silenzio e fulmini
tempeste remote
e brezza leggera

essenze e profumi
tabacco cuoio cannella e cenere
odori di vita
e di pelle

è ora di tornare a casa
casa dove ricorderemo
ogni sapore
ogni abbraccio
ogni goccia di rugiada
ogni sorriso e ogni singola lacrima
il loro vero significato
e ci chiederemo
perché?
perché mai ci siamo separati dal nostro cuore?
E l'acqua cade su la morta estate,
e l'acqua scroscia su le morte foglie;
e tutto è chiuso, e intorno le ventate
gettano l'acqua alle inverdite soglie;
e intorno i tuoni brontolano in aria;
se non qualcuno che rotola giù.
Apersi un poco la finestra: udii
rugliare in piena due torrenti e un fiume;
e mi parve d'udir due scoppiettìi
e di vedere un nereggiar di piume.
O rondinella spersa e solitaria,
per questo tempo come sei qui tu?
Oh! non è questo un temporale estivo
col giorno buio e con la rosea sera,
sera che par la sera dell'arrivo,
tenera e fresca come a primavera,
quando, trovati i vecchi nidi al tetto,
li salutava allegra la tribù.
Se n'è partita la tribù, da tanto!
Tanto, che forse pensano al ritorno,
tanto, che forse già provano il canto
che canteranno all'alba di quel giorno:
sognano l'alba di San Benedetto
nel lontano Baghirmi e nel Bornù.
E chiudo i vetri. Il freddo mi percuote,
l'acqua mi sferza, mi respinge il vento.
Non più gli scoppiettìi, ma le remote
voci dei fiumi, ma sgrondare io sento
sempre più l'acqua, rotolare il tuono,
il vento alzare ogni minuto più.
E fuori vedo due ombre, due voli,
due volastrucci nella sera mesta,
rimasti qui nel grigio autunno soli,
ch'aliano soli in mezzo alla tempesta:
rimasti addietro il giorno del frastuono,
delle grida d'amore e gioventù.
Son padre e madre. C'è sotto le gronde
un nido, in fila con quei nidi muti,
il lor nido che geme e che nasconde
sei rondinini non ancor pennuti.
Al primo nido già toccò sventura.
Fecero questo accanto a quel che fu.
Oh! tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore,
ha fame in mezzo a tante cose morte;
e l'anno è morto, ed anche il giorno muore,
e il tuono muglia, e il vento urla più forte,
e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura,
e quello ch'era non sarà mai più.
Là in Maremma ove fiorio
La mia triste primavera,
Là rivola il pensier mio
Con i tuoni e la bufera:
Là nel cielo librarmi
La mia patria a riguardar,
Poi co’l tuon vo’ sprofondarmi
Tra quei colli ed in quel mar.
E l'acqua cade su la morta estate,
e l'acqua scroscia su le morte foglie;
e tutto è chiuso, e intorno le ventate
gettano l'acqua alle inverdite soglie;
e intorno i tuoni brontolano in aria;
se non qualcuno che rotola giù.
Apersi un poco la finestra: udii
rugliare in piena due torrenti e un fiume;
e mi parve d'udir due scoppiettìi
e di vedere un nereggiar di piume.
O rondinella spersa e solitaria,
per questo tempo come sei qui tu?
Oh! non è questo un temporale estivo
col giorno buio e con la rosea sera,
sera che par la sera dell'arrivo,
tenera e fresca come a primavera,
quando, trovati i vecchi nidi al tetto,
li salutava allegra la tribù.
Se n'è partita la tribù, da tanto!
Tanto, che forse pensano al ritorno,
tanto, che forse già provano il canto
che canteranno all'alba di quel giorno:
sognano l'alba di San Benedetto
nel lontano Baghirmi e nel Bornù.
E chiudo i vetri. Il freddo mi percuote,
l'acqua mi sferza, mi respinge il vento.
Non più gli scoppiettìi, ma le remote
voci dei fiumi, ma sgrondare io sento
sempre più l'acqua, rotolare il tuono,
il vento alzare ogni minuto più.
E fuori vedo due ombre, due voli,
due volastrucci nella sera mesta,
rimasti qui nel grigio autunno soli,
ch'aliano soli in mezzo alla tempesta:
rimasti addietro il giorno del frastuono,
delle grida d'amore e gioventù.
Son padre e madre. C'è sotto le gronde
un nido, in fila con quei nidi muti,
il lor nido che geme e che nasconde
sei rondinini non ancor pennuti.
Al primo nido già toccò sventura.
Fecero questo accanto a quel che fu.
Oh! tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore,
ha fame in mezzo a tante cose morte;
e l'anno è morto, ed anche il giorno muore,
e il tuono muglia, e il vento urla più forte,
e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura,
e quello ch'era non sarà mai più.
La bufera che sgronda sulle foglie
dure della magnolia i lunghi tuoni
marzolini e la grandine,
(i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell'oro
che s'è spento sui mogani, sul taglio
dei libri rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio
delle tue palpebre)
il lampo che candisce
alberi e muro e li sorprende in quella
eternità d'istante - marmo manna
e distruzione - ch'entro te scolpita
porti per tua condanna e che ti lega
più che l'amore a me, strana sorella, -
e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
dei tamburelli sulla fossa fuia,
lo scalpicciare del fandango, e sopra
qualche gesto che annaspa...
Come quando
ti rivolgesti e con la mano, sgombra
la fronte dalla nube dei capelli,
mi salutasti - per entrar nel buio.
La bufera che sgronda sulle foglie
dure della magnolia i lunghi tuoni
marzolini e la grandine,
(i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell'oro
che s'è spento sui mogani, sul taglio
dei libri rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio
delle tue palpebre)
il lampo che candisce
alberi e muro e li sorprende in quella
eternità d'istante - marmo manna
e distruzione - ch'entro te scolpita
porti per tua condanna e che ti lega
più che l'amore a me, strana sorella, -
e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
dei tamburelli sulla fossa fuia,
lo scalpicciare del fandango, e sopra
qualche gesto che annaspa...
Come quando
ti rivolgesti e con la mano, sgombra
la fronte dalla nube dei capelli,
mi salutasti - per entrar nel buio.

— The End —