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Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine.
Quante immagini un tempo, e quante fole
Creommi nel pensier l'aspetto vostro
E delle luci a voi compagne! Allora
Che, tacito, seduto in verde zolla,
Delle sere io solea passar gran parte
Mirando il cielo, ed ascoltando il canto
Della rana rimota alla campagna!
E la lucciola errava appo le siepi
E in su l'aiuole, susurrando al vento
I viali odorati, ed i cipressi
Là nella selva; e sotto al patrio tetto
Sonavan voci alterne, e le tranquille
Opre dè servi. E che pensieri immensi,
Che dolci sogni mi spirò la vista
Di quel lontano mar, quei monti azzurri,
Che di qua scopro, e che varcare un giorno
Io mi pensava, arcani mondi, arcana
Felicità fingendo al viver mio!
Ignaro del mio fato, e quante volte
Questa mia vita dolorosa e nuda
Volentier con la morte avrei cangiato.
Né mi diceva il cor che l'età verde
Sarei dannato a consumare in questo
Natio borgo selvaggio, intra una gente
Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso
Argomento di riso e di trastullo,
Son dottrina e saper; che m'odia e fugge,
Per invidia non già, che non mi tiene
Maggior di sé, ma perché tale estima
Ch'io mi tenga in cor mio, sebben di fuori
A persona giammai non ne fo segno.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza
Tra lo stuol dè malevoli divengo:
Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,
E sprezzator degli uomini mi rendo,
Per la greggia ch'** appresso: e intanto vola
Il caro tempo giovanil; più caro
Che la fama e l'allor, più che la pura
Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo
Senza un diletto, inutilmente, in questo
Soggiorno disumano, intra gli affanni,
O dell'arida vita unico fiore.
Viene il vento recando il suon dell'ora
Dalla torre del borgo. Era conforto
Questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
Quando fanciullo, nella buia stanza,
Per assidui terrori io vigilava,
Sospirando il mattin. Qui non è cosa
Ch'io vegga o senta, onde un'immagin dentro
Non torni, e un dolce rimembrar non sorga.
Dolce per sé; ma con dolor sottentra
Il pensier del presente, un van desio
Del passato, ancor tristo, e il dire: io fui.
Quella loggia colà, volta agli estremi
Raggi del dì; queste dipinte mura,
Quei figurati armenti, e il Sol che nasce
Su romita campagna, agli ozi miei
Porser mille diletti allor che al fianco
M'era, parlando, il mio possente errore
Sempre, ov'io fossi. In queste sale antiche,
Al chiaror delle nevi, intorno a queste
Ampie finestre sibilando il vento,
Rimbombaro i sollazzi e le festose
Mie voci al tempo che l'acerbo, indegno
Mistero delle cose a noi si mostra
Pien di dolcezza; indelibata, intera
Il garzoncel, come inesperto amante,
La sua vita ingannevole vagheggia,
E celeste beltà fingendo ammira.
O speranze, speranze; ameni inganni
Della mia prima età! Sempre, parlando,
Ritorno a voi; che per andar di tempo,
Per variar d'affetti e di pensieri,
Obbliarvi non so. Fantasmi, intendo,
Son la gloria e l'onor; diletti e beni
Mero desio; non ha la vita un frutto,
Inutile miseria. E sebben vòti
Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro
Il mio stato mortal, poco mi toglie
La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta
A voi ripenso, o mie speranze antiche,
Ed a quel caro immaginar mio primo;
Indi riguardo il viver mio sì vile
E sì dolente, e che la morte è quello
Che di cotanta speme oggi m'avanza;
Sento serrarmi il cor, sento ch'al tutto
Consolarmi non so del mio destino.
E quando pur questa invocata morte
Sarammi allato, e sarà giunto il fine
Della sventura mia; quando la terra
Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo
Fuggirà l'avvenir; di voi per certo
Risovverrammi; e quell'imago ancora
Sospirar mi farà, farammi acerbo
L'esser vissuto indarno, e la dolcezza
Del dì fatal tempererà d'affanno.
E già nel primo giovanil tumulto
Di contenti, d'angosce e di desio,
Morte chiamai più volte, e lungamente
Mi sedetti colà su la fontana
Pensoso di cessar dentro quell'acque
La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco
Malor, condotto della vita in forse,
Piansi la bella giovanezza, e il fiore
Dè miei poveri dì, che sì per tempo
Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso
Sul conscio letto, dolorosamente
Alla fioca lucerna poetando,
Lamentai cò silenzi e con la notte
Il fuggitivo spirto, ed a me stesso
In sul languir cantai funereo canto.
Chi rimembrar vi può senza sospiri,
O primo entrar di giovinezza, o giorni
Vezzosi, inenarrabili, allor quando
Al rapito mortal primieramente
Sorridon le donzelle; a gara intorno
Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi
(Inusitata maraviglia! ) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo
Suo venir nella vita, ed inchinando
Mostra che per signor l'accolga e chiami?
Fugaci giorni! A somigliar d'un lampo
Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa
Quella vaga stagion, se il suo buon tempo,
Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?
O Nerina! E di te forse non odo
Questi luoghi parlar? Caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
Che qui sola di te la ricordanza
Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede
Questa Terra natal: quella finestra,
Ond'eri usata favellarmi, ed onde
Mesto riluce delle stelle il raggio,
È deserta. Ove sei, che più non odo
La tua voce sonar, siccome un giorno,
Quando soleva ogni lontano accento
Del labbro tuo, ch'a me giungesse, il volto
Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi
Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri
Il passar per la terra oggi è sortito,
E l'abitar questi odorati colli.
Ma rapida passasti; e come un sogno
Fu la tua vita. Iva danzando; in fronte
La gioia ti splendea, splendea negli occhi
Quel confidente immaginar, quel lume
Di gioventù, quando spegneali il fato,
E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna
L'antico amor. Se a feste anco talvolta,
Se a radunanze io movo, infra me stesso
Dico: o Nerina, a radunanze, a feste
Tu non ti acconci più, tu più non movi.
Se torna maggio, e ramoscelli e suoni
Van gli amanti recando alle fanciulle,
Dico: Nerina mia, per te non torna
Primavera giammai, non torna amore.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita
Piaggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,
Dico: Nerina or più non gode; i campi,
L'aria non mira. Ahi tu passasti, eterno
Sospiro mio: passasti: e fia compagna
D'ogni mio vago immaginar, di tutti
I miei teneri sensi, i tristi e cari
Moti del cor, la rimembranza acerba.
Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine.
Quante immagini un tempo, e quante fole
Creommi nel pensier l'aspetto vostro
E delle luci a voi compagne! Allora
Che, tacito, seduto in verde zolla,
Delle sere io solea passar gran parte
Mirando il cielo, ed ascoltando il canto
Della rana rimota alla campagna!
E la lucciola errava appo le siepi
E in su l'aiuole, susurrando al vento
I viali odorati, ed i cipressi
Là nella selva; e sotto al patrio tetto
Sonavan voci alterne, e le tranquille
Opre dè servi. E che pensieri immensi,
Che dolci sogni mi spirò la vista
Di quel lontano mar, quei monti azzurri,
Che di qua scopro, e che varcare un giorno
Io mi pensava, arcani mondi, arcana
Felicità fingendo al viver mio!
Ignaro del mio fato, e quante volte
Questa mia vita dolorosa e nuda
Volentier con la morte avrei cangiato.
Né mi diceva il cor che l'età verde
Sarei dannato a consumare in questo
Natio borgo selvaggio, intra una gente
Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso
Argomento di riso e di trastullo,
Son dottrina e saper; che m'odia e fugge,
Per invidia non già, che non mi tiene
Maggior di sé, ma perché tale estima
Ch'io mi tenga in cor mio, sebben di fuori
A persona giammai non ne fo segno.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza
Tra lo stuol dè malevoli divengo:
Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,
E sprezzator degli uomini mi rendo,
Per la greggia ch'** appresso: e intanto vola
Il caro tempo giovanil; più caro
Che la fama e l'allor, più che la pura
Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo
Senza un diletto, inutilmente, in questo
Soggiorno disumano, intra gli affanni,
O dell'arida vita unico fiore.
Viene il vento recando il suon dell'ora
Dalla torre del borgo. Era conforto
Questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
Quando fanciullo, nella buia stanza,
Per assidui terrori io vigilava,
Sospirando il mattin. Qui non è cosa
Ch'io vegga o senta, onde un'immagin dentro
Non torni, e un dolce rimembrar non sorga.
Dolce per sé; ma con dolor sottentra
Il pensier del presente, un van desio
Del passato, ancor tristo, e il dire: io fui.
Quella loggia colà, volta agli estremi
Raggi del dì; queste dipinte mura,
Quei figurati armenti, e il Sol che nasce
Su romita campagna, agli ozi miei
Porser mille diletti allor che al fianco
M'era, parlando, il mio possente errore
Sempre, ov'io fossi. In queste sale antiche,
Al chiaror delle nevi, intorno a queste
Ampie finestre sibilando il vento,
Rimbombaro i sollazzi e le festose
Mie voci al tempo che l'acerbo, indegno
Mistero delle cose a noi si mostra
Pien di dolcezza; indelibata, intera
Il garzoncel, come inesperto amante,
La sua vita ingannevole vagheggia,
E celeste beltà fingendo ammira.
O speranze, speranze; ameni inganni
Della mia prima età! Sempre, parlando,
Ritorno a voi; che per andar di tempo,
Per variar d'affetti e di pensieri,
Obbliarvi non so. Fantasmi, intendo,
Son la gloria e l'onor; diletti e beni
Mero desio; non ha la vita un frutto,
Inutile miseria. E sebben vòti
Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro
Il mio stato mortal, poco mi toglie
La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta
A voi ripenso, o mie speranze antiche,
Ed a quel caro immaginar mio primo;
Indi riguardo il viver mio sì vile
E sì dolente, e che la morte è quello
Che di cotanta speme oggi m'avanza;
Sento serrarmi il cor, sento ch'al tutto
Consolarmi non so del mio destino.
E quando pur questa invocata morte
Sarammi allato, e sarà giunto il fine
Della sventura mia; quando la terra
Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo
Fuggirà l'avvenir; di voi per certo
Risovverrammi; e quell'imago ancora
Sospirar mi farà, farammi acerbo
L'esser vissuto indarno, e la dolcezza
Del dì fatal tempererà d'affanno.
E già nel primo giovanil tumulto
Di contenti, d'angosce e di desio,
Morte chiamai più volte, e lungamente
Mi sedetti colà su la fontana
Pensoso di cessar dentro quell'acque
La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco
Malor, condotto della vita in forse,
Piansi la bella giovanezza, e il fiore
Dè miei poveri dì, che sì per tempo
Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso
Sul conscio letto, dolorosamente
Alla fioca lucerna poetando,
Lamentai cò silenzi e con la notte
Il fuggitivo spirto, ed a me stesso
In sul languir cantai funereo canto.
Chi rimembrar vi può senza sospiri,
O primo entrar di giovinezza, o giorni
Vezzosi, inenarrabili, allor quando
Al rapito mortal primieramente
Sorridon le donzelle; a gara intorno
Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi
(Inusitata maraviglia! ) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo
Suo venir nella vita, ed inchinando
Mostra che per signor l'accolga e chiami?
Fugaci giorni! A somigliar d'un lampo
Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa
Quella vaga stagion, se il suo buon tempo,
Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?
O Nerina! E di te forse non odo
Questi luoghi parlar? Caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
Che qui sola di te la ricordanza
Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede
Questa Terra natal: quella finestra,
Ond'eri usata favellarmi, ed onde
Mesto riluce delle stelle il raggio,
È deserta. Ove sei, che più non odo
La tua voce sonar, siccome un giorno,
Quando soleva ogni lontano accento
Del labbro tuo, ch'a me giungesse, il volto
Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi
Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri
Il passar per la terra oggi è sortito,
E l'abitar questi odorati colli.
Ma rapida passasti; e come un sogno
Fu la tua vita. Iva danzando; in fronte
La gioia ti splendea, splendea negli occhi
Quel confidente immaginar, quel lume
Di gioventù, quando spegneali il fato,
E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna
L'antico amor. Se a feste anco talvolta,
Se a radunanze io movo, infra me stesso
Dico: o Nerina, a radunanze, a feste
Tu non ti acconci più, tu più non movi.
Se torna maggio, e ramoscelli e suoni
Van gli amanti recando alle fanciulle,
Dico: Nerina mia, per te non torna
Primavera giammai, non torna amore.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita
Piaggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,
Dico: Nerina or più non gode; i campi,
L'aria non mira. Ahi tu passasti, eterno
Sospiro mio: passasti: e fia compagna
D'ogni mio vago immaginar, di tutti
I miei teneri sensi, i tristi e cari
Moti del cor, la rimembranza acerba.
Vaghe stelle dell'Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine.
Quante immagini un tempo, e quante fole
Creommi nel pensier l'aspetto vostro
E delle luci a voi compagne! Allora
Che, tacito, seduto in verde zolla,
Delle sere io solea passar gran parte
Mirando il cielo, ed ascoltando il canto
Della rana rimota alla campagna!
E la lucciola errava appo le siepi
E in su l'aiuole, susurrando al vento
I viali odorati, ed i cipressi
Là nella selva; e sotto al patrio tetto
Sonavan voci alterne, e le tranquille
Opre dè servi. E che pensieri immensi,
Che dolci sogni mi spirò la vista
Di quel lontano mar, quei monti azzurri,
Che di qua scopro, e che varcare un giorno
Io mi pensava, arcani mondi, arcana
Felicità fingendo al viver mio!
Ignaro del mio fato, e quante volte
Questa mia vita dolorosa e nuda
Volentier con la morte avrei cangiato.
Né mi diceva il cor che l'età verde
Sarei dannato a consumare in questo
Natio borgo selvaggio, intra una gente
Zotica, vil; cui nomi strani, e spesso
Argomento di riso e di trastullo,
Son dottrina e saper; che m'odia e fugge,
Per invidia non già, che non mi tiene
Maggior di sé, ma perché tale estima
Ch'io mi tenga in cor mio, sebben di fuori
A persona giammai non ne fo segno.
Qui passo gli anni, abbandonato, occulto,
Senz'amor, senza vita; ed aspro a forza
Tra lo stuol dè malevoli divengo:
Qui di pietà mi spoglio e di virtudi,
E sprezzator degli uomini mi rendo,
Per la greggia ch'** appresso: e intanto vola
Il caro tempo giovanil; più caro
Che la fama e l'allor, più che la pura
Luce del giorno, e lo spirar: ti perdo
Senza un diletto, inutilmente, in questo
Soggiorno disumano, intra gli affanni,
O dell'arida vita unico fiore.
Viene il vento recando il suon dell'ora
Dalla torre del borgo. Era conforto
Questo suon, mi rimembra, alle mie notti,
Quando fanciullo, nella buia stanza,
Per assidui terrori io vigilava,
Sospirando il mattin. Qui non è cosa
Ch'io vegga o senta, onde un'immagin dentro
Non torni, e un dolce rimembrar non sorga.
Dolce per sé; ma con dolor sottentra
Il pensier del presente, un van desio
Del passato, ancor tristo, e il dire: io fui.
Quella loggia colà, volta agli estremi
Raggi del dì; queste dipinte mura,
Quei figurati armenti, e il Sol che nasce
Su romita campagna, agli ozi miei
Porser mille diletti allor che al fianco
M'era, parlando, il mio possente errore
Sempre, ov'io fossi. In queste sale antiche,
Al chiaror delle nevi, intorno a queste
Ampie finestre sibilando il vento,
Rimbombaro i sollazzi e le festose
Mie voci al tempo che l'acerbo, indegno
Mistero delle cose a noi si mostra
Pien di dolcezza; indelibata, intera
Il garzoncel, come inesperto amante,
La sua vita ingannevole vagheggia,
E celeste beltà fingendo ammira.
O speranze, speranze; ameni inganni
Della mia prima età! Sempre, parlando,
Ritorno a voi; che per andar di tempo,
Per variar d'affetti e di pensieri,
Obbliarvi non so. Fantasmi, intendo,
Son la gloria e l'onor; diletti e beni
Mero desio; non ha la vita un frutto,
Inutile miseria. E sebben vòti
Son gli anni miei, sebben deserto, oscuro
Il mio stato mortal, poco mi toglie
La fortuna, ben veggo. Ahi, ma qualvolta
A voi ripenso, o mie speranze antiche,
Ed a quel caro immaginar mio primo;
Indi riguardo il viver mio sì vile
E sì dolente, e che la morte è quello
Che di cotanta speme oggi m'avanza;
Sento serrarmi il cor, sento ch'al tutto
Consolarmi non so del mio destino.
E quando pur questa invocata morte
Sarammi allato, e sarà giunto il fine
Della sventura mia; quando la terra
Mi fia straniera valle, e dal mio sguardo
Fuggirà l'avvenir; di voi per certo
Risovverrammi; e quell'imago ancora
Sospirar mi farà, farammi acerbo
L'esser vissuto indarno, e la dolcezza
Del dì fatal tempererà d'affanno.
E già nel primo giovanil tumulto
Di contenti, d'angosce e di desio,
Morte chiamai più volte, e lungamente
Mi sedetti colà su la fontana
Pensoso di cessar dentro quell'acque
La speme e il dolor mio. Poscia, per cieco
Malor, condotto della vita in forse,
Piansi la bella giovanezza, e il fiore
Dè miei poveri dì, che sì per tempo
Cadeva: e spesso all'ore tarde, assiso
Sul conscio letto, dolorosamente
Alla fioca lucerna poetando,
Lamentai cò silenzi e con la notte
Il fuggitivo spirto, ed a me stesso
In sul languir cantai funereo canto.
Chi rimembrar vi può senza sospiri,
O primo entrar di giovinezza, o giorni
Vezzosi, inenarrabili, allor quando
Al rapito mortal primieramente
Sorridon le donzelle; a gara intorno
Ogni cosa sorride; invidia tace,
Non desta ancora ovver benigna; e quasi
(Inusitata maraviglia! ) il mondo
La destra soccorrevole gli porge,
Scusa gli errori suoi, festeggia il novo
Suo venir nella vita, ed inchinando
Mostra che per signor l'accolga e chiami?
Fugaci giorni! A somigliar d'un lampo
Son dileguati. E qual mortale ignaro
Di sventura esser può, se a lui già scorsa
Quella vaga stagion, se il suo buon tempo,
Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta?
O Nerina! E di te forse non odo
Questi luoghi parlar? Caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
Che qui sola di te la ricordanza
Trovo, dolcezza mia? Più non ti vede
Questa Terra natal: quella finestra,
Ond'eri usata favellarmi, ed onde
Mesto riluce delle stelle il raggio,
È deserta. Ove sei, che più non odo
La tua voce sonar, siccome un giorno,
Quando soleva ogni lontano accento
Del labbro tuo, ch'a me giungesse, il volto
Scolorarmi? Altro tempo. I giorni tuoi
Furo, mio dolce amor. Passasti. Ad altri
Il passar per la terra oggi è sortito,
E l'abitar questi odorati colli.
Ma rapida passasti; e come un sogno
Fu la tua vita. Iva danzando; in fronte
La gioia ti splendea, splendea negli occhi
Quel confidente immaginar, quel lume
Di gioventù, quando spegneali il fato,
E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna
L'antico amor. Se a feste anco talvolta,
Se a radunanze io movo, infra me stesso
Dico: o Nerina, a radunanze, a feste
Tu non ti acconci più, tu più non movi.
Se torna maggio, e ramoscelli e suoni
Van gli amanti recando alle fanciulle,
Dico: Nerina mia, per te non torna
Primavera giammai, non torna amore.
Ogni giorno sereno, ogni fiorita
Piaggia ch'io miro, ogni goder ch'io sento,
Dico: Nerina or più non gode; i campi,
L'aria non mira. Ahi tu passasti, eterno
Sospiro mio: passasti: e fia compagna
D'ogni mio vago immaginar, di tutti
I miei teneri sensi, i tristi e cari
Moti del cor, la rimembranza acerba.
Credei ch'al tutto fossero
In me, sul fior degli anni,
Mancati i dolci affanni
Della mia prima età:
I dolci affanni, i teneri
Moti del cor profondo,
Qualunque cosa al mondo
Grato il sentir ci fa.

Quante querele e lacrime
Sparsi nel novo stato,
Quando al mio cor gelato
Prima il dolor mancò!
Mancàr gli usati palpiti,
L'amor mi venne meno,
E irrigidito il seno
Di sospirar cessò!

Piansi spogliata, esanime
Fatta per me la vita
La terra inaridita,
Chiusa in eterno gel;
Deserto il dì; la tacita
Notte più sola e bruna;
Spenta per me la luna,
Spente le stelle in ciel.

Pur di quel pianto origine
Era l'antico affetto:
Nell'intimo del petto
Ancor viveva il cor.
Chiedea l'usate immagini
La stanca fantasia;
E la tristezza mia
Era dolore ancor.

Fra poco in me quell'ultimo
Dolore anco fu spento,
E di più far lamento
Valor non mi restò.
Giacqui: insensato, attonito,
Non dimandai conforto:
Quasi perduto e morto,
Il cor s'abbandonò.

Qual fui! Quanto dissimile
Da quel che tanto ardore,
Che sì beato errore
Nutrii nell'alma un dì!
La rondinella vigile,
Alle finestre intorno
Cantando al novo giorno,
Il cor non mi ferì:

Non all'autunno pallido
In solitaria villa,
La vespertina squilla,
Il fuggitivo Sol.
Invan brillare il vespero
Vidi per muto calle,
Invan sonò la valle
Del flebile usignol.

E voi, pupille tenere,
Sguardi furtivi, erranti,
Voi dè gentili amanti
Primo, immortale amor,
Ed alla mano offertami
Candida ignuda mano,
Foste voi pure invano
Al duro mio sopor.

D'ogni dolcezza vedovo,
Tristo; ma non turbato,
Ma placido il mio stato,
Il volto era seren.
Desiderato il termine
Avrei del viver mio;
Ma spento era il desio
Nello spossato sen.

Qual dell'età decrepita
L'avanzo ignudo e vile,
Io conducea l'aprile
Degli anni miei così:
Così quegl'ineffabili
Giorni, o mio cor, traevi,
Che sì fugaci e brevi
Il cielo a noi sortì.

Chi dalla grave, immemore
Quiete or mi ridesta?
Che virtù nova è questa,
Questa che sento in me?
Moti soavi, immagini,
Palpiti, error beato,
Per sempre a voi negato
Questo mio cor non è?

Siete pur voi quell'unica
Luce dè giorni miei?
Gli affetti ch'io perdei
Nella novella età?
Se al ciel, s'ai verdi margini,
Ovunque il guardo mira,
Tutto un dolor mi spira,
Tutto un piacer mi dà.

Meco ritorna a vivere
La piaggia, il bosco, il monte;
Parla al mio core il fonte,
Meco favella il mar.
Chi mi ridona il piangere
Dopo cotanto obblio?
E come al guardo mio
Cangiato il mondo appar?

Forse la speme, o povero
Mio cor, ti volse un riso?
Ahi della speme il viso
Io non vedrò mai più.
Proprii mi diede i palpiti,
Natura, e i dolci inganni.
Sopiro in me gli affanni
L'ingenita virtù;

Non l'annullàr: non vinsela
Il fato e la sventura;
Non con la vista impura
L'infausta verità.
Dalle mie vaghe immagini
So ben ch'ella discorda:
So che natura è sorda,
Che miserar non sa.

Che non del ben sollecita
Fu, ma dell'esser solo:
Purché ci serbi al duolo,
Or d'altro a lei non cal.
So che pietà fra gli uomini
Il misero non trova;
Che lui, fuggendo, a prova
Schernisce ogni mortal.

Che ignora il tristo secolo
Gl'ingegni e le virtudi;
Che manca ai degni studi
L'ignuda gloria ancor.
E voi, pupille tremule,
Voi, raggio sovrumano,
So che splendete invano,
Che in voi non brilla amor.

Nessuno ignoto ed intimo
Affetto in voi non brilla:
Non chiude una favilla
Quel bianco petto in sé.
Anzi d'altrui le tenere
Cure suol porre in gioco;
E d'un celeste foco
Disprezzo è la mercè.

Pur sento in me rivivere
Gl'inganni aperti e noti;
E, dè suoi proprii moti
Si maraviglia il sen.
Da te, mio cor, quest'ultimo
Spirto, e l'ardor natio,
Ogni conforto mio
Solo da te mi vien.

Mancano, il sento, all'anima
Alta, gentile e pura,
La sorte, la natura,
Il mondo e la beltà.
Ma se tu vivi, o misero,
Se non concedi al fato,
Non chiamerò spietato
Chi lo spirar mi dà.
Credei ch'al tutto fossero
In me, sul fior degli anni,
Mancati i dolci affanni
Della mia prima età:
I dolci affanni, i teneri
Moti del cor profondo,
Qualunque cosa al mondo
Grato il sentir ci fa.

Quante querele e lacrime
Sparsi nel novo stato,
Quando al mio cor gelato
Prima il dolor mancò!
Mancàr gli usati palpiti,
L'amor mi venne meno,
E irrigidito il seno
Di sospirar cessò!

Piansi spogliata, esanime
Fatta per me la vita
La terra inaridita,
Chiusa in eterno gel;
Deserto il dì; la tacita
Notte più sola e bruna;
Spenta per me la luna,
Spente le stelle in ciel.

Pur di quel pianto origine
Era l'antico affetto:
Nell'intimo del petto
Ancor viveva il cor.
Chiedea l'usate immagini
La stanca fantasia;
E la tristezza mia
Era dolore ancor.

Fra poco in me quell'ultimo
Dolore anco fu spento,
E di più far lamento
Valor non mi restò.
Giacqui: insensato, attonito,
Non dimandai conforto:
Quasi perduto e morto,
Il cor s'abbandonò.

Qual fui! Quanto dissimile
Da quel che tanto ardore,
Che sì beato errore
Nutrii nell'alma un dì!
La rondinella vigile,
Alle finestre intorno
Cantando al novo giorno,
Il cor non mi ferì:

Non all'autunno pallido
In solitaria villa,
La vespertina squilla,
Il fuggitivo Sol.
Invan brillare il vespero
Vidi per muto calle,
Invan sonò la valle
Del flebile usignol.

E voi, pupille tenere,
Sguardi furtivi, erranti,
Voi dè gentili amanti
Primo, immortale amor,
Ed alla mano offertami
Candida ignuda mano,
Foste voi pure invano
Al duro mio sopor.

D'ogni dolcezza vedovo,
Tristo; ma non turbato,
Ma placido il mio stato,
Il volto era seren.
Desiderato il termine
Avrei del viver mio;
Ma spento era il desio
Nello spossato sen.

Qual dell'età decrepita
L'avanzo ignudo e vile,
Io conducea l'aprile
Degli anni miei così:
Così quegl'ineffabili
Giorni, o mio cor, traevi,
Che sì fugaci e brevi
Il cielo a noi sortì.

Chi dalla grave, immemore
Quiete or mi ridesta?
Che virtù nova è questa,
Questa che sento in me?
Moti soavi, immagini,
Palpiti, error beato,
Per sempre a voi negato
Questo mio cor non è?

Siete pur voi quell'unica
Luce dè giorni miei?
Gli affetti ch'io perdei
Nella novella età?
Se al ciel, s'ai verdi margini,
Ovunque il guardo mira,
Tutto un dolor mi spira,
Tutto un piacer mi dà.

Meco ritorna a vivere
La piaggia, il bosco, il monte;
Parla al mio core il fonte,
Meco favella il mar.
Chi mi ridona il piangere
Dopo cotanto obblio?
E come al guardo mio
Cangiato il mondo appar?

Forse la speme, o povero
Mio cor, ti volse un riso?
Ahi della speme il viso
Io non vedrò mai più.
Proprii mi diede i palpiti,
Natura, e i dolci inganni.
Sopiro in me gli affanni
L'ingenita virtù;

Non l'annullàr: non vinsela
Il fato e la sventura;
Non con la vista impura
L'infausta verità.
Dalle mie vaghe immagini
So ben ch'ella discorda:
So che natura è sorda,
Che miserar non sa.

Che non del ben sollecita
Fu, ma dell'esser solo:
Purché ci serbi al duolo,
Or d'altro a lei non cal.
So che pietà fra gli uomini
Il misero non trova;
Che lui, fuggendo, a prova
Schernisce ogni mortal.

Che ignora il tristo secolo
Gl'ingegni e le virtudi;
Che manca ai degni studi
L'ignuda gloria ancor.
E voi, pupille tremule,
Voi, raggio sovrumano,
So che splendete invano,
Che in voi non brilla amor.

Nessuno ignoto ed intimo
Affetto in voi non brilla:
Non chiude una favilla
Quel bianco petto in sé.
Anzi d'altrui le tenere
Cure suol porre in gioco;
E d'un celeste foco
Disprezzo è la mercè.

Pur sento in me rivivere
Gl'inganni aperti e noti;
E, dè suoi proprii moti
Si maraviglia il sen.
Da te, mio cor, quest'ultimo
Spirto, e l'ardor natio,
Ogni conforto mio
Solo da te mi vien.

Mancano, il sento, all'anima
Alta, gentile e pura,
La sorte, la natura,
Il mondo e la beltà.
Ma se tu vivi, o misero,
Se non concedi al fato,
Non chiamerò spietato
Chi lo spirar mi dà.
Credei ch'al tutto fossero
In me, sul fior degli anni,
Mancati i dolci affanni
Della mia prima età:
I dolci affanni, i teneri
Moti del cor profondo,
Qualunque cosa al mondo
Grato il sentir ci fa.

Quante querele e lacrime
Sparsi nel novo stato,
Quando al mio cor gelato
Prima il dolor mancò!
Mancàr gli usati palpiti,
L'amor mi venne meno,
E irrigidito il seno
Di sospirar cessò!

Piansi spogliata, esanime
Fatta per me la vita
La terra inaridita,
Chiusa in eterno gel;
Deserto il dì; la tacita
Notte più sola e bruna;
Spenta per me la luna,
Spente le stelle in ciel.

Pur di quel pianto origine
Era l'antico affetto:
Nell'intimo del petto
Ancor viveva il cor.
Chiedea l'usate immagini
La stanca fantasia;
E la tristezza mia
Era dolore ancor.

Fra poco in me quell'ultimo
Dolore anco fu spento,
E di più far lamento
Valor non mi restò.
Giacqui: insensato, attonito,
Non dimandai conforto:
Quasi perduto e morto,
Il cor s'abbandonò.

Qual fui! Quanto dissimile
Da quel che tanto ardore,
Che sì beato errore
Nutrii nell'alma un dì!
La rondinella vigile,
Alle finestre intorno
Cantando al novo giorno,
Il cor non mi ferì:

Non all'autunno pallido
In solitaria villa,
La vespertina squilla,
Il fuggitivo Sol.
Invan brillare il vespero
Vidi per muto calle,
Invan sonò la valle
Del flebile usignol.

E voi, pupille tenere,
Sguardi furtivi, erranti,
Voi dè gentili amanti
Primo, immortale amor,
Ed alla mano offertami
Candida ignuda mano,
Foste voi pure invano
Al duro mio sopor.

D'ogni dolcezza vedovo,
Tristo; ma non turbato,
Ma placido il mio stato,
Il volto era seren.
Desiderato il termine
Avrei del viver mio;
Ma spento era il desio
Nello spossato sen.

Qual dell'età decrepita
L'avanzo ignudo e vile,
Io conducea l'aprile
Degli anni miei così:
Così quegl'ineffabili
Giorni, o mio cor, traevi,
Che sì fugaci e brevi
Il cielo a noi sortì.

Chi dalla grave, immemore
Quiete or mi ridesta?
Che virtù nova è questa,
Questa che sento in me?
Moti soavi, immagini,
Palpiti, error beato,
Per sempre a voi negato
Questo mio cor non è?

Siete pur voi quell'unica
Luce dè giorni miei?
Gli affetti ch'io perdei
Nella novella età?
Se al ciel, s'ai verdi margini,
Ovunque il guardo mira,
Tutto un dolor mi spira,
Tutto un piacer mi dà.

Meco ritorna a vivere
La piaggia, il bosco, il monte;
Parla al mio core il fonte,
Meco favella il mar.
Chi mi ridona il piangere
Dopo cotanto obblio?
E come al guardo mio
Cangiato il mondo appar?

Forse la speme, o povero
Mio cor, ti volse un riso?
Ahi della speme il viso
Io non vedrò mai più.
Proprii mi diede i palpiti,
Natura, e i dolci inganni.
Sopiro in me gli affanni
L'ingenita virtù;

Non l'annullàr: non vinsela
Il fato e la sventura;
Non con la vista impura
L'infausta verità.
Dalle mie vaghe immagini
So ben ch'ella discorda:
So che natura è sorda,
Che miserar non sa.

Che non del ben sollecita
Fu, ma dell'esser solo:
Purché ci serbi al duolo,
Or d'altro a lei non cal.
So che pietà fra gli uomini
Il misero non trova;
Che lui, fuggendo, a prova
Schernisce ogni mortal.

Che ignora il tristo secolo
Gl'ingegni e le virtudi;
Che manca ai degni studi
L'ignuda gloria ancor.
E voi, pupille tremule,
Voi, raggio sovrumano,
So che splendete invano,
Che in voi non brilla amor.

Nessuno ignoto ed intimo
Affetto in voi non brilla:
Non chiude una favilla
Quel bianco petto in sé.
Anzi d'altrui le tenere
Cure suol porre in gioco;
E d'un celeste foco
Disprezzo è la mercè.

Pur sento in me rivivere
Gl'inganni aperti e noti;
E, dè suoi proprii moti
Si maraviglia il sen.
Da te, mio cor, quest'ultimo
Spirto, e l'ardor natio,
Ogni conforto mio
Solo da te mi vien.

Mancano, il sento, all'anima
Alta, gentile e pura,
La sorte, la natura,
Il mondo e la beltà.
Ma se tu vivi, o misero,
Se non concedi al fato,
Non chiamerò spietato
Chi lo spirar mi dà.
tangshunzi Aug 2014
assistenti

cane in un propel matrimonio detto matrimoni in cima alla lista commovente .I cani in realtà solo rendono tutto più felici .non è vero ?Quindi ero già innamorato di questo matrimonio .grazie al cane dolce .quando ** letto le parole della sposa e si innamorò con la loro storia .Sprout .la signora dietro i bei fiori .era secondo insegnante elementare dello sposo .Everest Strada Fotografia stato un consigliere campo con la sorella della sposa .L'intera giornata è stata un ricordo in divenire .uno Sono sicuro che la coppia e tutti i loro ospiti potranno guardare indietro per sempre con affetto



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Dalla bella sposa .Mi sono innamorato di Fredericksburg attraverso la mia damigella d'onore Cori Dickie frequentando il 4 luglio parata durante il college ed è diventato una tradizione annuale .La sua mamma ci compra sempre corrispondenti camicie bandiera americana al Walmart .Cori e sono diventato amici incollaggio su DQ Blizzard e aveva mensili "Date DQ ".Una volta Riley e ** iniziato datazione è venuto con me per i festeggiamenti .Non abbiamo mai pensato di sposarsi qualsiasi altra parte .Il Ruff Haus è stato il primo luogo che ** visto e mi era innamorato .Non ** mai sognato che avrei sposarsi al di fuori .ma era perfetto per Fredericksburg e noi.Volevamo qualcosa di casuale e invitante - come una grande festa nella nostra casa .Insieme essendo un matrimonio abbiamo voluto che fosse una festa dove tutti erano lì per divertirsi .I bastoni di incandescenza erano uno dei miei tanti preferiti sulla pista da ballo e per l'uscita .Sono venuti su .perché il luogo praticamente non ha consentito buttare nulla o qualsiasi tipo di fuoco - e quindi abbiamo fatto la nostra propria luce .

Riley e io laureato presso la stessa scuola .a tre anni di distanza .I nostri genitori vivono a pochi isolati l'uno dall'altro e non si conoscevano .E 'stato così divertente vedere le nostre famiglie si riuniscono e il divertimento nostri genitori hanno insieme e matrimoni cristiani che hanno modellato per noi.Mamma abiti da sposa corti di Riley .direi il più timido del gruppo.ha avuto l' idea di eseguire un ballo a sorpresa al matrimonio .Hanno preso 8 settimane di lezioni di danza coreografia di " Shake Your ***** ".Purtroppo .la band non ha avuto la canzone giusta in modo che non erano molto soddisfatti delle loro prestazioni .** detto loro che non ti preoccupare faremo lo si esegue ad ogni festa importante da qui in abiti da sposa corti avanti .

Riley vende articoli promozionali per le aziende così ci è venuta l'idea di fare un logo per il matrimonio e metterlo su tovaglioli .tazze .koozies .borse di benvenuto e biscotti .** creato il look che volevo e font e uno dei dolci amici di mia mamma aiutami invertire le lettere e convertire il formato .Siamo quasi ripulito tutti gli obiettivi a Dallas cercando vasi di muratore .Volevamo successivamente a causa del calore e così volevamo tanto illuminazione possibile.La mamma di Riley è incredibile con fiori e lei ha fatto alcune delle disposizioni sui tavoli .

Quando abbiamo deciso di fare un matrimonio fuori sapevo che abbiamo dovuto avere il nostro cane .il giudice .in esso .Abbiamo preso il fine settimana che Riley ha proposto a casa di William Faulkner a Oxford .MS .Mio fratello treni laboratori di nero e ci ha dato il giudice e il suo cane Tex è come parte della famiglia .Averli nel matrimonio è stato uno dei migliori e più stressanti cose .Il giudice ha trascorso l'intera cerimonia cercando di ottenere la mia damigella d'onore Abbie per lanciare il suo bouquet per lui recuperare .Mio fratello ci ha dato anche in modalità pianificazione di nozze ed ha trovato e ha condannato i collari per cani corrispondenza di un amico .Uno dei nostri ospiti libri era acquerelli e abiti da sposa 2014 storie di Oxford e l'altra photography era da Texas Hill Country .

maggior parte dei dettagli è accaduto lungo la strada.Non ** mai pensato che avrei arancione come colore e non avrebbe potuto essere più soddisfatti .I fiori sono stati fatti localmente da Sprout .di proprietà di Michelle Hodges - che abbiamo poi messo insieme quando i genitori di Riley si sono incontrati con lei che era la sua seconda maestra elementare a Dallas .Inoltre .ero così entusiasta di scoprire il mio bonus - sorella era un consigliere campo con il nostro fotografo.I piccoli collegamenti come quello reso molto speciale .

Per i fiori non avevo mai sentito parlare di Dahlia .Questa primavera Southern Living ha fatto un articolo su di loro e sapevo che sarebbe la misura perfetta per il nostro matrimonio .Programmi

- sapevamo che sarebbe stato caldo e quindi pensano i fan sarebbe una grande idea .Erano - tranne per il fatto che li assemblaggio è un po ' più difficile di quanto avevamo previsto .Abbiamo avuto una festa incollare una notte e mastice usate che non attacca a tutto .E 'stato un processo di apprendimento .

mio DIY preferito .se si può chiamare così .è i registri le torte erano su .Riley e io stavamo camminando giudice una notte e qualcuno aveva tagliato un albero nel loro cortile e registri non erano stati raccolti ancora .Siamo tornati a casa e abbiamo preso il suo camion e li raccolse .Non sapevamo che pesavano una tonnellata e ha ottenuto il suo sedile posteriore super- sporco .Lavender

- mia mamma amicizia il proprietario di Urbano di erbe e abbiamo avuto solo per avere lavanda cose profumate ovunque .Il mio patrigno si avvicinò con l'idea di ghiacciato giù di lavanda asciugamani profumati .Egli può essere più orgogliosi di questa idea di ottenere la sua certificazione online per essere un ministro

Fotografia : Everest Strada Fotografia | Coordinatore: . Jasper Eisenberg | Fiori : Sprout | Abito da sposa: Bridal Boutique di Lulu | Torte : La dolciastro Chef | damigella d'onoreAbiti : Donna Morgan | Catering : Delicious Dettagli | Abbigliamento Groomsmen \ 's : Jos A. Banks | lavanda Prodotti : Urbano HerbalSprout è un membro del nostro Little Black Book .Scopri come i membri sono scelti visitando la nostra pagina delle FAQ .Sprout VIEW
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Fredricksberg Wedding da Everest strada Fotografia_vestiti da sposa
CHAPTER ONE

My geographic movements during the past year could be called “A Tale of Two Couches.” So as June draws to a close, I assume the position here again on Couch California. I am back in Hemet, the place the smug among us call Hemetucky--as if there was nothing a couple of Mint Juleps and a **** of Blue Grass wouldn’t cure. It is the year of our Lord, 2014: so far an interesting year for women. There was a woman who wore socks to bed. There was always my long-time, here today-gone tomorrow, long time companion, currently teaching somewhere remote on the Big Rez, a southwestern Navajo concentration camp near the 4 Corners.  Next, there’s my current object of affection, that fine and frisky lady from The Bronx by way of Bernalillo--currently at home in Laguna Beach, Orange County. Trixie: my main squeeze at the moment.

And now, completely out of the ******* blue this afternoon, my cell phone rings and it’s ******* Juanita--my all-time favorite woman, Juanita Mi Favorita de La Quinta--a Coachella Valley town and desert wadi, extending its lucrative winter tourist season to become a significant, year-round retirement venue and a robust service economy feeding off it.  Juanita arrived there in the late 80s, in middle of her early forties.  She was unemployed, homeless, just a suitcase to her name and a two-year old toddler in tow. Her parents were there, as was her Aunt Peggy.  Juanita was always Peggy’s favorite niece, her favorite child, actually, Peggy herself being childless, never married.  Aunt Peggy put her maternal instincts to work on Juanita Rodriguez, her Sister Rosalia’s second favorite twin daughter.

Maria, Rosalia’s first favorite daughter, Juanita’s twin sister—MARIA: lives in Newport Beach and acts as an extra in many commercial ads shot in southern California and elsewhere, an irony never without sting for Juanita. “Que lastima!” Poor Juanita: as her would-be Hollywood Movie star aspirations disintegrated over the years, along with her unrealized lower expectations to be TV star, and even those semi-glamorous modeling gigs at trade shows and fairs—the elephant’s graveyard of the acting profession—failed to materialize, and now her celebrity habitat shrunken even further, to that sporadic but consistent mockery of stardom, I refer to any would-be thespian’s ignominious one-celled visual protozoan: The Extra Call List.  And—*******-- what happens next? Juanita’s sister Maria starts getting these parts, starts getting hired by filling out a ******* postcard, starts getting paid to look good in the background. *******: no professional education or instruction, no agent, and no need to **** off both the producer, the producer’s cousin Morey, the director and the director’s wife’s huge Golden retriever, Genghis--actually a mighty handsome animal--or needing to spill $4K on that Derma-brasion, Juanita inflicted on herself last year.

Juanita, as you already know, was the second favorite daughter and the second favorite twin of the family. She became the third favorite child in her three-child family upon the arrival of her slick baby brother Nico-- the Golden Child, who grew up to be a glib Merrill-Lynch stockbroker, office and residence, Beverly Hills 90112.  (Enter forcefully into the narrative, His Nibs himself, Sir Nicodemus of Hollywood, Juanita and Maria’s baby brother Nico. He speaks: “Excuse me, stockbroker my ***, as it says in a 11 point Rockwell Boldfont, right here on my gold-leaf embossed business card: Senior Large Capital Investment Counselor.”)

No, Juanita had a hard time just treading water in that Cleveland shark tank. And though she lacked nothing in the cuteness department, she had this one fatal flaw, namely, the gift of ***** and sass and a reflex to speak truth to power. Juanita: rejected by Rosalia as a threat to her hegemony as Boss of the Girl’s Club, was cast adrift on a tempestuous childhood cruel Montserrat sea, out there on the briny deep . . .  
                

                                      



High Seas: where many a tuna has a Sorry Charlie moment: “Star-Kist don’t want no tuna with good taste; Star-Kist wants a tuna that tastes good.”

Finally, Juanita is rescued, taken aboard the Good/Soul Aunt Peggy—that wayward bark Elisabeta Rodriguez, home-ported in Southside, Chicago, Illinois—the rescue at sea performed in classy, rather low-key manner; no Andrea Doria drama, but understated:

{Camera One, Helicopter above, zooms over turbulent ocean surface. Peggy, an oasis of calm, aboard the raft Kon Tiki with Thor Heyerdahl and his crew, floats by, whispering, “Going my way, Honey? Climb aboard. Have a homemade oatmeal cookie and a small glass tumbler of Jack Daniels.” Okay, no, that’s not fair. Sure Aunt Peggy drank, but never got round to offering you a drink until you were well into your 30s. Let’s just say she offered you a warm glass of milk, the mother’s milk deprived you by your mother, her sister Rosalia. Dear Aunt Peggy: a seasoned survivor herself, flawed by early childhood deafness and grotesque speech.  Yet, she had refused to settle for life in an asylum. She made a go at life.  She learned; she prospered; she flourished. And when the time came, she was there for you in the Coachella Desert, there for her feisty niece Juanita Ann.  Aunt Peggy: a loving spirit personified, became Juanita’s special confidant and counselor, her personal cheer squad of one. Juanita, of course, a former cheerleader herself--an early hint of greatness to be sure, a highlight, perhaps the highlight of her life, shown off every Halloween, still celebrated at American high schools each Fall. She is the Principal’s secretary at a huge suburban high school in Indio. Each Halloween, if the date falls on a school day, Juanita arrives for work wearing that scrupulously preserved, vintage 1966 cheerleader uniform, looking real foxy still, snug now in all the right places. Eternal Truth: Juanita has always and will always be good looking. Life with Juanita is perpetual “ooh la-la.”

So, I am on the couch that afternoon, reading more of Gramsci’s prison notebooks, specifically the philosophy he calls “Praxis.”  Completely out of the ******* blue, Juanita calls me on a RESTRICTED phone, as I said, Juanita, a torch I’ve kept burning for years, flaring up like a refinery flame--oil still very much in the present energy mix--hope springing eternal as they say, and instantly my mission in life is rekindling our lost love. Juanita’s conceived her mission prior to her phone call:  using me to keep her son from being whacked by the local Eme--the Mexican Mafia—that ethnic-pride social club that the RICO-squad-- using family tree socio-grams and other expensively-printed graphics, the one RICO keeps trying to convince us is some sort of organized crime conspiracy. The Mexican Mafia: like everything else practical and utilitarian in this world: THAT’S ITALIAN! And, if you are starting to sense a bit of ethnic chauvinism on, between & below the lines, you are barking up the right tree.
                                                           ­     
      
                                                            
(AUTHOR’S POST-SCRIPT EDIT: And, an ad for dog food right here? Not the best choice of sponsors, perhaps, at the moment. Juanita was far off from the ****** ***** that start looking not half-bad at 2:30 in the glazy morning, not anywhere near those beasts you find lingering in the airport bars you usually frequent near closing time on Saturday nights. No, I remind you that Juanita was all “ooh la-la.” In my next printing—and my Lord, there have been so many, haven’t there, Paulie “Eat-a-Bag-of-****” Muldoon? I will change out the Alpo ad, plugging in a spot for Aunt Jemima pancake syrup or Betty Crocker whipped cream, you know, something more apropos.)

Juanita, I really must hand it to you. You showed the greatest staying power, year after year as I moved further and further away from La Quinta, California. Juanita: you embraced what was good in me, ignored my flaws and strengthened me with your love for so many years. As far as you and Peggy, I guess it was a case of the “apple not falling far from the tree” one of many endearing Midwestern metaphors you taught me.  Peggy taught you, taught you to be kind and then you taught me. No matter what bizarre venue I pulled out of my ***, you showed above-average staying power, continued to visit me wherever I went, Casa Grande & Buckeye, Arizona, Appalachia, West Virginia, and even Italy, when I thought I’d try Europe again after so many years.  With each move, each time, Juanita renewed her commitment to the relationship. Meanwhile, I continued to test her, quantifying her dedication, undermining her sense of mission to disprove my worldview on the expendability of women. Surely, you know that one: the unreliability of women, women who disappear without saying goodbye. That old deeply etched conviction to never get attached to a woman, any woman, based on the empirical fact that women have been known to suddenly die, a fact seared into my still tender metal by the surprise death of my mother on 11 January 1962.

1962. It was already an insecure world, to wit:  The Cuban Missile Crisis. Nikita Khrushchev, in his time both Dr. No and Dr. Evil, namely the Premier whom we Baby Boomers saw as Boogey Man of All Time (Although Putin is showing potential, lately)—the Kennedy ****** (what else could you call it?). All these events scary, whether or not I got the chronology right . . . I remained on high alert for any threat to my delicate adolescent psyche.  My mother-Rosa Teresa Sekaquaptewa-died at 2 o’clock in the morning, screaming in agony while apologizing to my father for not having his dinner on the table when he walked in from work that prior afternoon. She’d already been in bed since noon, attended by two of my aunts--both my father’s sisters--who loved their Hopi sister-in-law, Rosa.  Also present was Lafcadio Smirnoff, M.D.--last of the house call medicine men--a dapper, mustachioed, swarthy gentleman, misdiagnosing her abdominal pain as a 24-hour virus, while she bled out internally for at least eight more hours, her whimpers alternated with screams, well into the wee hours of the morning.

I was upstairs in that dormer bedroom listening to her die. An hour later, Father Numb-nuts of Our Lady of Lourdes Parish teleported in, beaming directly into my bedroom from the parish rectory.  Father Seamus Numb-nuts, an illuminated Burning Bush . . . not quite the bush I ‘d conjured at other times, so many times alone with Gwen Wong, ******* Playmate of the Year, 1961, one of Hefner’s hot centerfolds. No, give me a ******* break, you momo! Whacking off is the last thing on a libidinous, adolescent guinea’s brain when his mama is being tortured and killed by God. Even Alexander Portnoy, Philip Roth’s early avatar would have drawn the wanking line at that unforgettable moment.

No, perhaps what I’d had in mind was The Burning Bush Golf Course where so much of Fletcher Kneble’s political mischief and government shenanigans got cooked up. You remember his books, some of the Cold War’s finest: Seven Days in May, Vanished, etc.

Or better yet, perhaps the greatest political slogan of the 20th century: “STAY OUT THE BUSHES!” Thank you, Jesse. “Thank you, Reverend Jackson,” I slip into my Excellence in Broadcasting mode, my very own private Limbaugh. Announcing my on- air arrival is El Rushbo’s unmistakable, totally recognizable bass line bumper, courtesy of Chrissie Hynde’s Pretenders band mate, guitarist Tony Butler: Dum, dum, dum-dum, Da-dum, dum-dum-dum-dum-da-dum-dum. Single, “My City Was Gone” by The Pretenders
Rush Limbaugh Song– YouTube www.youtube.com/watch?v=SScW9r0y3c4

I become Reverend Jackson. I emerge from the vapors, an obscure abyss of deep family pangs and disappointments, ever-diminishing public relevance and fade to black (no pun intended) and media oblivion. The only thing left is that line:  “STAY OUT THE BUSHES!” You will always own that line, Jesse--true political genius (to wit: Rainbow Coalition) Jackson that you are, despite El Rush-Bo’s virulent anti-Black animus, his predilection to mock you, Al Sharpton, Corey Booker, Barack “Hussein” Obama, and any other professional ***** in America. Isn’t it time someone came right out and tagged Mr. Limbaugh as the Father Coughlin of our time.

Meanwhile back in The Bronx, enter another man of the cloth:  It’s Seamus Numb-nuts, making one of his many well-documented spectral visitations, his splendiferous miracles and wonders. How much longer will the Vatican ignore this humble Bronx priest, this epitome of Sainthood; this reverent man, lacking only the stigmata for a unanimous consent vote? Quote the Numb-nuts: “God Works in Mysterious Ways.” An old standard to be sure, but a lovely, all-purpose bromide for explaining why evil exists in our world. Needless to say, I was underwhelmed; I lost God at that moment, consequently shooting myself in the foot--metaphorically-speaking-condemning myself to an unshielded life, life OUT THE BUSHES!  I went forth into the world without God, without that handy divine crutch, that Andy Devine metaphor for when one’s legs grow weary: a puff of smoke, a reverb twang and a nasty frog croaking “Hi-ya, Kids. Hi-ya, Hi-ya. Hi-ya.”

   Andy's Gang - Pasta Fazooli vs. Froggy the Gremlin - YouTube
► 3:55► 3:55
www.youtube.com/watch?v=H35odPm7b3w Aug 8, 2012 - Uploaded by jmgilsinger
Froggy the Gremlin -Tuba ... Andy Devine (Aug 24, 1952)

Life for me became lonely and purposeless. And probably explains my susceptibility to military discipline and a subsequent career in clandestine government service. In 1968--the very day I turned nineteen, September 25th of that year—that fateful day when I should have shot myself in the foot—literally not metaphorically--earning that coveted 4-F physical rejection, a draft deferment to be desired, that 4-F classification of unfitness for duty, a necessary loophole in U.S. conscript service law.  The Draft: last used during that great commonwealth Cold War purge, that culling out of the unwashed, uneducated children of immigrants, that cut-rate, discount, lower socio-economic ***** bank—the only bank where after you make a deposit, you lose interest, to wit: most Black, Hispanic and Poor White Trash parents.  We were cannon fodder, many of us got to be planted at Arlington and other holy American shrines, still wrapped in black or olive drab leak-proof body bags, doing our generational bit to strengthen the gene pool left behind. A debt, some would say, we owed the country and, given the sorry state of the global wicket, increasingly an obligation to the species. And if I had to predict an outcome, Fascism in America will arrive riding the white horse of the environmental, anti-nuclear Bolsheviks. One could argue that Communism has moved so far left on the political spectrum that it’s now the far right.  Concoct a legislative policy goal, accomplish it legally as the bill becomes Law, signed by the President, endorsed and blessed by The U.S. Supreme Court, the highest court in the land.

To wit: “Three generations of imbeciles is enough?” declared Oliver Wendell Holmes, Jr., an Associate Supreme Court Justice at the time, buttressing a majority argument harnessing the power of U.S. law as a legal means of purifying the race.  When euthanasia failed to win over American hearts and mind, the Federal Government played the war card again and again. Vietnam: undeclared and therefore unconstitutional--except for that Gulf of Tonkin ******* resolution. Vietnam: a cost-plus eugenics project, if ever there was one, although responsive, of course, to the needs of the Military-Industrial Complex.  ******* Ike: he warned us against Fascism in America. As usual, we ignored the man in charge.

Eugenics? Why didn’t the government just put all the retards on the stand, as John Frankenheimer did in Judgment at Nuremberg, a crafty Maximilian Schell humiliating a feeble-minded Montgomery Clift?  Why not, make everyone face a public tribunal, forcing all of us to testify in court, exposing our many substandard and borderline substandard cerebral deficits?  Why not force everyone to demonstrate just how ******* dumb we are, using some clever intelligence test, something l
tangshunzi Jun 2014
<p><p> Sorpresa.ci sposiamo !è il segno che ha salutato la famiglia e gli amici sono arrivati ​​a casa di questa coppia e quello che seguì è stata una bella festa intima catturato da diana marie photography .E ' un affare di famiglia .con la più bella sala di setup cortile sotto le stelle e una vera celebrazione dell'amore accoppiato fino al più semplice dei dettagli .Vedere molto di più qui .<p>Condividi questa splendida galleria ColorsSeasonsFallSettingsHomeStylesAl Fresco <p> Da Sposa.Mike e io ci siamo incontrati estremamente breve tramite un amico in un college .Si era laureato stesso programma che stavo prendendo attualmente e probabilmente abbiamo detto due parole tra loro .Anni dopo .** solo così capitato di stage presso la stessa agenzia di pubblicità ha lavorato per ( in una città completamente diversa ) - si potrebbe dire che era destino .La prima volta  <a href="http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-corti-c-49"><b>abiti da sposa corti</b></a>  che abbiamo appeso fuori .Mike mi ha portato fuori per un drink e un film per il mio compleanno e dopo siamo andati per un caffè e parlato .Abbiamo parlato così a lungo che la caffetteria chiuso e siamo stati costretti a lasciare .Non sentirsi come se la notte era finita .abbiamo fatto il nostro modo al negozio di alimentari 24 ore e vagato per i corridoi .comprato a caso alcune stelle filanti e sono arrivato al parcheggio dove li abbiamo bruciati giù uno per uno .prima che finalmente dire buonanotte .Abbiamo iniziato a uscire come amici .ma nel tempo capito che siamo stati insieme più che eravamo a pezzi e sono stati da allora .Col senno di poi .quella prima notte prefigurava il nostro rapporto a venire.come siamo raramente a parte e non abbiamo mai a corto di cose da discutere .argomentare .o parlare - e non avremmo alcun altro modo .<p> ispirazione dietro il giorno : Volevamo fare qualcosa di elegante e un po ' vintage.che era abbastanza e speciale ( al di là di una normale cena ) .ma confortevole e informale .Abbiamo voluto la nostra famiglia per godersi veramente il giorno .nessun dramma .nessuno sforzo .solo una celebrazione delle nostre famiglie provenienti insieme .Abbiamo trascorso gli ultimi <b>abiti da sposa corti</b>  due anni della nostra vita progettando e costruendo la nostra casa .quindi era naturale che ci sposiamo lì .E ' un ricordo che sarà sempre vivo in queste mura .<p> ricordi più belli della giornata : Oltre a sposare il mio migliore amico .questa domanda è difficile.La sorpresa è stata ovviamente un punto forte .anche se i nervi e l'emozione rendono la memoria leggermente sfocata .Tuttavia guardando i miei due nipoti da parte di Mike .guida la mia nipote più giovane (sul mio lato ) lungo la navata.per me.davvero simboleggiato le nostre famiglie a venire insieme e mi ha riempito di gioia .Filanti tarda notte con le ragazze .era anche qualcosa che non dimenticherò mai .<p> scelte musicali: la cerimonia e il nostro primo ballo erano Jill Barber una delle nostre preferite .Avevamo una lista di brani molto misto per il resto della giornata .soprattutto bossonova a cena e canti celebrativi felici durante il ricevimento cocktail .Consigli <p> per le spose pianificare ora : devo ammettere che era bello avere tutto sotto il mio controllo .come nessuno sapeva che cosa stavamo facendo e quindi non poteva offrire le loro opinioni .ma allo stesso tempo abbiamo perso su un lottodella 'tradizione' di un servizio tipico .Il mio consiglio sarebbe semplicemente essere consapevoli della vostra famiglia e gli amici che sono stati lasciati fuori dal processo e cercare di trovare modi per ridurre al minimo i loro sentimenti feriti .Questo per me .significava che costituiscono apposite scatole regalo e mazzi di fiori per i miei nipoti che hanno sempre parlato di essere una parte del nostro matrimonio e l'utilizzo di alcuni cimeli di famiglia tutto l'arredamento ( Nana di anello e la scatola di sigari del nonno .ecc) per assicurarsi che la mia mamma sapevaquel grande sentimento è andato nella  <p><a href="http://www.belloabito.com/goods.php?id=336" target="blank"><img width="240" height="320" src="http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/1/260935353535393757.jpeg"></a></p>  pianificazione - sono le piccole cose che contano <p> Fotografia : diana marie photography | Videographer : Matt Dorman | Fiorista : Fleurish design Studio | Makeup Artist : Rebecca Marie | Sposi Suit : Hugo Boss | cravatte : Mirtilla .Minnie | abito della sposa (su misura) : Lisa Van  <a href="http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-c-1"><b>abiti da sposa on line</b></a>  Hattem | Sedie : Affitto Partito Pat | vacanze : Affitto Eventi Speciali | vacanze : Il mio evento chiave | Wedding Cake \u0026 Catering : generale</p>
Un matrimonio a sorpresa Backyard alla sposa e dello sposo casa!_vestiti da sposa
tangshunzi Aug 2014
Se c'è una cosa che dovete sapere su di me .è che io sono ossessionato con la caramella .Zuccherino.fruttato .cioccolatoso caramelle.il termine " golosi " e mi vanno di pari passo .Quindi questo capolavoro candy- ispirato di un matrimonio catturato da Ozzy Garcia Fotografia ?Beh.mi ha colpito con il suo bouquet caramelle ( SI ) .fiori rosa -riempita da Ocean Fiori e un infinito visualizzazione dolci.Clicca qui per tutti i dettagli squisiti .E ' al di là abbastanza .

Condividi questa splendida galleria ColorsSeasonsSpringSettingsOutdoorStylesTraditional Eleganza

Da Sposa.Yoav e ** iniziato .scegliendo un luogo che potesse ospitare il nostro matrimonio all'aperto .l'aria calda Miami .una tregua benvenuto da inverni ventoso di Chicago e



Amsterdam e un minimo cambiamento climatico per i nostri 30 membri della vestiti da sposa famiglia che hanno fatto il viaggio dalla lontanaIsraele.La nostra visione per la sera era comfort casual con un lato di zucchero e un paio di sorprese lungo la strada.Jessica Masi di JCG eventi assicurato che questa visione è venuto a vita e Ozzy Garcia .di Ozzy Garcia Fotografia .artisticamente catturato questa visione e immortalato esso .
Avevamo fratello Yoavs officiare una parte della cerimonia .perché abbiamo ritenuto che quando si trattava di integrare i dati personali .chi poteva raccontare la nostra storia meglio di qualcuno che è stato lì fin dall'inizio ?Abbiamo voluto questo per impostare il precedente e il tono per il matrimonio a tutti i presenti .testimoniando il primo giorno della nostra vita in coppia .sono stati tutti .personaggi integrali amare nella nostra storia .

amore è dolce .il mio amore per la caramella è ancora più dolce .e ** sempre saputo che volevo il mio bouquet di essere fatto di caramelle .Alcune persone si asciugano i loro mazzi di fiori .alcune persone li salvano .avevo intenzione di mangiare la mia.Grazie alla Donut Divas .** avuto un ottimo spuntino a tarda notte sulla mia prima notte di nozze !Alcuni dei miei dolci preferiti di zucchero .marshmallow e M \u0026 Ms .sono stati abilmente collocato in un cono di cialda gigante.Il vantaggio di avere un matrimonio in giro per le vacanze di Pasqua è che anche l'erba nel bouquet era commestibile .

Oltre alla mia dipendenza da zucchero .credo davvero che ci sono pochi prodotti alimentari in questo mondo che può farmi felice come una torta di compleanno Publix negozio di alimentari .Al fine di condividere il mio amore per questa confezione con gli altri.dolci display ci ha fatto diversi stand torta di legno colorati .a cui Ocean Fiori aggiunto qualche scintilla .e abbiamo avuto diversi gusti di 8 pollici torte Publix poste sulle tavole di accoglienza .Il piano era quello di rimuovere le torte dopo cena e li hanno tagliati per dessert .ma i nostri ospiti seduti a questi tavoli è diventato così possessivo nei dolci sul loro tavolo che non avrebbe permesso a nessuno di toccarli .I nostri ospiti scavate con le loro forchette .senza nemmeno togliere dalla torta stare !

Oltre a tutti gli elementi fugaci di zucchero che è andato in nostro giorno speciale - le carte escort .il bouquet .i pop anello caramelle .lecca-lecca ragazza di fiore.il candy bar .le torte Publix - Penso che uno dei nostri ricordi preferiti dail giorno è venuto da Erin Una Chainani .** letto di Erin online circa due anni fa dopo googling Miami ritrattista .** chiamato Erin e le ** chiesto se lei sarebbe così incline a frequentare il nostro matrimonio e dipingere una scena.Non solo era pronto.ma ha dipinto due scene di boot!Ha catturato uno della cerimonia e uno del nostro primo ballo in coppia .

Quando il mio nuovo marito ed io stavamo confrontando le note dopo il matrimonio .entrambi abbiamo notato abiti da sposa corti che molte persone ci hanno offerto questo consiglio .amare ogni secondo di questa giornata perché va così veloce .E mentre il giorno ha fatto andare in fretta .non abbiamo mai avuto l'impressione che abbiamo perso tutte le occasioni per tutto dentro E grazie a Erin e Ozzy .abbiamo ricordi che ci ricordano del giorno del nostro matrimonio per sempre .Fotografia

: Ozzy Garcia Fotografia | Floral Design : Mare Flowers | Abito da vestiti da sposa sposa: Pronovias | Wedding Cake: Temptations eleganti | Scarpe : Mojo Moxy | capelli: Tanya Maquez | Abbigliamento dello sposo : Completo di supporto | Cake Stands : Sweet Visualizza | Cake Topper: Questo è il mio Topper | Torte (piccolo ) : Publix Bakery | Candy Profumo: Donut Divas | Cigar Roller : Acope Cigars | Dress Sash : Blue Bird Studio | Orecchini : Matrimoni 826 | Pianificazione + Design : GCP Eventi LLC | Flower Girl Dresses :pretty Flower Girl | Scarpe Flower Girl : Toms | Trucco : Rachel Blair Shapiro | Ritratto Artista : Erin Una Chainani | Wedding Venue : The Palms hotel \u0026
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http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-corti-c-49
http://188.138.88.219/imagesld/td//t35/productthumb/2/2314635353535_397744.jpg
Miami matrimonio al Palms di Ozzy Garcia Fotografia_abiti da sposa 2014
Chapter Two

“I think of art, at its most significant, as a DEW line, a Distant Early Warning System that can always be relied on to tell the old culture what is beginning to happen to it.”                Marshall McLuhan  
  
I attended Bucknell University in Lewisburg, Pennsylvania because my father was incarcerated at the prison located in the same town.  My tuition subsidized to a large extent by G.I. Bill, still a significant means of financing an education for generations of emotionally wasted war veterans. “The United States Penitentiary (USP Lewisburg)” is a high-security federal prison for male inmates. An adjacent satellite prison camp houses minimum-security male offenders. My father was strictly high-security, convicted of various crimes against humanity, unindicted for sundry others. My father liked having me close by, someone on the outside he trusted, who also happened to be on his approved Visitor List. As instructed, I became his conduit for substances both illicit, like drugs, and the purely contraband, a variety of Italian cheeses, salamis, prepared baked casseroles of eggplant parmesan, cannoli, Baci chocolate from Perugia, in Tuscany, south of Florence, and numerous bottles of Italian wine, pungent aperitifs, Grappa, digestive stimulants and sweet liquors. I remained the good son until the day he died, the source of most of the mess I got myself into later on, and specifically the main caper at the heart of this story.

I must confess: my father scared the **** out of me.  Particularly during those years when he was not in jail, those years he spent at home, years coinciding roughly with my early adolescence.  These were my molding clay years, what the amateur psychologists write off with the term: “impressionable years hypothesis.” In his own twisted, grease-ball theory of child rearing, my father may have been applying the “guinea padrone hypothesis,” in his mind, nothing more certain would toughen me up for whatever he and/or Life had planned for me. Actually, his aspirations for me-given my peculiar pedigree--were non-existent as far as the family business went. He knew I’d never be either a Don or a Capo di Tutti Capi, or an Underboss or Sotto Capo.)  A Caporegime—mid-management to be sure, with as many as ten crews of soldiers reporting to him-- was also, for me, out of the question. Dad was a soldier in and of the Lucchese Family, strictly a blue-collar, knock-around kind of guy. But even soldier status—which would have meant no rise in Mafioso caste for him—was completely out of the question, never going to happen for me.

A little background: the Lucchese Family originated in the early 1920s with Gaetano “Tommy” Reina, born in 1889 in Corleone, Sicily. You know the town and its environs well. Fran Coppola did an above average job cinematizing the place in his Godfather films.  Coppola: I am a strict critic when it comes to my goombah, would-be French New Wave auteur Francis Ford Coppola.  Ever since “One From the Heart, 1982”--one of the biggest Hollywood box office flops & financial disasters of all time--he’s been a bit thin-skinned when it comes to criticism.  So, I like to zing him when I can. Actually, “One From the Heart” is worth seeing again, not just for Tom Waits soundtrack--the film’s one Academy Award nomination—but also Natasha Kinski’s ***: always Oscar-worthy in my book. My book? Interesting expression, and factually correct for once, given what you are reading right now.

Tommy Reina was the first Lucchese Capo di Tutti Capi, the first Boss of All the Bosses. By the 1930s the Luccheses pretty much controlled all criminal activity in the Bronx and East Harlem. And Reina begat Pinzolo who begat Gagliano who begat Tommy Three Finger Brown Lucchese (who I once believed, moonlighted as a knuckle ball relief pitcher for Yankees.)
Three Finger Brown gave the Lucchese Family its name. And Tommy begat Carmine Tramunti, who begat Anthony Tony Ducks Corallo. From there the succession gets a bit crazy. Tony Ducks, convicted of Rico charges, goes to prison, sentenced to life.  From behind bars he presides through a pair of candidates most deserving the title of boss: enter Vittorio Little Vic Amuso and Anthony Gaspipe Casso.  Although Little Vic becomes Boss after being nominated by Casso, it is Gaspipe really calling the shots, at least until he joins Little Vic behind bars.
Amuso-Casso begat Louis Louie Bagels Daidone, who begat the current official boss, Stephen Wonderboy Crea.  According to legend, Boss Crea got his nickname from Bernard Malamud’s The Natural, a certain part of his prodigious anatomy resembling the baseball bat hand-carved by Roy Hobbs. To me this sounds a bit too literary, given the family’s SRI Lexile/Reading Performance Scores, but who am I to mock my peoples’ lack of liberal arts education?

Begat begat Begato. (I goof on you, kind reader. Always liked the name Begato in the context of Bible-flavored genealogy. Mille grazie, King James.)

Lewisburg Penitentiary has many distinguished alumni: Whitey Bulger (1963-1965), Jimmy Hoffa (1967-1971) and John Gotti (1969-1972), for example.  And fictionally, you can add Paulie Cicero played by Paul Scorvino in Martin Scorsese’s Goodfellas, not to be confused with Paulie Walnuts Gualtieri played by Tony Sirico from the HBO TV series The Sopranos. Nor, do I refer to Paulie Gatto, the punk who ratted out Sonny Corleone in Coppola’s The Godfather, you know: “You won’t see Paulie no more,” according to fat Clemenza, played by the late Richard “Leave the gun, take my career” Castellano, who insisted to the end that he wasn’t bitter about his underwhelming post-Godfather film career. I know this for a fact from one of my cousins in the Gambino Family. I also know that the one thing the actor Castellano would never comment on was a rumor that he had connections to organized crime, specifically that he was a nephew to Paulie Castellano, the Gambino crime family boss who was assassinated in 1985, outside Midtown New York’s Sparks Steak House, an abrupt corporate takeover commissioned by John Teflon Don Gotti. But I’m really starting to digress here, although I am reminded of another interesting historical personage, namely Joseph Crazy Joe Gallo, who was also terminated “with extreme prejudice” while eating dinner at a restaurant.  Confused? And finally--not to be confused with Paul Muldoon, poetry gatekeeper at The New Yorker magazine, that Irish **** scumbag who consistently rejects publication of my work. About two years ago I started including the following comment in my on-line Contact Us, poetry submission:  “Hey Paulie, Eat a Bag of ****!”

This may come as a surprise, Gentle Reader, but I am a poet, not a Wise Guy.  For reasons to be explained, I never had access to the family business. I am also handicapped by the Liberal Arts education I received, infected by a deluge, a veritable Katrina ****** of classic literature.  That stuff in books rubs off after awhile, and I suppose it was inevitable. I couldn’t help evolving for the most part into a warm-blooded creature, unlike the reptiles and frogs I grew up with.

Again, I am a poet not a wise guy. And, first and foremost, I am a human being. Cold-blooded, I am not. I generate my own heat, which is the best definition I know for how a poet operates. But what the hell do I know? Paulie “Eat a Bag of ****” Muldoon doesn’t think much of my work. And he’s the ******* troll guarding the New Yorker’s poetry gate. Nevertheless, I’m a Poet, not a Wise Guy.  I repeat myself, I know, but it is important to establish this point right from the start of this narrative, because, if you don’t get that you’re never going to get my story.

Maybe the best way to explain my predicament—And I mean PREDICAMENT in the sense of George Santayana: "Life is not a spectacle or a feast; it is a predicament." (www.brainyquote.com), not to be confused with George’s son Carlos, the Mexican-American rock star: Oye Como Va, Babaloo!

www.youtube.com/watch?v...YouTube Dec 20, 2011 - Uploaded by a106kirk1, The Best of Santana. This song is owned by Santana and Columbia Records.

Maybe the best way for me to explain my predicament is with a poem, one of my early works, unpublished, of course, by Paulie “Eat a Bag of ****” Muldoon:

“CRAZY JOE REVISITED”  
        
by Benjamin Disraeli Sekaquaptewa-Buonaiuto

We WOPs respect criminality,
Particularly when it’s organized,
Which explains why any of us
Concerned with the purity of our bloodline
Have such a difficult time
Navigating the river of respectability.

To wit: JOEY GALLO.
WEB-BIO: (According to Bob Dylan)
“Born in Red Hook, Brooklyn in the year of who knows when,
Opened up his eyes to the tune of accordion.

“Joey” Lyrics/Send "Joey" Ringtone to your Cell
Joseph Gallo, AKA: "Joey the Blond."
He was a celebrated New York City gangster,
A made member of the Profaci crime family,
Later known as the Colombo crime family,

That’s right, CRAZY JOE!
One time toward the end of a 10-year stretch,
At three different state prisons,
Including Attica Correctional Facility in Attica, New York,
Joey was interviewed in his prison cell
By a famous NY Daily News reporter named Joe McGinnis.
The first thing the reporter sees?
One complete wall of the cell is lined with books, a
Green leather bound wall of Harvard Classics.
After a few hours mainly listening to Joey
Wax eloquently about his life,
A narrative spiced up with elegant summaries,
Of classic Greek theory, Roman history,
Nietzsche and other 19th Century German philosophers,
McGinnis is completely blown away by Inmate Gallo,
Both Joey’s erudition and the power of his intellect,
The reporter asks a question right outta
The Discrete Charm of the Bourgeoisie:
“Mr. Gallo, I must say,
The power of your erudition and intellect
Is simply overwhelming.
You are a brilliant man.
You could have been anything,
Your heart or ambition desired:
A doctor, a lawyer, an architect . . .
Yet you became a criminal. Why?”

Joey Gallo: (turning his head sideways like Peter Falk or Vincent Donofrio, with a look on his face like Go Back to Nebraska, You ******* Momo!)

“Understand something, Sonny:
Those kids who grew up to be,
Doctors and lawyers and architects . . .

They couldn’t make it on the street.”

Gallo later initiated one of the bloodiest mob conflicts,
Since the 1931 Castellammare War,
And was murdered as a result of it,
While quietly enjoying,
A plate of linguini with clam sauce,
At a table--normally a serene table--
At Umberto’s Clam House.

Italian Restaurant Little Italy - Umberto's Clam House (www.umbertosclamhouse.com)
In Little Italy New York City 132 Mulberry Street, New York City | 212-431-7545.

Whose current manager --in response to all restaurant critics--
Has this to say:
“They keep coming back, don’t they?
The joint is a holy shrine, for chrissakes!
I never claimed it was the food or the service.
Gimme a ******* break, you momo!
I should ask my paisan, Joe Pesci
To put your ******* head in a vise.”

(Again, Martin Scorsese getting it exactly right, This time in  . . . Casino (1995) - IMDb www.imdb.com/title/tt0112641/Internet Movie Database Rating: 8.2/10 - ‎241,478 votes Directed by Martin Scorsese. With Robert De Niro, Sharon Stone, Joe Pesci, James Woods. Greed, deception, money, power, and ****** occur between two  . . . Full Cast & Crew - ‎Trivia - ‎Awards - ‎(1995) - IMDb)

Given my lifelong, serious exposure to and interest in German philosophy, I subscribe to the same weltanschauung--pronounced: veltˌänˌSHouəNG—that governed Joey Gallo’s behavior.  My point and Mr. Gallo’s are exactly the same:  a man’s ability to make it on the street is the true measure of his worth.  This ethos was a prominent one in the Bronx where and when I grew up, where I came of age during the 1950s and 60s.  Italian organized crime was always an option, actually one of the preferred options--like playing for the Yankees or being a movie star—until, that is, reality set in.  And reality came in many forms. For 100% Italian kids it came in a moment of crystal adolescent clarity and self-evaluation:  Am I tough enough to make it on the street?  Am I ever going to be tough enough to make it on the street? Will I be eaten alive by more cunning, more violent predators on the street?

For me, the setting in of reality took an entirely different form.  I knew I had what it takes, i.e., the requisite ferocity for street life. I had it in spades, as they say. In fact, I’d been blessed with the gift of hyper-volatility—traced back to my great-grandfather, Pietro of the village of Moschiano, in the province of Avellino, in the region of Campania, Italia Sud. Having visited Moschiano in my early 20s and again in my late 50s, I know the place well. The village square sits “down in the holler,” like in West Virginia; the Apennine terrain, like the Appalachians, rugged and thick. Rugged and thick like the people, at least in part my people. And volatile, I am, gifted with a primitive disposition when it comes to what our good friend Abraham Maslow would call lower order needs. And please, don’t ask me to explain myself now; just keep reading, *******.  All your questions will be answered.

Great Grandfather Pietro once, at point blank range, blew a man’s head off with a lumpara, or sawed-off shotgun. It was during an argument over—get this--a penny’s worth of pumpkin seeds--one of many stories I never learned in childhood. He served 10 years in a Neapolitan penitentiary before being paroled and forced to immigrate to America.  The government of the relatively new nation--The Kingdom of Italy (1861)--came up with a unique eugenic solution for the hunger and misery down south, south of Rome, the long shin bone, ankle, foot, toes & kickball that are the remote regions of the Mezzogiorno, Southern Italy: Campania, Basilicata, Calabria, Puglia & Sicilia. Northern politicians asked themselves: how do we flush these skeevy southerners, these crooks and assassins down South, how do we flush the skifosos down the toilet—the flush toilet, a Roman invention, I report proudly and accept the gratitude on behalf of my people. Immigration to America: Fidel Castro did the same thing in the 1980s, hosing out his jails and mental hospitals with that Marielista boatlift/Emma Lazarus Remix: “Give us your tired and poor, your lunatics, thieves and murderers.” But I digress. I’ll give you my entire take on the history of Italy including Berlusconi and the “Bunga Bunga” parties with 14-year old Moroccan pole dancers . . . go ahead, skip ahead.

Yes, genetically speaking, I was sufficiently ferocious to make it on the street, and it took very little spark to light my fuse. Moreover, I’ve always been good at figuring out the angles--call it street smarts--also learned early in life. Likewise, for knowing the territory: The Bronx was my habitat. I was rapacious and predacious by nature, and if there was a loose buck out there, and legs to be broken, I knew where to go.
Yet, alas, despite all my natural talents & acquired skills, I remained persona-non-grata for the Lucchese Family. To my great misfortune, I fell into a category of human being largely shunned by Italian organized crime: Mestizo-Italiano, a diluted form of full strength 100% Italian blood. It’s one of those voodoo blood-brotherhood things practiced by Southern European, Mediterranean tribal people, only in part my people.  Growing up, my predicament was always tricky, always somewhat bizarre. Simply put: I was of a totally different tribe. Blame my exotic mother, a genuine Hopi Corn Maiden from Shungopavi, high up on Second Mesa of the Hopi Reservation, way out in northern Arizona. And if this is not sufficiently, ******* nuts enough for you, add to the child-rearing minestrone that she raised me Jewish in The Bronx.  I **** you not. I took my Bar Mitzvah Hebrew instruction from the infamous Rabbi Meir Kahane, that’s right, Meir “Crazy Rebbe” Kahane himself--pronounced kɑː'hɑːna--if you grok the phonetics.

In light of the previously addressed “impressionable years hypothesis,” I wrote a poem about my early years. It follows in the next chapter. It is an epic tale, a biographical magnum opus, a veritable creation myth, conceived one night several years ago while squatting in a sweat lodge, tripping on peyote. I
Diego Scarca Jan 2010
*****, io vorrei
che tu, mio padre ed io
ci potessimo rivedere
e dimenticassimo per mezz'ora
la città che ci ignora,
la città che ci separa.

*****, tu non sai come io vorrei
che per un momento
si potesse stare insieme
ad ascoltare il vento
che scuote le foglie
del frutteto di mio padre
sotto il cielo che stanotte
è una lastra di vetro.

Seduti intorno a un fuoco
o sotto un pergolato di rami
a guardarci negli occhi
come se con gli occhi
noi potessimo parlare,
mentre lontani si odono
i rintocchi di una campana
e si perde nella notte
l'abbaiare dei cani.
*****, la nostra vita è disumana.

*****, tu non sai
che cosa non darei
perché per un momento
si potesse stare insieme
ad osservare le stelle
del firmamento
che brillano stanotte
come se brillassero
per la prima volta.

Io vorrei, *****,
che la nostra vita fosse
ad una svolta,
che si mettessero da parte
i dubbi, i sospetti,
e che insieme ci mettessimo
a rileggere, perché no,
i sonetti del Petrarca
e a declamarli ad alta voce
lungo un viale di pioppi,
sotto la luna che ci rischiara,
come se nel mondo
noi non fossimo sconfitti,
come se non ci dessero per morti,
come se i nostri versi nella notte
risuonassero più forti
perché li abbiam riscritti.

Come se tu, mio padre ed io,
*****, noi non fossimo
dei derelitti.
Diego Scarca, Architetture del vuoto, Torino, Edizioni Angolo Manzoni, 2007

— The End —