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Diego Scarca Mar 2010
Quando la sera scende
sulle nostre spalle come un manto
che non avremmo voluto portare,
non chiedermi di cercarti,
non chiedermi d'amare.

Quando la sera ci inietta nelle vene
la droga che ci fa tremare,
come una carezza perduta,
l'amore che avremmo dovuto amare,
lasciami vagabondare
per le vie in salita,
lasciami sbattere la testa
contro un muro,
lasciami insicuro, ubriaco,
contento di sbagliare.

Quando la sera scende
sulle nostre spalle in un minuto
nel quale non ci saremmo voluti tuffare,
non chiedermi di tornare.
Lascia che come volute di fumo,
come esalazioni nerastre,
le tenebre mi avviluppino
e mi s'offuschi la vista.

Che come un cane fiuti
la mia pista e con la morte
giochi a scacchi la mia partita.
Che un tossicomane m'abbagli,
che una prostituta o un pederasta
m'accostino, che una donna
che credevo morta
mi chieda aiuto dall'oltretomba,
da un'altra vita.

Quando la sera scende sui nostri sbagli
come dita che sentiamo chiudersi
in una stretta, come il viaggio
che non avremmo voluto fare,
come le cose a cui abbiam dovuto
rinunciare troppo in fretta,
come tutte le altre sere,
come ogni sera,
la stessa fitta, la stessa febbre,
un'euforia smarrita...

Quando la sera come un manto
scende sulla nostra vita,
lascia che questo manto
io non lo sopporti,
lascia che cerchi
di scrollarmelo di dosso,
lascia che a più non posso
io mi metta a gridare.
Diego Scarca, Architetture del vuoto, Torino, Edizioni Angolo Manzoni, 2007
Superstiti, salvi, scampati
poi magari disperati sbattere per terra
i vestiti vecchi della delusione
e piangere e chiedere giustizia
Ma una morte anche lontana
segna sempre un po' la vostra faccia
sgomenta l'indifferenza
chiusi dentro le macchine, assediati
nelle città, nelle case
obbedienti agli schermi parlanti
tutti una volta pensate
che possa essere lo stesso destino
che siamo la stessa razza di animali
che conta gli anni in milioni
che sta impaurita in mezzo al cielo
e ascolta ogni ala che batte
e i grilli che vegliano i morti.
Superstiti, salvi, scampati
poi magari disperati sbattere per terra
i vestiti vecchi della delusione
e piangere e chiedere giustizia
Ma una morte anche lontana
segna sempre un po' la vostra faccia
sgomenta l'indifferenza
chiusi dentro le macchine, assediati
nelle città, nelle case
obbedienti agli schermi parlanti
tutti una volta pensate
che possa essere lo stesso destino
che siamo la stessa razza di animali
che conta gli anni in milioni
che sta impaurita in mezzo al cielo
e ascolta ogni ala che batte
e i grilli che vegliano i morti.
Superstiti, salvi, scampati
poi magari disperati sbattere per terra
i vestiti vecchi della delusione
e piangere e chiedere giustizia
Ma una morte anche lontana
segna sempre un po' la vostra faccia
sgomenta l'indifferenza
chiusi dentro le macchine, assediati
nelle città, nelle case
obbedienti agli schermi parlanti
tutti una volta pensate
che possa essere lo stesso destino
che siamo la stessa razza di animali
che conta gli anni in milioni
che sta impaurita in mezzo al cielo
e ascolta ogni ala che batte
e i grilli che vegliano i morti.

— The End —