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Lin Cava Oct 2010
The city falls away, gray, as I rise,
my ladies cozy in the glass lift – to seven.

Ten to four. Spot on. No need to worry.
You’d think it were High Tea – be late; no break.

Between five and six, the blasted thing stops!
Me, stuck in a fog, with the Barrister’s waiting.

Before they moved in, taking up all of seven,
I stayed in the mezz., tipping my ladies to the cups.

The lift jolts, jostling the ladies, rattling their tops.
I move out; cups, cakes and savories in rows, like ducks.

“English Breakfast, Darjeeling, Earle Gray”, I say,
wishing the solicitors away, in court today.

A pinched-face woman, aghast at her clocks, rushes in.

I made inquiries today; for the lease of a storefront next door.

Lin Cava ©
Creative Commons Copywrite
Diego Scarca Jan 2010
*****, io vorrei
che tu, mio padre ed io
ci potessimo rivedere
e dimenticassimo per mezz'ora
la città che ci ignora,
la città che ci separa.

*****, tu non sai come io vorrei
che per un momento
si potesse stare insieme
ad ascoltare il vento
che scuote le foglie
del frutteto di mio padre
sotto il cielo che stanotte
è una lastra di vetro.

Seduti intorno a un fuoco
o sotto un pergolato di rami
a guardarci negli occhi
come se con gli occhi
noi potessimo parlare,
mentre lontani si odono
i rintocchi di una campana
e si perde nella notte
l'abbaiare dei cani.
*****, la nostra vita è disumana.

*****, tu non sai
che cosa non darei
perché per un momento
si potesse stare insieme
ad osservare le stelle
del firmamento
che brillano stanotte
come se brillassero
per la prima volta.

Io vorrei, *****,
che la nostra vita fosse
ad una svolta,
che si mettessero da parte
i dubbi, i sospetti,
e che insieme ci mettessimo
a rileggere, perché no,
i sonetti del Petrarca
e a declamarli ad alta voce
lungo un viale di pioppi,
sotto la luna che ci rischiara,
come se nel mondo
noi non fossimo sconfitti,
come se non ci dessero per morti,
come se i nostri versi nella notte
risuonassero più forti
perché li abbiam riscritti.

Come se tu, mio padre ed io,
*****, noi non fossimo
dei derelitti.
Diego Scarca, Architetture del vuoto, Torino, Edizioni Angolo Manzoni, 2007
Adam Breen Dec 2015
for Kate and Nicola and Wayne and Paul and Cameron and Skye and Kylie and Nathan and Cameron and the weird guy next door.  


Here’s to you, my crazy friends
You ******-up misfits too cool for my school
But you liked me anyway, you let me
read you my book of poems
You played Bone Machine while I was tripping
We walked through the suburbs looking for fairies,
We slept with each other despite my huge crush on you
You liked me anyway.

You taught me to smoke ****
To stop hating on op shop clothes while
I wore Country Road and cashmere vests.
We watched the sun come up, smelling of sweat
and drugs and DJs’ last hurrahs and dark old
warehouses, kerosene fire batons and your menthol
cigarettes.

I gave you Siddhartha and Guildenstern and Rosencrantz,
though it wasn’t the first time.
I loved it all: the guitars, the punk chords, the dodgy old houses
in run down parts of West End,
the random houses, the secret nights smoking your
Champion Ruby in my old *** pipe because we’d
run out of **** and Henry Miller wouldn’t settle for just plain *****.

Bohemian Cafés and curries,
girlfriends turned turncoat then lesbians,
your secret *** parties that I never found out about ‘till years later
your Mezz Mezzrow typewriter and bright candles of novel beginnings
that never saw the light of day.  Her sweet little hips showing a little too
clearly with the the shining light from inside as it lit her silhouette on
your balcony. I miss you guys, with your madness your friendships and
deep inner hipness that wasn’t in me.

So it’s years later now, we’re old and I ain’t seen you in years.
Wayne showed up in a café one day with CDs of his latest, still cool
I was studying Mandarin, and I wanted to reconnect
He gave me his number but I didn’t call him, I can’t explain why.
You showed up one day, “weren’t you going to come and say hello?”
I was but I still don’t know how.
La fatica è sedersi senza farsi notare.
Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
e ritorna la voglia di pensarci da solo.
Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
(l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.

Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
Può sbucare una donna e distendersi in strada,
bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
come un tempo una donna gemeva con lui.
Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
e la vita non è che un ronzio di silenzio.

A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.
La fatica è sedersi senza farsi notare.
Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
e ritorna la voglia di pensarci da solo.
Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
(l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.

Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
Può sbucare una donna e distendersi in strada,
bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
come un tempo una donna gemeva con lui.
Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
e la vita non è che un ronzio di silenzio.

A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.
La fatica è sedersi senza farsi notare.
Tutto il resto poi viene da sé. Tre sorsate
e ritorna la voglia di pensarci da solo.
Si spalanca uno sfondo di lontani ronzii,
ogni cosa si sperde, e diventa un miracolo
esser nato e guardare il bicchiere. Il lavoro
(l'uomo solo non può non pensare al lavoro)
ridiventa l'antico destino che è bello soffrire
per poterci pensare. Poi gli occhi si fissano
a mezz'aria, dolenti, come fossero ciechi.

Se quest'uomo si rialza e va a casa a dormire,
pare un cieco che ha perso la strada. Chiunque
può sbucare da un angolo e pestarlo di colpi.
Può sbucare una donna e distendersi in strada,
bella e giovane, sotto un altr'uomo, gemendo
come un tempo una donna gemeva con lui.
Ma quest'uomo non vede. Va a casa a dormire
e la vita non è che un ronzio di silenzio.

A spogliarlo, quest'uomo, si trovano membra sfinite
e del pelo brutale, qua e là. Chi direbbe
che in quest'uomo trascorrono tiepide vene
dove un tempo la vita bruciava? Nessuno
crederebbe che un tempo una donna abbia fatto carezze
su quel corpo e baciato quel corpo, che trema,
e bagnato di lacrime, adesso che l'uomo
giunto a casa a dormire, non riesce, ma geme.

— The End —