Submit your work, meet writers and drop the ads. Become a member
This woman speaks in tongues
Foreign languages roll from her mouth
Like summer fog ladled over the rim
Of Candlestick Park
In the not-so-distant
Far far away of long long ago

This woman speaks in rotund sentences
Effulgent with vocabulary
That shimmers with the electrified joy
Of lights over Ghirardelli Square
In the not-so-darkness
Of the clammy and cabalistic night

This woman speaks with her hands
Impresciable, implacable, and inconsolable
As she tries to mold untranslatable words
From air that is as thin
As the promises she’d preferred
And purchased with the shards of her heart

This woman speaks in lyrics
Arpeggios of adjectives and alliteration
That tumble acrobatically with the intricacy
And grace
Of a hummingbird in spring
On the kiss of a blossom
Rich and fragrant and giving as
This woman speaking in tongues
Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso
un po' lontano
il gesto lento della mano
con cui mi accarezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
sei un po' matto
e a letto svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l'odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po' balsé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
me l'hai già detto
e a letto sveglia
sentendo il tuo respiro
un po' affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l'odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po' demodé
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
E a letto stare sveglia
e sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che é esplosa
finalmente, in cucina!
La pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profumo
di scimpanzé
quell'orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te.
Domenica! Il dì che a mattina
sorride e sospira al tramonto!...
Che ha quella teglia in cucina?
Che brontola brontola brontola...
È fuori un frastuono di giuoco,
per casa è un sentore di spigo...
Che ha quella pentola al fuoco?
Che sfrigola sfrigola sfrigola...
E già la massaia ritorna
da messa;
così come trovasi adorna,
s'appressa:
la brage qua copre, là desta,
passando, frr, come in un volo,
spargendo un odore di festa,
di nuovo, di tela e giaggiolo.
La macchina è in punto; l'agnello
nel lungo schidione è già pronto;
la teglia è sul chiuso fornello,
che brontola brontola brontola...
Ed ecco la macchina parte
da sé, col suo trepido intrigo:
la pentola nera è da parte,
che sfrigola sfrigola sfrigola...

Ed ecco che scende, che sale,
che frulla,
che va con un dondolo eguale
di culla.
La legna scoppietta; ed un fioco
fragore all'orecchio risuona
di qualche invitato, che un poco
s'è fermo su l'uscio, e ragiona.
È l'ora, in cucina, che troppi
due sono, ed un solo non basta:
si cuoce, tra murmuri e scoppi,
la bionda matassa di pasta.
Qua, nella cucina, lo svolo
di piccole grida d'impero;
là, in sala, il ronzare, ormai solo,
d'un ospite molto ciarliero.
Avanti i suoi ciocchi, senz'ira
né pena,
la docile macchina gira
serena,
qual docile servo, una volta
ch'ha inteso, né altro bisogna:
lavora nel mentre che ascolta,
lavora nel mentre che sogna.
Va sempre, s'affretta, ch'è l'ora,
con una vertigine molle:
con qualche suo fremito incuora
la pentola grande che bolle.
È l'ora: s'affretta, né tace,
ché sgrida, rimprovera, accusa,
col suo ticchettìo pertinace,
la teglia che brontola chiusa.
Campana lontana si sente
sonare.
Un'altra con onde più lente,
più chiare,
risponde. Ed il piccolo schiavo
già stanco, girando bel bello,
già mormora, in tavola! In tavola!,
e dondola il suo campanello.
David Barr Dec 2013
Torrential rain forms an interference pattern deep within the puddles of the soul, whilst vegetation gains sustenance. Electricity may be a force to be reckoned with because it is a commodity which has monetary significance. Multicultural delicacies are a work of art in La Cucina Toscana, and I wholeheartedly acknowledge your internal drives.
We truly are a deep river which is never the same when it is stepped into more than once. But we can balance it all out, because relativism tells us that there are no rules. How absolutely ineffective is such a position. I am amazed. Just think about how we determine the consistency of seemingly genuine interpersonal transactions. If you want to find healing, then we must look to the howling winds of Siberia, where solitary journeys are sealed with a definite song of permission.
Irena Adler Nov 2018
Virginia Woolf una volte scrisse che " la bellezza ha due tagli, uno di gioia, l'altro di angoscia, che ci dividono il cuore".
La prima cosa che mi passa per la testa di fronte a tali parole è che l'uomo e la donna patiscono continuamente anche quando sono felici. Quel tipo di angoscia che non ti abbandona mai, la sofferenza di fronte alle scelte fatte o non fatte, il desiderio di evasione in un mondo utopico, la volontà di essere completamente liberi e stoici. I pregiudizi sono nostri amici-nemici. Tutto dipende da come gli accogliamo nelle varie circostanze della vita.
Se ci fosse Virginia Woolf qua con me sicuramente  si arrabbierebbe; " Come puoi essere così disordinata? Non mi stavi  per caso citando? E poi sembrava che stessi cercando  di spiegare qualcosa?! Salti da un argomento all'altro per caso. Se devi essere patetica, aggiungici un sarcasmo poetico".
Scusa ma non riesco ad organizzare ancora bene i miei pensieri. Fluttuano come la polvere nell'aria dopo che hai tentato inutilmente  di pulire un armadio vecchio. Scusa Virginia, mi conoscerai meglio con il passare del tempo.  " Ecco, brava! Che sia sempre con te lo spirito di Judith Shakespeare!"




Martedì 6.  

L'artista che corre per la strada e cerca la sua musa, la trova nello specchio che tende subito a scomparire.
Lui non si è accorto del Sole, vive di notte, disegna di notte, sogna di giorno, sogna di notte. Vive.
Non vede, lui osserva, ama l'impossibile, ama il futile eterno, sogna e vede ciò che non sarà mai compreso dagli altri. Lui trema e le sue mani tengono il pennello con un eccitazione che non si può comprendere ma solo provare. L'emozione di fronte ad un opera che deve appena essere creata, immortalata, eterna come la non-realtà.
L'immagine sussiste e lui sbatte le ali del sogno, disubbidisce alla società, gode ed ama l'incomprensibile, lo respira e vive di ciò.

Lo spessore della profondità è inabbattibile. L'acqua non ti fa annegare; è il pensiero. Non pensiamo, nuotiamo, è l'istinto a prevalere eppure abbiamo scelto di morire. Per questo motivo esiste l'altro, per annegarci o salvarci. Mantieni la dignità e vivi. E dunque sanguina.


Venerdì 9.

L'uomo e la donna. La donna e l'uomo. L'uomo ha sulla testa una lampadine e la donna uno sbattitore da cucina. La natura del cane è quella di abbaiare. La natura della specie umana è quella di riprodursi. Eppure abbiamo la necessità di creare ed inventare, non riusciamo a farne a meno. Sentiamo un bisogno insostenibile di portare fuori ciò che sta dentro. Siamo continuamente alla ricerca dell'essere presenti, passati e futuri. La gioia e l'angoscia d' esistere ci turba le anime. Ci chiediamo sempre qual'è lo scopo del fare e di muoverci. Dove sta il dono o la maledizione di essere stati scaraventati sulla palla ovale che gira intorno a se stessa ed intorno ad una palla ancora più grande che ci mantiene in vita. E' questo il senso? Dipendere dalla luce del sole oppure  soltanto dall'acqua e dal pane?
Dove sta l'essere in questa stanza? E' forse disteso su questo letto a scrivere? Forse.
Oppure si trova proprio nel pensiero che crea quel' atto?
L'esistenza umana è ridotta ad anni di vita, non secoli. Ciò che ci è stato dato l'abbiamo preso ed appreso, ci siamo impossessati ed ora fa parte di noi. Ci è stata data la vita dalla Natura ed essa ci ha pure delimitati.
" Ecco, voi siete parte di me, vivete e morite". Se è così noi dipendiamo gli uni dagli altri, non ha senso vivere soli sulla terra, abbandonati da nessuno. Non possiede alcuna logica.

Mercoledì 33.

Il mare non è sempre stato blu; una volta era violaceo e tutti gli animali potevano entrare nell'acqua senza dove trattenere il fiato. Si respirava nell'acqua, si stava bene. Soltanto quando arrivò l'uomo e ci mise il piede in acqua, essa si contrasse e divenne blu, scura e profonda. Il mare scelse di non dare accesso all'uomo e a quel diverso tipo di intelletto che si preparava a conquistare tutto ciò che mai gli potrà appartenere interamente. Per colpa sua le specie che abitavano la terra ferma dovettero separarsi da quelle marine.
Più l'uomo diventava avido ed egoista più il mare diventava profondo e salato. Non voleva finire nella bocca di quel animale strano che camminava su due stecchi con cinque rami piccoli, ben allineati ma sporchi. L'uomo costrinse il mare a piangere e non capì, non poteva capirlo poichè ora era lui il padrone.
tangshunzi Aug 2014
Un giorno zeppo -a - blocco pieno di matrimoni di Erich McVey è una buona giornata nei nostri libri .Il suo lavoro è arte .pura e semplice .Da Londra a New York e ora Southern California .stiamo approfondendo una vicenda che mescola la ariosa .bontà scoperta di mangiare all'aperto con fiori organici di Stacey Fitts e la vera bellezza della vecchia architettura spagnola di La Villa San Juan Capistrano .Tuffati nelle immagini di Erich .poi dare un'occhiata al film realizzato dalla moglie di talento .Amy McVey sotto .

Si prega di aggiornare il tuo browserShare questa splendida galleria ColorsSeasonsFallSettingsHistoric VenueStylesAl Fresco

Da Sposa.Steven e mi è piaciuto molto l'idea di avere una sensazione organica naturale nel cuore antico di architettura California spagnola .La villa in San Juan Capistrano ( una città che ha una missione spagnola dal 1776 ) si adattano perfettamente l'immagine .Dal momento che il locale aveva tante bellezze naturali .( alberi .pietre.legno) ci wasnè ètanto che abiti da sera lunghi abbiamo bisogno di fare per far risplendere locale.La nostra visione finito per essere una sensazione di fresco.pulito e organico con tavoli in legno naturale e lenzuola di tela .

Ci sono una quantità illimitata di fai da te che una coppia può fare per il loro matrimonio .Noi didnè èvogliamo spendere troppo tempo su numerosi progettiècosì abbiamo fatto un paio di piccoli oggetti che hanno avuto pochissimo tempo



.
Le prime voci erano mano stenciled / cuscini dipinti .Abbiamo comprato alcuni grandi cuscini e le coperte in un materiale di tela di lino .Abbiamo poi stampato su varie frasi ( Mr. \u0026 Mrs. .10.12.13 .Amor che significa amore in spagnolo) in uno dei nostri font preferitièBombshell Pro .Questo è stato poi rintracciato sulla carta di cera che viene tagliato con un coltello X - acto .stirato sul cuscino e poi dipinto .Per un tocco in più .il signor cuscino aveva un farfallino messo su di esso e la signora aveva un fiore .

Il secondo reca alcuni dei nostri articoli di carta .Il mio computer marito esperto è in abiti da sera lunghi grado di creare carte di nome .i numeri di tavola .menu e tag coperta che hanno abbinato la nostra suite invito.Tutti gli articoli di carta stampata ha contribuito a mantenere bassi i costi dal momento che didnè èavere il nostro calligrafo loro fare ( 130 + articoli possono essere costosi ) .

Uno dei nostri elementi preferiti del matrimonio erano i fiori.Dato che c'era un sacco di bellezza naturale presso la sede.ci stavaè èbisogno di fare troppo per fiori .Abbiamo finito con verde fresco con i classici fiori bianchi e avorio .Rami di ulivo sono stati collocati sui tavoli come questi legami in stile California spagnola .

Un altro elemento preferito era tutti i pezzi di calligrafia che sono state diffuse in tutto il locale .Avevamo una bellissima Piantina .segni bar .guestbook .Thank You banner.legno segni signore e la signora presidente.e un segno di benvenuto .Ogni pezzo è stato completamente personalizzato per i nostri gustièanche fino alle allori dei font e foglie di olivo .Questi elementi sono quelli che terremo per sempre .Infatti.il nostro bar segno (che ha ciascuno dei nostri consigli cocktail firma ) viene visualizzato nella nostra cucina !Consigli

per le altre coppie : due cose .Primo : Alla fine della giornata .il giorno delle nozze è su di voi e la vostra sarà presto coniugeèuna celebrazione del vostro viaggio insieme attraverso la vita .Dopo la giornata è finita .tutti sono felici e le piccole cose donè èmateria .

Secondo: E ' estremamente importante scegliere un fotografo che siete entrambi a proprio agio.Durante il vostro matrimonio .questo è quello che siete ( probabilmente) trascorrere più tempo con .Poiché questo è un giorno molto nervoso per molti .sanno esattamente cosa fare per contribuire a calmare i nervi .Per noi .Erich McVey e Amy McVey erano marito e moglie team perfetto per noi .Ci siamo conosciuti su Skype ( come sono basate in Oregon) e sapevamo in pochi minuti che erano la nostra squadra .Dopo averli incontrati giù a Santa Barbara per la nostra sessione di fidanzamento solo solidificato che eravamo in ottime mani .

momento più memorabile : Eravamo seduti al nostro tavolo innamorato abiti da sposa stile impero e aveva la vista perfetta di tutti i nostri ospiti di mangiare.ridere e semplicemente divertirsi .Per vedere tutto quello che abbiamo immaginato veniamo insieme così perfettamente e guardare tutto l'amore e il flusso di felicità tutto intorno a noi è stata un'esperienza magica

Fotografia : Erich McVey | Fotografia: . Amy McVey | Planner: Michelle dalla villa di San Juan Capistrano |fiorista : Stacey Fitts | Abito da sposa: Victoria Nicole | Dolci : Jocelyn Jung con I Am The Caker | cancelleria : Alimentazione | Scarpe : Christian Louboutin | Gioielli : Pigment A San Diego | Rosticcerie : Iva Lees Catering | Hair \u0026 Makeup : 10.11 .Trucco | Calligraphy : Mon Voir ( Jenna Rainey ) | Scarpe sposo : Ted Baker | Sposi Abbigliamento: Hugo Boss | Nastro Su Profumo : Frou Frou Chic | Wedding Venue : Villa San Juan CapistranoErich McVey fotografia è un membro del nostro Little Black Book .Scopri come i membri sono scelti visitando la nostra pagina delle FAQ .Erich McVey Fotografia VIEW
http://www.belloabito.com/goods.php?id=583
http://www.belloabito.com/abiti-da-sera-lunghi-c-56
http://www.belloabito.com/abiti-da-sposa-stile-impero-c-11
Organic Garden Affair a San Juan Capistrano_abiti da sposa vintage
Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso
un po' lontano
il gesto lento della mano
con cui mi accarezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
sei un po' matto
e a letto svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l'odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po' balsé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
me l'hai già detto
e a letto sveglia
sentendo il tuo respiro
un po' affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l'odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po' demodé
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
E a letto stare sveglia
e sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che é esplosa
finalmente, in cucina!
La pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profumo
di scimpanzé
quell'orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te.
Domenica! Il dì che a mattina
sorride e sospira al tramonto!...
Che ha quella teglia in cucina?
Che brontola brontola brontola...
È fuori un frastuono di giuoco,
per casa è un sentore di spigo...
Che ha quella pentola al fuoco?
Che sfrigola sfrigola sfrigola...
E già la massaia ritorna
da messa;
così come trovasi adorna,
s'appressa:
la brage qua copre, là desta,
passando, frr, come in un volo,
spargendo un odore di festa,
di nuovo, di tela e giaggiolo.
La macchina è in punto; l'agnello
nel lungo schidione è già pronto;
la teglia è sul chiuso fornello,
che brontola brontola brontola...
Ed ecco la macchina parte
da sé, col suo trepido intrigo:
la pentola nera è da parte,
che sfrigola sfrigola sfrigola...

Ed ecco che scende, che sale,
che frulla,
che va con un dondolo eguale
di culla.
La legna scoppietta; ed un fioco
fragore all'orecchio risuona
di qualche invitato, che un poco
s'è fermo su l'uscio, e ragiona.
È l'ora, in cucina, che troppi
due sono, ed un solo non basta:
si cuoce, tra murmuri e scoppi,
la bionda matassa di pasta.
Qua, nella cucina, lo svolo
di piccole grida d'impero;
là, in sala, il ronzare, ormai solo,
d'un ospite molto ciarliero.
Avanti i suoi ciocchi, senz'ira
né pena,
la docile macchina gira
serena,
qual docile servo, una volta
ch'ha inteso, né altro bisogna:
lavora nel mentre che ascolta,
lavora nel mentre che sogna.
Va sempre, s'affretta, ch'è l'ora,
con una vertigine molle:
con qualche suo fremito incuora
la pentola grande che bolle.
È l'ora: s'affretta, né tace,
ché sgrida, rimprovera, accusa,
col suo ticchettìo pertinace,
la teglia che brontola chiusa.
Campana lontana si sente
sonare.
Un'altra con onde più lente,
più chiare,
risponde. Ed il piccolo schiavo
già stanco, girando bel bello,
già mormora, in tavola! In tavola!,
e dondola il suo campanello.
Le piccole cose
che amo di te
quel tuo sorriso
un po' lontano
il gesto lento della mano
con cui mi accarezzi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
sei un po' matto
e a letto svegliarsi
col tuo respiro vicino
e sul comodino
il giornale della sera
la tua caffettiera
che canta, in cucina
l'odore di pipa
che fumi la mattina
il tuo profumo
un po' balsé
il tuo buffo gilet
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso
strano
il gesto continuo della mano
con cui mi tocchi i capelli
e ripeti: vorrei
averli anch'io così belli
e io dico: caro
me l'hai già detto
e a letto sveglia
sentendo il tuo respiro
un po' affannato
e sul comodino
il bicarbonato
la tua caffettiera
che sibila in cucina
l'odore di pipa
anche la mattina
il tuo profumo
un po' demodé
le piccole cose
che amo di te

Quel tuo sorriso beota
la mania idiota
di tirarmi i capelli
e dici: vorrei
averli anch'io così belli
e ti dico: cretino,
comprati un parrucchino!
E a letto stare sveglia
e sentirti russare
e sul comodino
un tuo calzino
e la tua caffettiera
che é esplosa
finalmente, in cucina!
La pipa che impesta
fin dalla mattina
il tuo profumo
di scimpanzé
quell'orrendo gilet
le piccole cose
che amo di te.
Se la ruota si impiglia nel groviglio
delle stesse filanti ed il cavallo
s'impenna tra la calca, se ti nevica
fra i capelli e le mani un lungo brivido
d'iridi trascorrenti o alzano i bambini
le flebili ocarine che salutano
il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano
giù dal ponte sul fiume
se si sfolla la strada e ti conduce
in un mondo soffiato entro una tremula
bolla d'aria e di luce dove il sole
saluta la tua grazia-hai ritrovato
forse la strada che tentò un istante
il piombo fuso a mezzanotte quando
finì l'anno tranquillo senza spari.

Ed ora vuoi sostare dove un filtro
fa spogli i suoni
e ne deriva i sorridenti ed acri
fumi che ti compongono il domani;
ora chiedi il paese dove gli onagri
mordano quadri di zucchero dalle tue mani
e i tozzi alberi spuntino germogli
miracolosi al becco dei pavoni.

(Oh, il tuo carnevale sarà più triste
stanotte anche del mio, chiusa fra i doni
tu per gli assenti: carri dalle tinte
di rosolio, fantocci ed archibugi,
palle di gomma, arnesi da cucina
lillipuziani: l'urna li segnava
a ognuno dei lontani amici l'ora
che il gennaio si schiuse e nel silenzio
si compì il sortilegio. È carnevale
o il dicembre s'indugia ancora? Penso
che se muovi la lancetta al piccolo
orologio che rechi al polso, tutto
arretrerà dentro un disfatto prisma
babelico di forme e di colori... )

E il natale verrà e il giorno dell'anno
che sfolla le caserme e ti riporta
gli amici spersi e questo carnevale
pur esso tornerà che ora ci sfugge
tra i muri che si fendono già. Chiedi
tu di fermare il tempo sul paese
che attorno si dilata? Le grandi ali
screziate ti sfiorano, le logge
sospingono all'aperto esili bambole
bionde, vive, le pale dei mulini
rotano fisse sulle pozze garrule.
Chiedi di trattenere le campane
d'argento sopra il borgo e il suono rauco
delle colombe? Chiedi tu i mattini
trepidi delle tue prode lontane?

Come tutto si fa strano e difficile
come tutto è impossibile, tu dici.
La tua vita è quaggiù dove rimbombano
le ruote dei carriaggi senza posa
e nulla torna se non forse
in questi disguidi del possibile.
Ritorna là fra i morti balocchi
ove è negato pur morire; e col tempo che ti batte
al polso e all'esistenza ti ridona,
tra le mura pesanti che non s'aprono
al gorgo degli umani affaticato,
torna alla via dove con te intristisco
quella che mi additò un piombo raggelato
alle mie, alle tue sere:
torna alle primavere che non fioriscono.
Domenica! Il dì che a mattina
sorride e sospira al tramonto!...
Che ha quella teglia in cucina?
Che brontola brontola brontola...
È fuori un frastuono di giuoco,
per casa è un sentore di spigo...
Che ha quella pentola al fuoco?
Che sfrigola sfrigola sfrigola...
E già la massaia ritorna
da messa;
così come trovasi adorna,
s'appressa:
la brage qua copre, là desta,
passando, frr, come in un volo,
spargendo un odore di festa,
di nuovo, di tela e giaggiolo.
La macchina è in punto; l'agnello
nel lungo schidione è già pronto;
la teglia è sul chiuso fornello,
che brontola brontola brontola...
Ed ecco la macchina parte
da sé, col suo trepido intrigo:
la pentola nera è da parte,
che sfrigola sfrigola sfrigola...

Ed ecco che scende, che sale,
che frulla,
che va con un dondolo eguale
di culla.
La legna scoppietta; ed un fioco
fragore all'orecchio risuona
di qualche invitato, che un poco
s'è fermo su l'uscio, e ragiona.
È l'ora, in cucina, che troppi
due sono, ed un solo non basta:
si cuoce, tra murmuri e scoppi,
la bionda matassa di pasta.
Qua, nella cucina, lo svolo
di piccole grida d'impero;
là, in sala, il ronzare, ormai solo,
d'un ospite molto ciarliero.
Avanti i suoi ciocchi, senz'ira
né pena,
la docile macchina gira
serena,
qual docile servo, una volta
ch'ha inteso, né altro bisogna:
lavora nel mentre che ascolta,
lavora nel mentre che sogna.
Va sempre, s'affretta, ch'è l'ora,
con una vertigine molle:
con qualche suo fremito incuora
la pentola grande che bolle.
È l'ora: s'affretta, né tace,
ché sgrida, rimprovera, accusa,
col suo ticchettìo pertinace,
la teglia che brontola chiusa.
Campana lontana si sente
sonare.
Un'altra con onde più lente,
più chiare,
risponde. Ed il piccolo schiavo
già stanco, girando bel bello,
già mormora, in tavola! In tavola!,
e dondola il suo campanello.
Ricordi quand'eri saggina,
coi penduli grani che il vento
scoteva, come una manina
di ***** il sonaglio d'argento?
Cadeva la brina; la pioggia
cadeva: passavano uccelli
gemendo: tu gracile e roggia
tinnivi coi cento ramelli.
Ed oggi non più come ieri
tu senti la pioggia e la brina,
ma sgrigioli come quand'eri
saggina.
Restavi negletta nei solchi
quand'ogni pannocchia fu colta:
te, colsero, quando i bifolchi
v'ararono ancora una volta.
Un vecchio ti prese, recise,
legò; ti privò della bella
semenza tua rossa; e ti mise
nell'angolo, ad essere ancella.
E in casa tu resti, in un canto,
negletta qui come laggiù;
ma niuno è di casa pur quanto
sei tu.
Se t'odia colui che la trama
distende negli alti solai,
l'arguta gallina pur t'ama,
cui porti la preda che fai.
E t'ama anche senza, ché ai costi
ti sbalza, ed i grani t'invola,
residui del tempo che fosti
saggina, nei campi già sola.
Ma più, gracilando t'aspetta
con ciò che in tua vasta rapina
le strascichi dalla già netta
cucina.
Tu lasci che t'odiino, lasci
che t'amino: muta, il tuo giorno,
nell'angolo, resti, coi fasci
di stecchi che attendono il forno.
Nell'angolo il giorno tu resti,
pensosa del canto del gallo;
se al ***** tu già non ti presti,
che viene, e ti vuole cavallo.
Riporti, con lui che ti frena,
le paglie ch'hai tolte, e ben più;
e gioia or n'ha esso; ma pena
poi tu.
Sei l'umile ancella; ma reggi
la casa: tu sgridi a buon'ora,
mentre impaziente passeggi,
gl'ignavi che dormono ancora.
E quanto tu muovi dal canto,
la rondine è ancora nel nido;
e quando comincia il suo canto,
già ode per casa il tuo strido.
E l'alba il suo cielo rischiara,
ma prima lo spruzza e imperlina,
così come tu la tua cara
casina.
Sei l'umile ancella, ma regni
su l'umile casa pulita.
Minacci, rimproveri; insegni
ch'è bella, se pura, la vita.
Insegni, con l'acre tua cura
rodendo la pietra e la creta,
che sempre, per essere pura,
si logora l'anima lieta.
Insegni, tu sacra ad un rogo
non tardo, non bello, che più
di ciò che tu mondi, ti logori
tu!
Le dicevano: - Bambina!
Che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l'hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch'è terminata la cena!
Bada, che vengono i morti!
I tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. -
È già grande la bambina:
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d'allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
Oh! la notte nera nera,
di vento, d'acqua, di neve,
lascia ch'entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!
- Pane, sì... pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?... È tela, a dama:
ce n'era tanta: ricordi?...
Queste?... Queste sono due,
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare! -.
Io stongo 'e casa a 'o vico Paraviso
tengo tre stanze all'urdemo piano,
int' 'a stagione, maneche e 'ncammisa,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
mme metto for' 'a loggia a respirà.
Aiere ssera, quase a vintun'ora,
mentre facevo 'a solita fumata,
quanno mme sento areto nu rummore:
nu fuja-fuja... na specie 'e secutata...
Mm'avoto 'e scatto e faccio: "Chi va là?".

Appizzo ll'uocchio e veco 'a dint' 'o scuro
Bianchina, ferma 'nnanze a nu pertuso
'e chesta posta! Proprio sott' 'o muro.
Ma dato ch'era oscuro... era confuso,
non si vedeva la profondità.

St'appustamento ca faceva 'a gatta,
a ddì la verità, mme 'ncuriosette...
Penzaie:"Ccà nun mme pare buono 'o fatto:
e si Bianchina 'e puzo nce ne mette,
vuol dire qualche cosa nce adda stà".

E, comme infatti, nun m'ero sbagliato:
dentro al pertuso c'era un suricillo
cu ll'uocchie 'a fore... tutto spaventato,
...'o puveriello nun era tranquillo,
pensava: Nun m' 'a pozzo scapputtià.

Tutto a nu tratto 'o sorice parlaie
cu na parlata in italiano puro:
"Bianchina, ma perché con me ce l'hai?
Smettila, via, non farmi più paura!".
Dicette 'a gatta: "I' nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà, pietà, pietà! Che cosa ** fatto?".
E s'avutaie 'e botto 'a parte mia:
«Signore, per piacere, dica al suo gatto
che mi lasciasse in pace e così sia!".
"Va bene, va', Bianchì... lascelo stà!".

"Patrò, trasitevenne 'a parte 'e dinto,
che rispunnite a ffà mmiezzo a sti fatte?
Stu suricillo ca fa 'o lindo e pinto,
mme ll'aggia spiccià io ca songo 'a gatta,
si no ccà 'ncoppa che ce stongo a ffà?".

"Va bene, - rispunnette 'mbarazzato -
veditavella vuie sta questione,
però ccà 'ncoppa nun voglio scenate;
e ricordate ca songh'io 'o padrone
e si rispetta l'ospitalità".

"E inutile che staje dint' 'o pertuso,
-'a gatta lle dicette - chesta è 'a fine...
Si cride 'e te scanzà, povero illuso!
He fatto 'o cunto ma senza Bianchina...
Songo decisa e nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà di me! Pietà, Bianchina bella!".
Chiagneva e 'mpietto lle tremava 'a voce,
cosa ca te faceva arriccià 'a pella.
Povero suricillo, miso 'ncroce
senza speranza 'e se pute salvà!

"Va buo', pe chesta vota, 'izela 'a mano,
cerca d' 'o fà fui stu suricillo,
chello ca staje facenno nun à umano,
te miette 'ncuollo a chi à cchiù piccerillo...
Embe, che songo chesti nnuvità?".

"'O munno è ghiuto sempe 'e sta manera:
'o pesce gruosso magna 'o piccerillo
(mme rispunnette 'a gatta aiere ssera).
Pur'io aggio perduto nu mucillo
mmocca a nu cane 'e presa; ch'aggia fà?".

"Ma cosa c'entro io con quel cagnaccio!
Anch'io ** una mammina che mi aspetta:
Gesù Bambino, più non ce la faccio!
Nella mia tana vo' tornare in fretta;
se non mi vede mamma mia morrà"»

'O suricillo già vedeva 'a morte
e accumminciaie a chiagnere a dirotto,
'o core lle sbatteva forte forte,
e p' 'a paura se facette sotto.
Mm'avoto e faccio 'a gatta: "Frusta llà!".

'A gatta se facette na resata,
dicette: "E se po' iate int' 'a cucina
e truvate 'o formaggio rusecato,
pecché po' v' 'a pigliate cu Bianchina?
Chisto è 'o duvere mio... chesto aggia fà!".

In fondo in fondo, 'a gatta raggiunava:
si mm' 'a tenevo in casa era p' 'o scopo;
dicimmo 'a verità, chi s' 'a pigliava
si me teneva 'a casa chiena 'e topi?
Chiaie 'e spalle e mme jette a cuccà!
"Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d'amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo. " - Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
"Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell'ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ** qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater."
Le dicevano: - Bambina!
Che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l'hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch'è terminata la cena!
Bada, che vengono i morti!
I tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. -
È già grande la bambina:
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d'allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
Oh! la notte nera nera,
di vento, d'acqua, di neve,
lascia ch'entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!
- Pane, sì... pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?... È tela, a dama:
ce n'era tanta: ricordi?...
Queste?... Queste sono due,
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare! -.
Io stongo 'e casa a 'o vico Paraviso
tengo tre stanze all'urdemo piano,
int' 'a stagione, maneche e 'ncammisa,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
mme metto for' 'a loggia a respirà.
Aiere ssera, quase a vintun'ora,
mentre facevo 'a solita fumata,
quanno mme sento areto nu rummore:
nu fuja-fuja... na specie 'e secutata...
Mm'avoto 'e scatto e faccio: "Chi va là?".

Appizzo ll'uocchio e veco 'a dint' 'o scuro
Bianchina, ferma 'nnanze a nu pertuso
'e chesta posta! Proprio sott' 'o muro.
Ma dato ch'era oscuro... era confuso,
non si vedeva la profondità.

St'appustamento ca faceva 'a gatta,
a ddì la verità, mme 'ncuriosette...
Penzaie:"Ccà nun mme pare buono 'o fatto:
e si Bianchina 'e puzo nce ne mette,
vuol dire qualche cosa nce adda stà".

E, comme infatti, nun m'ero sbagliato:
dentro al pertuso c'era un suricillo
cu ll'uocchie 'a fore... tutto spaventato,
...'o puveriello nun era tranquillo,
pensava: Nun m' 'a pozzo scapputtià.

Tutto a nu tratto 'o sorice parlaie
cu na parlata in italiano puro:
"Bianchina, ma perché con me ce l'hai?
Smettila, via, non farmi più paura!".
Dicette 'a gatta: "I' nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà, pietà, pietà! Che cosa ** fatto?".
E s'avutaie 'e botto 'a parte mia:
«Signore, per piacere, dica al suo gatto
che mi lasciasse in pace e così sia!".
"Va bene, va', Bianchì... lascelo stà!".

"Patrò, trasitevenne 'a parte 'e dinto,
che rispunnite a ffà mmiezzo a sti fatte?
Stu suricillo ca fa 'o lindo e pinto,
mme ll'aggia spiccià io ca songo 'a gatta,
si no ccà 'ncoppa che ce stongo a ffà?".

"Va bene, - rispunnette 'mbarazzato -
veditavella vuie sta questione,
però ccà 'ncoppa nun voglio scenate;
e ricordate ca songh'io 'o padrone
e si rispetta l'ospitalità".

"E inutile che staje dint' 'o pertuso,
-'a gatta lle dicette - chesta è 'a fine...
Si cride 'e te scanzà, povero illuso!
He fatto 'o cunto ma senza Bianchina...
Songo decisa e nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà di me! Pietà, Bianchina bella!".
Chiagneva e 'mpietto lle tremava 'a voce,
cosa ca te faceva arriccià 'a pella.
Povero suricillo, miso 'ncroce
senza speranza 'e se pute salvà!

"Va buo', pe chesta vota, 'izela 'a mano,
cerca d' 'o fà fui stu suricillo,
chello ca staje facenno nun à umano,
te miette 'ncuollo a chi à cchiù piccerillo...
Embe, che songo chesti nnuvità?".

"'O munno è ghiuto sempe 'e sta manera:
'o pesce gruosso magna 'o piccerillo
(mme rispunnette 'a gatta aiere ssera).
Pur'io aggio perduto nu mucillo
mmocca a nu cane 'e presa; ch'aggia fà?".

"Ma cosa c'entro io con quel cagnaccio!
Anch'io ** una mammina che mi aspetta:
Gesù Bambino, più non ce la faccio!
Nella mia tana vo' tornare in fretta;
se non mi vede mamma mia morrà"»

'O suricillo già vedeva 'a morte
e accumminciaie a chiagnere a dirotto,
'o core lle sbatteva forte forte,
e p' 'a paura se facette sotto.
Mm'avoto e faccio 'a gatta: "Frusta llà!".

'A gatta se facette na resata,
dicette: "E se po' iate int' 'a cucina
e truvate 'o formaggio rusecato,
pecché po' v' 'a pigliate cu Bianchina?
Chisto è 'o duvere mio... chesto aggia fà!".

In fondo in fondo, 'a gatta raggiunava:
si mm' 'a tenevo in casa era p' 'o scopo;
dicimmo 'a verità, chi s' 'a pigliava
si me teneva 'a casa chiena 'e topi?
Chiaie 'e spalle e mme jette a cuccà!
Se la ruota si impiglia nel groviglio
delle stesse filanti ed il cavallo
s'impenna tra la calca, se ti nevica
fra i capelli e le mani un lungo brivido
d'iridi trascorrenti o alzano i bambini
le flebili ocarine che salutano
il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano
giù dal ponte sul fiume
se si sfolla la strada e ti conduce
in un mondo soffiato entro una tremula
bolla d'aria e di luce dove il sole
saluta la tua grazia-hai ritrovato
forse la strada che tentò un istante
il piombo fuso a mezzanotte quando
finì l'anno tranquillo senza spari.

Ed ora vuoi sostare dove un filtro
fa spogli i suoni
e ne deriva i sorridenti ed acri
fumi che ti compongono il domani;
ora chiedi il paese dove gli onagri
mordano quadri di zucchero dalle tue mani
e i tozzi alberi spuntino germogli
miracolosi al becco dei pavoni.

(Oh, il tuo carnevale sarà più triste
stanotte anche del mio, chiusa fra i doni
tu per gli assenti: carri dalle tinte
di rosolio, fantocci ed archibugi,
palle di gomma, arnesi da cucina
lillipuziani: l'urna li segnava
a ognuno dei lontani amici l'ora
che il gennaio si schiuse e nel silenzio
si compì il sortilegio. È carnevale
o il dicembre s'indugia ancora? Penso
che se muovi la lancetta al piccolo
orologio che rechi al polso, tutto
arretrerà dentro un disfatto prisma
babelico di forme e di colori... )

E il natale verrà e il giorno dell'anno
che sfolla le caserme e ti riporta
gli amici spersi e questo carnevale
pur esso tornerà che ora ci sfugge
tra i muri che si fendono già. Chiedi
tu di fermare il tempo sul paese
che attorno si dilata? Le grandi ali
screziate ti sfiorano, le logge
sospingono all'aperto esili bambole
bionde, vive, le pale dei mulini
rotano fisse sulle pozze garrule.
Chiedi di trattenere le campane
d'argento sopra il borgo e il suono rauco
delle colombe? Chiedi tu i mattini
trepidi delle tue prode lontane?

Come tutto si fa strano e difficile
come tutto è impossibile, tu dici.
La tua vita è quaggiù dove rimbombano
le ruote dei carriaggi senza posa
e nulla torna se non forse
in questi disguidi del possibile.
Ritorna là fra i morti balocchi
ove è negato pur morire; e col tempo che ti batte
al polso e all'esistenza ti ridona,
tra le mura pesanti che non s'aprono
al gorgo degli umani affaticato,
torna alla via dove con te intristisco
quella che mi additò un piombo raggelato
alle mie, alle tue sere:
torna alle primavere che non fioriscono.
Io stongo 'e casa a 'o vico Paraviso
tengo tre stanze all'urdemo piano,
int' 'a stagione, maneche e 'ncammisa,
mmocca nu miezo sigaro tuscano,
mme metto for' 'a loggia a respirà.
Aiere ssera, quase a vintun'ora,
mentre facevo 'a solita fumata,
quanno mme sento areto nu rummore:
nu fuja-fuja... na specie 'e secutata...
Mm'avoto 'e scatto e faccio: "Chi va là?".

Appizzo ll'uocchio e veco 'a dint' 'o scuro
Bianchina, ferma 'nnanze a nu pertuso
'e chesta posta! Proprio sott' 'o muro.
Ma dato ch'era oscuro... era confuso,
non si vedeva la profondità.

St'appustamento ca faceva 'a gatta,
a ddì la verità, mme 'ncuriosette...
Penzaie:"Ccà nun mme pare buono 'o fatto:
e si Bianchina 'e puzo nce ne mette,
vuol dire qualche cosa nce adda stà".

E, comme infatti, nun m'ero sbagliato:
dentro al pertuso c'era un suricillo
cu ll'uocchie 'a fore... tutto spaventato,
...'o puveriello nun era tranquillo,
pensava: Nun m' 'a pozzo scapputtià.

Tutto a nu tratto 'o sorice parlaie
cu na parlata in italiano puro:
"Bianchina, ma perché con me ce l'hai?
Smettila, via, non farmi più paura!".
Dicette 'a gatta: "I' nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà, pietà, pietà! Che cosa ** fatto?".
E s'avutaie 'e botto 'a parte mia:
«Signore, per piacere, dica al suo gatto
che mi lasciasse in pace e così sia!".
"Va bene, va', Bianchì... lascelo stà!".

"Patrò, trasitevenne 'a parte 'e dinto,
che rispunnite a ffà mmiezzo a sti fatte?
Stu suricillo ca fa 'o lindo e pinto,
mme ll'aggia spiccià io ca songo 'a gatta,
si no ccà 'ncoppa che ce stongo a ffà?".

"Va bene, - rispunnette 'mbarazzato -
veditavella vuie sta questione,
però ccà 'ncoppa nun voglio scenate;
e ricordate ca songh'io 'o padrone
e si rispetta l'ospitalità".

"E inutile che staje dint' 'o pertuso,
-'a gatta lle dicette - chesta è 'a fine...
Si cride 'e te scanzà, povero illuso!
He fatto 'o cunto ma senza Bianchina...
Songo decisa e nun mme movo 'a ccà!".

"Pietà di me! Pietà, Bianchina bella!".
Chiagneva e 'mpietto lle tremava 'a voce,
cosa ca te faceva arriccià 'a pella.
Povero suricillo, miso 'ncroce
senza speranza 'e se pute salvà!

"Va buo', pe chesta vota, 'izela 'a mano,
cerca d' 'o fà fui stu suricillo,
chello ca staje facenno nun à umano,
te miette 'ncuollo a chi à cchiù piccerillo...
Embe, che songo chesti nnuvità?".

"'O munno è ghiuto sempe 'e sta manera:
'o pesce gruosso magna 'o piccerillo
(mme rispunnette 'a gatta aiere ssera).
Pur'io aggio perduto nu mucillo
mmocca a nu cane 'e presa; ch'aggia fà?".

"Ma cosa c'entro io con quel cagnaccio!
Anch'io ** una mammina che mi aspetta:
Gesù Bambino, più non ce la faccio!
Nella mia tana vo' tornare in fretta;
se non mi vede mamma mia morrà"»

'O suricillo già vedeva 'a morte
e accumminciaie a chiagnere a dirotto,
'o core lle sbatteva forte forte,
e p' 'a paura se facette sotto.
Mm'avoto e faccio 'a gatta: "Frusta llà!".

'A gatta se facette na resata,
dicette: "E se po' iate int' 'a cucina
e truvate 'o formaggio rusecato,
pecché po' v' 'a pigliate cu Bianchina?
Chisto è 'o duvere mio... chesto aggia fà!".

In fondo in fondo, 'a gatta raggiunava:
si mm' 'a tenevo in casa era p' 'o scopo;
dicimmo 'a verità, chi s' 'a pigliava
si me teneva 'a casa chiena 'e topi?
Chiaie 'e spalle e mme jette a cuccà!
Ricordi quand'eri saggina,
coi penduli grani che il vento
scoteva, come una manina
di ***** il sonaglio d'argento?
Cadeva la brina; la pioggia
cadeva: passavano uccelli
gemendo: tu gracile e roggia
tinnivi coi cento ramelli.
Ed oggi non più come ieri
tu senti la pioggia e la brina,
ma sgrigioli come quand'eri
saggina.
Restavi negletta nei solchi
quand'ogni pannocchia fu colta:
te, colsero, quando i bifolchi
v'ararono ancora una volta.
Un vecchio ti prese, recise,
legò; ti privò della bella
semenza tua rossa; e ti mise
nell'angolo, ad essere ancella.
E in casa tu resti, in un canto,
negletta qui come laggiù;
ma niuno è di casa pur quanto
sei tu.
Se t'odia colui che la trama
distende negli alti solai,
l'arguta gallina pur t'ama,
cui porti la preda che fai.
E t'ama anche senza, ché ai costi
ti sbalza, ed i grani t'invola,
residui del tempo che fosti
saggina, nei campi già sola.
Ma più, gracilando t'aspetta
con ciò che in tua vasta rapina
le strascichi dalla già netta
cucina.
Tu lasci che t'odiino, lasci
che t'amino: muta, il tuo giorno,
nell'angolo, resti, coi fasci
di stecchi che attendono il forno.
Nell'angolo il giorno tu resti,
pensosa del canto del gallo;
se al ***** tu già non ti presti,
che viene, e ti vuole cavallo.
Riporti, con lui che ti frena,
le paglie ch'hai tolte, e ben più;
e gioia or n'ha esso; ma pena
poi tu.
Sei l'umile ancella; ma reggi
la casa: tu sgridi a buon'ora,
mentre impaziente passeggi,
gl'ignavi che dormono ancora.
E quanto tu muovi dal canto,
la rondine è ancora nel nido;
e quando comincia il suo canto,
già ode per casa il tuo strido.
E l'alba il suo cielo rischiara,
ma prima lo spruzza e imperlina,
così come tu la tua cara
casina.
Sei l'umile ancella, ma regni
su l'umile casa pulita.
Minacci, rimproveri; insegni
ch'è bella, se pura, la vita.
Insegni, con l'acre tua cura
rodendo la pietra e la creta,
che sempre, per essere pura,
si logora l'anima lieta.
Insegni, tu sacra ad un rogo
non tardo, non bello, che più
di ciò che tu mondi, ti logori
tu!
Ricordi quand'eri saggina,
coi penduli grani che il vento
scoteva, come una manina
di ***** il sonaglio d'argento?
Cadeva la brina; la pioggia
cadeva: passavano uccelli
gemendo: tu gracile e roggia
tinnivi coi cento ramelli.
Ed oggi non più come ieri
tu senti la pioggia e la brina,
ma sgrigioli come quand'eri
saggina.
Restavi negletta nei solchi
quand'ogni pannocchia fu colta:
te, colsero, quando i bifolchi
v'ararono ancora una volta.
Un vecchio ti prese, recise,
legò; ti privò della bella
semenza tua rossa; e ti mise
nell'angolo, ad essere ancella.
E in casa tu resti, in un canto,
negletta qui come laggiù;
ma niuno è di casa pur quanto
sei tu.
Se t'odia colui che la trama
distende negli alti solai,
l'arguta gallina pur t'ama,
cui porti la preda che fai.
E t'ama anche senza, ché ai costi
ti sbalza, ed i grani t'invola,
residui del tempo che fosti
saggina, nei campi già sola.
Ma più, gracilando t'aspetta
con ciò che in tua vasta rapina
le strascichi dalla già netta
cucina.
Tu lasci che t'odiino, lasci
che t'amino: muta, il tuo giorno,
nell'angolo, resti, coi fasci
di stecchi che attendono il forno.
Nell'angolo il giorno tu resti,
pensosa del canto del gallo;
se al ***** tu già non ti presti,
che viene, e ti vuole cavallo.
Riporti, con lui che ti frena,
le paglie ch'hai tolte, e ben più;
e gioia or n'ha esso; ma pena
poi tu.
Sei l'umile ancella; ma reggi
la casa: tu sgridi a buon'ora,
mentre impaziente passeggi,
gl'ignavi che dormono ancora.
E quanto tu muovi dal canto,
la rondine è ancora nel nido;
e quando comincia il suo canto,
già ode per casa il tuo strido.
E l'alba il suo cielo rischiara,
ma prima lo spruzza e imperlina,
così come tu la tua cara
casina.
Sei l'umile ancella, ma regni
su l'umile casa pulita.
Minacci, rimproveri; insegni
ch'è bella, se pura, la vita.
Insegni, con l'acre tua cura
rodendo la pietra e la creta,
che sempre, per essere pura,
si logora l'anima lieta.
Insegni, tu sacra ad un rogo
non tardo, non bello, che più
di ciò che tu mondi, ti logori
tu!
Se la ruota si impiglia nel groviglio
delle stesse filanti ed il cavallo
s'impenna tra la calca, se ti nevica
fra i capelli e le mani un lungo brivido
d'iridi trascorrenti o alzano i bambini
le flebili ocarine che salutano
il tuo viaggio e i lievi echi si sfaldano
giù dal ponte sul fiume
se si sfolla la strada e ti conduce
in un mondo soffiato entro una tremula
bolla d'aria e di luce dove il sole
saluta la tua grazia-hai ritrovato
forse la strada che tentò un istante
il piombo fuso a mezzanotte quando
finì l'anno tranquillo senza spari.

Ed ora vuoi sostare dove un filtro
fa spogli i suoni
e ne deriva i sorridenti ed acri
fumi che ti compongono il domani;
ora chiedi il paese dove gli onagri
mordano quadri di zucchero dalle tue mani
e i tozzi alberi spuntino germogli
miracolosi al becco dei pavoni.

(Oh, il tuo carnevale sarà più triste
stanotte anche del mio, chiusa fra i doni
tu per gli assenti: carri dalle tinte
di rosolio, fantocci ed archibugi,
palle di gomma, arnesi da cucina
lillipuziani: l'urna li segnava
a ognuno dei lontani amici l'ora
che il gennaio si schiuse e nel silenzio
si compì il sortilegio. È carnevale
o il dicembre s'indugia ancora? Penso
che se muovi la lancetta al piccolo
orologio che rechi al polso, tutto
arretrerà dentro un disfatto prisma
babelico di forme e di colori... )

E il natale verrà e il giorno dell'anno
che sfolla le caserme e ti riporta
gli amici spersi e questo carnevale
pur esso tornerà che ora ci sfugge
tra i muri che si fendono già. Chiedi
tu di fermare il tempo sul paese
che attorno si dilata? Le grandi ali
screziate ti sfiorano, le logge
sospingono all'aperto esili bambole
bionde, vive, le pale dei mulini
rotano fisse sulle pozze garrule.
Chiedi di trattenere le campane
d'argento sopra il borgo e il suono rauco
delle colombe? Chiedi tu i mattini
trepidi delle tue prode lontane?

Come tutto si fa strano e difficile
come tutto è impossibile, tu dici.
La tua vita è quaggiù dove rimbombano
le ruote dei carriaggi senza posa
e nulla torna se non forse
in questi disguidi del possibile.
Ritorna là fra i morti balocchi
ove è negato pur morire; e col tempo che ti batte
al polso e all'esistenza ti ridona,
tra le mura pesanti che non s'aprono
al gorgo degli umani affaticato,
torna alla via dove con te intristisco
quella che mi additò un piombo raggelato
alle mie, alle tue sere:
torna alle primavere che non fioriscono.
Le dicevano: - Bambina!
Che tu non lasci mai stesa,
dalla sera alla mattina,
ma porta dove l'hai presa,
la tovaglia bianca, appena
ch'è terminata la cena!
Bada, che vengono i morti!
I tristi, i pallidi morti!
Entrano, ansimano muti.
Ognuno è tanto mai stanco!
E si fermano seduti
la notte intorno a quel bianco.
Stanno lì sino al domani,
col capo tra le due mani,
senza che nulla si senta,
sotto la lampada spenta. -
È già grande la bambina:
la casa regge, e lavora:
fa il bucato e la cucina,
fa tutto al modo d'allora.
Pensa a tutto, ma non pensa
a sparecchiare la mensa.
Lascia che vengano i morti,
i buoni, i poveri morti.
Oh! la notte nera nera,
di vento, d'acqua, di neve,
lascia ch'entrino da sera,
col loro anelito lieve;
che alla mensa torno torno
riposino fino a giorno,
cercando fatti lontani
col capo tra le due mani.
Dalla sera alla mattina,
cercando cose lontane,
stanno fissi, a fronte china,
su qualche bricia di pane,
e volendo ricordare,
bevono lagrime amare.
Oh! non ricordano i morti,
i cari, i cari suoi morti!
- Pane, sì... pane si chiama,
che noi spezzammo concordi:
ricordate?... È tela, a dama:
ce n'era tanta: ricordi?...
Queste?... Queste sono due,
come le vostre e le tue,
due nostre lagrime amare
cadute nel ricordare! -.
O SAY CAN YOU SEE

by

TOD HOWARD HAWKS


For Dr. Martin Luther King, Jr.


Chapter 1

"Would you like another one?," ask the waitress.

"Sure," said Charlie Cumberston.

The band was playing "MOOD INDIGO" then "STRANGE FRUIT."
Charlie loved jazz. He also loved baseball, which was why he also brought THE ENCYCLOPEDIA OF BASEBALL with him to the Village Vanguard every night. And he was passionate about art.

The waitress brought back another Scotch and Soda.

"Thanks," said Charlie.

The Village Vanguard was his home every night since the CIA made him an offer he couldn't refuse.

"You simply know too much. If the wrong people find you, they'll want to know everything you know. If you don't cooperate, they'll stick a barrel of a gun into your mouth and pulled the trigger!"

Charlie had graduated from Columbia College, Columbia University in 1963. He wanted excitement and chose the CIA. He was smart as hell. He quickly ascended to the top tier and was sent to Saigon a year-and-a-half later. During the Tet Offensive in 1968, Charlie was severely wounded. That's when he met Anh, his nurse.

While sipping his Scotch and Soda, he picked up his THE ENCYCLOPEDIA OF BASEBALL to read again about Willie Mays. Mickey Mantle, Ted Williams, Sandy Koufax and many others.

Now the band was playing TAKE FIVE followed by ROUND MIDNIGHT.

The waitress came again to Charlie's table again.

"Would you like another one?" she asked.

"Please," said Charlie.

This was how every evening went from 7 to midnight.

"It's time to go," said Sid.

Sid's job was to pick him up in the limousine at the Waldorf Astoria at 6:45, drive him to the Village Vanguard, then around 11:45 drive him back to the Waldorf. This was Sid's job, seven nights a week.

While he never got drunk from drinking too many Scotch and Sodas, the drinks always made Charlie a bit more than loose. As he entered the limousine, he nevertheless always thought of Anh.


Chapter 2

Sid picked up Charlie at 6:45 at the Waldorf and drove to the Village Voice. Even at 7 the place was packed, but that table, that same table, was always waiting for him.

"Good Evening," Charlie always said to the waitress.

"Would you like a Scotch and Soda?" said the waitress.

"Yes, please," said Charlie. Drinking Scotch and Sodas the rest of his life was better than being thrown into the East River from the Queensboro Bridge with a bullet hole in his forehead, thought Charlie.

The band was playing TAKE THE A TRAIN then MY FAVORITE THINGS.

But Charlie was thinking of a different trip, the trip to Saigon. The machine-gun fire he suffered during the Tet Offensive almost took his life. But Ahn, his nurse, saved his life. As the months passed, Charlie grew increasingly fond of her, and she of him, until fondness became love for both of them. But their love for each other was truncated a few weeks after his release from the Saigon hospital because the U.S. ARMY was going to send him back to the USA to to recover fully. But during those few weeks, Anh and Charlie made love, not only physically, but also spiritually, every nanosecond they could.

"Would you like another one?" said the waitress.

"Please," said Charlie.

The band was now playing SO WHAT then ALL BLUES.

Often, despite the music and drinks, Charlie would slide into memories of atrocities committed by U.S. armed forces during the Vietnam War, some in person, others written up by CIA personnel of which he was apart. The most infamous was the My Lai massacre.

On March 16, 1968, American soldiers brutally murdered in only 4 hours over 500 unarmed civilians including women, children, and old men in the village of My Lai in South Vietnam. American soldiers even took time out to eat lunch. The victims were *****, mutilated, and burned. William Calley, Jr. was convicted by court-marshal of the ****** of 22 unarmed South Vietnamese civilians. He was initially sentenced to life imprisonment with hard labor, then commuted to 20 years, then commuted to 10 years, then commuted to 3 years of house arrest by President Nixon.

"Body Count" became de rigueur. Civilians killed were added to the total of Viet Cong soldiers killed. Competitions were held between units to see which one killed the most Viet Cong. Rewards for the "winners" were days off or an extra case of beer. At this time, much of these activities went unreported, but not unnoticed.

"**** anything that moves!" That became the sine qua non of many commanders whose troops then carried out massacres in their area of operations.

Few war crime investigations were completed by the military at the
U.S. National Archives. The amount of munitions used by American soldiers was 26 times was greater than in WWII. America had unleashed the equivalent of 640 Hiroshima-sized atomic bombs on Vietnam. Two million civilian Vietnamese were killed and 5.3 million were injured. Far bloodier operations like "Speedy Express" should have been exposed but were hidden by the highest levels of the U.S. military. Years later, it was found that this operation killed 11,000 Viet Cong.

"Charlie....  Charlie, are you OK?," said the waitress as she placed the Scotch and Soda in front of him.

"O yes, I am. I was just ruminating," said Charlie.


Chapter 3

Charlie was dreaming about Anh. Would it not be heavenly to have her lying beside him? The Waldorf would not matter. It could be anywhere in the Cosmos. Her scent, her breathing, even the shadow of her lissome body against the large window would arouse him.

"Kiss me. Kiss me again," she would say in his dream. No more war. No more killing. No more massacres. Just love.

The moment Charlie saw her in the hospital, he fell in love with her. Though it took months for him to heal, it was Anh who healed him. Her smile, her touch, her just standing beside his bed made him heal more each day.

When Charlie was released from the hospital, Anh and he made love many times each night. Charlie remembered those nights again and again in his dreams. But when he learned he had to return to Langley and had to tell Anh, tears flowed, flowed so much it awakened him. Charlie had been crying while dreaming. He sat on the edge of his bed bawling for over an hour.


Chapter 4

Another day, another night Charlie had endured.

Sid picked him up at 6:45 and took him to the Village Vanguard. His table was waiting.

This routine lasted 5 more months, but on the night of May 4th, the improbable occurred.

Could it be true?, thought Charlie. Could it be real? What he saw across the room were two young women sitting at a table, one of whom he recognized. It was Anh.

Charlie's heart was pounding, his breathing a tsunami. He sat at his table declining Scotch and Sodas. He didn't recognize the tune the band was playing. He was in shock.

It took almost an hour for Charlie to recover. It was Anh. By now, he was sure of it. Finally, he got up from his table and walked slowly toward Anh. When he reached her table, he said, "Excuse me, but aren't you Anh?

Anh looked up and saw Charlie, then said "Aren't you Charlie?

Charlie said, "Yes."

Anh was stunned. Now two hearts were pounding, their breathings a torrid tornado.

Anh asked her girlfriend would she be okay if she left their table to speak to this gentleman.

"Of course," she said.

Anh and Charlie, therefore, walked to an empty table and sat down.

Anh said, "I thought I'd never see you again." "That's what I thought, too," said Charlie. "What are you doing in New York City?"

"I'm doing post-graduate study in nursing at NYU, but it's summer vacation. And you?"

"That's a long story, Anh," said Charlie.

"I'd like to hear your story," said Anh.

"Are you married?" asked Charlie.

"No, I'm not," said Anh. "Are you?"

"Neither am I," said Charlie. "You saved my life, Anh."

Charlie's remark pierced her heart. Anh's face flushed.

"I fell in love with you the first time I saw you. You healed me," said Charlie.

Charlie said he really wanted to tell her his story, but it would have to be in private. He told Anh he was staying at the Waldorf Astoria, room 719.

"Might you feel comfortable enough to spend the night with me?" said Charlie.

"I'd love to," said Anh.

Charlie's heart started pounding again.


Chapter 5

"Let me just hug you forever," said Charlie.

They just fell onto the bed fully clothed. The room was lit by the night's city lights.

"I couldn't tell you this when we first met. Though I wore a military uniform, the uniform was my cover. I worked at the highest level of the CIA in Saigon. During the Tet Offensive, I was severely wounded and met you when I was hospitalized. When I first met you--even before we first had spoken to each other--I had instantly fallen in love with you," said Charlie.

"Oh, Charlie!", said Anh as she first hugged him even more strongly, then gave him a long kiss.

The talked long into the night, about the past, about the present, about the future.

"T have an idea. First, I must adhere to the mandatory routine forced upon me; otherwise, I will be killed. The good news is that the routine is, in my opinion, lax. My routine is that Sid will pick me up at the Waldorf every evening at 6:45 and drive me to the Village Vanguard where I am to stay until closing time, which is midnight. Then Sid drives me back to the Waldorf. That's it. The way I see it is that from midnight to 6:45 pm the following day, I'm a free man. I've been doing this for years and I've never been checked on, Anh. Furthermore, I need to keep you safe. What do you think?" said Charlie.

"I think both of us will be safe," said Anh.

"If so, we would be able to spend the night together, as well as the rest of the following day, say until 4 pm," said Charlie.

"I agree," said Anh.

"Do you remember telling you I'm passionate about art?" said Charlie.

"Yes, I do remember your sharing that with me," said Anh.

"Well, New York City abounds with art, and you and I can begin to share this beauty tomorrow," said Charlie.

"You're right!" said Anh as she put her arms around around his neck, kissed him, then the two made love as the sun began to rise.


Chapter 6

"Good morning, Anh," said Charlie.

"Good morning to you!" said Anh.

"I'd like to take you to eat breakfast at Tom's, my old haunt when I was a student at Columbia. Then we can take a cab to the Met, as it is often called, to see some of the most beautiful art in the world," said Charlie.

"That sounds wonderful!" said Anh.

Anh showered first, then Charlie.

After both were dressed, Charlie said "Are you ready to head out?

"Yes, I am," replied Anh.

Charlie hailed a cab in front of the Waldorf and asked the cabbie to take them to 112th and Broadway where Tom's was.

"Here," Charlie said, "keep the change."

Tom's, while remodeled, was still Tom's, the same food, the same ambience.
Anh and Charlie ate a full, tasty breakfast.

"Are you ready now to see great art?" Charlie said to Anh.

"I'm ready," said Anh.

Charlie hailed a cab on the corner of 112th and Broadway, and off they went.


Chapter 7

The cab dropped off Anh and Charlie in front of the Met.

"The first piece I want to share with you is my favorite:  Renoir's STILL LIFE WITH PEACHES. It's in the Impressionist Wing," said Charlie.

"Wonderful!" said Anh.

"Well, there it is. I have come to this spot many times and have been transfixed every time I have seen this painting," said Charlie.

"It's beautiful, Charlie," said Anh.

The two stood silently in front of the painting for about 20 minutes.

"It matters not to me how many times I see it nor how long I gaze at it," Charlie said, "I am mesmerized."

Anh and Charlie spent almost an hour in the Impressionist Wing taking in the beauty:  IMPRESSION, SUNRISE by Monet;  LUNCHEON OF THE BOATING PARTY by Renoir;  Le Dejeuner sur l'herbe by Manet;  SUNDAY AFTERNOON BY THE ISLAND ON LA GRAND JATTE by SEURAT, for example.

Other famous paintings:  JULIE LE BRUN LOOKING IN A MIIRROR by Brun;  WASHINGTON CROSSING THE DELAWARE by Leutze;  THE DEATH OF SOCRATES by David;  THE GULF STREAM by Homer;  THE DANCE CLASS by Degas;  BRIDGE OVER A POND OF WATER LILLES by Monet;  SELF PORTRAIT WITH STRAW HAT by Van Gogh;  MUSCIANS by Carravaggio;  PORTRAIT OF A WOMAN WITH A MAN AT A CASEMENT by Lippi;  STUDY OF A WOMAN by Vermeer;  YOUNG MOTHER SEWING by Cassatt.

Charlie knew that it would take a visitor around three hours if she/he simply walked by, but never stopped at, any of the works in the Metropolitan Museum of Art. He knew it, because he had done it himself.

"I'd like to take you to Titiana, famous for its Cairibbean food. It's In David Geffen Hall, part of Lincoln Center. You remember I have to be back to the Waldorf around 6:30 pm so Sid can pick me up at 6:45 so I can arrive at Village Vanguard at 7, right? You have your own key to our room, so keep it with you at all times. I'm sure you'd like to lie down and rest, then freshen up. Here's some money to pay for your cab. Come to the Village Vanguard whenever you like. I love you, Anh," said Charlie.

The two took a cab to Lincoln Center. The maitre'd of the Titiana took them to their table. Anh and Charlie perused their menus.

"I'd like to start with Corn Bread;  Honeynut Piri Piri Salad (Persian Cucumber, Seasonal Grapes, Crispy Quinoa);  Egusi Dumplings (Jonag Crab, Nigerian Red Stew, Pickled Pearl Onion);  and the Bodega Special (Cosmic Brownie, Powdered Sugar Donut Ice Cream, Sorrel), please," said Anh.

Charlie said, "I would like Fried Branzino (Rice & Peas, Cilantro. Onion);  Braized Oxtails (Rice & Peas, Thumberlina Carrot, Chayote Squash);  Hamachi Escovitch (Avocado, Carrot Nage, Marinated Peppers)
and Golden *** Cake, please."

"And what would you both like to drink?" asked the waiter?

"You don't drink alcohol, right Anh?" said Charlie,

"You're right, Charlie," said Anh. "I'll just have ice tea."

"I'm just going to have ice tea, too," said Charlie.

"Well, we've had a full day, Anh, and the day isn't over, is it?" said Charlie. "I think I'm going to give up alcohol now that you've made my life worth living."

"Bless you, Charlie," said Anh.


Chapter 8

The next day, Anh and Charlie visited MoMA (The Museum of Modern Art).

The following were their favorites:  THE STARRY NIGHT by van Gogh;  LES DEMOISELLES d'AVIGNON by Picasso;  CHRISTIAN'S WORLD by Wyeth;  THE BATHER by Cezanne;  THE PIANO LESSON by Matisse;  THE MOON AND THE EARTH by Gauguin;  SEATED BATHER by Picasso;  FULANG-CHANG AND I by Kahlo;  and GIRL WITH BALL by Lichtenstein.

Anh and Charlie ate a nice meal at the The Capital Grille, then returned to the Waldorf to rest. But before resting, they couldn't resist making love, then fell asleep in each other's arms. The alarm clock went off at 5:30 and at 6:45 Sid pick them up and took them to the Village Vanguard arriving at 7.

Charlie's table was waiting, as always.

"We'd both like ice tea," said Charlie to the waitress.

The band was playing ROUND MIDNIGHT then WHAT A WONDERFUL WORLD.

"Anh, being with you is my dream come true," said Charlie. Anh grabbed Charlie's hand and squeezed it.

"I could have attended any university in America, but I chose NYU," said Anh, "and New York City was the only city in America where I could possibly find you!" Anh squeezed Charlie's hand a little harder.

"I have dreamed of you every night since I left Saigon.The odds of us every seeing each other again were incalculable, but it happened. Do you sense it was by chance? I think it was meant to be," Charlie said as he took Anh's other hand and kissed it.

The band was now playing THE GIRL FROM IPANEMA.  No, Charlie thought, the band was now playing THE GIRL FROM SAIGON.

"We have a chance to see the world by seeing New York City, Anh!" said Charlie.

"How wonderful!" said Anh.


Chapter 9

Anh and Charlie at breakfast at Jams, then took a cab to the Whitney Museum of American Art.

Charlie's favorite American artist was Edward Hopper, and while the Art Institute of Chicago had Hopper's most famous work, NIGHTHAWKS, in its collection, The Whitney had the most. Charlie wanted to concentrate on all the Hopper paintings.

The Hopper paintings:  CAPE COD BAY;  MASS OF TREES AT EASTMAN;  ROAD AND ROCKS;  A WOMAN IN THE SUN;  SECOND STORY SUNLIGHT;  SOUTH CAROLINA MORNING:  THE SOURCE OF ALL VIOLENCE, MY UNSEEN FATHER-IN-LAW;  STAIRWAY;   SEVEN A.M.;  ROOFS, SATILLO;  JO IN WYOMING:  SLOPES OF THE TETON;  EL PALACIO;  JO HOPPER;  SELF-PORTRAIT (I);  SELF-PORTRAIT (II);  SATILLO, MEXICO;  a ma femme-jour de naissance;  EARLY SUNDAY MORNING;  LIGHT AT TWO LIGHTS;  TWO ON THE AISLE;  NIGHT WINDOWS;  ROAD IN MAINE;  AMERICAN VILLAGE;  THE WINDOW;  THE HORIZONTAL CITY;  WASHINGTON SQUARE;  THEATER;  REALITY AND FANTASY;  HEAD OF A MAN;  MAN WITH BEARD; NEW YORK MOVIE;  AUTOMAT;  TABLE FOR LADIES;  GIRL AT A SEWING MACHINE;  CHOP SUEY;  FROM WILLIAMSBURG BRIDGE;  HOTEL LOBBY;  and  OFFICE IN A SMALL CITY.

Charlie suggested the two ate at the GRAND CENTRAL OYSTER BAR. Anh said she loved seafood. A cab took them there quickly.

Anh said "I would like OYSTERS ON THE HALF SHELL, A CUP OF CLAM CHOWDER, MUSSELS, AND A SLICE OF KEY LIME PIE, please."

"I would like please OYSTERS ROCKEFELLER, LOBSTER BISQUE, and a good, old-fashion SHRIMP COCKTAIL. We both would like ice tea," said
Charlie.

Their dinners were delicious. They took a cab back to the Waldorf in time to meet Sid who got them to the Village Vanguard by 7.


Chapter 10

In the ensuing summer months, Anh and Charlie continued their seemingly endless exploration of New York City and, at the same time, adhered to their required nightly visits to the Village Vanguard. Over this time, the two enjoyed a cruise around the Statue Of Liberty, going to the top of the Empire State Building, visiting Ellis Island, walking tours of Chinatown and Little Italy, taking the New York Helicopter Tour, experiencing the Central Park Carriage Horse tour, and enjoying the Manhattan Island cruise.

And late afternoons, Anh and Charlie continued to eat among the best restaurants in the world:  OLIO E PIU;  BOUCHIERE UNION
SQUARE;  ELEVEN MADISON PARK;  BALTHAZAR;  GRAMERCY TAVERN;  THE MODERN;  UPLAND;  VIA CAROTA;  LE BERNARDIN;  PICCOLA CUCINA OSTERIA;  SCILLIANA; BOUCHERIE WEST VILLIAGE;  SCHUTTE;  GABRIEL KREUTHER;  FREVO, ATERA;  ESTELLA;  KOCHI;  LE COUCOU;  TAO;  COTE;  PETITE BOUCHERIE;  AMAVI; MANHATTA;  BLUE RIBBON BRASSERI;  1803 NYC;  MINETTA TAVERN;  SCARPETTA; CRAFT;  CROWN SHY;  HEARTH;  CHAMA MAMA;  FORGIONE;  TSUIMI;  PER SI;  CLOVER HILL; ASKA;
DANIEL;  JUNGSIK;  AQUAVIT;  ICCA;  MASA;  SUSHI NAKA-
SAWA;  GRAMERCY TAVERN;  LE PAVILLON;  LE JANDINIER;  
63 CLINTON;  AL CORO;  COTE;  OIJI MI;  JEAN-GEORGES;
DON ANGIE;  ONE WHITE STREET;  VESTRY;  THE MUSKET ROOM;  o.d.o.;  CLARO;  SUSHI NOZ;  ESTELLA;  SAGA;  SEMMA; L'ABEILLE;  NOZ 17;  SUHI GINZA ONODERA;  and THE RIVER CAFE.


It was a mid-August early evening as Anh and Charlie lay curled up naked under the white linen sheet.

"Anh, I love you. I will always love you. I want us to share the rest of our lives with each other. And if you feel as I do, I need to tell you that I feel each of us must be prepared to do the right thing, not only for each other, but also for all others.

"I worked for the CIA, and I know it does not always work for all people. I do not want to be a prisoner of the CIA for the rest of my life, and I don't want the woman I love also to be their prisoner.

"Anh, I love you. I will always love you. I want to spend the rest of my life with you. And if you feel the same toward me, you'll need to know fully what both of us will need to do for the rest of our lives:  SPEAK THE TRUTH. These months I've shared with you have made me realize I cannot go on covering for the CIA and its related agencies and covert, deadly operations. If I cannot love you openly, if I cannot propose to you to be my wife, I would rather be dead. If you cannot run the same risks as I, I'll grieve greatly but understand and respect your feelings," finished Charlie.

"I would rather die than not to love you the rest of my life," said Anh.


Chapter 11

Charlie knew them all, from Haiti onward, but let's start with the OSS of WW11 becoming the CIA.

The CIA was supposed to behave legally, but it didn't always do that. Take, for example, assassination and torture, but don't tell Congress about them. If a foreign country smacked of communist leanings, the CIA needed to "redirect" it, even if its leader had been elected democratically. What else comes to mind? Of course, domestic wiretapping;  manipulation of media;   extraordinary renditions;  secret prisons run by the CIA on foreign soil;  "enhanced interrogation" (torture);  support of dictators in Latin America;  recruiting Nazis as spies;  sales of arms to nations under embargo;  CIA involved in global drug trafficking;  collecting data on Americans without warrants;  and mind control experiments. It took a lot of practice to do all of them well.


Chapter 12

"This is Charlie Cumberston calling for Senator Peterson," said Charlie.

"Just a moment, please," said the secretary.

"Charlie, you old dog!" said John. "We haven't spoken for a hell of a long time! How have you been?"

"That's a long story, Will," said Charlie, "but in truth I need to speak to you in private. It's a life-or-death matter, Will."

There was a long pause.

Charlie and Will were both Nacoms at Columbia, but though Will was considerably older than Charlie, they had become best friends. Will was now the youngest U.S. Senator. After law school, he and his wife, Marilyn, a Barnard graduate, had moved to Boulder, CO where he was elected U.S. Senator on his first try.

"I've been in New York City. I wonder if there is any possibility you might be able to take the shuttle to NYC to talk with me. I need your help," said Charlie.

"Charlie, if you think I could be of help to you, I will find a way to see and talk with you. I'll get back to you pronto." said Will.

"God bless you, Will," said Charlie.

The two exchanged the necessary contact information. Will told Charlie he thought he could get back to him in a day or two, if not sooner.

In early afternoon of the second day, Charlie heard a knock on his door. It was Will.

Charlie opened the door.  "Will, God bless you! Thanks for coming up. Take a seat at the table."

"Will, you know me well," said Charlie. "After Columbia, I joined the CIA. I wanted to honor my country. After intense training, I was sent to Saigon in early '65. During the Tet Offensive, I was wounded severely. I was in the hospital a year. I almost died, but Anh saved me. She was my nurse. I fell in love with her. I had a month before I was to be flown back to the U.S. and it was during that month that I knew I wanted to marry her. When I got back to Langley, they told me I knew too much about the OSS to the present, and if I divulged any iota from the past to the present, I would be "eliminated." I knew they meant what they said. So I agreed to be put up at the Waldorf Astoria and be taken to the Village Vanguard every evening. That was going to be the rest of my life--that is, until I had the unbelievable fortune of meeting Anh in New York City. My dilemma is I know I can't marry Anh now. Anh feels the same as I do. I wish to be remembered as an honorable man. I wish to speak to the world from the podium of the UN General Assembly to tell the billions on Earth the truth and ask all for their forgiveness. You are now the new U.S. Senator from Colorado.  You are an honorable man. The people who voted for you know that. Your fellow Senators will increasingly know that. My advice to you, Will, is do what you think is right. Thanks for hearing me out."

"I will tell the truth," said Will. Will said he would let Charlie know the outcome as soon as he could. The two shook hands and left the restaurant together.


Chapter 13

A week went by and then another. To say both Charlie and Anh were torn was an understatement. Then on the morning of Tuesday of the third week, Will called.

"I have great news for you, Charlie! You've won your battle! You need to prepare your remarks you will share with all the ambassadors and, indeed, the world." said an exuberant Will.

"I can't thank you enough, Will," said Charlie. "I can't thank you enough!"

As soon as Charlie hung up, he picked up Anh and swirled her around and around.

"I will share my remarks with all the ambassadors and the rest of the world," said Charlie, then picked Anh up and gave her a hug and a kiss in mid-air that lasted at least a minute, maybe two.


Chapter 14

"The irony is nobody had the guts to do what you have done, Charlie," said Will. "You have broken things wide open. Now Earth, and every living thing on it, has a chance not only to survive, but also to prosper. I met with U.S. Ambassador Wilson and told him everything. In turn, he spoke first with ambassadors who were his friends who, in turn, spoke with their ambassador friends. This has just spread like wildfire, Charlie. It's amazing!"

"Thanks, Will," said Charlie. "Now my life has meaning. And if this has wheels, we can change the UN Building to the US Building, as in "us, not them."

"That's brilliant, Charlie!" said Will.

After the two men finished their lunches at the 1789 Restaurant in Georgetown, they gave each other a big hug and shock hands.
Anh was taking a nap at the Willard.

"World peace is now the sine qua non for life on Earth," said Will. "Thanks for emailing all your brilliant ideas, Charlie," said Will. "All nations, including the most autocratic ones, see the inescapability of having to form a world union. You are the savior, my friend."

Will continued. "Monday, I will begin to talk to ambassadors. Those will speak to others, and so on. You said there is only one land, one sky, one sea, one people. The boundaries that divided us are not on maps, but in our hearts and minds. Either we will survive as one because of a successful, gargantuan effort to make world peace, or billions will die in minutes. Those are your words, Charlie. Those are your words."

Charlie said "I want to talk with my 8 billion friends on Earth. I will say first that it is an honor to speak to my sisters and brothers. I am overjoyed that I'll meet many of you. I will need to hear your heartaches and hopes to make Earth our home. I will help people realize their real selves. I will help people see what truth is and what it is not. I'll encourage them with love. I will tell them their inner-greatness is inviolable. Corrupt politicians aggrandize power to oppress others, not to empower them. I will die for humanity, but I will never **** anyone."

The ambassadors were in a frenzy for two weeks, communicating with their superiors in their home countries, garnering their approvals, getting ready for Charlie's momentous announcement to the world in the "US Building."

— The End —