È mezzodì. Rintomba. Tacciono le cicale nelle stridule seccie. E chiaro un tuon rimbomba dopo uno stanco, uguale, rotolare di breccie. Rondini ad ali aperte fanno echeggiar la loggia dè lor piccoli scoppi. Già, dopo l'afa inerte, fanno rumor di pioggia le fogline dei pioppi. Un tuon sgretola l'aria. Sembra venuto sera. Picchia ogni anta su l'anta. Serrano. Solitaria s'ode una capinera, là, che canta... che canta... E l'acqua cade, a grosse goccie, poi giù a torrenti, sopra i fumidi campi. S'è sfatto il cielo: a scosse v'entrano urlando i venti e vi sbisciano i lampi. Cresce in un gran sussulto l'acqua, dopo ogni rotto schianto ch'aspro diroccia; mentre, col suo singulto trepido, passa sotto l'acquazzone una chioccia. Appena tace il tuono, che quando al fin già pare, fa tremare ogni vetro, tra il vento e l'acqua, buono, s'ode quel croccolare cò suoi pigolìi dietro.