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Oh, un terribile timore;
La lietezza esplode
Contro quei vetri al buio
Ma tale lietezza, che ti fa cantare in voce
È un ritorno dalla morte: e chi può mai ridere -
Dietro, sotto il riquadro del cielo annerito
Riapparizione ctonia!
Non scherzo: ché tu hai esperienza
Di un luogo che non ** mai esplorato,
UN VUOTO NEL COSMO
È vero che la mia terra è piccola
Ma ** sempre affabulato sui luoghi inesplorati
Con una certa lietezza, quasicché non fosse vero
Ma tu ci sei, qui, in voce
La luna è risorta;
le acque scorrono;
il mondo non sa di essere nuovo e la sua nuova giornata
finisce contro gli alti cornicioni e il nero del cielo
Chi c'è, in quel VUOTO DEL COSMO,
che tu porti nei tuoi desideri e conosci?
C'è il padre, sì, lui!
Tu credi che io lo conosca? Oh, come ti sbagli;
come ingenuamente dai per certo ciò che non lo è affatto;
fondi tutto il discorso, ripreso qui, cantando,
su questa presunzione che per te è umile
e non sai invece quanto sia superba
essa porta in sé i segni della volontà mortale della maggioranza -
L'occhio ilare di me mai disceso agli Inferi,
ombra infernale vagolante
nasconde
E tu ci caschi
Tu conosci di ciò che è realtà solo quell'Uomo Adulto
Ossia ciò che si deve conoscere;
lei, la Donna Adulta, stia all'Inferno
o nell'Ombra che precede la vita
e di là operi pure i suoi malefizi, i suoi incantesimi;
odiala, odiala, odiala;
e se tu canti e nessuno ti sente, sorridi
semplicemente perché, per ora, intanto, sei vittoriosa -
in voce come una giovane figlia avida
che però ha sperimentato dolcezza;
Parigi calca dietro alle tue spalle un cielo basso
Con la trama dei rami neri; ormai classici;
questa è la storia -
Tu sorridi al Padre -
Quella persona di cui non ** alcuna informazione,
che ** frequentato in un sogno che evidentemente non ricordo -
strano, è da quel mostro di autorità
che proviene anche la dolcezza
se non altro come rassegnazione e breve vittoria;
accidenti, come l'** ignorato; così ignorato da non saperne niente -
cosa fare?

Tu doni, spargi doni, hai bisogno di donare,
ma il tuo dono te l'ha dato Lui, come tutto;
ed è Nulla il dono di Nessuno;
io fingo di ricevere;
ti ringrazio, sinceramente grato;
Ma il debole sorriso sfuggente
non è di timidezza
è lo sgomento, più terribile, ben più terribile
di avere un corpo separato, nei regni dell'essere - se è una colpa
se non è che un incidente:
ma al posto dell'Altro
per me c'è un vuoto nel cosmo
un vuoto nel cosmo
e da là tu canti.
Oh, un terribile timore;
La lietezza esplode
Contro quei vetri al buio
Ma tale lietezza, che ti fa cantare in voce
È un ritorno dalla morte: e chi può mai ridere -
Dietro, sotto il riquadro del cielo annerito
Riapparizione ctonia!
Non scherzo: ché tu hai esperienza
Di un luogo che non ** mai esplorato,
UN VUOTO NEL COSMO
È vero che la mia terra è piccola
Ma ** sempre affabulato sui luoghi inesplorati
Con una certa lietezza, quasicché non fosse vero
Ma tu ci sei, qui, in voce
La luna è risorta;
le acque scorrono;
il mondo non sa di essere nuovo e la sua nuova giornata
finisce contro gli alti cornicioni e il nero del cielo
Chi c'è, in quel VUOTO DEL COSMO,
che tu porti nei tuoi desideri e conosci?
C'è il padre, sì, lui!
Tu credi che io lo conosca? Oh, come ti sbagli;
come ingenuamente dai per certo ciò che non lo è affatto;
fondi tutto il discorso, ripreso qui, cantando,
su questa presunzione che per te è umile
e non sai invece quanto sia superba
essa porta in sé i segni della volontà mortale della maggioranza -
L'occhio ilare di me mai disceso agli Inferi,
ombra infernale vagolante
nasconde
E tu ci caschi
Tu conosci di ciò che è realtà solo quell'Uomo Adulto
Ossia ciò che si deve conoscere;
lei, la Donna Adulta, stia all'Inferno
o nell'Ombra che precede la vita
e di là operi pure i suoi malefizi, i suoi incantesimi;
odiala, odiala, odiala;
e se tu canti e nessuno ti sente, sorridi
semplicemente perché, per ora, intanto, sei vittoriosa -
in voce come una giovane figlia avida
che però ha sperimentato dolcezza;
Parigi calca dietro alle tue spalle un cielo basso
Con la trama dei rami neri; ormai classici;
questa è la storia -
Tu sorridi al Padre -
Quella persona di cui non ** alcuna informazione,
che ** frequentato in un sogno che evidentemente non ricordo -
strano, è da quel mostro di autorità
che proviene anche la dolcezza
se non altro come rassegnazione e breve vittoria;
accidenti, come l'** ignorato; così ignorato da non saperne niente -
cosa fare?

Tu doni, spargi doni, hai bisogno di donare,
ma il tuo dono te l'ha dato Lui, come tutto;
ed è Nulla il dono di Nessuno;
io fingo di ricevere;
ti ringrazio, sinceramente grato;
Ma il debole sorriso sfuggente
non è di timidezza
è lo sgomento, più terribile, ben più terribile
di avere un corpo separato, nei regni dell'essere - se è una colpa
se non è che un incidente:
ma al posto dell'Altro
per me c'è un vuoto nel cosmo
un vuoto nel cosmo
e da là tu canti.
Oh, un terribile timore;
La lietezza esplode
Contro quei vetri al buio
Ma tale lietezza, che ti fa cantare in voce
È un ritorno dalla morte: e chi può mai ridere -
Dietro, sotto il riquadro del cielo annerito
Riapparizione ctonia!
Non scherzo: ché tu hai esperienza
Di un luogo che non ** mai esplorato,
UN VUOTO NEL COSMO
È vero che la mia terra è piccola
Ma ** sempre affabulato sui luoghi inesplorati
Con una certa lietezza, quasicché non fosse vero
Ma tu ci sei, qui, in voce
La luna è risorta;
le acque scorrono;
il mondo non sa di essere nuovo e la sua nuova giornata
finisce contro gli alti cornicioni e il nero del cielo
Chi c'è, in quel VUOTO DEL COSMO,
che tu porti nei tuoi desideri e conosci?
C'è il padre, sì, lui!
Tu credi che io lo conosca? Oh, come ti sbagli;
come ingenuamente dai per certo ciò che non lo è affatto;
fondi tutto il discorso, ripreso qui, cantando,
su questa presunzione che per te è umile
e non sai invece quanto sia superba
essa porta in sé i segni della volontà mortale della maggioranza -
L'occhio ilare di me mai disceso agli Inferi,
ombra infernale vagolante
nasconde
E tu ci caschi
Tu conosci di ciò che è realtà solo quell'Uomo Adulto
Ossia ciò che si deve conoscere;
lei, la Donna Adulta, stia all'Inferno
o nell'Ombra che precede la vita
e di là operi pure i suoi malefizi, i suoi incantesimi;
odiala, odiala, odiala;
e se tu canti e nessuno ti sente, sorridi
semplicemente perché, per ora, intanto, sei vittoriosa -
in voce come una giovane figlia avida
che però ha sperimentato dolcezza;
Parigi calca dietro alle tue spalle un cielo basso
Con la trama dei rami neri; ormai classici;
questa è la storia -
Tu sorridi al Padre -
Quella persona di cui non ** alcuna informazione,
che ** frequentato in un sogno che evidentemente non ricordo -
strano, è da quel mostro di autorità
che proviene anche la dolcezza
se non altro come rassegnazione e breve vittoria;
accidenti, come l'** ignorato; così ignorato da non saperne niente -
cosa fare?

Tu doni, spargi doni, hai bisogno di donare,
ma il tuo dono te l'ha dato Lui, come tutto;
ed è Nulla il dono di Nessuno;
io fingo di ricevere;
ti ringrazio, sinceramente grato;
Ma il debole sorriso sfuggente
non è di timidezza
è lo sgomento, più terribile, ben più terribile
di avere un corpo separato, nei regni dell'essere - se è una colpa
se non è che un incidente:
ma al posto dell'Altro
per me c'è un vuoto nel cosmo
un vuoto nel cosmo
e da là tu canti.
Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ** congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.
Stefano Jan 2013
Occhi verdi come il silenzio, ostinati nel vuoto di forme angeliche e trasparenti. Finti giroscopici frammenti moltiplicati a dare geometrica forma al mare. Bianchi cristalli fragili ed invisibili. Osservo le onde, le persone e la musica. Ubriaco di volti e suoni. Incastonati nella mia storia. Semplici ed incomprensibili.
Diego Scarca Feb 2010
Alla voce della persona, ignorata,
non risponde che uno stesso sfondo
di suono paziente, vuoto.
Con gesti circospetti
non si fermano gli oggetti
lasciati in un punto.

C'è stato un giorno qualsiasi,
un avvenimento banale:
qualcuno che dormiva
nelle camere di fianco
mentre si parlava.
E continuan le abitudini.

Sul cortile riposano
la nera facciata
e gli archi dei terrazzi.
Da un angolo proviene
una vampata di terrore.
S'arresta il rumore dei fili
della luce sbattuti.
S'apre una corta reminiscenza.

Nello stesso spazio
occupato prima da un senso strano
ora è un cemento d'angoscia.
Sul parapetto del muro di fronte
cade qualcosa,
poi si muove un animale nel fondo.

Arriveranno altri perduti dettagli,
si sentirà l'assenza.
Quando dal vicolo si scorge
un'altra spoglia di ringhiera
e una parvenza di passi sulla ghiaia,
come un pazzo risvolto, si ripete,
nel grembo dell'essere t'assale,
senza speranza,
un incontrastato malessere
così forte che il tempo appare
nella posa arrogante degli oggetti.

Oltre la scarpata,
piani di terra asciutta, martoriata,
i campi dove si tuffi
l'acqua di motori accesi nella notte
e, dietro, il mare.
E' un disuguale accorgersi
delle distanze.

A volte si sostiene per ore
un manto di oscurità feroce
intorno ad una statua.
Poi non resta che il dissapore
per aver inteso domandare pietà
da un'inutile voce.
Diego Scarca, Architetture del vuoto, Torino, Edizioni Angolo Manzoni, 2007
Dicono che la mia
sia una poesia d'inappartenenza.
Ma s'era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
Marco Bo Oct 2018
under this gray sky
drowned between a praise and a curse
some remain silent
others dig and go
and shout your name
the name "you cannot say!"
  and the emptiness remains

the emptiness remains
and I
miss myself so much
I miss myself so much

and the world misses me
under this gray sky
like a fish in an ball
who bangs his face against the glass, dreaming about the infinite
and just to get out of that nightmare
decides to stay attached to the hook ...

shouting
my hook !
I love you!

mio amo
ti amo!

......................

bajo este cielo gris
ahogados entre un elogio y un improperio,
algunos permanecen en silencio
otros cavan y se van
y gritan tu nombre
el nombre "que no sabes decir!"
  y el vacío permanece


el vacío permanece
y yo

me extraño
mucho

me extraño mucho
y me  extraño  mundo
bajo este cielo gris
como un pez en un acuario

quien golpea su cara contra el cristal, soñando el infinito.
y solo para salir de esa pesadilla
decide quedarse atado al gancho ...

gritando
mi gancho
yo te quiero!

mio amo
io ti amo!
.............

sotto questo cielo grigio
annegati tra una lode e un improperio,
alcuni rimangono in silenzio
altri scavano e vanno
e gridano il tuo nome
il nome che "tu non sai dire!"
e il vuoto rimane

il vuoto rimane
ed io
mi manco
tanto

manco tanto a me stesso
e al mondo
sotto questo grigio cielo
come un pesce in un aquario  
che  sbattendo il muso contro il vetro, sogna l'infinito
e pur di uscire da quell'incubo
decide di rimanere aggangiato all'amo...
gridando

mio amo!
Io ti amo!
Io ti amo
e se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l'universo

Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà
di questo sgarbo
che onde a mille, e sirene
non hanno l'incanto
di un solo tuo sguardo

Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani, e sarà ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni

Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d'estate
per il caldo non dormi
E se non ti basta
perché il tempo si fermi
fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo.
Il poeta è un uccello
che becca le parole
sotto la neve del normale
viene sul davanzale
e scappa, impaurito
se lo vuoi catturare
Il poeta è femmina
Il poeta è gagliardo
ha qualcosa, nello sguardo
che tu dici: è un poeta
Spesso è analfabeta
ma è meglio
è piú immediato
il poeta è un ammalato
colitico, fegatoso, asmatico
il poeta è antipatico, scontroso
ombroso: guai
chiamarlo poeta
è una cometa
che annuncia un mondo nuovo
è assolutamente inutile
è un fallito
è un pappagallo di partito
è organico, no,
è fatto d'aria
ha nella penna tutta intera
la rabbia proletaria
è sopra la politica
è sopra il mondo
il poeta è tisico e biondo
il poeta è sempre suicida
il poeta è un furbone
il poeta è una sfida
alle banalità del mondo
il poeta è assolutamente
del tutto normale
il poeta è omosessuale
il poeta è un santo
il poeta è una spia
poi un giorno va via
in un isola lontana
o anche a puttana
e lascia un gran vuoto
nella poesia
la sua
il poeta è il titolo
di questa mia.
Stefano Jan 2013
Vorticosi anelli imperlati di caducità. Volto scuro, nell'ombra del sole. Vivace tristezza volteggiante sulla testa. Scintilla di fuoco di una sigaretta sprecata. Respiro forte di polmoni, a riempire il vuoto che c'è nell'anima
con l'etereo.
Catrame nero e traditore, colma le mie mancanze e paziente ascolta i miei lamenti.
Impassibile e maligno.
bk Jun 2015
mio caro amore  
** deciso che i tempi dello scrivere sotto sedativi sono tornati quindi poggia la testa al sedile, chiudi gli occhi e goditi la corsa.
I:
** messo la testa fuori dalla finestra nella speranza di riempire i miei polmoni di aria gelida ma tutto ciò che ** visto è la solita strada con il solito alienante senso di vuoto che solo un paesino del Sud può regalare. quando ** detto che i vicini di casa mi spaventano non stavo dicendo una bugia: aspetto ancora che qualcuno ammazzi qualcuno sulla mia strada, probabilmente perché un paio di anni fa quello sarebbe dovuto essere il mio destino.
II:
chissà se le persone hanno capito che le mie domande non hanno un doppio fine ma semplicemente ** una vera e propria dipendenza da informazioni, devo avere tutto perfettamente chiaro e perfettamente illuminato, altrimenti perdo il controllo e divento ossessiva finché il tutto non si chiarisce.

III;
penso alle ninfee, alle ranocchie, agli stagni putridi in cui riposano ossa. ogni Monet occulta un cadavere.

IV;
le tue mani sono molto belle e non mi importa se ti mangi le pellicine e non mi importa se le rovini col cemento finché le usi anche per costruìre imperi sulla mia schiena, palazzi con i miei capelli intrecciati.

V:
sono le 02:02 e il mondo non è bello ma almeno è silenzioso.
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore da ubriaco.

Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi, case, colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
I turbini sollevano la polvere
sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi
deserti, ove i cavalli incappucciati
annusano la terra, fermi innanzi
ai vetri luccicanti degli alberghi.
Sul corso, in faccia al mare, tu discendi
in questo giorno
or piovorno ora acceso, in cui par scatti
a sconvolgerne l'ore
uguali, strette in trama, un ritornello
di castagnette.
È il segno d'un'altra orbita: tu seguilo.
Discendi all'orizzonte che sovrasta
una tromba di piombo, alta sui gorghi,
più d'essi vagabonda: salso nembo
vorticante, soffiato dal ribelle
elemento alle nubi; fa che il passo
su la ghiaia ti scricchioli e t'inciampi
il viluppo dell'alghe: quell'istante
è forse, molto atteso, che ti scampi
dal finire il tuo viaggio, anello d'una
catena, immoto andare, oh troppo noto
delirio, Arsenio, d'immobilità...
Ascolta tra i palmizi il getto tremulo
dei violini, spento quando rotola
il tuono con un fremer di lamiera
percossa; la tempesta è dolce quando
sgorga bianca la stella di Canicola
nel cielo azzurro e lunge par la sera
ch'è prossima: se il fulmine la incide
dirama come un albero prezioso
entro la luce che s'arrosa: e il timpano
degli tzigani è il rombo silenzioso
Discendi in mezzo al buio che precipita
e muta il mezzogiorno in una notte
di globi accesi, dondolanti a riva, -
e fuori, dove un'ombra sola tiene
mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita
l'acetilene -
finché goccia trepido
il cielo, fuma il suolo che t'abbevera,
tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono
le tende molli, un fruscio immenso rade
la terra, giù s'afflosciano stridendo
le lanterne di carta sulle strade.
Così sperso tra i vimini e le stuoie
grondanti, giunco tu che le radici
con sé trascina, viscide, non mai
svelte, tremi di vita e ti protendi
a un vuoto risonante di lamenti
soffocati, la tesa ti ringhiotte
dell'onda antica che ti volge; e ancora
tutto che ti riprende, strada portico
mura specchi ti figge in una sola
ghiacciata moltitudine di morti,
e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell'ora che si scioglie, il cenno d'una
vita strozzata per te sorta, e il vento
la porta con la cenere degli astri.
** sceso, dandoti il braccio, almeno milioni di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede.
** sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ** scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.
Thomas Maltuin May 2015
No given thought
from one so young
of double speak
or triple tongue

I cradle thee
within my boughs
ignorant of
thy whats and hows

Jednom slomljena
ce jour, repare!
mia mente, la vuoto,
verloren geht, und wie!

'Twas scattered 'bout
now gathered glued
so yugen read
this thought subdued

if now a mess
no more to rhyme
you should have seen
this,
       aforetime
some nonsense poetry
if you make sense of it i'm proud of you
just for translating
Gemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
vuoto il cielo, e cavo al piè sonante sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile.
È l'estate, fredda, dei morti.
Brevi erano le tue lettere, precise, tutte muscolo e nervo,
di mano più usa al compasso, alla squadra, al gesto del duro comando.
Dicevan le semplici cose con semplici **** parole;
ma due ne portavano in fine, due, sempre le stesse: "Sei mia".
E quando ella giungeva, leggendo, al termine noto,
s'abbandonava all'indietro, vuotata del sangue, morente d'amore.
Ombre violacee intorno alla socchiusa bocca, all'affilato naso
precipitoso palpito delle vene gonfiate alle tempie alla gola
cecità delle palpebre, tensione delle mascelle nel desiderio
faccia di donna agonizzante in estasi, tu non la vedesti,
nessuno la vide. Era sola.

Ora, ogni notte, la donna che più non vorrebbe esser viva
nel vuoto della sua casa che ha odore di cenere spenta
scioglie un pacco di lettere legato con un nastro nero.
E legge; e, giunta al termine ben noto che a ognuna è sigillo,
ancor s'abbandona all'indietro, vuotata del sangue, morente d'amore.
Così, dalla tomba, con dura predace potenza di sillabe scritte
tu l'imprigioni, o scomparso, tu la possiedi così.
L'uomo, monotono universo,
Crede allargarsi i beni
E dalle sue mani febbrili
Non escono senza fine che limiti.

Attaccato sul vuoto
Al suo filo di ragno,
Non teme e non ******
Se non il proprio grido.

Ripara il logorio alzando tombe,
E per pensarti, Eterno,
Non ha che le bestemmie.
Da dove ci chiamano i rimorsi?
Assenza,
assenza non sa il cuore di chi
né di che ima
perdutissima sostanza.
Sa solo che è incolmabile
quel vuoto, quella lacuna
non fosse il dilagare,
talora, d'una fervida
celestiale sovrabbondanza.
Io lo so d'esser stato sbattuto qua senza una ragione.
In questa vita che tutti mi vogliono far credere di vuoto ne è piena.
Come stanze vuote di una casa,
riempite solo dall'echeggiare della mia voce


Uomo che getti la sigaretta usata per strada, abbi rispetto di questo mondo che amo.
La tua futilità mescolata alla tua noncuranza mi rende facile la fantasia della tua morte.
Un'altra ancora ed io ucciderò te, prima che tu possa continuare col tuo sterminio.
Un'altra ancora e ti estirpero' come un chirurgo estirpa il tumore.

Una madre sarà per questo mondo la tua morte.

Ma io avrò cura di tutta la meraviglia che mi è stata donata senza ragione né merito.
La riempirò d'attimi fuggenti, amore e poesie.
E con forza difenderò tutto ciò che amo dalla iniquità di voi diffusissimi esseri vuoti.
Iniziata come una poesia, questo scritto diventa successivamente uno sfogo, dopo aver visto un uomo gettare una sigaretta usata, nella vegetazione che stavo contemplando(lo so, sembra eccessiva come parola, ma era proprio ciò che stavo facendo)

Quel gesto fatta con così tanta superficialità, da così tanti uomini mi ha riportato a riflettere sulla questione "inquinamento ambientale", che tanto mi sta da sempre a cuore.

Facendomi riflettere pure sul fatto che la produzione e diffusione d'arte stessa comporta un uso industriale di colori, (tempo fa CD e plexiglas) elettricità ecc...
Che possa forse la tecnologia paradossalmente portare a un miglioramento di tutto ciò con l'attuale musica distribuita e ascoltata digitalmente?
Stessa cosa per le arti figurative che vengono sempre più spesso fatte digitalmente?

Questa è sicuramente una tematica da approfondire sul serio, più avanti nella mia vita, sperando che non sarà troppo tardi.
Sono più di trent'anni e, di queste ore,
mamma, tu con dolor m'hai partorito;
ed il mio nuovo piccolo vagito
t'addolorava più del tuo dolore.
Poi tra il dolore sempre ed il timore,
o dolce madre, m'hai di te nutrito:
e quando fui del corpo tuo vestito,
quand'ebbi nel mio cuor tutto il tuo cuore,
allor sei morta; e son vent'anni: un giorno!
E già gli occhi materni io penso a vuoto;
e il caro viso già mi si scolora;
mamma, e più non ti so. Ma nel soggiorno
freddo dè morti, nel tuo sogno immoto,
tu m'accarezzi i riccioli d'allora.
Tu insegui le mie forme,
segui tu la giustezza del mio corpo
e non mai la bellezza
di cui vado superba.
Sono animale all'infelice coppia
prona su un letto misero d'assalti,
sono la carezzevole rovina
dei fecondi sussulti alle tue mani,
sono il vuoto cresciuto
sino all'altezza esatta del piacere
ma con mille tramonti alle mie spalle:
quante volte, amor mio, tu mi disdegni.
Marco Bo Nov 2018
under this grey suburban sky, it is not my habit to complain
although lately you seem empty
yet every day I  dedicate myself to you
and you do not look at me
you frame of fire, scar of wind!

maybe I'm too old
and  too resentful
or it irritates me the fact that I have to keep looking at you
looking for a meaning in my eyes

just leave me or let me go
as you wish as I know
.......

sotto questo grigio cielo suburbano,
non è mia abitudine lamentarmi
ma ultimamente sembri vuoto
eppure ogni giorno mi dedico a te
e tu non mi guardi
tu cornice di fuoco, cicatrice del vento!

forse sono troppo vecchio
e pieno di risentimento
oppure mi irrita il fatto di dover continuare a guardarti
cercando un significato nei miei occhi

lasciami o lasciami andare
come tu desideri come io so
...............
bajo  este cielo gris, no es mi costumbre quejarme.
aunque últimamente pareces vacío
sin embargo, todos los días yo me  dedico a ti
y tu no me miras
marco de fuego, cicatriz de viento!

tal vez you sea demasiado viejo
y ya muy resentido
o me irrita el hecho de que tengo que seguir mirándote
buscando un significado en mis ojos

solo déjame o déjame ir
como tu desees como yo se
..........

sous ce ciel gris de banlieue,

je n'ai pas l'habitude de me plaindre
mais récemment tu sembles vide
bien que chaque jour je me dédie à vous
et tu ne me regarde pas
vous encadrez de feu, cicatrice du vent!

peut-être que je suis trop vieux
et trop rancunier
ou que m'irrite le fait que je dois continuer à vous regarder
a la recherche d'un sens dans mes yeux

laisse-moi ou laisse-moi partir
comme tu veux comme je sais
Brevi erano le tue lettere, precise, tutte muscolo e nervo,
di mano più usa al compasso, alla squadra, al gesto del duro comando.
Dicevan le semplici cose con semplici **** parole;
ma due ne portavano in fine, due, sempre le stesse: "Sei mia".
E quando ella giungeva, leggendo, al termine noto,
s'abbandonava all'indietro, vuotata del sangue, morente d'amore.
Ombre violacee intorno alla socchiusa bocca, all'affilato naso
precipitoso palpito delle vene gonfiate alle tempie alla gola
cecità delle palpebre, tensione delle mascelle nel desiderio
faccia di donna agonizzante in estasi, tu non la vedesti,
nessuno la vide. Era sola.

Ora, ogni notte, la donna che più non vorrebbe esser viva
nel vuoto della sua casa che ha odore di cenere spenta
scioglie un pacco di lettere legato con un nastro nero.
E legge; e, giunta al termine ben noto che a ognuna è sigillo,
ancor s'abbandona all'indietro, vuotata del sangue, morente d'amore.
Così, dalla tomba, con dura predace potenza di sillabe scritte
tu l'imprigioni, o scomparso, tu la possiedi così.
Io ti amo
e se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l'universo

Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà
di questo sgarbo
che onde a mille, e sirene
non hanno l'incanto
di un solo tuo sguardo

Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani, e sarà ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni

Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d'estate
per il caldo non dormi
E se non ti basta
perché il tempo si fermi
fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo.
Aliq Aug 2020
Verse I:
Your eyes end up the war on my mind,
And returned to those I left behind.
I wasn't thinking that it would be so hard,
But you showed me a red card.

Verse II:
As winter came suddenly over the summer,
As love has been broken, leaving a ******.
And in the end, so left, our dreams
Were revived in a scathing, terrible scream.

Chorus:
This torture again. Almost unreal.
You was so beautiful. Extremely real.
And we have to respond in a lovers' trial
Facing a world in complete denial.

Verse III:
Yes. I try my best to catch our past,
But my hands have already full of dust.
** cercato dimenticare, distrutta dal fuoco,
Ma, purtroppo, nulla puo riempire quel vuoto.

Verse IV:
I'm ready to get the new opportunita,
And I'll always be able to defend verita.
I have nothing to lose and have nothing to get.
You see - it's all right I'm keep smiling. But yet...

Chorus:
This torture again. Almost unreal.
You was so beautiful. Extremely real.
And we have to respond in a lovers' trial
Facing a world in complete denial
Io ti amo
e se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l'universo

Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà
di questo sgarbo
che onde a mille, e sirene
non hanno l'incanto
di un solo tuo sguardo

Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani, e sarà ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni

Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d'estate
per il caldo non dormi
E se non ti basta
perché il tempo si fermi
fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo.
Il poeta è un uccello
che becca le parole
sotto la neve del normale
viene sul davanzale
e scappa, impaurito
se lo vuoi catturare
Il poeta è femmina
Il poeta è gagliardo
ha qualcosa, nello sguardo
che tu dici: è un poeta
Spesso è analfabeta
ma è meglio
è piú immediato
il poeta è un ammalato
colitico, fegatoso, asmatico
il poeta è antipatico, scontroso
ombroso: guai
chiamarlo poeta
è una cometa
che annuncia un mondo nuovo
è assolutamente inutile
è un fallito
è un pappagallo di partito
è organico, no,
è fatto d'aria
ha nella penna tutta intera
la rabbia proletaria
è sopra la politica
è sopra il mondo
il poeta è tisico e biondo
il poeta è sempre suicida
il poeta è un furbone
il poeta è una sfida
alle banalità del mondo
il poeta è assolutamente
del tutto normale
il poeta è omosessuale
il poeta è un santo
il poeta è una spia
poi un giorno va via
in un isola lontana
o anche a puttana
e lascia un gran vuoto
nella poesia
la sua
il poeta è il titolo
di questa mia.
Gemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro senti nel cuore...

Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
vuoto il cielo, e cavo al piè sonante sembra il terreno.

Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile.
È l'estate, fredda, dei morti.
Il poeta è un uccello
che becca le parole
sotto la neve del normale
viene sul davanzale
e scappa, impaurito
se lo vuoi catturare
Il poeta è femmina
Il poeta è gagliardo
ha qualcosa, nello sguardo
che tu dici: è un poeta
Spesso è analfabeta
ma è meglio
è piú immediato
il poeta è un ammalato
colitico, fegatoso, asmatico
il poeta è antipatico, scontroso
ombroso: guai
chiamarlo poeta
è una cometa
che annuncia un mondo nuovo
è assolutamente inutile
è un fallito
è un pappagallo di partito
è organico, no,
è fatto d'aria
ha nella penna tutta intera
la rabbia proletaria
è sopra la politica
è sopra il mondo
il poeta è tisico e biondo
il poeta è sempre suicida
il poeta è un furbone
il poeta è una sfida
alle banalità del mondo
il poeta è assolutamente
del tutto normale
il poeta è omosessuale
il poeta è un santo
il poeta è una spia
poi un giorno va via
in un isola lontana
o anche a puttana
e lascia un gran vuoto
nella poesia
la sua
il poeta è il titolo
di questa mia.
Dicono che la mia
sia una poesia d'inappartenenza.
Ma s'era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
I turbini sollevano la polvere
sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi
deserti, ove i cavalli incappucciati
annusano la terra, fermi innanzi
ai vetri luccicanti degli alberghi.
Sul corso, in faccia al mare, tu discendi
in questo giorno
or piovorno ora acceso, in cui par scatti
a sconvolgerne l'ore
uguali, strette in trama, un ritornello
di castagnette.
È il segno d'un'altra orbita: tu seguilo.
Discendi all'orizzonte che sovrasta
una tromba di piombo, alta sui gorghi,
più d'essi vagabonda: salso nembo
vorticante, soffiato dal ribelle
elemento alle nubi; fa che il passo
su la ghiaia ti scricchioli e t'inciampi
il viluppo dell'alghe: quell'istante
è forse, molto atteso, che ti scampi
dal finire il tuo viaggio, anello d'una
catena, immoto andare, oh troppo noto
delirio, Arsenio, d'immobilità...
Ascolta tra i palmizi il getto tremulo
dei violini, spento quando rotola
il tuono con un fremer di lamiera
percossa; la tempesta è dolce quando
sgorga bianca la stella di Canicola
nel cielo azzurro e lunge par la sera
ch'è prossima: se il fulmine la incide
dirama come un albero prezioso
entro la luce che s'arrosa: e il timpano
degli tzigani è il rombo silenzioso
Discendi in mezzo al buio che precipita
e muta il mezzogiorno in una notte
di globi accesi, dondolanti a riva, -
e fuori, dove un'ombra sola tiene
mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita
l'acetilene -
finché goccia trepido
il cielo, fuma il suolo che t'abbevera,
tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono
le tende molli, un fruscio immenso rade
la terra, giù s'afflosciano stridendo
le lanterne di carta sulle strade.
Così sperso tra i vimini e le stuoie
grondanti, giunco tu che le radici
con sé trascina, viscide, non mai
svelte, tremi di vita e ti protendi
a un vuoto risonante di lamenti
soffocati, la tesa ti ringhiotte
dell'onda antica che ti volge; e ancora
tutto che ti riprende, strada portico
mura specchi ti figge in una sola
ghiacciata moltitudine di morti,
e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell'ora che si scioglie, il cenno d'una
vita strozzata per te sorta, e il vento
la porta con la cenere degli astri.
Dicono che la mia
sia una poesia d'inappartenenza.
Ma s'era tua era di qualcuno:
di te che non sei più forma, ma essenza.
Dicono che la poesia al suo culmine
magnifica il Tutto in fuga,
negano che la testuggine
sia più veloce del fulmine.
Tu sola sapevi che il moto
non è diverso dalla stasi,
che il vuoto è il pieno e il sereno
è la più diffusa delle nubi.
Così meglio intendo il tuo lungo viaggio
imprigionata tra le bende e i gessi.
Eppure non mi dà riposo
sapere che in uno o in due noi siamo una sola cosa.
I turbini sollevano la polvere
sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi
deserti, ove i cavalli incappucciati
annusano la terra, fermi innanzi
ai vetri luccicanti degli alberghi.
Sul corso, in faccia al mare, tu discendi
in questo giorno
or piovorno ora acceso, in cui par scatti
a sconvolgerne l'ore
uguali, strette in trama, un ritornello
di castagnette.
È il segno d'un'altra orbita: tu seguilo.
Discendi all'orizzonte che sovrasta
una tromba di piombo, alta sui gorghi,
più d'essi vagabonda: salso nembo
vorticante, soffiato dal ribelle
elemento alle nubi; fa che il passo
su la ghiaia ti scricchioli e t'inciampi
il viluppo dell'alghe: quell'istante
è forse, molto atteso, che ti scampi
dal finire il tuo viaggio, anello d'una
catena, immoto andare, oh troppo noto
delirio, Arsenio, d'immobilità...
Ascolta tra i palmizi il getto tremulo
dei violini, spento quando rotola
il tuono con un fremer di lamiera
percossa; la tempesta è dolce quando
sgorga bianca la stella di Canicola
nel cielo azzurro e lunge par la sera
ch'è prossima: se il fulmine la incide
dirama come un albero prezioso
entro la luce che s'arrosa: e il timpano
degli tzigani è il rombo silenzioso
Discendi in mezzo al buio che precipita
e muta il mezzogiorno in una notte
di globi accesi, dondolanti a riva, -
e fuori, dove un'ombra sola tiene
mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita
l'acetilene -
finché goccia trepido
il cielo, fuma il suolo che t'abbevera,
tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono
le tende molli, un fruscio immenso rade
la terra, giù s'afflosciano stridendo
le lanterne di carta sulle strade.
Così sperso tra i vimini e le stuoie
grondanti, giunco tu che le radici
con sé trascina, viscide, non mai
svelte, tremi di vita e ti protendi
a un vuoto risonante di lamenti
soffocati, la tesa ti ringhiotte
dell'onda antica che ti volge; e ancora
tutto che ti riprende, strada portico
mura specchi ti figge in una sola
ghiacciata moltitudine di morti,
e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell'ora che si scioglie, il cenno d'una
vita strozzata per te sorta, e il vento
la porta con la cenere degli astri.
Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore da ubriaco.

Poi, come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi, case, colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ** congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.
Pareva facile giuoco
mutare in nulla lo spazio
che m'era aperto, in un tedio
malcerto il certo tuo fuoco.

Ora a quel vuoto ** congiunto
ogni mio tardo motivo,
sull'arduo nulla si spunta
l'ansia di attenderti vivo.

La vita che dà barlumi
è quella che sola tu scorgi.
A lei ti sporgi da questa
finestra che non s'illumina.
L'uomo, monotono universo,
Crede allargarsi i beni
E dalle sue mani febbrili
Non escono senza fine che limiti.

Attaccato sul vuoto
Al suo filo di ragno,
Non teme e non ******
Se non il proprio grido.

Ripara il logorio alzando tombe,
E per pensarti, Eterno,
Non ha che le bestemmie.

— The End —