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Naomi Sa'Rai Feb 2012
Yes Sandi is my name
Im the player in her game
Chess is
Checkers times two
Had fun toying
With you
My friend
My friend
Mandi mentioned you
As I laid
Fingers splayed
Teasing her sin
Sandi
She moaned
Playful lusted tone
He's a great young man
Thoughts of you
Interrupted
She begged
Grabbing hands
Mandi
Mandi
What a woman you are
Kept a young man falling
Free like comets
From stars
Oh Mandi
You knew
That you had a lover
Who looked just like you
Mandi I assumed you didn't lie
Notice shock
Looking up
On you
Going down
On that guy
Sandi
Baby you called out
What the hell was that about
Mandi i thought you cared
Somehow the exhausting
******* we shared
Couldn't satisfy you
Mandi go to hell
Take your man
Downtown with you

My poem
Murray
Naomi Sa'Rai Feb 2012
I knew
I guess i knew from the start
That i could love you
With my whole heart
You gave no clue
You had a lover
And they looked just like you
I find it hard to believe
How you could be such a tease
Your so go
It's like you send me with ease
Please say it's not true
You couldn't have a lover
Who looks just like you
Mandi i want you to understand
Whatever you do
It's better with a man
Let me help you conceive
You wouldn't have to make believe
Mandi why can't you see
All that you need
You have with me
Girl i'm just a fool
You have what you want
And they look just like you
Mandi what else can i say
Your having fun
Going downtown your way

My Fathers Poem
jide oyediran Sep 2014
Story for the gods
Mandi the queen
In silk sack
Can you hum a song
Witout knowing the song
Yes off course
Why of course
Bring it on the podium
Rings the othodox bell
Time to go
Mandi in shining attire
weighing options
Shining silk sack shining
Rythm fails. . .
Aditya Roy Jan 2021
No more vibrant bazaars with vegetables lined across carts
No more shouts of vendors piqued with anticipation for the day's sell
No more selling of fruits and poultry to the hordes of families lining near a mandi
I must be on the wrong street, my memory fails me.
No more spices being sold for a day of solace from the midnight cries of a mewling child?
No more rabble of vendors that belong on fields, away from home and from their wives?
Is this even Delhi?
Oh! Look a tricolor map on a desolate stretch of empty push-carts
Why does that torn flag that unites us all hang low in humility?
Where are all the people of the city?
Is that my India putting on a broken disguise?
The only thing holding me together is my dignity
This poem is my take on the Delhi protests.
Just Melz Aug 2014
A knocking...
Knocking on the door
Pick yourself up off the floor
I'm here for you
Open the door,  let me in
I'm your friend.

Been by your side through thick and thin
And as you've been there for me,  
Let me assure you
I'll never leave.

And you best believe
After all we've been through
The times we've cried,  laughed and held each other tight
And like this night when things grow dimmer for you
I'll be the light to help you though.

And I know you'd do the same for me
Although I pray and wish hopefully that my light stays bright
There will come a very dark night
I'll need you to hold my hand.

Although it may not be planned
One of these night I may not be able to stand
When I hear the knocking on the door,  
I'll let you in
And when you pick me up off the floor,  
I'll know I've found my best friend.
For Mandi Fallon.  My best friend.
I love you Mandi!
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
Noandy Aug 2017
Pagi memamah bangkai di halaman. Bangkai yang kami mangsa bersama semalam sembari duduk melingkar dan mengumpat atas ketidakmujuran yang menghantui kami. Ah, tapi ketidakmujuran dan kesendirian itu toh akhirnya diobati oleh makan malam bersama yang getir dan sangit. Kami sendirian bersama. Kami tidak mujur dan sendirian bersama agar dapat menyantap makan malam ini. Makan malam dengan menu bangkai bersaus pedas ditambah rempah, baunya yang pedih menusuk sengaja kami umbar sebagai pertanda bahwa kami telah hadir di kaki gunung yang belum menampakkan kehangatannya. Kaki gunung yang masih menjegal kaki kami. Kaki gunung yang tajam. Tapi malam mewujud dari lingsir menjadi lengser dan mentari dengan cepatnya kembali mencemooh melalui pagi. Lebih cepat dari kami yang sedang memangsa bangkai. Lebih cepat dari kunyahan kami pada tiap otot dan lemak. Sisa-sisa bangkai yang kami mangsa bersama semalam pun tercecer di halaman bersama bulir beras serta bebijian yang terjatuh dari kelopak mata kami, gantikan air mata. Kami harus membuang bangkai itu segera dan tak boleh sampai terlihat memangsa bangkai. Memangsa bangkai bukanlah hal yang patut dibanggakan terlebih lagi di kaki gunung yang beradab. Halaman kami berbau bangkai. Tak masalah jika aroma itu menujam hidung kala malam, karena manusia yang lalai akan menganggapnya sebagai mimpi belaka. Namun jika sampai bau itu tercium kala pagi maka kami lah yang akan kena kutuk. Kami akan menjadi anak-anak terkasih setan kaki gunung. Meski kami memangsa bangkai, kami tak menginginkannya. Kami hanya ingin bahagia dan dapat saling mencintai. Bangkai-bangkai itu tercecer dan kami tak memiliki tanah untuk mengubur bongkahan yang kini dimamah oleh pagi yang acuh. Pagi yang dingin. Pagi yang memanas. Pagi yang bising. Pagi yang dangdut. Pagi yang berdebu. Pagi yang memamah bangkai di halaman. Kami tak memiliki tanah untuk mengubur bangkai yang kami mangsa. Segala tanah telah beralih pada bak lapuk di kamar mandi agar kami dapat mensucikan diri siang nanti. Dan yang tersisa di halaman hanyalah bangkai, bulir beras, serta darah yang mengalir deras dari sungai di belakang kami. Pagi baru di ujung kepala. Belum banyak mata yang dapat menyaksikan nestapa kami. Bangkai-bangkai yang belum selesai kami kunyah, kami harus segera menyingkirkannya.

Pagi memamah bangkai di halaman. Kami memamah bangkai di halaman.

Serreh, 2017
Mateuš Conrad Nov 2016
man, a shattering of woe against the shoreline of synonymous
due applause - or kindred with the devil,
burrowing to circumstance the saharan shadow,
tipped shortest via noon,
                    how experience
    humanity without a language,
that god brokered, and not sanctify
Pontius Pilate as the saving grace?
  lava mea mani mundi -
wash my (mandi(ble)) hands clean (purus) -
aristocrats of Pompeii... ugly *******;
       differed - as was the price
of entering Oxbridge.
                 which is why the content
of dreams was questioned, rather the context...
because who was the narrator, after all?
                  why didn't Freudian theory
question the narrator, but instead superimposed
itself as the gravitas narrator: combining both
content and context of dreams?
                   i find it scary that Freud
managed to toy around until the point where
he found a dysfunctional dummy staging horror
that lacked all necessities of a ventriloquist
       framed toward a subplot: embedded in needing one.
  is Freud the only person to provide narration
for the phenomenon of dreaming?
                i still find dreams caged in Kantian noumena...
i.e., why do they happen in the first place?
        i think it's strange that dreams occur in the first place,
that's the context question,
  Freud already answered the content question:
****** Pythagorean truce: it's called all geometric shaping
fits the answer: *******.
      yes, that's me done & dusted...
                           i'm just wondering about what need
we have within Darwinism to dream... what are
the evolutionary downsizing benefits?
isn't dreaming a delusional cauldron that disturbs
our will... or is Hollywood dead and our fancies
are no longer fanciful... what would a history
of dreams reveal, merely Joseph as the sole
dream architect?
                     Freud was but a man,
he said something about the content of dreams,
he didn't say anything about the context of dreams,
i can't find anyone to explain to me
                a need for a context and a need to dream...
i guess the people who dream are as easily
impregnated with a summary of Voltaire's Candide...
that this is: the best of all possible worlds...
          sure, but inscribe upon this world
a concentrated censorship of dreams...
       let me dream the last thing i might see
and give it all the mechanics of what others dream of
to the tilt of fully-embraced enhancement fakery...
             i will still not understand how you managed
to lodge a photon inside my cranium, or why there's
a need for me to dream, that's Freud point + on the content,
but that's also Freud point minus given the context...
    not if i have to hammer a thousand nails into
planks of wood will a dream matter to me....
             by god, make your money from analysis
dream content, but you'll end up a pauper analysis
dream context... are our lives so dandy and simple
that we retreat from political hierarchies
                            and what needs to be addressed
and with tails dragged between our hinds
                  we create foci for translating dreams into
a realism that can never be realised, because being
a realism, it's only a superficial version of
the pain that reality is?
                  yep, so much "wording",
and how many breaths did you inhale and exhale
while i said that? me too, on words: too many.
             Freud can have his content-invoking
affirmation of life and the subsequent prejudices...
but Freud cannot have a context-angling depravity
     to forward life, and consequent pejoratives
being suitor:
             for those who dare not think
                    are easily converted to dreaming...
and those who care to not dream,
   are ushered into the most obscure thinking
   that has not parallel with celebrated thought
akin to Einstein or Newton... but then again,
the celebration of dreams have only one representative,
and he's biblical... oh sorry: mythical.
yet that's where it all begins,
and it is a great sacrifice... to abandon the comforts
of dreams, in order to think uncustomary
   or even murky, uncelebrated thoughts...
                         to think the mundane and non-applicable
insistences... and then dream nothing,
and then see humanity's impecible practibility
  in the do rather then the lost assertive of be,
for humanity does the most, and is the least...
  for every hundred of do instances,
there's but a hundreth of a be instance worthy a mention;
meaning? do the plumbing...
       chop the timber, fix the electric...
                    no one tells people to reach a frantic embodiment,
or calls for an impersonal god that might leave them
   personal & authentic... everyone always asks for a personal
god that leaves them impersonal... robo-tectonic akin
  to Islam... thus ascribing: quantifiably nihilistic...
                   is my life too unbearable to continue or
unbearable to convene such a life, and quote:
  "simply nodded" on my Christmas greeting card...
******* cha cha cha...
                             i ain't a trebuchet,
but i'll swing a plum with a pair of knuckles
should you need more lip-balm for a smooch;
i'm just jittery about the date you'll test me.;
because the other-half-of-me was particular
about that dietary schematic of anorexia;
some said it was cool amphibian akin to ambiance
and hence the strobe light and break-dancing epileptic:
                       coffers full of chuff!
o lookie lookie, who the ****** unit of the
daffy bunch: quack squint-mc-dire...
no wonder she says her name's Chelsea postscriptum.
D Jun 2019
?
Jam tujuh pagi tadi Ibu mengetuk pintu
Bunyi ketukan itu sampai empat kali terulang
Di ketukan empat setengah,
Pintu terbuka setengah juga
“Ya?”
“Mandi, Mbak.”
“Pingin tidur lagi.”
“Tapi hari ini hari kemenangan.”
Raut wajahnya yang telah menjadi warisanku tak sedikitpun menunjukkan bahwa dia telah memenangkan apapun.
Tidak seperti kebanyakan orang,
Untuknya hari ini bukanlah tentang seberapa kental kolam santan yang menyimbahi santapan-santapan
Bukan juga tentang berpeluk-rindu dengan orang-orang sambil sesekali bertukar kabar
Lelah mengutuk dirinya karena seumur hidup merasa kalah,
Aku tahu bahwa sehari saja ia ingin merasa menang.
Ia sendiri tahu betul saat hari ini berakhir dan tamu berpamit untuk pulang setelah semua habis terkunyah; ia akan kembali merasa kalah.
Menang atas dan untuk apa?
Seribu kata maaf pun ia telan begitu saja tanpa mencerna kata tersebut keluar dari mulut siapa
Tanpa adanya hari kemenangan yang dibanjiri oleh teks bersampul maaf,
Hidupnya memang sudah tentang meminta maaf dan memaafkan
Tak ada pilihan lain.
Hanya saja hari ini sinar sendu wajahnya menunjukkan bahwa akhirnya,
Setidaknya untuk dia,
Harapan pahitnya terhadap ‘maaf dan memaafkan’ akan diselebrasikan;
Dan seperti dirinya, lebih dari sejuta orang akan melakukannya walaupun untuk sehari saja.
Kepada siapa lagi ia harus meminta maaf dan meminta dimaafkan?
VM Jan 2021
Tiga musim berturut-turut aku berupaya keras menggila
Di saat kewarasanku sedang ambruk
Pada saat yang sama aku tidak tahu apakah kau sadar bahwa aku sedang merasa
Atau jangan-jangan kau memang tidak pernah memerdulikannya
Sedikit banyak aku berharap semoga kau tidak perlu membaca ini
Jika iya, artinya aku sudah tiada di sini

Meskipun aku harus melihatmu mengenakan kaus hitam dengan rambut sepanjang itu—tentunya aku tak tahu bahwa rambutmu bisa tumbuh sepanjang itu
Dengan bunga berwarna kuning di telinga
Kau nampak seperti orang asing di mataku dan itu membawa ketersengsaraan sendiri
Suara-suara teriakan temanmu yang membuatku tertunduk layu
Semoga kau sadar bahwa—ya, aku keliru, tapi bukan itu harapanku
Aku tak pernah berburu air mata
Cacatnya tindak-tanduk
Dambaan-dambaan fana
Janjimu menjadi cerminan bahwa semuanya tak semestinya terjadi
Jika ya, artinya kau sudah tiada di sini

Mengenai ibuku—kau tahu dia tak paham bahasa tubuhku
Tak paham raut lukaku
Untuk perundingan hening pada pagi buta lain nya
Sepertinya kita terbiasa mengemasi firasat
Untuk senyuman tanpa arti dan tangisan tanpa rupa yang masih saja dipertimbangkan
Akankah kau halang aku untuk menghembus telapak kaki nya?
Jika ya, artinya aku sudah tiada di sini

Si Manis, yang tutur kata nya lembut
Namun siap untuk memecahkan piring makan kesukaanmu
Ruam pada tubuhmu
Bukan salahmu
Masihkah kau berdiam mematung?
Untuk anjing-anjing yang terus kau rawat
Noda pada kamar mandi yang kau bersihkan
Dan kaki-kaki yang kau pijat
Jika ya, artinya kau sudah tiada di sini
judy smith Nov 2016
UKFT has launched Made It, a collaboration between the trade body, Graduate Fashion Week and Marks & Spencer designed to bring together graduate designers and UK manufacturers.

As part of the initiative, which was launched at a reception at the Houses of Parliament last night, Marks & Spencer and the UKFT will sponsor a number of Graduate Fashion Week winners to have their collections made in the UK.

In addition, to promote a better understanding of UK manufacturers and to encourage designers to use them as their preferred source of manufacturing, the UKFT, Marks & Spencer and Graduate Fashion Week will host a series of Masterclasses at five select universities across the country.

Hosted by Damian Collins MP, UKFT and Graduate Fashion Week, the reception included a catwalk show and was attended by key policy makers, industry influencers, major retailers, leading brands and UK manufacturers, with special guests including Graduate Fashion Week ambassadors Alesha Dixon, Mandi Lennard and Caryn Franklin as well as designer Zandra Rhodes and fashion critic Suzy Menkes.

“The UK has some of the best designer graduates in the world and some of the most talented manufacturers – Made It brings them together. Not only will we see the creation of some stunning collections, the project will also help to ensure the success of the next generation in understanding the business of fashion, which is a fundamental part of UKFT’s purpose and key whether you are developing a new brand, working with manufacturers or growing business overseas,” said UKFT chairman Nigel Lugg.

Graduate Fashion Week managing director Martyn Roberts said the initiative was “a wonderful opportunity” for GFW students to get first hand knowledge and experience of working with British manufacturers. “These are vital skills for fashion design graduates and essential for keeping Britain at the forefront of design,” he said.Read more at:http://www.marieaustralia.com/bridesmaid-dresses | www.marieaustralia.com/red-carpet-celebrity-dresses
Mandi Wolfe Feb 2020
Words are wind
is a thing you used to love to say
when I would start "defending"
him
"Words are wind, Mandi!
Anyone can give you words!"
You would leave the air silent
only then with your own.
The space between us entirely empty of you.
This was not the vacuum of last spring.
There would be no side of highway hand plucked wildflowers.
No phones vibrating with your messages between thighs in sessions.
No intertwined sweat soaked limbs in the sauna of a midday tent.
I was thankful of it.
I longed for your nearness but not your misplaced romance or hope.
No -I would have you now in the Autumn.
Too depressed to breathe;
you would never draw me close.
Your words only came with
alcohol, ***, or some combination of
supposed truth serums.
As you had said though:
"Words are wind, Mandi!"
And your words somehow both too abundant and too few
blew through that space between us
like a winter's Gale.
Seeking shelter from the elements you created
meant leaving you to find your own  way through.
The only way out for either of us.

It is nearly spring again now.
I know it must be because
I can see primrose
defying all logic with it's
near invisible courage.
I champion it on with its
welcomed heralding of a needed
new season.

I hope that we both get to be
Ok.
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
gadisunja Mar 2023
Aku ingin jadi anak kecilmu.
Menyusup di antara pagimu,
menjadi sibukmu,
di malam hari sebelum lelap.
Menyusup di ember jemuran,
di kuda-kudaan,
di bak mandi,
di kaus kaki bayi,
begitu mungil sampai aku muat untuk selalu ada di mana-manamu.
Tanya aku tentang apa yang paling kumau,
jawabku satu dan akan selalu:
Aku ingin lahir dari jalan tengahmu, besar sebagai anak kecilmu.
datang dari 2021
Qui su l'arida schiena
Del formidabil monte
Sterminator Vesevo,
La qual null'altro allegra arbor né fiore,
Tuoi cespi solitari intorno spargi,
Odorata ginestra,
Contenta dei deserti. Anco ti vidi
Dè tuoi steli abbellir l'erme contrade
Che cingon la cittade
La qual fu donna dè mortali un tempo,
E del perduto impero
Par che col grave e taciturno aspetto
Faccian fede e ricordo al passeggero.
Or ti riveggo in questo suol, di tristi
Lochi e dal mondo abbandonati amante,
E d'afflitte fortune ognor compagna.
Questi campi cosparsi
Di ceneri infeconde, e ricoperti
Dell'impietrata lava,
Che sotto i passi al peregrin risona;
Dove s'annida e si contorce al sole
La serpe, e dove al noto
Cavernoso covil torna il coniglio;
Fur liete ville e colti,
E biondeggiàr di spiche, e risonaro
Di muggito d'armenti;
Fur giardini e palagi,
Agli ozi dè potenti
Gradito ospizio; e fur città famose
Che coi torrenti suoi l'altero monte
Dall'ignea bocca fulminando oppresse
Con gli abitanti insieme. Or tutto intorno
Una ruina involve,
Dove tu siedi, o fior gentile, e quasi
I danni altrui commiserando, al cielo
Di dolcissimo odor mandi un profumo,
Che il deserto consola. A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto.
Dipinte in queste rive
Son dell'umana gente
Le magnifiche sorti e progressive .
Qui mira e qui ti specchia,
Secol superbo e sciocco,
Che il calle insino allora
Dal risorto pensier segnato innanti
Abbandonasti, e volti addietro i passi,
Del ritornar ti vanti,
E procedere il chiami.
Al tuo pargoleggiar gl'ingegni tutti,
Di cui lor sorte rea padre ti fece,
Vanno adulando, ancora
Ch'a ludibrio talora
T'abbian fra sé. Non io
Con tal vergogna scenderò sotterra;
Ma il disprezzo piuttosto che si serra
Di te nel petto mio,
Mostrato avrò quanto si possa aperto:
Ben ch'io sappia che obblio
Preme chi troppo all'età propria increbbe.
Di questo mal, che teco
Mi fia comune, assai finor mi rido.
Libertà vai sognando, e servo a un tempo
Vuoi di novo il pensiero,
Sol per cui risorgemmo
Della barbarie in parte, e per cui solo
Si cresce in civiltà, che sola in meglio
Guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
Dell'aspra sorte e del depresso loco
Che natura ci diè. Per questo il tergo
Vigliaccamente rivolgesti al lume
Che il fè palese: e, fuggitivo, appelli
Vil chi lui segue, e solo
Magnanimo colui
Che sé schernendo o gli altri, astuto o folle,
Fin sopra gli astri il mortal grado estolle.
Uom di povero stato e membra inferme
Che sia dell'alma generoso ed alto,
Non chiama sé né stima
Ricco d'or né gagliardo,
E di splendida vita o di valente
Persona infra la gente
Non fa risibil mostra;
Ma sé di forza e di tesor mendico
Lascia parer senza vergogna, e noma
Parlando, apertamente, e di sue cose
Fa stima al vero uguale.
Magnanimo animale
Non credo io già, ma stolto,
Quel che nato a perir, nutrito in pene,
Dice, a goder son fatto,
E di fetido orgoglio
Empie le carte, eccelsi fati e nove
Felicità, quali il ciel tutto ignora,
Non pur quest'orbe, promettendo in terra
A popoli che un'onda
Di mar commosso, un fiato
D'aura maligna, un sotterraneo crollo
Distrugge sì, che avanza
A gran pena di lor la rimembranza.
Nobil natura è quella
Che a sollevar s'ardisce
Gli occhi mortali incontra
Al comun fato, e che con franca lingua,
Nulla al ver detraendo,
Confessa il mal che ci fu dato in sorte,
E il basso stato e frale;
Quella che grande e forte
Mostra sé nel soffrir, né gli odii e l'ire
Fraterne, ancor più gravi
D'ogni altro danno, accresce
Alle miserie sue, l'uomo incolpando
Del suo dolor, ma dà la colpa a quella
Che veramente è rea, che dè mortali
Madre è di parto e di voler matrigna.
Costei chiama inimica; e incontro a questa
Congiunta esser pensando,
Siccome è il vero, ed ordinata in pria
L'umana compagnia,
Tutti fra sé confederati estima
Gli uomini, e tutti abbraccia
Con vero amor, porgendo
Valida e pronta ed aspettando aita
Negli alterni perigli e nelle angosce
Della guerra comune. Ed alle offese
Dell'uomo armar la destra, e laccio porre
Al vicino ed inciampo,
Stolto crede così qual fora in campo
Cinto d'oste contraria, in sul più vivo
Incalzar degli assalti,
Gl'inimici obbliando, acerbe gare
Imprender con gli amici,
E sparger fuga e fulminar col brando
Infra i propri guerrieri.
Così fatti pensieri
Quando fien, come fur, palesi al volgo,
E quell'orror che primo
Contra l'empia natura
Strinse i mortali in social catena,
Fia ricondotto in parte
Da verace saper, l'onesto e il retto
Conversar cittadino,
E giustizia e pietade, altra radice
Avranno allor che non superbe fole,
Ove fondata probità del volgo
Così star suole in piede
Quale star può quel ch'ha in error la sede.
Sovente in queste rive,
Che, desolate, a bruno
Veste il flutto indurato, e par che ondeggi,
Seggo la notte; e su la mesta landa
In purissimo azzurro
Veggo dall'alto fiammeggiar le stelle,
Cui di lontan fa specchio
Il mare, e tutto di scintille in giro
Per lo vòto seren brillare il mondo.
E poi che gli occhi a quelle luci appunto,
Ch'a lor sembrano un punto,
E sono immense, in guisa
Che un punto a petto a lor son terra e mare
Veracemente; a cui
L'uomo non pur, ma questo
Globo ove l'uomo è nulla,
Sconosciuto è del tutto; e quando miro
Quegli ancor più senz'alcun fin remoti
Nodi quasi di stelle,
Ch'a noi paion qual nebbia, a cui non l'uomo
E non la terra sol, ma tutte in uno,
Del numero infinite e della mole,
Con l'aureo sole insiem, le nostre stelle
O sono ignote, o così paion come
Essi alla terra, un punto
Di luce nebulosa; al pensier mio
Che sembri allora, o prole
Dell'uomo? E rimembrando
Il tuo stato quaggiù, di cui fa segno
Il suol ch'io premo; e poi dall'altra parte,
Che te signora e fine
Credi tu data al Tutto, e quante volte
Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
Per tua cagion, dell'universe cose
Scender gli autori, e conversar sovente
Cò tuoi piacevolmente, e che i derisi
Sogni rinnovellando, ai saggi insulta
Fin la presente età, che in conoscenza
Ed in civil costume
Sembra tutte avanzar; qual moto allora,
Mortal prole infelice, o qual pensiero
Verso te finalmente il cor m'assale?
Non so se il riso o la pietà prevale.
Come d'arbor cadendo un picciol pomo,
Cui là nel tardo autunno
Maturità senz'altra forza atterra,
D'un popol di formiche i dolci alberghi,
Cavati in molle gleba
Con gran lavoro, e l'opre
E le ricchezze che adunate a prova
Con lungo affaticar l'assidua gente
Avea provvidamente al tempo estivo,
Schiaccia, diserta e copre
In un punto; così d'alto piombando,
Dall'utero tonante
Scagliata al ciel profondo,
Di ceneri e di pomici e di sassi
Notte e ruina, infusa
Di bollenti ruscelli
O pel montano fianco
Furiosa tra l'erba
Di liquefatti massi
E di metalli e d'infocata arena
Scendendo immensa piena,
Le cittadi che il mar là su l'estremo
Lido aspergea, confuse
E infranse e ricoperse
In pochi istanti: onde su quelle or pasce
La capra, e città nove
Sorgon dall'altra banda, a cui sgabello
Son le sepolte, e le prostrate mura
L'arduo monte al suo piè quasi calpesta.
Non ha natura al seme
Dell'uom più stima o cura
Che alla formica: e se più rara in quello
Che nell'altra è la strage,
Non avvien ciò d'altronde
Fuor che l'uom sue prosapie ha men feconde.
Ben mille ed ottocento
Anni varcàr poi che spariro, oppressi
Dall'ignea forza, i popolati seggi,
E il villanello intento
Ai vigneti, che a stento in questi campi
Nutre la morta zolla e incenerita,
Ancor leva lo sguardo
Sospettoso alla vetta
Fatal, che nulla mai fatta più mite
Ancor siede tremenda, ancor minaccia
A lui strage ed ai figli ed agli averi
Lor poverelli. E spesso
Il meschino in sul tetto
Dell'ostel villereccio, alla vagante
Aura giacendo tutta notte insonne,
E balzando più volte, esplora il corso
Del temuto bollor, che si riversa
Dall'inesausto grembo
Su l'arenoso dorso, a cui riluce
Di Capri la marina
E di Napoli il porto e Mergellina.
E se appressar lo vede, o se nel cupo
Del domestico pozzo ode mai l'acqua
Fervendo gorgogliar, desta i figliuoli,
Desta la moglie in fretta, e via, con quanto
Di lor cose rapir posson, fuggendo,
Vede lontan l'usato
Suo nido, e il picciol campo,
Che gli fu dalla fame unico schermo,
Preda al flutto rovente,
Che crepitando giunge, e inesorato
Durabilmente sovra quei si spiega.
Torna al celeste raggio
Dopo l'antica obblivion l'estinta
Pompei, come sepolto
Scheletro, cui di terra
Avarizia o pietà rende all'aperto;
E dal deserto foro
Diritto infra le file
Dei mozzi colonnati il peregrino
Lunge contempla il bipartito giogo
E la cresta fumante,
Che alla sparsa ruina ancor minaccia.
E nell'orror della secreta notte
Per li vacui teatri,
Per li templi deformi e per le rotte
Case, ove i parti il pipistrello asconde,
Come sinistra face
Che per vòti palagi atra s'aggiri,
Corre il baglior della funerea lava,
Che di lontan per l'ombre
Rosseggia e i lochi intorno intorno tinge.
Così, dell'uomo ignara e dell'etadi
Ch'ei chiama antiche, e del seguir che fanno
Dopo gli avi i nepoti,
Sta natura ognor verde, anzi procede
Per sì lungo cammino
Che sembra star. Caggiono i regni intanto,
Passan genti e linguaggi: ella nol vede:
E l'uom d'eternità s'arroga il vanto.
E tu, lenta ginestra,
Che di selve odorate
Queste campagne dispogliate adorni,
Anche tu presto alla crudel possanza
Soccomberai del sotterraneo foco,
Che ritornando al loco
Già noto, stenderà l'avaro lembo
Su tue molli foreste. E piegherai
Sotto il fascio mortal non renitente
Il tuo capo innocente:
Ma non piegato insino allora indarno
Codardamente supplicando innanzi
Al futuro oppressor; ma non eretto
Con forsennato orgoglio inver le stelle,
Né sul deserto, dove
E la sede e i natali
Non per voler ma per fortuna avesti;
Ma più saggia, ma tanto
Meno inferma dell'uom, quanto le frali
Tue stirpi non credesti
O dal fato o da te fatte immortali.
RVani Kalyani Jun 2022
To the one who I hope will stay forever,
And from the one who promises to stay forever.
Thank you anna,
Oka guiding star laga u were there,
And I hope you will always be!

Ekkadnundi start cheyyalo ardam katle anna😅
Firstly you inspired me a lot anna, mi laga kavali ani chala sarlu ankunna inka ankuntunna kuda 😁 so nak tips ivvandi how to become a person like ram sai ani 😄 and i really hope we stay in touch for our whole lives 🫂













Chala chala thank u anna! Mek eroje manchiga hug cheskoni thank u so much Anna ani chepdam ankunna 😅 but konchem ibbandi feel aina kani malli chance dorkademo malli meet avthano leno ani bayamesindi... Chala hesitate chesi inga finally miku oka hug icha 😁 Inka walking kuda veldam ankunna mitho mrng 😁 anddd thank u so much for the books Anna malgudi days aithe pakka aipogodtha 10 days lo complete ga next week mids kabatti. Inka eh 3rd year Vani ni ila chakkaga change chesindi meere! Idi mathram pakka. Thank u anna me valle i got to have a dosti gang asalu. Nak intha mandi friends unnaru ipdu ayyaru ante me valle! You made this me! Thank u so much Anna asalu inka okka year matho unte inkentha bagundedi ani,Manam inka munde kalisi unte inka bagundu kada ani, eh corona asal lekapothe bagundu ani okate thoughts. Entha cheppina entha ikkada type chesina thakkuve anna. Nijanga asal ankoledu intha manchi anna dorkutharu ani, munde evari tho matladanu alantidi ram sai anna dorkikaru ante matala!( nijanga anna) munde chepthunna anna eh 10 days lo meku call osthadi nanundi and nen edustha pakka 😅 so be ready😂
Inkokasari 3rd year starting nundi chadvalani undi anna, malli okasari fest ni experience cheyyalani undi same mecharena22 ni, malli traditional day night temple mundu ala nightout cheyali ani undi kani time is soo fast asalu. Time machine unte bagundu anna😅
Ivala morning ala ayyindi ani mer em feel kakandi 😅 meku chala fans untaru so i can understand 🤑 but chala chepdam ankunna cheppalekapoya ani chinna regret😅kani danni calls lo therchukunta le😁 marchipokandi anna nannu🤧 Love you Anna and I miss u already...



And meku 2 bookmarks ichanu ga dantlo wings daggara chinigi unnadantlo oka chinna message rasanu kani pencil tho rasina so cheppalenu fade avvakunda unda leda ani. But promise me anna you will open it only when you miss me so much ok? Ipde open cheyyakandi. Open it when you truly miss me a lot.
And please dont forget me anna eppudaina nak munde evar ler ekva 😅
calion Apr 2014
when you meet him, play toes by lights.
when you have your first conversation with him, play firefly by ed sheeran.
when he begins reading your poetry, play the writer by ellie goulding.
when you two talk on the bus to MSA, play you by the 1975.
when you fall for him, play god only knows by mkto.
when you text him for the first time, play joy by ellie goulding,
when he asks her to prom, play ice by lights.
when he asks what's wrong, play way away by yellowcard.
when you tell him about mandi, play let it go by the nbhd.
when he leaves, play when the night falls quiet by birds of tokyo.

— The End —