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IF I should pass the tomb of Jonah
I would stop there and sit for awhile;
Because I was swallowed one time deep in the dark
And came out alive after all.
  
If I pass the burial spot of Nero
I shall say to the wind, "Well, well!"-
I who have fiddled in a world on fire,
I who have done so many stunts not worth doing.
  
I am looking for the grave of Sinbad too.
I want to shake his ghost-hand and say,
"Neither of us died very early, did we?"
  
And the last sleeping-place of Nebuchadnezzar-
When I arrive there I shall tell the wind:
"You ate grass; I have eaten crow-
Who is better off now or next year?"
  
Jack Cade, John Brown, Jesse James,
There too I could sit down and stop for awhile.
I think I could tell their headstones:
"God, let me remember all good losers."
  
I could ask people to throw ashes on their heads
In the name of that sergeant at Belleau Woods,
Walking into the drumfires, calling his men,
"Come on, you ... Do you want to live forever?"
maggie W Apr 2015
It was in Rome
You guys got the table(cade,nevin)
So we stood there
Till you asked us if we'd like to join

Sure I said so
awkward first cause you somehow look like Ryan Gosling(no you look better, RG has never been my type)
Blue eyed boy from Iowa
Strangely enough, my bedtime T-shirt says Iowa hawkeyes

We talked bout beer ,Shandy, Greek islands ,Prague,Bristol and Iowa. Why should I know?
then you turned to me
Hey, fun fact, do you know the British first sounds like American?
Why should I know?Why did you say so?
But that was the most intimating thing on the table.

Strangely enough, you only asked my name when you left, and everything was left in Rome.
anecdote in rome.
Diego Scarca Feb 2010
Alla voce della persona, ignorata,
non risponde che uno stesso sfondo
di suono paziente, vuoto.
Con gesti circospetti
non si fermano gli oggetti
lasciati in un punto.

C'è stato un giorno qualsiasi,
un avvenimento banale:
qualcuno che dormiva
nelle camere di fianco
mentre si parlava.
E continuan le abitudini.

Sul cortile riposano
la nera facciata
e gli archi dei terrazzi.
Da un angolo proviene
una vampata di terrore.
S'arresta il rumore dei fili
della luce sbattuti.
S'apre una corta reminiscenza.

Nello stesso spazio
occupato prima da un senso strano
ora è un cemento d'angoscia.
Sul parapetto del muro di fronte
cade qualcosa,
poi si muove un animale nel fondo.

Arriveranno altri perduti dettagli,
si sentirà l'assenza.
Quando dal vicolo si scorge
un'altra spoglia di ringhiera
e una parvenza di passi sulla ghiaia,
come un pazzo risvolto, si ripete,
nel grembo dell'essere t'assale,
senza speranza,
un incontrastato malessere
così forte che il tempo appare
nella posa arrogante degli oggetti.

Oltre la scarpata,
piani di terra asciutta, martoriata,
i campi dove si tuffi
l'acqua di motori accesi nella notte
e, dietro, il mare.
E' un disuguale accorgersi
delle distanze.

A volte si sostiene per ore
un manto di oscurità feroce
intorno ad una statua.
Poi non resta che il dissapore
per aver inteso domandare pietà
da un'inutile voce.
Diego Scarca, Architetture del vuoto, Torino, Edizioni Angolo Manzoni, 2007
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
Perché reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura
Perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
È lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perché delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno cò suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? Che vuol dir questa
Solitudine immensa? Ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu sè queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ** fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale.
O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme
Nuda la fronte e nudo il petto mostri,
Oimè quante ferite,
Che lívidor, che sangue! Oh qual ti veggio,
Formesissima donna!
Io chiedo al cielo e al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia,
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, or non è quella?
Perché, perché? Dov'è la forza antica?
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? Qual arte o qual fatica
0 qual tanta possanza,
Valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
Da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? Non ti difende
Nessun dè tuoi? L'armi, qua l'armi: ío solo
Combatterà, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl'italici petti il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli?. Odo suon d'armi
E di carri e di voci e di timballi
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar di *****
Come tra nebbia lampi.
Nè ti conforti e i tremebondi lumi
Piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
L'itata gioventude? 0 numi, o numi
Pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
Non per li patrii lidi e per la pia
Consorte e i figli cari, Ma da nemici altrui
Per altra gente, e non può dir morendo
Alma terra natia,
La vita che mi desti ecco ti rendo.
Oh venturose e care e benedette
L'antiche età, che a morte
Per la patria correan le genti a squadre
E voi sempre onorate e gloriose,
0 tessaliche strette,
Dove la Persia e il fato assai men forte
Fu di poch'alme franche e generose!
Lo credo che le piante e i sassi e l'onda
E le montagne vostre al passeggere
Con indistinta voce
Narrin siccome tutta quella sponda
Coprir le invitte schiere
Dè corpi ch'alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Serse per l'Ellesponto si fuggia,
Fatto ludibrio agli ultimi nepoti;
E sul colle d'Antela, ove morendo
Si sottrasse da morte il santo stuolo,
Simonide salia,
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
E di lacrime sparso ambe le guance,
E il petto ansante, e vacillante il piede,
Toglicasi in man la lira:
Beatissimi voi,
Ch'offriste il petto alle nemiche lance
Per amor di costei ch'al Sol vi diede;
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira
Nell'armi e nè perigli
Qual tanto amor le giovanette menti,
Qual nell'acerbo fato amor vi trasse?
Come si lieta, o figli,
L'ora estrema vi parve, onde ridenti
Correste al passo lacrimoso e, duro?
Parea ch'a danza e non a morte andasse
Ciascun dè vostri, o a splendido convito:
Ma v'attendea lo scuro
Tartaro, e l'ond'a morta;
Nè le spose vi foro o i figli accanto
Quando su l'aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.
Ma non senza dè Persi orrida pena
Ed immortale angoscia.
Come lion di tori entro una mandra
Or salta a quello in tergo e sì gli scava
Con le zanne la schiena,
Or questo fianco addenta or quella coscia;
Tal fra le Perse torme infuriava
L'ira dè greci petti e la virtute.
Vè cavalli supini e cavalieri;
Vedi intralciare ai vinti
La fuga i carri e le tende cadute,
E correr frà primieri
Pallido e scapigliato esso tiranno;
vè come infusi e tintí
Del barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle piaghe,
L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi
Mentre nel mondo si favelli o scriva.
Prima divelte, in mar precipitando,
Spente nell'imo strideran le stelle,
Che la memoria e il vostro
Amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando
Verran le madri ai parvoli le belle
Orme dei vostro sangue. Ecco io mi prostro,
0 benedetti, al suolo,
E bacio questi sassi e queste zolle,
Che fien lodate e chiare eternamente
Dall'uno all'altro polo.
Deh foss'io pur con voi qui sotto, e molle
Fosse del sangue mio quest'alma terra.
Che se il fato è diverso, e non consente
Ch'io per la Grecia i mororibondi lumi
Chiuda prostrato in guerra,
Così la vereconda
Fama del vostro vate appo i futuri
Possa, volendo i numi,
Tanto durar quanto la, vostra duri.
Laggiù, nella notte, tra scosse
d'un lento sonaglio, uno scalpito
è fermo. Non anco son rosse
le cime dell'Alpi.
Nel cielo d'un languido azzurro,
le stelle si sbiancano appena:
si sente un confuso sussurro
nell'aria serena.
Chi passa per tacite strade?
Chi parla da tacite soglie?
Nessuno. È la guazza che cade
sopr'aride foglie.
Si parte, ch'è ora, né giorno,
sbarrando le vane pupille;
si parte tra un murmure intorno
di piccole stille.
In mezzo alle tenebre sole,
qualcuna riluce un minuto;
riflette il tuo Sole, o mio Sole;
poi cade: ha veduto.
John Stevens Feb 2018
My maid is in the shade,
she layed down to braid
A few hours later she went to the arcade
She paid me $50  to go see Cade.

——————————————-
By lucy Byrne ❤️❤️
San Lorenzo, io lo so perché tanto
di stelle per l'aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo favilla.
Ritornava una rondine al tetto:
l'uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.
Ora è là, come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell'ombra, che attende
che pigola sempre più piano.
Anche un uomo tornava al suo nido:
l'uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido:
portava due bambole in dono...
Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.
E tu, Cielo, dall'alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d'un pianto di stelle lo inondi
quest'atomo opaco del Male!
I turbini sollevano la polvere
sui tetti, a mulinelli, e sugli spiazzi
deserti, ove i cavalli incappucciati
annusano la terra, fermi innanzi
ai vetri luccicanti degli alberghi.
Sul corso, in faccia al mare, tu discendi
in questo giorno
or piovorno ora acceso, in cui par scatti
a sconvolgerne l'ore
uguali, strette in trama, un ritornello
di castagnette.
È il segno d'un'altra orbita: tu seguilo.
Discendi all'orizzonte che sovrasta
una tromba di piombo, alta sui gorghi,
più d'essi vagabonda: salso nembo
vorticante, soffiato dal ribelle
elemento alle nubi; fa che il passo
su la ghiaia ti scricchioli e t'inciampi
il viluppo dell'alghe: quell'istante
è forse, molto atteso, che ti scampi
dal finire il tuo viaggio, anello d'una
catena, immoto andare, oh troppo noto
delirio, Arsenio, d'immobilità...
Ascolta tra i palmizi il getto tremulo
dei violini, spento quando rotola
il tuono con un fremer di lamiera
percossa; la tempesta è dolce quando
sgorga bianca la stella di Canicola
nel cielo azzurro e lunge par la sera
ch'è prossima: se il fulmine la incide
dirama come un albero prezioso
entro la luce che s'arrosa: e il timpano
degli tzigani è il rombo silenzioso
Discendi in mezzo al buio che precipita
e muta il mezzogiorno in una notte
di globi accesi, dondolanti a riva, -
e fuori, dove un'ombra sola tiene
mare e cielo, dai gozzi sparsi palpita
l'acetilene -
finché goccia trepido
il cielo, fuma il suolo che t'abbevera,
tutto d'accanto ti sciaborda, sbattono
le tende molli, un fruscio immenso rade
la terra, giù s'afflosciano stridendo
le lanterne di carta sulle strade.
Così sperso tra i vimini e le stuoie
grondanti, giunco tu che le radici
con sé trascina, viscide, non mai
svelte, tremi di vita e ti protendi
a un vuoto risonante di lamenti
soffocati, la tesa ti ringhiotte
dell'onda antica che ti volge; e ancora
tutto che ti riprende, strada portico
mura specchi ti figge in una sola
ghiacciata moltitudine di morti,
e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell'ora che si scioglie, il cenno d'una
vita strozzata per te sorta, e il vento
la porta con la cenere degli astri.
Psychonaute Feb 2021
Rickie shotguns
Nattys in the shower,
Cade vomits pink
on the couch,
Nick hits his nic
"only when he's drunk"
And I look on
in a stupor of my own.
Is this it?
Vladimir s Krebs Dec 2015
you may call me crazy but im not parenoid butv ill show you my free time and fun side of me .

we could be togather fight to the end but i only live by this rule if your nice or ind ill show you a life of fun but if you turn on me my alliy my brother my friend my family if you turn ill turn showing you a life of riots and set a blaz of fire into the eyes of me!
your lies spread killing you and any one who follows in your path.
if you lies spread ill have no choice to flip the switches along the path of me.

your threat hits like wild fire but you know this world should know you should all be afraid of me. for what price youl have to pay to gain trust agai.
in this world i run freely threw the woods in felids like wind. but one little white life has lit the fuse of totl destruction.

you cant put me in a cade and hold me to go ape **** on your ******* face.

you hant imprison me you cant hold me down you cant tell me what i am .

your lies have set fuse on fire as all your words that come out of your mouth lead my anger that will make you fuse exploed.


your my life if you show me kindness and love all show you a life full of exitmen and joy. ill take you by thehand a lead you to a undder world life on none stop exitment that will change your opinion on dull life.

the only thing is you show me threat ill show you a life of hell and my eyes will set your mind on a down world spire .


you cant take a force as strong as me and my life down only kindness and love you have a life of endlesss joy and thrills..but kindwill grant you acseesto life of free thrill no night mars
Marco Bo Nov 2018
under this gray sky
the eyes burn for the dark rain that falls down
and you shout your caresses on my cheeks of fear

I listen to you with the experience of my twenty years
when twenty years were many
and intense and sweet
sweet

under this gray sky
darkness that you fear, dreams that are lost in  space
in your throat suffocated smiles
opportunities torn in the wind

wind that doesn't come back
never written history books
flowers of little
or nothing
infinite
fragility
and yet
life
……………….

flores de poco

bajo este cielo gris
los ojos arden a través de lluvia oscura que cae
y tu gritas tus caricias en mis mejillas de miedo
yo te escucho con la experiencia de mis veinte años
cuando veinte años eran muchos
e intenso y dulces
dulces

bajo este cielo gris
oscuridad que temes, sueños que se pierden en vuelo
sonrisas sofocadas en la garganta
oportunidades que se rompen en el viento
viento que no vuelve
libros de historia nunca escritos
flores de poco o nada
fragilidad infinita
y sin embargo,
vida...…
……………..
fiori di poco

sotto questo grigio cielo
gli occhi bruciano per la buia pioggia che cade giù
e tu gridi le tue carezze sulle mie guance di timore
io ti ascolto con l'mpazienza dei miei vent'anni
di quando vent'anni erano tanti
e intensi e dolci
dolci

sotto questo grigio cielo
buio che temi, sogni che si perdono in volo
sorrisi soffocati in gola
opportunità che si disfano nel vento
vento che non torna
libri di storia mai scritti
fiori di poco o nulla
fragilità infinita
eppure
vita
E l'acqua cade su la morta estate,
e l'acqua scroscia su le morte foglie;
e tutto è chiuso, e intorno le ventate
gettano l'acqua alle inverdite soglie;
e intorno i tuoni brontolano in aria;
se non qualcuno che rotola giù.
Apersi un poco la finestra: udii
rugliare in piena due torrenti e un fiume;
e mi parve d'udir due scoppiettìi
e di vedere un nereggiar di piume.
O rondinella spersa e solitaria,
per questo tempo come sei qui tu?
Oh! non è questo un temporale estivo
col giorno buio e con la rosea sera,
sera che par la sera dell'arrivo,
tenera e fresca come a primavera,
quando, trovati i vecchi nidi al tetto,
li salutava allegra la tribù.
Se n'è partita la tribù, da tanto!
Tanto, che forse pensano al ritorno,
tanto, che forse già provano il canto
che canteranno all'alba di quel giorno:
sognano l'alba di San Benedetto
nel lontano Baghirmi e nel Bornù.
E chiudo i vetri. Il freddo mi percuote,
l'acqua mi sferza, mi respinge il vento.
Non più gli scoppiettìi, ma le remote
voci dei fiumi, ma sgrondare io sento
sempre più l'acqua, rotolare il tuono,
il vento alzare ogni minuto più.
E fuori vedo due ombre, due voli,
due volastrucci nella sera mesta,
rimasti qui nel grigio autunno soli,
ch'aliano soli in mezzo alla tempesta:
rimasti addietro il giorno del frastuono,
delle grida d'amore e gioventù.
Son padre e madre. C'è sotto le gronde
un nido, in fila con quei nidi muti,
il lor nido che geme e che nasconde
sei rondinini non ancor pennuti.
Al primo nido già toccò sventura.
Fecero questo accanto a quel che fu.
Oh! tardi! Il nido ch'è due nidi al cuore,
ha fame in mezzo a tante cose morte;
e l'anno è morto, ed anche il giorno muore,
e il tuono muglia, e il vento urla più forte,
e l'acqua fruscia, ed è già notte oscura,
e quello ch'era non sarà mai più.
Jeff S Mar 2018
now hear this! sing this! you constant Cade, you
choral breakneck in a single sum of man,
brackbreaking in the chaos-rinsing rite of ashed religion!—

choke now, for you used me. a tossing stave to ward off sins
of fratting simpletons and their unsyncopated singing.
—all sixteenths through roughshod roads of wrong-be-gone righteousness.

and why? because i vaped some trebled color to the gray.

oh! what is the
madness-misering measure of a middle-aged man
who through the din of dampened doing, of desperate
dancing on two left feet and wrinkled writhe of witlessness in the mid of being been should shuffle off and coil himself into a crimson cross?

you did it why? for friends and for the fissure,
some bald breach of banality beyond the stoic peach—
and for a frosty flame?

what waste of was you were, and still accomplished are;
that god-grappled greed should unhinge your soul's Sophia
and ever the future fraught.

there is not bracker brine than your bishops ex-cathedra,
for all the feast you fête, and friends you turn upon a spit;
you're hungry for a food that's never fed.

poor witless starving pitchless sum; your death is all my make into an angel, as you so quickly from this earth will shred
and songs adduced unto the celebration same.
O cipresso, che solo e nero stacchi
dal vitreo cielo, sopra lo sterpeto
irto di cardi e stridulo di biacchi:

in te sovente, al tempo delle more,
odono i bimbi un pispillìo secreto,
come d'un nido che ti sogni in cuore.

L'ultima cova. Tu canti sommesso
mentre s'allunga l'ombra taciturna
nel tristo campo: quasi, ermo cipresso,
ella ricerchi tra què bronchi un'urna.

Più brevi i giorni,
e l'ombra ogni dì meno
s'indugia e cerca, irrequieta, al sole;
e il sole è freddo e pallido il sereno.

L'ombra, ogni sera prima, entra nell'ombra:
nell'ombra ove le stelle errano sole.
E il rovo arrossa e con le spine ingombra

tutti i sentieri, e cadono già roggie
le foglie intorno (indifferente oscilla
l'ermo cipresso), e già le prime pioggie
fischiano, ed il libeccio ulula e squilla.

E il tuo nido? Il tuo nido?... Ulula forte
il vento e t'urta e ti percuote a lungo:
tu sorgi, e resti; simile alla Morte.

E il tuo cuore? Il tuo cuore?... Orrida trebbia
l'acqua i miei vetri, e là ti vedo lungo,
di nebbia nera tra la grigia nebbia.

E il tuo sogno? La terra ecco scompare:
la neve, muta a guisa del pensiero,
cade. Tra il bianco e tacito franare
tu stai, gigante immobilmente nero.
Nevica: l'aria brulica di bianco;
la terra è bianca; neve sopra neve:
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco:
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi: un balbettìo di pianto;
passa una madre: passa una preghiera.
Marco Bo Aug 2018
by these forgotten suburbs of the world
every day a new scent
every day a new path
***** trails to feel the soil

every day someone to greet
every day I see you go
and then come back

every day a breath of wind
with all the universe inside!

every day from heat to cold
from light to dark
and sometimes the rain
it falls.....

nothing is ever the same
every day a new day like that
with one thing or two things
or three
and the next day maybe one
or half.....

the sum
or the subtraction
of many little things
happiness and freedom?
Yup,
I can teach you
master!
..........


i segreti del cane n. 10 - la somma o la sottrazione

.................................

presso queste dimenticate periferie del mondo
ogni giorno un nuovo odore
ogni giorno un nuovo sentiero
strade sterrate per sentire il suolo

ogni giorno qualcuno da salutare
ogni giorno un vederti andare
e poi ritornare

ogni giorno un soffio di vento
con l'universo dentro!

ogni giorno si passa dal caldo al freddo
dalla luce al buio
e a volte la pioggia
cade.....
niente è mai uguale

ogni giorno un giorno nuovo così
con una cosa o due cose
oppure tre
e il giorno dopo forse una
oppure metà.....

la somma
oppure la sottrazione
di tante piccole cose
la felicità e la libertà?
sì,
io te le posso insegnare
padrone!
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los secretos del perro n. 10 - la suma o la resta

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en estos suburbios olvidados del mundo
todos los días un nuevo olor
todos los días un nuevo sendero
caminos de tierra para sentir el suelo

todos los días alguien para saludar
todos los días te veo ir
y luego regresar

todos los días un soplo de viento
con el universo entero adentro!

todos los días  del calor al frío
de claro al oscuro
y a veces la lluvia
cae .....

nada es igual
todos los días un nuevo día asì
con una o dos cosas
o tres
y el día siguiente quizás uno
o la mitad .....

la suma
o la resta
de muchas pequeñas cosas
felicidad y libertad?
sí,
yo puedo enseñarte
patrón!
O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme
Nuda la fronte e nudo il petto mostri,
Oimè quante ferite,
Che lívidor, che sangue! Oh qual ti veggio,
Formesissima donna!
Io chiedo al cielo e al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia,
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, or non è quella?
Perché, perché? Dov'è la forza antica?
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? Qual arte o qual fatica
0 qual tanta possanza,
Valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
Da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? Non ti difende
Nessun dè tuoi? L'armi, qua l'armi: ío solo
Combatterà, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl'italici petti il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli?. Odo suon d'armi
E di carri e di voci e di timballi
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar di *****
Come tra nebbia lampi.
Nè ti conforti e i tremebondi lumi
Piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
L'itata gioventude? 0 numi, o numi
Pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
Non per li patrii lidi e per la pia
Consorte e i figli cari, Ma da nemici altrui
Per altra gente, e non può dir morendo
Alma terra natia,
La vita che mi desti ecco ti rendo.
Oh venturose e care e benedette
L'antiche età, che a morte
Per la patria correan le genti a squadre
E voi sempre onorate e gloriose,
0 tessaliche strette,
Dove la Persia e il fato assai men forte
Fu di poch'alme franche e generose!
Lo credo che le piante e i sassi e l'onda
E le montagne vostre al passeggere
Con indistinta voce
Narrin siccome tutta quella sponda
Coprir le invitte schiere
Dè corpi ch'alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Serse per l'Ellesponto si fuggia,
Fatto ludibrio agli ultimi nepoti;
E sul colle d'Antela, ove morendo
Si sottrasse da morte il santo stuolo,
Simonide salia,
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
E di lacrime sparso ambe le guance,
E il petto ansante, e vacillante il piede,
Toglicasi in man la lira:
Beatissimi voi,
Ch'offriste il petto alle nemiche lance
Per amor di costei ch'al Sol vi diede;
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira
Nell'armi e nè perigli
Qual tanto amor le giovanette menti,
Qual nell'acerbo fato amor vi trasse?
Come si lieta, o figli,
L'ora estrema vi parve, onde ridenti
Correste al passo lacrimoso e, duro?
Parea ch'a danza e non a morte andasse
Ciascun dè vostri, o a splendido convito:
Ma v'attendea lo scuro
Tartaro, e l'ond'a morta;
Nè le spose vi foro o i figli accanto
Quando su l'aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.
Ma non senza dè Persi orrida pena
Ed immortale angoscia.
Come lion di tori entro una mandra
Or salta a quello in tergo e sì gli scava
Con le zanne la schiena,
Or questo fianco addenta or quella coscia;
Tal fra le Perse torme infuriava
L'ira dè greci petti e la virtute.
Vè cavalli supini e cavalieri;
Vedi intralciare ai vinti
La fuga i carri e le tende cadute,
E correr frà primieri
Pallido e scapigliato esso tiranno;
vè come infusi e tintí
Del barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle piaghe,
L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi
Mentre nel mondo si favelli o scriva.
Prima divelte, in mar precipitando,
Spente nell'imo strideran le stelle,
Che la memoria e il vostro
Amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando
Verran le madri ai parvoli le belle
Orme dei vostro sangue. Ecco io mi prostro,
0 benedetti, al suolo,
E bacio questi sassi e queste zolle,
Che fien lodate e chiare eternamente
Dall'uno all'altro polo.
Deh foss'io pur con voi qui sotto, e molle
Fosse del sangue mio quest'alma terra.
Che se il fato è diverso, e non consente
Ch'io per la Grecia i mororibondi lumi
Chiuda prostrato in guerra,
Così la vereconda
Fama del vostro vate appo i futuri
Possa, volendo i numi,
Tanto durar quanto la, vostra duri.
Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai,
Silenziosa luna?
Sorgi la sera, e vai,
Contemplando i deserti; indi ti posi.
Ancor non sei tu paga
Di riandare i sempiterni calli?
Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga
Di mirar queste valli?
Somiglia alla tua vita
La vita del pastore.
Sorge in sul primo albore;
Move la greggia oltre pel campo, e vede
Greggi, fontane ed erbe;
Poi stanco si riposa in su la sera:
Altro mai non ispera.
Dimmi, o luna: a che vale
Al pastor la sua vita,
La vostra vita a voi? Dimmi: ove tende
Questo vagar mio breve,
Il tuo corso immortale?
Vecchierel bianco, infermo,
Mezzo vestito e scalzo,
Con gravissimo fascio in su le spalle,
Per montagna e per valle,
Per sassi acuti, ed alta rena, e fratte,
Al vento, alla tempesta, e quando avvampa
L'ora, e quando poi gela,
Corre via, corre, anela,
Varca torrenti e stagni,
Cade, risorge, e più e più s'affretta,
Senza posa o ristoro,
Lacero, sanguinoso; infin ch'arriva
Colà dove la via
E dove il tanto affaticar fu volto:
Abisso orrido, immenso,
Ov'ei precipitando, il tutto obblia.
Vergine luna, tale
È la vita mortale.
Nasce l'uomo a fatica,
Ed è rischio di morte il nascimento.
Prova pena e tormento
Per prima cosa; e in sul principio stesso
La madre e il genitore
Il prende a consolar dell'esser nato.
Poi che crescendo viene,
L'uno e l'altro il sostiene, e via pur sempre
Con atti e con parole
Studiasi fargli core,
E consolarlo dell'umano stato:
Altro ufficio più grato
Non si fa da parenti alla lor prole.
Ma perché dare al sole,
Perché reggere in vita
Chi poi di quella consolar convenga?
Se la vita è sventura
Perché da noi si dura?
Intatta luna, tale
È lo stato mortale.
Ma tu mortal non sei,
E forse del mio dir poco ti cale.
Pur tu, solinga, eterna peregrina,
Che sì pensosa sei, tu forse intendi,
Questo viver terreno,
Il patir nostro, il sospirar, che sia;
Che sia questo morir, questo supremo
Scolorar del sembiante,
E perir dalla terra, e venir meno
Ad ogni usata, amante compagnia.
E tu certo comprendi
Il perché delle cose, e vedi il frutto
Del mattin, della sera,
Del tacito, infinito andar del tempo.
Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore
Rida la primavera,
A chi giovi l'ardore, e che procacci
Il verno cò suoi ghiacci.
Mille cose sai tu, mille discopri,
Che son celate al semplice pastore.
Spesso quand'io ti miro
Star così muta in sul deserto piano,
Che, in suo giro lontano, al ciel confina;
Ovver con la mia greggia
Seguirmi viaggiando a mano a mano;
E quando miro in cielo arder le stelle;
Dico fra me pensando:
A che tante facelle?
Che fa l'aria infinita, e quel profondo
Infinito seren? Che vuol dir questa
Solitudine immensa? Ed io che sono?
Così meco ragiono: e della stanza
Smisurata e superba,
E dell'innumerabile famiglia;
Poi di tanto adoprar, di tanti moti
D'ogni celeste, ogni terrena cosa,
Girando senza posa,
Per tornar sempre là donde son mosse;
Uso alcuno, alcun frutto
Indovinar non so. Ma tu per certo,
Giovinetta immortal, conosci il tutto.
Questo io conosco e sento,
Che degli eterni giri,
Che dell'esser mio frale,
Qualche bene o contento
Avrà fors'altri; a me la vita è male.
O greggia mia che posi, oh te beata,
Che la miseria tua, credo, non sai!
Quanta invidia ti porto!
Non sol perché d'affanno
Quasi libera vai;
Ch'ogni stento, ogni danno,
Ogni estremo timor subito scordi;
Ma più perché giammai tedio non provi.
Quando tu siedi all'ombra, sovra l'erbe,
Tu sè queta e contenta;
E gran parte dell'anno
Senza noia consumi in quello stato.
Ed io pur seggo sovra l'erbe, all'ombra,
E un fastidio m'ingombra
La mente, ed uno spron quasi mi punge
Sì che, sedendo, più che mai son lunge
Da trovar pace o loco.
E pur nulla non bramo,
E non ** fino a qui cagion di pianto.
Quel che tu goda o quanto,
Non so già dir; ma fortunata sei.
Ed io godo ancor poco,
O greggia mia, né di ciò sol mi lagno.
Se tu parlar sapessi, io chiederei:
Dimmi: perché giacendo
A bell'agio, ozioso,
S'appaga ogni animale;
Me, s'io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s'avess'io l'ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una,
O come il tuono errar di giogo in giogo,
Più felice sarei, dolce mia greggia,
Più felice sarei, candida luna.
O forse erra dal vero,
Mirando all'altrui sorte, il mio pensiero:
Forse in qual forma, in quale
Stato che sia, dentro covile o cuna,
È funesto a chi nasce il dì natale.

— The End —